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Art. 1395 c.c. Contratto con se stesso

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Art. 1395 c.c. – Contratto con se stesso

Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.


 

Giurisprudenza:

 

In tema di contratto concluso dal rappresentante con se stesso, l’art. 1395 c.c. contiene una presunzione “iuris tantum” di conflitto di interessi, che è onere dello stesso rappresentante superare mediante la dimostrazione di una delle due condizioni tassativamente previste, in via alternativa, dalla legge, vale a dire la predeterminazione del contenuto di tale contratto da parte del rappresentato o l’autorizzazione specifica di quest’ultimo, la quale può considerarsi idonea ove sia accompagnata dalla puntuale indicazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato medesimo. Ne consegue che, con riferimento ad una compravendita, l’esistenza di detta autorizzazione non può escludere l’annullabilità del contratto, ove sia da reputare generica perché … continua a leggere Cass. 19-11-2019, n. 29959

 

In tema di voto sulla proposta di concordato fallimentare, le ipotesi di conflitto di interessi individuate espressamente dal legislatore non sono tassative (nella specie, la Suprema corte ha ritenuto che, pur spettando alla legge stabilire quali ipotesi di conflitto di interessi siano rilevanti e nonostante, a tal riguardo, l’art. 127, 5° e 6° comma, l. fall. indichi soltanto alcune ipotesi di divieto di voto, non si può escludere la rilevanza di casi non espressamente considerati dal legislatore, poiché per la configurabilità del conflitto di interessi di un soggetto è sufficiente il contrasto di un suo interesse individuale con l’interesse comune all’intera collettività di cui fa parte, mentre non è necessario che quest’ultima costituisca un distinto soggetto o centro d’imputazione di situazioni giuridiche). Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 28-06-2018, n. 17186

 

Nel caso in cui una società abbia prestato fideiussione in favore di un’altra società il cui amministratore sia contemporaneamente amministratore della prima, l’esistenza di un conflitto d’interessi tra la società garante ed il suo amministratore, ai fini dell’annullabilità del contratto, non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore delle due società, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica d’incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la società che ha prestato la garanzia ed il suo amministratore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha condiviso la pronuncia impugnata nella parte in cui aveva escluso la sussistenza del conflitto d’interessi, in quanto le garanzie concesse dalla società avevano lo scopo di coordinare ed assistere anche dal punto di vista finanziario altre società riconducibili al medesimo gruppo). Cass. 07-12-2017, n. 29475

 

In tema di conflitto di interessi, la predeterminazione del contenuto del contratto e la specifica autorizzazione del rappresentato sono elementi richiesti unicamente dall’art. 1395 c.c. per la validità del contratto che il rappresentante conclude con sé stesso, quali cautele previste in via alternativa dal legislatore per superare la presunzione legale circa l’esistenza connaturale, in tal caso, del conflitto medesimo, attesa l’identità tra la persona del rappresentante e dell’altro contraente, mentre non rilevano ai fini dell’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato, ex art. 1394 c.c. Cass. 31-01-2017, n. 2529

 

L’avallo cambiario rilasciato da una società in accomandita semplice in favore del socio amministratore e di un terzo è nullo, ex art. 2624 c.c. (nella formulazione applicabile “ratione temporis”, antecedente alle modifiche di cui al d.lgs. n. 61 del 2002), con riferimento al socio amministratore, ma solo annullabile nei confronti del terzo ai sensi dell’art. 1395 c.c., per il potenziale conflitto di interessi che si determina in assenza di una specifica autorizzazione da parte della società. Del resto, l’istituto dell’avallo è riconducibile alla categoria della fideiussione, con conseguente applicazione delle relative disposizioni, tra le quali anche quella secondo cui la nullità di un rapporto fideiussorio non si comunica agli altri, non potendo la cofideiussione essere considerata un contratto plurilaterale ex art. 1420 c.c. Cass. 27-10-2016, n. 21736

 

