Art. 1394 cc – Conflitto d’interessi.
Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.
Fideiussione prestata da una società in favore di un’altra – In tema di annullamento del contratto concluso in conflitto di interessi, nel caso di fideiussione prestata da una società in favore di un’altra, entrambe aventi il medesimo amministratore e facenti parte di uno stesso gruppo, l’autonomia soggettiva e patrimoniale delle singole società comporta che la strumentalità della fideiussione alla conservazione del valore della partecipazione della garante nel capitale della garantita non può ritenersi “in re ipsa”, in ragione della detta partecipazione e della comune appartenenza al gruppo, ma va provata dal creditore che voglia giovarsi della garanzia, soprattutto quando vi siano fondati elementi – nella specie, la manifesta sproporzione dell’ammontare della fideiussione “omnibus” rispetto al capitale sociale della garante e l’operatività di questa in un settore diverso da quello specifico del gruppo – per ritenere che non vi è l’interesse strategico del gruppo a preservare il valore della partecipazione, bensì quello di privilegiare in via esclusiva la garantita, riducendo la garante ad un ruolo di mero asservimento. Cassazione Civie, Sezione 1, Sentenza 10-4-2019, n. 10103
Fideiussione prestata da una società in favore di un’altra – Nel caso in cui una società abbia prestato fideiussione in favore di un’altra società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l’esistenza di un conflitto d’interessi tra la società garante ed il suo amministratore, ai fini dell’annullabilità del contratto, non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica d’incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la società che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha condiviso la pronuncia impugnata nella parte in cui aveva escluso la sussistenza del conflitto d’interessi, in quanto le garanzie concesse dalla società avevano lo scopo di coordinare ed assistere anche dal punto di vista finanziario altre società riconducibili al medesimo gruppo). Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 7-12-2017, n. 29475
Rappresentanza organica di una persona giuridica – Il conflitto di interessi che, se conosciuto o riconoscibile dal terzo, rende annullabile il contratto concluso dal rappresentante, ai sensi dell’articolo 1394 del Cc, applicabile anche nei casi di rappresentanza organica di una persona giuridica, ricorre quando il rappresentante, anziché tendere alla tutela degli interessi del rappresentato, persegua interessi propri o di terzi incompatibili con quelli del rappresentato di guisa che all’utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante, per se medesimo o per il terzo, segua o possa seguire un danno per il rappresentato. Cass. 5794/2017
In tema di conflitto di interessi, la predeterminazione del contenuto del contratto e la specifica autorizzazione del rappresentato sono elementi richiesti unicamente dall’art. 1395 c.c. per la validità del contratto che il rappresentante conclude con sé stesso, quali cautele previste in via alternativa dal legislatore per superare la presunzione legale circa l’esistenza connaturale, in tal caso, del conflitto medesimo, attesa l’identità tra la persona del rappresentante e dell’altro contraente, mentre non rilevano ai fini dell’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, ex art. 1394 c.c. Cass. 2529/2017
Il conflitto d’interessi idoneo, ex art. 1394 c.c., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro. Tale situazione, riferendosi ad un vizio della volontà negoziale, deve essere riscontrabile al momento perfezionativo del contratto, restando irrilevanti evenienze successive eventualmente modificative della iniziale convergenza d’interessi. Cass. 2529/2017
Il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato, ai sensi dell’art 1394 c.c., rende annullabile il contratto concluso dal rappresentante con il terzo nell’esecuzione del mandato, ma non la procura, perché nell’ambito dell’attività procuratoria, la sussistenza del conflitto si può manifestare esclusivamente nella successiva attività negoziale che sia estrinsecazione dei poteri rappresentativi attribuiti dal rappresentato. Cass. 2529/2017
Il conflitto di interessi che determina l’annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1394 c.c. postula un rapporto di incompatibilità tra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante o di un terzo che egli, a sua volta, rappresenti, e, in quest’ultima ipotesi, che il vantaggio conseguito dal terzo coincida con quello del rappresentante. La sussistenza del conflitto va verificata in concreto dal giudice e, anche ove possa ritenersi accertata, ai fini dell’annullamento del contratto è comunque richiesta la sua riconoscibilità da parte dell’altro contraente. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il conflitto di interessi non poteva desumersi dal rapporto di parentela che legava l’amministratore unico della società, poi fallita, stipulante un contratto di locazione finanziaria di marchi con il socio accomandatario della società proprietaria dei diritti di privativa, né da una non meglio precisata riferibilità al suo nucleo familiare del controllo delle due aziende e degli interessi industriali che vi erano sottesi). Cass. 271/2017
