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Art. 1181 cc – Adempimento parziale

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Art. 1181 codice civile

Adempimento parziale

Il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile, salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente.


 

Giurisprudenza:

 

In tema di transazione, poiché dalla normativa codicistica sulle obbligazioni si evince la regola generale che l’adempimento di una obbligazione pecuniaria, anche se relativa ad un rapporto di lavoro, deve essere eseguito in un’unica soluzione, potendo il creditore, ai sensi dell’art. 1181 cod. civ., rifiutare un adempimento parziale (salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente), la dilazione di pagamento, accordata su richiesta del debitore, costituisce una parziale rinuncia e, come tale, integra una “concessione” ai sensi dell’art. 1965 cod. civ., pur in mancanza della rinuncia agli interessi legali, risultando indifferente l’accertamento dell’equivalenza tra le reciproche concessioni. Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 3-9-2013, n. 20160

 

Nel contratto di lavoro – ove le prestazioni sono corrispettive, in quanto all’obbligo di lavorare dell’una corrisponde l’obbligo di remunerazione dell’altra – ciascuna parte può valersi dell’eccezione di inadempimento prevista dall’art 1460 cod. civ., dovendosi escludere che alla inadempienza del lavoratore il datore di lavoro possa reagire solo con sanzioni disciplinari o, al limite, con il licenziamento, oppure col rifiuto di ricevere la prestazione parziale a norma dell’art 1181 cod. civ. e con la richiesta di risarcimento. Ne consegue che, nel caso di inadempimento della prestazione lavorativa il datore di lavoro non è tenuto al pagamento delle retribuzioni ove ricorrano le condizioni dell’art. 1460 cod. civ. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva condannato il datore al pagamento delle retribuzioni per il periodo, nel quale non vi era stata alcuna prestazione lavorativa, intercorrente tra la scadenza del periodo di comporto e la data di efficacia del licenziamento, ritenendo che il mantenimento del posto di lavoro del dipendente nel detto periodo, in assenza di causa legittima di sospensione, implicasse rinuncia del datore a far valere l’assenza ingiustificata del dipendente; la S.C., nel cassare la decisione impugnata, ha affermato il principio su esteso). Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 11-10-17353

 

La vittima di un fatto illecito può legittimamente rifiutare la somma offertagli dal responsabile a titolo di risarcimento, se questa non sia sufficiente a coprire il danno, gli interessi e le spese, in quanto il creditore, ai sensi dell’art. 1181 cod. civ., può sempre rifiutare l’adempimento parziale, salvo che il debitore non dimostri che il rifiuto sia contrario a buona fede. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 9-10-2012, n. 17140

 

Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto dell’obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione peggiorativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale. In conseguenza del suddetto principio, pertanto, tutte le domande giudiziali aventi ad oggetto una frazione di un unico credito sono da dichiararsi improponibili. — Cass. III, sent. 15476 del 11-6-2008

 

In tema di indennità di disoccupazione involontaria, soltanto l’esercizio dell’azione giudiziaria entro il termine previsto dall’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970 impedisce la decadenza e la conseguente estinzione del diritto all’indennità anzidetta, sicché l’accettazione del relativo pagamento parziale e, segnatamente, dell’importo base dell’indennità non integrato dalla rivalutazione monetaria prevista dalla sentenza della Corte costituzionale n. 497 del 1988, pur costituendo una facoltà del creditore (art. 1181 cod. civ.), non impedisce, tuttavia, la suddetta decadenza, in quanto l’adeguamento della misura dell’indennità non si configura come diritto autonomo. Ne consegue che il termine decadenziale deve essere calcolato con riferimento alla data di presentazione della iniziale domanda amministrativa di concessione dell’indennità – ed al procedimento amministrativo eventualmente instaurato in relazione alla stessa domanda – e non già con riferimento alla data di presentazione della richiesta di adeguamento della misura della indennità medesima. Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 11-4-2008, n. 9560

 

La richiesta di pagamento parziale contenuta in un invito al pagamento, emesso ai sensi dell’art. 93 del regolamento doganale di cui al r.d. n. 65 del 1865 e notificato entro il termine di decadenza previsto dalla legge (nella specie, dall’art. 11 d. lgs. n. 374 del 1990), se riferita ad una parte soltanto della prestazione dovuta dal debitore, impedisce il prodursi della decadenza con riguardo all’intera prestazione e, quindi, anche con riferimento alla somma residua, stante la facoltà del creditore di chiedere e di accettare l’adempimento parziale. — Cass. V, sent. 3918 del 15-2-2008

