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Cassazione Civile 26639/2013 – Concorso del fatto colposo del creditore o del danneggiato

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Sentenza 26639/2013

Concorso del fatto colposo del creditore o del danneggiato

L’art. 1227, secondo comma, cod. civ., escludendo il risarcimento per il danno che il creditore avrebbe potuto evitare con l’uso della normale diligenza, non si limita ad esigere dal creditore la mera inerzia di fronte all’altrui comportamento dannoso, ma gli impone, secondo i principi di correttezza e buona fede di cui all’art. 1175 cod. civ., una condotta attiva o positiva, diretta a limitare le conseguenze dannose di quel comportamento.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 28 novembre 2013, n. 26639   (CED Cassazione 2013)

Art. 1227 cc annotato con la giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 19.5.2000 la (OMISSIS), in persona del legale rappresentante, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Siena, (OMISSIS), titolare dell’omonima ditta, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo 21.3.2000, emesso a suo carico dal Presidente del Tribunale, su ricorso dell’opposto (OMISSIS), per la somma di lire 13.050.000, a titolo di pagamento prezzo per “lavori di movimento terra”.

Esponeva l’opponente che i lavori di aratura, scasso e livellatura dei terreni erano incompleti perchè il (OMISSIS) li aveva ingiustificatamente interrotti tanto che era stata costretto a rivolgersi, per il completamento, ad altra ditta ( (OMISSIS)). In via riconvenzionale chiedeva la condanna della opposta al risarcimento dei danni derivati dal ritardato completamento dei lavori. Si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), assumendo che i lavori erano interrotti per unilaterale decisione della committente. Espletata C.T.U. ed assunta prova testimoniale, con sentenza 30.7.2004, il Tribunale accoglieva l’opposizione e revocava il D.I., condannando gli opposti al pagamento, in favore della (OMISSIS), di euro 123.450,00, oltre interessi e rimborso delle spese di lite.

Avverso tale sentenza (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello cui resisteva la (OMISSIS).

Con sentenza depositata il 30.10.2006 la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda riconvenzionale di risarcimento danni avanzata dall’appellata Fattoria e confermava il decreto ingiuntivo opposto; compensava fra le parti le spese dei due gradi di giudizio, condannando la (OMISSIS) alla rifusione della residua parte. Osservava la Corte territoriale che non vi era prova della non corretta esecuzione dei lavori da parte del (OMISSIS) nè la Fattoria aveva provato quali erano state le maggiori spese sostenute per il completamento e la risistemazione dei lavori affidati alla ditta (OMISSIS). Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la (OMISSIS) formulando due motivi con i relativi quesiti di diritto, illustrati da successiva memoria.

Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), avanzando ricorso incidentale, sulla base di un unico articolato motivo, subordinatamente all’ipotesi in cui il ricorso di controparte fosse ritenuto fondato. A sua volta il ricorrente propone controricorso al ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente deduce:

1) nullità della sentenza per contrasto assoluto fra motivazione e dispositivo e violazione dell’articolo 1460 c.c., nonchè omessa e/o errata motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove la Corte di merito aveva confermato il decreto ingiuntivo riconoscendo il diritto di credito azionato dal (OMISSIS), benchè ne fosse stato accertato l’inadempimento per il mancato completamento delle opere commissionate, con conseguente impossibilità per la committente Fattoria di mettere a dimora i vigneti;

2) violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2 in relazione agli articoli 1362 e segg. c.c. nonchè errata e/o insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo del giudizio; il giudice di merito aveva accertato il difetto di ordinaria diligenza da parte del creditore, in difetto di un’espressa istanza del debitore in tal senso; nella specie i (OMISSIS) non avevano espressamente sollevato l’eccezione di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2, come desumibile dal chiaro tenore letterale del secondo motivo di appello.