Fideiussione prestata da una società in favore di un’altra – Quando tutti i soci di una società, sia essa di persone o di capitali, siano anche soci di una società di capitali con partecipazione complessivamente tale da garantirne il controllo e le due società perseguano progetti imprenditoriali di tipo unitario o quantomeno coordinato, la fideiussione rilasciata dalla prima società per assicurare il finanziamento dell’altra, amministrata dallo stesso soggetto, non può ritenersi stipulata in conflitto di interessi, atteso che il buon andamento della società garantita si riverbera necessariamente a vantaggio della garante. Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 1-12-2016, n. 24547
Negoziazione in contropartita diretta – La negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario è autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nell’art. 1 del d.lgs. n. 58 del 1998, essendo essa una delle modalità con le quali l’intermediario può dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente. Ne deriva che l’esecuzione dell’ordine in conto proprio non comporta, di per sé sola, l’annullabilità dell’atto ai sensi degli artt. 1394 o 1395 c.c. Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 9-6-2016, n. 11876
Fideiussione stipulata dall’amministratore di una società a responsabilità limitata – Nella fattispecie prevista dall’art. 1394 cod. civ., il conflitto di interessi si manifesta al momento dell’esercizio del potere rappresentativo, mentre nel caso previsto dagli artt. 2373 e 2391 cod. civ. il conflitto di interessi (rispettivamente, in sede di assemblea e di consiglio di amministrazione) si manifesta al momento dell’esercizio del potere deliberativo. Ne consegue che, ove l’eccezione di invalidità della fideiussione stipulata dall’amministratore di una società a responsabilità limitata sia formulata senza riferimento alla deliberazione dell’organo collegiale, la riconduzione del conflitto di interessi dedotto, specie se relativo ad un contratto stipulato dall’amministratore unico, alla disciplina dettata dall’art. 1394 cod. civ., anziché alle norme – invocate dalla parte – degli artt. 2373 e 2391 cod. civ., non solo è l’unica possibile, ma, non implicando né una modifica o integrazione del fatto dedotto, né un mutamento delle conseguenze che la parte ne vuole trarre, rappresenta il legittimo esercizio del potere spettante al giudice di diversa qualificazione del fatto posto a fondamento dell’eccezione. Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 10-10-2013, n. 23089
Liquidazione di società – Vendita a prezzo irrisorio di un bene sociale per conflitto di interessi del liquidatore – La liquidazione di società non è funzionale solo al pagamento dei debiti sociali, ma anche alla ripartizione del residuo tra i soci, dei cui interessi si deve tener conto nelle operazioni di liquidazione del patrimonio sociale, durante le quali, pertanto, permane l’interesse della società ad ottenere il corrispettivo più alto possibile dalla vendita dei suoi beni. (Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha confermato l’annullamento, ex art. 1394 cod. civ., di una vendita a prezzo irrisorio di un bene sociale per conflitto di interessi del liquidatore, pur in assenza di un danno ai creditori sociali). Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 13-3-2013, n. 6220
Approvazione del bilancio – Ratifica tacita dell’operato dell’amministratore in conflitto d’interessi – Esclusione – In tema di società di capitali, l’approvazione del bilancio non costituisce ratifica tacita dell’operato dell’amministratore in conflitto d’interessi, in quanto sia la disciplina del bilancio che quella dell’assemblea hanno natura imperativa e rispondono all’interesse pubblico ad un regolare svolgimento dell’attività economica. Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 13-3-2013, n. 6220
In tema di società per azioni, quando il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto con il terzo che rientri, invece, nella competenza di tale organo, l’incidenza del conflitto di interessi sulla validità del negozio deve essere regolata sulla base, non già dell’art. 2391 cod. civ. (il quale, riferendosi al conflitto che emerge in sede deliberativa, concerne l’esercizio del potere di gestione, in un momento, quindi, anteriore a quello in cui l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo), ma della disciplina generale di cui all’art. 1394 cod. civ. Al riguardo, costituendo il divieto di agire in conflitto di interessi con la società rappresentata un limite derivante da una norma di legge, la sua rilevanza esterna non è subordinata ai presupposti stabiliti dal secondo comma dell’art. 2384 cod. civ., il cui ambito di applicazione è riferito alle limitazioni del potere di rappresentanza derivanti dall’atto costitutivo o dallo statuto, che abbiano, cioè, la propria fonte (non nella legge, ma) nell’autonomia privata. (Pronuncia resa in fattispecie anteriore al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6). Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 13-2-2013, n. 3501
La negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario è autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nell’art. 1 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, essendo essa una delle modalità con le quali l’intermediario può dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente. Ne deriva che l’esecuzione dell’ordine in conto proprio non comporta, di per sé sola, l’annullabilità dell’atto ai sensi degli artt. 1394 o 1395 cod. civ. Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 22-12-2012, n. 28432