 

Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale. — Cass. Sez. Un., sent. 23726 del 15-11-2007

 

L’accettazione, senza riserve, dell’adempimento tardivo di una prestazione, equiparabile all’accettazione dell’adempimento parziale di essa (art. 1181 cod. civ.), non determina la decadenza dal far valere l’inosservanza del termine (da ritenere non essenziale, nel silenzio del creditore, ai sensi dell’art. 1457 cod. civ.) nè implica la rinuncia al risarcimento del danno derivatone. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 22-6-2007, n. 14573

 

L’art. 1181 cod. civ., attribuendo al creditore di una determinata somma, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, la facoltà di accettare un adempimento parziale consente di riconoscergli, in mancanza di espresse disposizioni o principi generali in contrario, anche quella di chiedere giudizialmente il pagamento di una sola parte della somma dovuta. Ne consegue che la domanda di condanna al pagamento degli interessi può essere proposta non solo cumulativamente con quella di pagamento del capitale, ma anche separatamente, tanto se si tratta di interessi moratori, e quindi complementari al credito pecuniario, quanto se si tratta di interessi convenzionali o compensativi, aventi struttura autonoma, senza che ciò si traduca in un pregiudizio per il debitore, il quale può evitare i maggiori oneri connessi alla duplicazione dei giudizi costituendo in mora il creditore mediante l’offerta del pagamento dell’intero, oppure chiedendo l’accertamento negativo del credito. — Cass. III, sent. 15807 del 28-7-2005

 

Non sussistono gli estremi del litisconsorzio necessario nell’ipotesi di domanda, formulata dal creditore con l’atto introduttivo del giudizio, volta ad ottenere l’adempimento di una obbligazione e contenente l’indicazione, in via subordinata, quale eventuale destinatario del pagamento che l’obbligato dovrà effettuare, di un altro soggetto, che dovrà poi riversare la somma all’avente diritto, non richiedendosi, in tal caso, che la vicenda processuale debba essere decisa in maniera unitaria nei confronti di tutti i predetti soggetti (nell’affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha così escluso la sussistenza di un litisconsorzio necessario con riferimento alla domanda avanzata da un privato che aveva richiesto, «ex lege» 590/1981, l’adempimento di un obbligo di contributo per danni da avversatì atmosferiche alla Regione Puglia, chiedendo nel contempo, ed in subordine, che la Regione stessa fosse dichiarata obbligata a versare l’importo di tale contributo al Comune di residenza del creditore, onde riversare la somma così ricevuta nel patrimonio del medesimo). — Cass. I, sent. 4561 del 27-3-2003

 

Il trattamento di fine rapporto, che matura alla data di cessazione del rapporto di lavoro, produce da tale data rivalutazione e interessi legali, come prescritto dall’art. 429 terzo comma cod. proc. civ., purché possa in quel momento essere determinato e quindi divenire esigibile. In caso contrario produce gli accessori dal giorno in cui siano disponibili tutti gli elementi di calcolo per la liquidazione definitiva dell’ammontare, anche se ciò si realizza dopo la cessazione del rapporto di lavoro. (Fattispecie relativa a interpretazione dell’art. 26 del C.C.N.L. per l’industria metalmeccanica). — Cass. Sez. L, sent. 7143 del 16-5-2002

 

Gli artt. 1181 e 1455 cod. civ. si riferiscono a due distinte sfere di applicabilità: il primo attiene alla facoltà del creditore di rifiutare la prestazione parziale e di agire, quindi, per il conseguimento dell’intero, donde la legittimità del rifiuto di un adempimento inesatto; l’art. 1455 riguarda, invece, il potere del contraente di risolvere il contratto a prestazioni corrispettive nel caso d’inadempimento di non lieve entità dell’altra parte. Consegue che, dato il diverso ambito di operatività delle due discipline, la condanna del debitore inadempiente al risarcimento del danno può essere pronunziata anche quando, per la scarsa importanza dell’inadempimento, non possa farsi luogo alla risoluzione del contratto. — Cass. 15-1-2001, n. 506

