Art. 120. Incapacità di intendere o di volere
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio.
L’azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle facoltà mentali.
Articolo così sostituito dall’art. 15 L. 19.05.1975, n. 151.
Giurisprudenza:
In tema di impugnative matrimoniali, l’azione per impugnare il matrimonio affetto da vizi della volontà ovvero da incapacità di intendere e di volere di uno dei coniugi ha carattere personale ed è trasmissibile agli eredi solo qualora il relativo giudizio sia già pendente al momento della morte di detto coniuge, il quale è titolare esclusivo del potere di decidere se impugnare il proprio matrimonio; l’azione di nullità, inoltre, pur essendo promuovibile dal pubblico ministero, ex art. 125 c.c., non può più essere esperita dopo la morte di uno dei coniugi. Cass. 28-02-2018, n. 4653
In ragione delle significative differenze che intercorrono tra l’amministrazione di sostegno (diretta a valorizzare le residue capacità del soggetto debole) e dell’interdizione (volta a limitare la sfera d’azione di quel soggetto in relazione all’esigenza di salvaguardia del suo patrimonio nell’interesse dei suoi familiari), il divieto di contrarre matrimonio, previsto dall’art. 85 c.c. per l’interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all’interesse dell’amministrato. In tali casi, il matrimonio contratto da quest’ultimo può essere impugnato da lui stesso ex art. 120 c.c. o dall’amministratore di sostegno ex art. 412, comma 2, c.c., non anche dai terzi ex art. 119 c.c., non potendosi richiamare la disciplina dell’interdizione. Cass. 11-05-2017, n. 11536
In tema di delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario per difetto di consenso, le situazioni di vizio psichico assunte dal giudice ecclesiastico come comportanti inettitudine del soggetto, al momento della manifestazione del consenso, a contrarre il matrimonio non si discostano sostanzialmente dall’ipotesi d’invalidità contemplata dall’art. 120 cod. civ., cosicché è da escludere che il riconoscimento dell’efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo in principi fondamentali dell’ordinamento italiano. In particolare, tale contrasto non è ravvisabile sotto il profilo del difetto di tutela dell’affidamento della controparte, poiché, mentre in tema di contratti la disciplina generale dell’incapacità naturale dà rilievo alla buona o malafede dell’altra parte, tale aspetto è ignorato nella disciplina dell’incapacità naturale, quale causa d’invalidità del matrimonio, essendo in tal caso preminente l’esigenza di rimuovere il vincolo coniugale inficiato da vizio psichico. Cass. 01-04-2015, n. 6611
È ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario la convivenza prolungata dei coniugi successivamente alla celebrazione del matrimonio e non la semplice durata del matrimonio medesimo, in quanto l’ordine pubblico interno matrimoniale evidenzia un palese “favor” per la validità del matrimonio, inteso come matrimonio-rapporto, fondato sulla convivenza dei coniugi; è, pertanto, irrilevante in sé la mera durata ventennale dello stesso, laddove non sia dedotta e provata, nella fase di delibazione della sentenza ecclesiastica (nella specie, di nullità del matrimonio concordatario per grave difetto di discrezione di giudizio del marito), l’effettiva convivenza dei coniugi nello stesso periodo. Cass. 15-06-2012, n. 9844
In tema di delibazione della sentenza ecclesiastica, l’accertamento dell’esistenza di una causa di nullità del matrimonio concordatario, consistente nella mancanza di “discrezione di giudizio”, cioè della effettiva capacità d’intendere il valore del matrimonio-sacramento, anche se non accompagnato da una compiuta verifica in ordine alla consapevolezza dell’altra parte circa l’accertamento del vizio del consenso, non è incompatibile con l’ordine pubblico interno, non essendovi un principio generale di tutela dell’affidamento, che contempli come elemento essenziale la riconoscibilità di tale vizio per l’altra parte. Cass. 01-06-2012, n. 8857
La delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio per difetto grave in uno dei coniugi della capacità di discrezione nel giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali, non si pone in contrasto con l’ordine pubblico italiano, non ostandovi la circostanza che tale pronuncia richieda un’indagine sulla psiche del soggetto, ove essa sia stata condotta con strumenti di prova ammessi dall’ordinamento interno (nella specie, con una c.t.u.), poiché la ragione posta a fondamento di tale declaratoria è sostanzialmente corrispondente all’incapacità naturale di cui all’art. 120 cod. civ., né le differenze di disciplina in materia, fra ordinamento canonico ed ordinamento italiano, incidono sui fondamentali principi del diritto statuale. Cass. 20-01-2011, n. 1262