Il conflitto d’interessi idoneo, ai sensi dell’art. 1394 cod. civ., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro. (Nella specie, la S. C. ha confermato, sul punto, la sentenza impugnata che aveva escluso la sussistenza di un conflitto di interessi nel riconoscimento di debito in favore della società controricorrente sottoscritto da soggetto amministratore sia della società ricorrente che della società controricorrente, ravvisando l’adeguatezza della sua motivazione con cui, pur dando atto della situazione di collegamento tra le dette società – per essere l’una socio finanziatore dell’altra – per il perseguimento di un comune scopo sociale, era stato evidenziato che la misura degli interessi pattuiti in misura superiore al tasso legale non era in macroscopico contrasto con i tassi praticati in quel periodo dal mercato finanziario e che, quindi, non si configurava alcuna ingiustificata costrizione delle aspettative della debitrice). — Cass. III, sent. 14481 del 30-5-2008
Il conflitto d’interessi idoneo, ex art. 1394 cod. civ., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro. Tale situazione, riferendosi ad un vizio della volontà negoziale, deve essere riscontrabile al momento perfezionativo del contratto, restando irrilevanti evenienze successive eventualmente modificative della iniziale convergenza d’interessi. (Nella fattispecie, la S. C. ha confermato la sentenza impugnata con la quale non era stato ravvisato conflitto d’interessi in un caso di fideiussione concessa da società di capitali a imprenditore privato, socio della società di capitali e coniuge dell’amministratore unico e legale rappresentante, ritenendosi che la fideiussione corrispondesse sia all’interesse della società, avente ad oggetto la gestione del patrimonio immobiliare dei soci, che a quello dei due unici soci, a nulla rilevando il successivo mutamento della compagine sociale e la sopravvenuta assenza di corrispondenza tra l’interesse della società e dei soci e quella del terzo garantito). — Cass. III, sent. 23300 del 8-11-2007
Integra domanda nuova, la cui proposizione è inammissibile ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., la domanda di annullamento del contratto di vendita di un bene immobile per vizio del consenso, consistente nella asserita violenza morale, avanzata per la prima volta in sede di gravame al fine di realizzare la azionata pretesa e non già di contrastare le difese della controparte, là dove, in primo grado, si era agito per la risoluzione del contratto medesimo ovvero per il suo annullamento in base alla denuncia di un conflitto di interessi tra rappresentato e rappresentante. — Cass. III, sent. 22329 del 24-10-2007
Il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato che, se conosciuto o conoscibile dal terzo, rende annullabile il contratto concluso dal rappresentante, ai sensi dell’art. 1394 cod. civ. (applicabile anche ai casi di rappresentanza organica di una persona giuridica), ricorre allorquando il primo sia portatore di interessi incompatibili con quelli del secondo, cosicché la salvaguardia dei detti interessi gli impedisce di tutelare adeguatamente l’interesse del «dominus», con la conseguenza che non ha rilevanza, di per sé, che l’atto compiuto sia vantaggioso o svantaggioso per il rappresentato e che non è necessario provare di aver subito un concreto pregiudizio, perché il rappresentato possa domandare o eccepire l’annullabilità del negozio. A tal fine, i vincoli di solidarietà e la comunanza d’interessi fra rappresentante e terzo sono indizi che consentono al giudice del merito di ritenere, secondo l’«id quod plerumque accidit» ed in concorso con altri elementi (come l’inesistenza di qualsiasi interesse al contratto ovvero la sussistenza di un pregiudizio non correlato al alcun vantaggio), sia il proposito del rappresentante di favorire il terzo, sia la conoscenza effettiva o quanto meno la conoscibilità di tale situazione da parte del terzo. — Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 18-7-2007, n. 15981
La domanda giudiziale con cui la parte intenda far accertare la nullità di un contratto, al fine di poterne disconoscere gli effetti, si pone, rispetto ad un’ipotetica domanda di annullamento di quel medesimo contratto dipendente da una invalidità meno grave, nei termini di maggiore a minore, sicché il giudice, in luogo della richiesta declaratoria di radicale nullità di un contratto, può pronunciarne l’annullamento, ove quest’ultimo risulti fondato sui medesimi fatti, senza che la sentenza sia censurabile per il vizio di ultrapetizione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata la quale, nell’escludere la sussistenza della nullità del contratto individuale di lavoro stipulato tra il presidente in carica della società datrice di lavoro ed un suo dirigente, aveva però omesso di indagare se, in forza delle allegazioni in fatto su cui si fondavano le difese della società in entrambi i gradi del giudizio, potesse invece ravvisarsi una ipotesi di annullabilità del medesimo contratto per conflitto d’interessi ex art. 1394 cod. civ.). — Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza 18-7-2007, n. 15981
In tema di conflitto d’interessi quanto all’atto concluso dal rappresentante della società fidejubente che sia rappresentante anche della società garantita, l’incompatibilità tra le esigenze dei due enti integra una causa di annullabilità ai sensi dell’art. 1394 cod. civ. per vizio della volontà negoziale, conosciuto o conoscibile dal terzo anche in ragione dell’estraneità della fidejussione agli scopi sociali della garante. — Cass. III, sent. 15879 del 17-7-2007