Con il ricorso incidentale viene lamentato l’omesso esame, da parte del giudice di appello, delle doglianze sub 2) dell’atto di appello ove veniva dedotto la “sosta necessaria dei lavori del (OMISSIS) durante il periodo invernale”, considerato che notoriamente, nel periodo invernale primaverile, salvo casi eccezionali, i terreni “sono allentati per le nevicate e le piogge” con la conseguente inutilizzabilità delle macchine agricole per eseguire lavori; peraltro, avendo gli appellanti evidenziato che i lavori eseguiti dall’impresa (OMISSIS) (succeduta alla impresa originaria di (OMISSIS)), si erano protratti con lunghe interruzioni mai contestate dalla committente, doveva ritenersi che “la durata di lavori rientrava nella norma” e che controparte non avesse subito danni.

Va preliminarmente disposta, ex articolo 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

Il ricorso principale è infondato.

In ordine al primo motivo va rilevato che la dedotta violazione dell’articolo 1460 c.c. (eccezione di inadempimento nei contratti con prestazioni corrispettive) costituisce questione nuova, come tale inammissibile, in quanto sollevata per la prima volta in sede di legittimità. La censura è infondata quanto all’altro profilo relativo al contrasto fra dispositivo della sentenza e motivazione, posto che la statuizione sulla conferma del decreto ingiuntivo è stata rapportata al rigetto della domanda riconvenzionale con cui l’opponente (OMISSIS) chiedeva il risarcimento dei danni derivati dal ritardato completamento dei lavori commissionati al (OMISSIS). Al riguardo la Corte di merito ha respinto tale domanda, con motivazione esente da vizi logici ed errori di diritto, laddove ha evidenziato che il committente delle opere era rimasto inerte, nonostante la addotta urgenza dei lavori, serbando il silenzio per un lungo intervallo di tempo, decorrente dall’abbandono dei lavori (novembre 1997) fino al novembre 98, allorchè la Fattoria, con lettera racc. 12.11.98, lamentava il mancato completamento dei lavori e la pessima esecuzione di quelli effettuati. Sulla base di tali argomentazioni/fatte valere con il terzo motivo di appello, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente “la prova logica dell’evitabilità del danno da parte dell’appellata”, se pure la stessa non aveva fatto espresso richiamo alla norma dell’articolo 1227 c.c.. Privo di fondamento è pure il secondo motivo, posto che l’esclusione del risarcimento del danno, ex articolo 1227 c.c. (danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza) risulta motivata, nella sentenza impugnata, con riferimento al fatto incontroverso, eccepito da parte opposta, che solo a distanza di oltre un anno dalla data di interruzione dei lavori la Fattoria aveva contestato al (OMISSIS) l’abbandono dei lavori. Da tale comportamento del creditore della prestazione, il giudice di appello ha logicamente desunto l’insussistenza di un danno ascrivibile alla (OMISSIS), aggiungendo che non vi era prova della non corretta esecuzione dei lavori. Tale valutazione del comportamento del creditore, in quanto sorretta da idonea motivazione, esula dal sindacato di legittimità.

Va poi rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ove vi sia stata rituale allegazione dei fatti incontroversi, il Giudice può trarre di ufficio (anche nel silenzio della parte interessata)tutte le conseguenze cui essi sono idonei ai fini della quantificazione del danno Cass. S.U. n. 1099/98). Peraltro l’articolo 1227 c.c., comma 2, nel porre la condizione dell’evitabilità del danno, da parte del creditore, con l’uso della normale diligenza, non si limita a richiedere a quest’ultimo la mera inerzia, di fronte all’altrui comportamento dannoso, ma gli impone, secondo i principi di correttezza e buona fede di cui all’articolo 1175 c.c., una condotta attiva o positiva, diretta a limitare le conseguenze dannose di detto comportamento (Cass. n. 2422/2004; n. 2063/2004; n. 15231/2007). Il ricorso principale, per quanto osservato, va rigettato; rimane assorbito il ricorso incidentale in quanto condizionato all’accoglimento di quello principale. Consegue, secondo il criterio della soccombenza, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 7200,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

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