 

In assenza di espresse disposizioni, o di principi generali desumibili da una interpretazione sistematica, deve riconoscersi al creditore di una determinata somma, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, la facoltà di chiedere giudizialmente, anche in via monitoria, un adempimento parziale, in correlazione con la facoltà di accettarlo, attribuitagli dall’art. 1181 cod. civ., con riserva di azione per il residuo, trattandosi di un potere che risponde ad un interesse meritevole di tutela del creditore stesso senza sacrificare in alcun modo il diritto del debitore alla difesa delle proprie ragioni. — Cass. 10-4-2000, n. 108

 

Il creditore non è tenuto ad accettare un adempimento parziale, pur avendo facoltà, in previsione di contestazioni di una sua maggiore pretesa od altro, di accettare o domandare un pagamento parziale. — Cass. 15-4-98, n. 3814

 

Qualora l’esercizio di un diritto di credito sia sottoposto al termine di decadenza, la richiesta di un pagamento solo parziale, la quale rientra nelle facoltà del creditore ai sensi dell’art. 1181 cod. civ., vale ad impedire la decadenza anche in ordine alla frazione residua del credito. — Cass. 4-2-94, n. 1136

 

In ipotesi di sciopero cosiddetto a singhiozzo in un impianto a ciclo continuo il datore di lavoro può legittimamente rifiutare l’irregolare prestazione offerta, ove questa sia inutilizzabile e non più proficua, in relazione alla particolare tecnologia degli impianti, e quindi rimane esonerato dall’obbligo di corrispondere la relativa retribuzione; a tal fine vengono in rilievo anche le perdite economiche della produzione consistenti nella distruzione o nell’inefficienza del prodotto ottenuto ovvero l’assunzione di maggiori oneri e costi, quali quelli inerenti alla sospensione o riattivazione del ciclo produttivo od all’opposto mantenimento in funzione degli impianti a vuoto. Né al riguardo può ritenersi che il datore di lavoro debba provvedere a modificare il ciclo produttivo per rendere utilizzabile e proficua la prestazione offerta, atteso che la scelta di quest’ultimo rientra nella sfera di autonomia decisionale dell’imprenditore quale titolare dell’attività produttiva ed economica costituzionalmente tutelata dall’art. 41 Cost. — Cass. 7-2-87, n. 1331

 

L’accettazione, da parte del creditore, dell’adempimento parziale — che, a norma dell’art. 1181 cod. civ., egli avrebbe potuto rifiutare — non estingue il debito, ma semplicemente lo riduce, non precludendo conseguentemente al creditore stesso di azionare la risoluzione del contratto, né al giudice di dichiararla, ove la parte residuale del credito rimasta scoperta sia tale da comportare ugualmente la gravità dell’inadempimento. — Cass. 8-1-87, n. 20

 

Nel contratto d’appalto il committente può rifiutare l’adempimento parziale (art. 1181 cod. civ.) oppure accettarlo, secondo la propria convenienza, sicché, quand’anche la parziale o inesatta esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, ciò non impedisce al committente stesso di trattenere la parte di manufatto realizzato e di provvedere direttamente al completamento e alla eliminazione degli eventuali difetti riscontrati, chiedendo poi (al giudice) il risarcimento dei danni, che può tradursi in una riduzione del prezzo pattuito, tenuto conto sia del valore della opera ineseguita che dell’ammontare delle spese sostenute dal suddetto, previo, se del caso, espletamento dei necessari incombenti istruttori. — Cass. 12-4-83, n. 2573

 