In tema di società per azioni, quando il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto con il terzo che rientri, invece, nella competenza di tale organo, l’incidenza del conflitto di interessi sulla validità del negozio deve essere regolata sulla base, non già dell’art. 2391 cod. civ. (il quale, riferendosi al conflitto che emerge in sede deliberativa, concerne l’esercizio del potere di gestione, in un momento, quindi, anteriore a quello in cui l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo), ma della disciplina generale di cui all’art. 1394 cod. civ. Al riguardo, costituendo il divieto di agire in conflitto di interessi con la società rappresentata un limite derivante da una norma di legge, la sua rilevanza esterna non è subordinata ai presupposti stabiliti dal secondo comma dell’art. 2384 cod. civ., il cui ambito di applicazione è riferito alle limitazioni del potere di rappresentanza derivanti dall’atto costitutivo o dallo statuto, che abbiano, cioè, la propria fonte (non nella legge, ma) nell’autonomia privata. — Cass. I, sent. 1525 del 26-1-2006
Il conflitto di interessi di cui all’art. 1394 cod. civ. postula un rapporto d’incompatibilità fra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante o di un terzo che egli a sua volta rappresenti, rapporto che va riscontrato non in termini astratti ed ipotetici, ma con riferimento al singolo atto, di modo che è ravvisabile esclusivamente rispetto al contratto le cui intrinseche caratteristiche consentano l’utile di un soggetto solo passando attraverso il sacrificio dell’altro (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva escluso la sussistenza del conflitto di interessi in ordine alla sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale deliberato da una s.r.l. da parte di una s.p.a., a mezzo del suo amministratore delegato, che era anche presidente del consiglio di amministrazione della succitata s.r.l., non sussistendo alcun interesse personale di detto amministratore delegato, contrapposto a quello della s.p.a., che aveva sottoscritto l’aumento in adempimento di un patto parasociale, rispetto al quale la s.r.l. era terza). — Cass. I, sent. 19045 del 29-9-2005
In materia di contratti di compravendita di valori mobiliari, la violazione da parte della società di intermediazione mobiliare del divieto di effettuare operazioni con o per conto del cliente nel caso in cui abbia, direttamente o indirettamente, un interesse conflittuale nell’operazione, a meno che non abbia comunicato per iscritto la natura e l’estensione del suo interesse nell’operazione ed il cliente abbia preventivamente ed espressamente acconsentito per iscritto all’operazione (art. 6, comma 1 lett. g), applicabile nella specie «ratione temporis»), non determina la nullità del contratto di compravendita successivamente stipulato, ma può dare luogo al suo annullamento ai sensi degli artt. 1394 o 1395 cod. civ.. — Cass. I, sent. 19024 del 29-9-2005
Sussiste conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato qualora il terzo persegua interessi propri o di terzi incompatibili con quelli del rappresentato, cosicché all’utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante o dal terzo corrisponda o possa corrispondere il danno del rappresentato. L’accertamento dell’esistenza del conflitto — che coinvolge un’indagine di fatto riservata al giudice di merito ed è sindacabile dal giudice di legittimità per vizi di motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. — deve essere, peraltro, condotto sulla base del contenuto e delle modalità dell’operazione, prescindendo da una contestazione di formale contrapposizione di posizioni, che può valere come semplice elemento presuntivo di conflitto. — Cass. III, sent. 18792 del 26-9-2005
In tema di società, mentre l’art. 2394 si applica agli atti compiuti dal rappresentante della società di capitali quando manchi una deliberazione del consiglio di amministrazione con la determinazione del contenuto del contratto, l’art. 2391 cod. civ. si applica, invece, nel caso in cui il conflitto di interessi emerga in sede deliberativa, anche quando l’attuazione del contratto sia affidata all’amministratore in conflitto di interessi con l’ente. Ne consegue che il contratto è suscettibile di essere annullato, ai sensi dell’art. 1394 cod. civ., se sia stato concluso dall’amministratore unico o dall’amministratore munito di potere di rappresentanza che, delegato o meno, agisca senza una preventiva deliberazione consiliare, mentre, in ogni altra ipotesi, la conclusione del contratto è deliberata dal consiglio di amministrazione ed il conflitto d’interessi si manifesta già nella fase deliberativa, cosicché, trovando applicazione l’art. 2391 cod. civ., l’annullamento del contratto è possibile solo se sia prima annullata la deliberazione che ne ha deciso la conclusione, previa dimostrazione della malafede del terzo. — Cass. III, sent. 18792 del 26-9-2005
