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Art. 1206 cc – Della mora del creditore – Condizioni

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Articolo 1206 codice civile

Della mora del creditore – Condizioni

Il creditore è in mora quando, senza motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli nei modi indicati dagli articoli seguenti o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l’obbligazione.


 

Giurisprudenza:

Appalto di opera pubblica – In tema di appalto di opera pubblica, le ragioni di pubblico interesse o necessità che possono giustificare la sospensione dei lavori vanno identificate in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute, non previste né prevedibili da parte della P.A. con l’uso dell’ordinaria diligenza, e non possono quindi essere invocate al fine di porre rimedio a negligenza o imprevidenza della committente, cui spetta acquisire, quale titolare dell’opera da realizzare, le autorizzazioni amministrative necessarie per l’esecuzione dei lavori in osservanza del dovere, discendente dall’art. 1206 c.c. e più in generale dai principi di correttezza e buona fede oggettiva, di cooperare all’adempimento dell’appaltatore ponendo in essere tutte quelle attività, distinte dal comportamento dovuto da quest’ultimo, necessarie affinché egli possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio. Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 12-10-2018, n. 25554

 

Invalidità del contratto a termine per violazione di norme imperative – L’accertamento giudiziale dell’invalidità del contratto a termine per violazione di norme imperative, e della conseguente conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, determina, nell’ipotesi in cui per fatto imputabile al datore di lavoro non sia possibile ripristinare il predetto rapporto, l’obbligo per quest’ultimo di corrispondere le retribuzioni al lavoratore a partire dalla messa in mora decorrente dall’offerta della prestazione lavorativa in virtù dell’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme generali in tema di contratti a prestazioni corrispettive. Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza 10-9-2018, n. 21947

 

Interposizione di manodopera – La declaratoria di nullità dell’interposizione di manodopera per violazione di norme imperative e la conseguente esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato determina, nell’ipotesi in cui per fatto imputabile al datore di lavoro non sia possibile ripristinare il predetto rapporto, l’obbligo per quest’ultimo di corrispondere le retribuzioni al lavoratore a partire dalla messa in mora decorrente dal momento dell’offerta della prestazione lavorativa, in virtù dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 29 del d.lgs n. 276 del 2003, che non contiene alcuna previsione in ordine alle conseguenze del mancato ripristino del rapporto di lavoro per rifiuto illegittimo del datore di lavoro e della regola sinallagmatica della corrispettività, in relazione agli artt. 3,36 e 41 Cost. Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 2-2-2018, n. 2990

 

Appalto di opera pubblica – Nell’appalto di opere pubbliche, stante la natura privatistica del contratto, è configurabile, in capo all’amministrazione committente, creditrice dell'”opus”, un dovere – discendente dall’espresso riferimento contenuto nell’art. 1206 cod. civ. e, più in generale, dai principi di correttezza e buona fede oggettiva che permeano la disciplina delle obbligazioni e del contratto – di cooperare all’adempimento dell’appaltatore attraverso il compimento di quelle attività, distinte rispetto al comportamento dovuto da questi e necessarie affinché il medesimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio. Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 5-6-2014, n. 12698

 

Appalto – L’appaltante è tenuto a cooperare all’adempimento dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 1206 cod. civ., qualora tale cooperazione sia necessaria per l’oggetto particolare dei servizi appaltati (nella specie, manutenzione a bordo di nave per tragitti di lungo corso), in quanto i doveri generali di correttezza e buona fede oggettiva impongono al committente di porre in essere le attività, distinte rispetto a quanto dovuto dall’appaltatore, occorrenti affinché quest’ultimo possa conseguire il risultato cui il rapporto obbligatorio è preordinato. Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 22-11-2013, n. 26260

 

Successioni mortis causa – In tema di successioni “mortis causa”, allorché l’adempimento dell’onere apposto ad una disposizione testamentaria, consistente nell’obbligo per l’erede di prestare assistenza e cura ad un terzo vita natural durante, sia reso impossibile dal rifiuto di quest’ultimo di usufruire di tali prestazioni, non è configurabile la nullità della disposizione ai sensi dell’art. 647, terzo comma, cod. civ., il quale attiene esclusivamente alle ipotesi di impossibilità originaria di adempimento dell’onere, trovando, invece, l’impossibilità sopravvenuta la propria disciplina nei principi generali relativi alla risoluzione o all’estinzione dell’obbligazione, con conseguente eventuale liberazione dell’onerato a seguito di costituzione in mora del beneficiario. Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 16-5-2013, n. 11906

 

Lavoro a termineRifiuto del datore di lavoro di riammettere il lavoratore in servizio – Mora del creditore – Configurabilità – Diritto del lavoratore al risarcimento del danno – l lavoratore che, ottenuta una pronunzia di conversione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di una pluralità di rapporti di lavoro a termine, contrastanti con le previsioni della legge 18 aprile 1962 n. 230 (“ratione temporis” applicabile), non venga riammesso in servizio, ha diritto al ristoro del danno commisurato al pregiudizio economico derivante dal rifiuto di riassunzione del datore di lavoro, nei cui confronti trovano applicazione le regole sulla mora del creditore e in particolare quella concernente l’obbligo risarcitorio, fissata nell’art. 1206, secondo comma cod. civ., con conseguente necessità di riconoscere al lavoratore il diritto alla retribuzione per l’attività lavorativa ingiustificatamente impeditagli, comprensivo del trattamento spettante ai dipendenti che svolgono analoghe mansioni. Né, al fine di limitare il suddetto risarcimento e di attribuire invece al lavoratore, anche per il periodo successivo alla pronunzia di conversione, un trattamento retributivo commisurato alle scansioni temporali cicliche originariamente concordate tra le prestazioni dei singoli servizi prima di tale pronunzia (e quindi in concreto la sola retribuzione per i periodi nei quali, conformemente alle modalità originarie, vi sarebbe stata effettiva prestazione) può farsi riferimento al carattere sinallagmatico del rapporto, utilmente invocabile solo in relazione al periodo anteriore alla conversione, o a legittime pattuizioni relative alla misura ed alla quantità della prestazione lavorativa, pattuizioni la cui esistenza non può peraltro venir dedotta dal solo succedersi nel tempo di una pluralità di contratti a termine in violazione della citata legge 230 del 1960, pena la sostanziale vanificazione dei precetti da questa stabiliti. Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 11-4-2013, n. 8851