Gli effetti riflessi o indiretti dell’esercizio del diritto di sciopero sull’organizzazione produttiva rilevano, ai fini della valutazione dell’esattezza dell’adempimento o della legittimità del rifiuto, da parte dell’imprenditore, di una prestazione che egli aveva diritto di ricevere nei modi nelle forme e con l’utilità predeterminate in ragione dell’organizzazione suddetta, solo nel caso in cui l’astensione dal lavoro sia stata attuata con forme illegittime o illecite, mentre, nel caso di sciopero legittimo — quale deve ritenersi anche quello così detto a scacchiera o a singhiozzo, a meno che non sia idoneo a pregiudicare irreparabilmente o in maniera estremamente grave, non la produzione, ma la stessa produttività dell’azienda —, non è consentito il rifiuto della prestazione lavorativa fra una sospensione e l’altra, ai sensi degli artt. 1181 e 1197 cod. civ., non potendosi considerare tale prestazione diversa da quella dovuta o parziale, a causa della legittima sospensione attuata con lo sciopero e dei suoi effetti riflessi o indiretti, né rifiutare la prestazione dei lavoratori non scioperanti, salvo che, nell’un caso e nell’altro, l’imprenditore non dimostri l’assoluta impossibilità di utilizzare in tutto o in parte, la prestazione d’opera offerta, operando, in tale ipotesi, gli effetti dello sciopero non in quanto tali, ma come autonoma causa di estinzione temporanea dell’obbligazione dell’imprenditore di fronte alla sopraggiunta impossibilità di utilizzare la prestazione dei lavoratori. — Cass. 28-7-83, n. 5186

 

Stante la legittimità del rifiuto di un adempimento parziale, il credito di lavoro è soggetto a rivalutazione monetaria, ai sensi del terzo comma dell’art. 429 cod. proc. civ., anche per la frazione a suo tempo inutilmente offerta dal datore di lavoro. — Cass. 19-4-83, n. 2690

 

Il principio stabilito dall’art. 1181 cod. civ. (facoltà del creditore di rifiutare un adempimento parziale) e la regola dettata dall’art. 1455 cod. civ. (importanza dell’inadempimento, ai fini della risoluzione), operano in due sfere autonome, attenendo il primo al potere del creditore di rifiutare la prestazione parziale e di agire, quindi, per il conseguimento dell’intero, e la seconda al potere del contraente di ottenere la risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive, nel caso di inadempienza di non lieve entità dell’altra parte. Pertanto, il legittimo rifiuto dell’adempimento parziale, non può costituire elemento giustificativo della risoluzione del contratto, se l’inadempimento sia di scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte. — Cass. 12-1-76, n. 76

 

Il principio sancito dall’art. 1181 non è applicabile allorché si tratti di debiti distinti. — Cass. 17-5-67, n. 1034

 

L’art. 1181 non è applicabile quando le prestazioni ripartite siano state espressamente pattuite oppure si debbano ritenere consentite dalla natura del contratto. — Cass. 20-12-60, n. 3291

 

L’esecuzione frazionata di un’obbigazione che avrebbe dovuto effettuarsi in un’unica soluzione non dà luogo all’ipotesi di pagamento rateale, quando questo non sia stato espressamente pattuito. — Cass. 7-10-58, n. 3137

 

L’adempimento di una obbligazione si ha quando il debitore esegua esattamente e puntualmente la prestazione dovuta e non quando la prestazione stessa sia eseguita solo in parte. — Cass. 7-10-58, n. 3137

 

L’art. 1181 non può trovare applicazione nel caso in cui, a seguito di risoluzione del contratto di compravendita, il compratore, divenuto semplice custode delle cose vendute, offra la restituzione parziale delle cose stesse al venditore, salvo il diritto al risarcimento dei danni conseguenti alla perdita di parte delle cose vendute. — Cass. 4-10-57, n. 3601

 

Se è vero che, ai termini dell’art. 1181 c.c., il creditore può rifiutare un adempimento parziale, è però necessario che il creditore stesso si comporti nei confronti dell’altra parte, secondo i principi della correttezza e della lealtà. Non può considerarsi valido rifiuto quello del creditore che, ricevuti in pagamento dei vaglia postali, li trattenga presso di sé lungo tempo e dichiari di tenerli a disposizione del debitore non già tempestivamente, ma con notevole ritardo e perfino dopo la scadenza del termine per la riscossione. — Cass. 8-8-57, n. 3361

 

Con riferimento all’eccezione contenuta nell’art. 1181 («salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente»), la P.A., avuto riguardo agli stanziamenti stabiliti in bilancio, ben può conseguire la progressiva liberazione delle proprie obbligazioni attraverso pagamenti parziali, rinviando il saldo agli esercizi futuri, senza che il privato creditore possa quindi rifiutare il parziale adempimento, avvalendosi della disposizione di carattere generale sancita dal citato articolo. — Cass. 16-1-57, n. 96