In tema di società per azioni, quando il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto con il terzo che rientri, invece, nella competenza di tale organo, l’incidenza del conflitto di interessi sulla validità del negozio deve essere regolata sulla base, non già dell’art. 2391 cod. civ. (il quale, riferendosi al conflitto che emerge in sede deliberativa, concerne l’esercizio del potere di gestione, in un momento, quindi, anteriore a quello in cui l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo), ma della disciplina generale di cui all’art. 1394 cod. civ. Al riguardo, costituendo il divieto di agire in conflitto di interessi con la società rappresentata un limite derivante da una norma di legge, la sua rilevanza esterna non è subordinata ai presupposti stabiliti dal secondo comma dell’art. 2384 cod. civ., il cui ambito di applicazione è riferito alle limitazioni del potere di rappresentanza derivanti dall’atto costitutivo o dallo statuto, che abbiano, cioè, la propria fonte (non nella legge, ma) nell’autonomia privata. — Cass. I, sent. 3032 del 15-2-2005
In caso di conflitto di interessi fra un condomino e il condominio, qualora il condomino confliggente sia stato delegato da altro condomino ad esprimere il voto in assemblea, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile aprioristicamente al rappresentato, ma soltanto allorché si accerti in concreto che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi, in caso contrario, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse — non personale ma quale componente della collettività — e l’abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, senza compiere in proposito alcuna specifica indagine, aveva esteso in maniera automatica la situazione di conflitto in cui versava il condomino — amministratore, a quella dei condomini che avevano delegato il primo ad esprimere la loro volontà in ordine alla nomina dell’amministratore). — Cass. II, sent. 22234 del 25-11-2004
Il conflitto di interessi di cui all’art. 1394 cod. civ. postula un rapporto d’incompatibilità fra le esigenze del rappresentato e quelle personali del rappresentante o di un terzo che egli a sua volta rappresenti, rapporto che va riscontrato non in termini astratti ed ipotetici, ma con riferimento al singolo atto, di modo che è ravvisabile esclusivamente rispetto al contratto le cui intrinseche caratteristiche consentano l’utile di un soggetto solo passando attraverso il sacrificio dell’altro. Detta situazione, peraltro, integrando una ragione di annullabilità per vizio della volontà negoziale, è da apprezzarsi con riferimento al tempo del perfezionamento del contratto, restando irrilevanti le vicende successive: l’atto idoneo al conseguimento degli obbiettivi del rappresentato, pure se convergenti con quelli del rappresentante, non è invalidabile «a posteriori» per eventi sopraggiunti che possano contrapporre interessi prima paralleli. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza del conflitto in ordine alla concessione di ipoteca, da parte di una società di capitali, a garanzia di un debito di altra società di capitali atteso che le due società, nonostante avessero il medesimo amministratore unico, che aveva stipulato l’atto di concessione dell’ipoteca, avevano, altresì, identica base sociale e un comune ed unitario, oltre che coordinato, progetto imprenditoriale, nell’ambito del quale si inseriva la concessione della garanzia). — Cass. I, sent. 3385 del 20-2-2004
Ai fini dell’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi con il rappresentato, a norma dell’art. 1394 cod. civ. la comunanza d’interessi fra rappresentante ed il terzo e la convivenza tra loro, specialmente quando questa sia determinata da rapporti di parentela o di coniugio, sono indizi che consentono al giudice del merito di ritenere secondo lo «id quod plerumque accidit» ed in concorso con altri elementi, sia il proposito del rappresentante di favorire il terzo, sia la conoscenza effettiva o quanto meno la conoscibilità di tale situazione da parte del terzo. In tal caso, la decisione del giudice di merito, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, se immune da vizi logici, è incensurabile in sede di legittimità. — Cass. II, sent. 6755 del 5-5-2003
La domanda giudiziale con cui la parte intenda far accertare la nullità di un contratto, al fine di poterne disconoscere gli effetti, si pone, rispetto ad un’ipotetica domanda di annullamento di quel medesimo contratto dipendente da una invalidità meno grave, nei termini di maggiore a minore. Ne consegue che non eccede i limiti della domanda la sentenza che, in luogo della richiesta declaratoria di radicale nullità di un contratto, ne pronunci l’annullamento, ove quest’ultimo risulti fondato sui medesimi fatti. — Cass. Sez. L., sent. 16708 del 26-11-2002
Il conflitto di interessi che se conosciuto o conoscibile dal terzo, rende annullabile il contratto concluso dal rappresentante su domanda del rappresentato, ricorre allorquando il primo sia portatore di interessi incompatibili con quelli del secondo, con la conseguenza che non ha rilevanza, di per sé, che l’atto compiuto sia vantaggioso o svantaggioso per il rappresentato e che non è necessario provare di aver subito un concreto pregiudizio, perché il rappresentato possa domandare o eccepire l’annullabilità del negozio. A tal fine, i vincoli di solidarietà e la comunanza d’interessi fra rappresentante e terzo sono indizi che consentono al giudice del merito di ritenere, secondo l’id quod plerumque accidit ed in concorso con altri elementi, sia il proposito del rappresentante di favorire il terzo, sia la conoscenza effettiva o quanto meno la conoscibilità di tale situazione da parte del terzo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto correttamente e logicamente motivata la sentenza di merito che aveva ravvisato il conflitto di interesse, nell’operato del Commissario regionale che aveva assunto un dirigente del Consorzio di bonifica, sulla base delle seguenti circostanze di fatto: a) rapporti di amicizia e comune militanza politica tra il rappresentante e il terzo; b) accoglimento della domanda di assunzione a poca distanza di tempo dall’assunzione della carica di Commissario regionale; c) anomalie nella delibera di nomina; d) assenza nel prescelto di esperienze lavorative nel settore e carenza di selezione dei possibili aspiranti). — Cass. Sez. L., sent. 16708 del 26-11-2002