In tema di delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario per difetto di consenso, le situazioni di vizio psichico assunte dal giudice ecclesiastico come comportanti inettitudine del soggetto, al momento della manifestazione del consenso, a contrarre il matrimonio non si discostano sostanzialmente dall’ipotesi d’invalidità contemplata dall’art. 120 cod. civ., cosicchè è da escludere che il riconoscimento dell’efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo in principi fondamentali dell’ordinamento italiano. In particolare, tale contrasto non è ravvisabile sotto il profilo del difetto di tutela dell’affidamento della controparte, poichè, mentre in tema di contratti la disciplina generale dell’incapacità naturale dà rilievo alla buona o malafede dell’altra parte, tale aspetto è ignorato nella disciplina dell’incapacità naturale, quale causa d’invalidità del matrimonio, essendo in tal caso preminente l’esigenza di rimuovere il vincolo coniugale inficiato da vizio psichico. Cass. 08-07-2009, n. 16051
In tema di delibazione della sentenza di un tribunale ecclesiastico dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario, per «incapacitas assumendi onera matrimonii», la nullità discende da una grave inettitudine del soggetto ad intendere i doveri del matrimonio, in relazione al momento della manifestazione del consenso e non si discosta sostanzialmente dalle ipotesi di invalidità contemplate dagli artt. 120 e 122 cod. civ.; deve pertanto escludersi che il riconoscimento dell’efficacia di tale sentenza trovi ostacolo nei principi fondamentali dell’ordinamento italiano, non rilevando in contrario le differenze della disciplina codicistica in punto di legittimazione attiva e rilevanza ostativa della coabitazione alla proponibilità dell’azione, in quanto non investono principi di ordine pubblico dell’ordinamento italiano. — Cass. sent. 10796 del 10-5-2006
In tema di delibazione della sentenza di un tribunale ecclesiastico dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario, per «incapacità assumendi onera matrimoni», la nullità discende da una grave inettitudine del soggetto ad intendere i doveri del matrimonio, in relazione al momento della manifestazione del consenso e non si discosta sostanzialmente dalle ipotesi di invalidità contemplate dagli artt. 120, 122 cod. civ.; deve pertanto escludersi che il riconoscimento dell’efficacia di tale sentenza trovi ostacolo nei principi fondamentali dell’ordinamento italiano, non rilevando in contrario le differenze della disciplina codicistica in punto di legittimazione attiva e rilevanza ostativa della coabitazione alla proponibilità dell’azione, in quanto non investono principi di ordine pubblico dell’ordinamento italiano. — Cass. I, sent. 4387 del 7-4-2000
In tema di delibazione della sentenza di un tribunale ecclesiastico dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario, per difetto di consenso, la situazione di vizio psichico assunta in considerazione dal giudice ecclesiastico siccome comportante inettitudine del soggetto ad intendere i diritti ed i doveri del matrimonio al momento della manifestazione del consenso, non si discosta sostanzialmente dall’ipotesi di invalidità contemplata dall’art. 120 cod. civ., cosicché è da escludere che il riconoscimento dell’efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo nei principi fondamentali dell’ordinamento italiano. E contrasto con tali principi non si rende ravvisabile neppure sotto il profilo del difetto di tutela dell’affidamento della controparte. Infatti, al riguardo, è sufficiente rilevare che, mentre la disciplina generale dell’incapacità naturale dà rilievo, in tema di contratti, alla buona o alla mala fede dell’altra parte (art. 428, secondo comma, cod. civ.), tale aspetto si rende invece del tutto ignorato nella disciplina dell’incapacità naturale vista quale causa di invalidità del matrimonio, essendo preminente, in tal caso, l’esigenza di rimuovere il vincolo coniugale inficiato da vizio psichico. — Cass. 7-4-97, n. 3002