Poiché effetto tipico della rappresentanza negoziale è la produzione di effetti esclusivamente nella sfera giuridica del rappresentato, in ordine alla domanda di annullamento del contratto proposta dal rappresentato ai sensi dell’art. 1394, il rappresentante che abbia agito in conflitto di interessi con il rappresentato è carente di legittimazione passiva «ad processum» e quindi (tranne il caso in cui il rappresentato agisca per il risarcimento dei danni nei confronti del «procurator» che abbia abusato dei suoi poteri rappresentativi), privo dell’interesse a contraddire la domanda volta ad ottenere la caducazione degli effetti del contratto tra rappresentato e terzo, risultando del tutto irrilevante che il rappresentante convenuto in giudizio si sia difeso nel merito, in quanto la carenza dell’interesse ad agire e a contraddire, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, va apprezzata in relazione alla domanda e cioè in relazione al rapporto di utilità oggettiva tra la lesione del diritto affermata e la tutela giurisdizionale domandata, e non anche all’opinione della parte. — Cass. III, sent. 13571 del 17-9-2002
In tema di computo delle maggioranze assembleari condominiali, l’esistenza di un conflitto di interessi, reale o potenziale, tra il singolo condomino titolare del diritto di voto e il condominio stesso comporta la esclusione, dal calcolo dei millesimi, delle relative carature attribuite al condomino confliggente, così estensivamente interpretata la norma dettata, in tema di società per azioni, dall’art. 2373 cod. civ. (che inibisce il diritto di voto al socio in conflitto di interesse con la società), ricorrendo in entrambe le fattispecie la medesima «ratio», consistente nell’attribuire carattere di priorità all’interesse collettivo rispetto a quello individuale. Ove, tuttavia, il condomino confliggente sia stato delegato all’espressione del voto da altro condomino, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile al rappresentato aprioristicamente, ma soltanto allorché si accerti in concreto che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi, in caso contrario, presumere che il delegante abbia, nel conferire il mandato, valutato anche il proprio interesse — non personale, ma in quanto componente della collettività — e l’abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato; né è applicabile, al riguardo, l’art. 1394 cod. civ., che prevede la legittimazione del solo rappresentato a dedurre il conflitto, giacché quest’ultimo non verte, nella specie, tra l’interesse personale del rappresentato e quello, pure personale, del rappresentante, ma tra quest’ultimo e quello della collettività, onde ogni partecipe di questa è legittimato a farlo valere nel comune interesse. — Cass. II, sent. 10683 del 22-7-2002
Proposta, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, domanda in via principale di inefficacia della fideiussione, rilasciata dall’amministratore della società di capitali, in ragione della limitazione statutaria al potere dello stesso amministratore «ex» art. 2384 — bis cod. civ., costituisce domanda nuova, preclusa in appello ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., la richiesta di annullamento della fideiussione in quanto conclusa dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato (art. 1394 cod. civ.), trattandosi di domanda fondata su una autonoma «causa petendi». — Cass. I, sent. 7736 del 7-6-2001
In caso di omessa nomina di un curatore speciale processuale ad un incapace giudiziale in conflitto, anche soltanto potenziale, di interesse processuale con il tutore, che ne ha la rappresentanza sostanziale nel processo, il giudizio è nullo per vizio insanabile della costituzione del rapporto processuale e conseguenziale violazione del principio del contraddittorio, rilevabile, a differenza del conflitto di interessi sostanziale, in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio. — Cass. 16-11-2000, n. 14866
Per ottenere l’annullamento di un contratto di vendita concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, è necessario non solo che quegli persegua interessi, propri o di un terzo, inconciliabili con il rappresentato, ma altresì che a quest’ultimo ne sia derivato, o ne possa derivare, un danno, il che è ad esempio da escludere se le condizioni pattuite dal rappresentante siano più convenienti di quelle che come accertato dal giudice del merito — il rappresentato avrebbe potuto direttamente conseguire. — Cass. 13708/1999
L’azione della societa` per l’annullamento del contratto posto in essere dall’amministratore in conflitto d`interessi e` soggetta a prescrizione quinquennale, con decorso dalla data dell’atto, ai sensi dell’art. 1442 terzo comma, cod. civ. Cass. 3514/1999
Ai fini dell’annullabilità del contratto stipulato dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, il giudice di merito può argomentare l’esistenza di un tale conflitto e la sua conoscenza o conoscibilità da parte del terzo, da elementi indiziari, quali il divario fra il valore di mercato del bene venduto dal rappresentante e il prezzo pagato dall’acquirente e la comunanza di interessi fra rappresentante e terzo, fondata sui rapporti di filiazione; né l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante può ritenersi idonea ad escludere il conflitto di interessi e, quindi, l’annullamento del contratto, se non sia accompagnata da una sufficiente determinazione degli elementi negoziali. — Cass. 7698/1996
Perché ricorra un conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato suscettibile di invalidare il contratto concluso dal primo ex art. 1394 cod. civ. è necessario che il rappresentante persegua interessi propri o di terzi incompatibili con quello del rappresentato, di talché all’utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante per sé medesimo o per il terzo, segua o possa seguire il danno del rappresentato. Non costituiscono, pertanto, cause di annullamento del contratto per conflitto di interessi, né la mera convergenza di interessi tra rappresentante e rappresentato, in nome del quale il primo agisca nell’ambito dei poteri conferitigli, né l’uso malaccorto o non proficuo che il rappresentante faccia di tali poteri, concludendo negozi di nulla o scarsa utilità per il rappresentato. (La sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva escluso il suddetto conflitto di interessi in una fattispecie in cui il rappresentante dopo avere prestato garanzia personale — fideiussione omnibus — aveva concesso ulteriore analoga garanzia per conto della società da lui rappresentata a fronte dello scoperto verso una banca di un’altra società, ravvisando in tale situazione solo una mera convergenza di interessi, insita nel consentire il perdurare del credito bancario a favore della società). — Cass. 17-4-96, n. 3630
Non costituiscono causa di annullamento per conflitto di interessi né la mera convergenza di interessi tra rappresentante e rappresentato, né l’uso malaccorto che il rappresentante faccia del potere, concludendo negozi di nulla o scarsa utilità. (Nella specie, si è escluso il suddetto conflitto di interessi nella vendita di un appartamento conclusa dal rappresentante del venditore a prezzo incongruo). — Cass. 16-2-94, n. 1498
Il rappresentate che si avvale del potere, conferitogli nella procura, di costituire ipoteca sui beni del rappresentato per garantire un debito non di quest’ultimo ma di un terzo cura l’interesse del terzo piuttosto che quello del rappresentato, esercitando il suo potere in funzione di uno scopo diverso da quello per il quale gli è stato conferito, e, pertanto, pone in essere un atto che, anche senza la prova di un suo personale vantaggio, deve considerarsi in conflitto di interessi con il proprio rappresentato e che, a meno che non sia stato specificamente autorizzato dal rappresentato, è, perciò, annullabile, ai sensi dell’art. 1394 cod. civ., se il vizio era conosciuto o conoscibile dal terzo. — Cass. 7-4-92, n. 4257
Con riguardo al contratto, che sia stato stipulato, in posizione di conflitto di interessi, dall’amministratore unico di una società di capitali, ovvero dall’amministratore delegato che abbia agito nell’ambito dei poteri conferitigli e quindi senza preventiva delibera del consiglio di amministrazione, l’applicabilità dell’art. 1394 cod. civ., con la conseguenziale annullabilità del contratto stesso su domanda della società rappresentata (sempre che quella situazione sia conosciuta o conoscibile dall’altro contraente), non possono essere contestate in relazione alle previsioni dell’art. 2391 cod. civ., in materia di conflitto di interessi fra amministratore e società, atteso che quest’ultima norma, riferendosi alle delibere del consiglio di amministrazione e contemplandone l’annullabilità (oltre che la responsabilità dell’amministratore verso la società), non opera quando una delibera del consiglio medesimo difetti. — Cass. 1-2-92, n. 1089
Ai fini dell’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi con il rappresentato, a norma dell’art. 1394 cod. civ. la comunanza d’interessi fra il rappresentante ed il terzo e la convivenza tra loro, specialmente quando questa sia determinata da rapporti di parentela, sono indizi che consentono al giudice del merito di ritenere secondo l’id quod plerumque accidit ed in concorso con altri elementi, sia il proposito del rappresentante di favorire il terzo, sia la conoscenza effettiva o quanto meno la conoscibilità di tale situazione da parte del terzo. — Cass. 25-1-92, n. 813
In tema di rappresentanza sostanziale, il conflitto di interessi fra rappresentante e rappresentato non può essere rilevato d’ufficio o dedotto per la prima volta in sede di legittimità, ma può essere fatto valere esclusivamente in sede di merito dal solo rappresentato. — Cass. 4-11-91, n. 11741
Qualora, secondo lo statuto di una società di capitali, competa all’organo amministrativo di procedere alla ratifica di atti compiuti, prima o dopo la sua costituzione, da un rappresentante senza poteri, la partecipazione allo stesso organo del soggetto fisico che ha compiuto l’atto da ratificare, non determina lo spostamento della competenza medesima all’assemblea, ma preclude soltanto che tale soggetto, in conflitto di interessi, partecipi alla delibera di ratifica, e comporta, in caso di violazione del divieto, le conseguenze fissate nell’art. 2391, commi secondo e terzo, cod. civ., ovvero, per il caso di amministratore unico, nell’art. 1394 stesso codice. — Cass. 29-3-91, n. 3435