La sentenza penale pronunciata in seguito a giudizio nel procedimento per il delitto di circonvenzione di incapace (art. 643 cod. pen.) ha efficacia vincolante, rispetto alle stesse persone che abbiano partecipato al procedimento stesso, nel successivo giudizio civile in tema di nullità della trascrizione di matrimonio contratto dall’incapace stesso, siccome contenente l’accertamento sullo stato di capacità della parte lesa, che rileva in termini di fatto materiale, trattandosi di dato suscettibile di rilievo e verifica con gli appositi strumenti, mediante un’operazione mentale non dissimile, salva la complessità e difficoltà, da ogni altra diretta ad acquisire nozione concreta della realtà esterna. — Cass. Sez. Un. 8-7-93, n. 7482
Al fine della delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per amentia di uno dei coniugi, non costituisce impedimento, sotto il profilo del limite dell’ordine pubblico, la circostanza che detta nullità sia stata dichiarata su istanza dell’altro coniuge, posto che la disposizione dell’art. 120 primo comma cod. civ., in base alla quale la legittimazione all’impugnazione per incapacità naturale spetta soltanto al coniuge che si sia trovato in tale situazione al momento della celebrazione, non esprime un principio essenziale dell’istituto del matrimonio civile, e, quindi, non è riconducibile fra le norme di ordine pubblico. — Cass. 25-11-88, n. 6331
Con riguardo alla sentenza del tribunale ecclesiastico, che abbia dichiarato la nullità del matrimonio concordatario per «defectum discretionis iudicii» da parte di un coniuge, la delibazione non trova impedimento nei principi fondamentali dell’ordinamento italiano, tenuto conto che la suddetta nullità, discendendo da una grave inettitudine del soggetto ad intendere i diritti ed i doveri del matrimonio, in relazione al momento della manifestazione del consenso, non si discosta sostanzialmente dalle ipotesi d’invalidità contemplate dagli artt. 120 e 122 cod. civ. in caso d’incapacità o d’errore, e che, inoltre, un conflitto con gli indicati principi non è ravvisabile nella mera diversità di disciplina dell’azione di nullità (accordata dall’ordinamento canonico anche all’altro coniuge ed al «promotore di giustizia»). — Cass. 20-7-88, n. 4710
Al fine della delibazione della sentenza del tribunale ecclesiastico, dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per incapacità d’intendere o di volere di uno dei coniugi, la circostanza che tale nullità sia stata pronunciata indipendentemente dalla decadenza fissata dall’art. 120 secondo comma cod. civ., per il caso in cui vi sia stata coabitazione per un anno dopo che l’incapace abbia recuperato la pienezza delle facoltà mentali, non costituisce situazione ostativa, sotto il profilo della contrarietà all’ordine pubblico italiano (artt. 1 della legge 27 maggio 1929 n. 810 e 17 secondo comma della legge 27 maggio 1929 n. 847, nel testo risultante a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 18 del 1982), atteso che la suddetta scelta del legislatore, rivolta a valorizzare un consenso sopravvenuto quale elemento idoneo ad escludere l’impugnazione del vincolo sorto senza valido consenso, non è riconducibile fra i principi fondamentali ed essenziali dell’ordinamento italiano, con la conseguenza che la diversa disciplina contenuta in proposito nell’ordinamento canonico non interferisce sull’indicato limite dell’ordine pubblico. — Cass. 18-2-85, n. 1370
La delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio per incapacità della moglie di «assumere gli oneri coniugali» ancorché essa sia stata resa su iniziativa del marito, non trova ostacolo nel limite costituito dall’ordine pubblico italiano, tenuto conto che l’indicata situazione di nullità ha sostanziale corrispondenza nella causa di invalidità del matrimonio per incapacità di intendere e di volere, contemplata dall’art. 120 cod. civ., e che le differenze di disciplina in materia, fra ordinamento canonico ed ordinamento italiano, ivi comprese quelle inerenti alla legittimazione a far valere detta invalidità, non incidono sui fondamentali principi del diritto statuale. — Cass. 18-12-84, n. 6621
Con riguardo alla sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio per amentia di uno dei coniugi, la questione del protrarsi della coabitazione dopo il recupero da parte di detto coniuge della capacità di intendere e di volere, rilevante per l’ordinamento italiano e non per quello canonico, può essere dedotta nel giudizio di delibazione di detta sentenza davanti alla corte d’appello, quale eventuale ragione ostativa alla delibazione medesima (sotto il profilo della contrarietà all’ordine pubblico), mentre resta preclusa la possibilità di sollevarla per la prima volta in sede di ricorso per cassazione avverso il provvedimento della corte d’appello. — Cass. 13-6-84, n. 3536