L’azione della società, per l’annullamento del contratto posto in essere dall’amministratore in conflitto d’interessi o con se stesso (artt. 1394, 1395 e 2391 cod. civ.), è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso dalla data dell’atto, ai sensi dell’art. 1442, terzo comma, cod. civ. (non essendo estensibile la diversa regola dettata dal secondo comma di tale disposizione per i soli casi dei vizi del consenso e dell’incapacità legale). Detta decorrenza non può subire differimenti per l’ipotesi in cui l’amministratore in conflitto sia anche il dominus della società, e quindi sia in grado di interferire sulle decisioni assembleari (inclusa quella d’impugnazione del contratto), trattandosi di eventuale impedimento di mero fatto all’esperimento dell’azione, non di causa giuridica ostativa all’esercizio del relativo diritto (art. 2935 cod. civ.). — Cass. 22-6-90, n. 6278
La disposizione dell’art. 1442, quarto comma, cod. civ., secondo cui la parte convenuta per l’esecuzione del contratto può opporne l’annullabilità anche se è prescritta l’azione per farla valere (quae temporalia ad agendum perpetua sunt ad excipiendum), essendo una norma di chiusura si riferisce non solo alle due ipotesi considerate nel precedente secondo comma (annullabilità dipendente da incapacità legale o da vizio del consenso), ma anche e tutti gli «altri casi» richiamati dal terzo comma e, pertanto, deve ritenersi applicabile anche nel caso di annullamento del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato. — Cass. 6542/1987
Il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato costituisce causa di annullabilità del contratto concluso dal rappresentante quando quest’ultimo, anziché tendere alla tutela degli interessi del rappresentato, persegua interessi propri, suoi personali, o anche di terzi, inconciliabili con quelli del rappresentato, di modo che alla utilità conseguita o conseguibile dal rappresentante, per sé medesimo o per il terzo, segua o possa seguire il danno del rappresentato. (Nella specie, si è ravvisato il suddetto conflitto di interessi nella vendita di un appartamento conclusa tra il rappresentante del venditore e una società la cui amministratrice unica era la moglie dello stesso rappresentante). Cass. 3836/1985
Nel caso di operazioni su titoli quotati in borsa ed acquistati o riportati a prezzo corrente determinato, il conflitto d’interessi, cui si riferisce l’art. 1394 cod. civ., non è configurabile anche quando la società rappresentante del dominus abbia acquistato azioni di una sua società controllante, per la mancanza della possibilità di una divergenza tra il prezzo pattuito e quello di mercato. — Cass. 5308/1980
Il conflitto di interessi, previsto dall’art. 1394 cod. civ. come causa di annullabilità del contratto concluso dal rappresentante, è configurabile anche quando l’interesse cui tenda indebitamente il rappresentante sia mediato o indiretto, come quello dipendente da vincoli di solidarietà familiare tali da spiegare un’influenza deviatrice del dovere di tutelare esclusivamente l’interesse del rappresentato; l’accertamento della sussistenza di un conflitto siffatto si risolve in un apprezzamento riservato al giudice di merito e, come tale, incensurabile in cassazione se esente da vizi logici e giuridici. — Cass. 27-3-79, n. 1789
Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato è annullabile anche se non vi sia una lesione attuale della sfera patrimoniale di quest’ultimo, essendo sufficiente a tal fine una mera situazione di pericolo per gli interessi del rappresentato al momento della stipulazione del contratto, né hanno rilevanza gli eventi successivi ad essa: ne consegue che permane l’interesse all’annullamento da parte del rappresentato anche se il contratto abbia ricevuto puntuale esecuzione da parte dell’altro contraente. — Cass. 27-1-79, n. 614
Il comportamento del rappresentante che stipula un contratto in conflitto di interessi con il rappresentato è un comportamento lesivo del generale obbligo di correttezza nell’attuazione dei rapporti giuridici, per cui non può escludersi, in astratto, che tale comportamento abbia recato un pregiudizio al rappresentato che non venga eliminato attraverso l’invalidazione del contratto. Tale astratta possibilità di responsabilità per fatto dannoso è sufficiente a legittimare una condanna generica al risarcimento, anche se nel successivo eventuale giudizio venga esclusa la sussistenza concreta della responsabilità per difetto degli elementi richiesti dall’art. 2043 cod. civ. — Cass. 9-11-71, n. 3154
Il rapporto organico esistente tra società di capitali ed amministratore sociale non esclude l’esistenza di un rapporto rappresentativo tra la prima ed il secondo. Gli artt. 1394 e 1395 cod. civ. sono pertanto applicabili ai rapporti tra la società di capitali ed i suoi amministratori in difetto di una espressa separazione tra potere deliberativo e potere rappresentativo contenuta nell’atto costitutivo della società ed in atti modificativi successivi. — Cass. 8-10-70, n. 1852
Il termine di prescrizione dell’azione di annullamento del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato decorre dalla data della stipulazione del negozio. Una diversa data di decorrenza è prevista dal secondo comma dell’art. 1442 cod. civ. solo per le ipotesi di annullabilità dipendente da vizi del consenso o da incapacità legale, mentre, in ogni altro caso, come espressamente dispone il terzo comma, il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto. — Cass. 3-4-70, n. 896