Conflitto di interessi del rappresentante della società – L’art. 2624 cod. civ. (nel testo anteriore alle modifiche disposte dal d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61), nel sanzionare penalmente gli amministratori delegati, i direttori generali, i sindaci ed i liquidatori di società che sotto qualsiasi forma, sia direttamente, sia per interposta persona, contraggono prestiti con la società che amministrano o con società controllante o controllata, ovvero si facciano prestare da una delle predette società garanzie per debiti propri, punisce condotte anche indirettamente finalizzate al risultato di obbligare una società per debiti del proprio amministratore, non anche per debiti altrui. Ne consegue che, ove la società abbia presentato una fideiussione a favore di un’altra società amministrata dallo stesso amministratore e per la quale quest’ultimo abbia già prestato a sua volta fideiussione, l’atto, in quanto relativo a debiti altrui, non è nullo ma sussiste un potenziale conflitto di interessi che, in assenza di specifica autorizzazione da parte della prima società, determina l’annullabilità del contratto di garanzia ex art. 1395 cod. civ. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso il conflitto di interessi, atteso che l’amministratore disponeva unicamente di un’autorizzazione generale a prestare fideiussione a favore di terzi, mentre l’autorizzazione specifica era stata prodotta solo in fotocopia disconosciuta dalla controparte e per la quale il giudice di merito non era pervenuto ad una affermazione di veridicità). Cass. 19-05-2014, n. 10109

 

L’articolo 1395 c.c., prevede una presunzione iuris tantum di conflitto di interessi, che può essere superata esclusivamente – con una indicazione che assume dunque i connotati della tassatività – dalla dimostrazione dell’esistenza, in via alternativa, di due condizioni: una autorizzazione specifica, ovvero la predeterminazione degli elementi negoziali; perchè si realizzino queste condizioni è necessario un ruolo attivo e partecipe del rappresentato nella fase prodromica alla conclusione dell’atto. Cass. 04-11-2013, n. 24674

 

Presunzione “iuris tantum” di conflitto di interessi – In tema di contratto concluso dal rappresentante con se stesso, l’art. 1395 cod. civ. contiene una presunzione “iuris tantum” di conflitto di interessi, che è onere del rappresentante superare mediante la dimostrazione delle condizioni assunte dal legislatore come idonee ad assicurare la tutela del rappresentato per via del ruolo attivo che egli assume nella fase prodromica del contratto. Cass. 20-08-2013, n. 19229

 

La negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario è autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nell’art. 1 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, essendo essa una delle modalità con le quali l’intermediario può dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente. Ne deriva che l’esecuzione dell’ordine in conto proprio non comporta, di per sé sola, l’annullabilità dell’atto ai sensi degli artt. 1394 o 1395 cod. civ. Cass. 22-12-2011, n. 28432

 

L’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante con se stesso è esclusa nelle due ipotesi, previste in via alternativa dall’art. 1395 cod. civ., dell’autorizzazione specifica e della predeterminazione del contenuto del contratto. Peraltro, l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere il contratto con se stesso in tanto può considerarsi idonea ad escludere la possibilità di un conflitto di interessi, e quindi l’annullabilità del contratto, in quanto sia accompagnata dalla puntuale determinazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato; ne consegue che tale autorizzazione non è idonea quando risulti generica, non contenendo, tra l’altro (come nella specie), alcuna indicazione in ordine al prezzo della compravendita, che impedisca eventuali abusi da parte del rappresentante. Cass. 21-03-2011, n. 6398

 

Conflitto di interessi del rappresentante della società – In tema di negozio concluso in conflitto di interessi dall’amministratore unico di società di capitali (nella specie, società a responsabilità limitata), non essendovi separazione tra potere deliberativo e potere rappresentativo della volontà sociale, è inapplicabile l’art. 2391 cod. civ., che riguarda il conflitto di interessi degli amministratori in presenza di un consiglio di amministrazione, trovando, invece, applicazione la disciplina generale della rappresentanza di cui agli art. 1394 e 1395 cod. civ., i quali costituiscono eccezione al principio generale dell’irrilevanza del rapporto interno tra rappresentante e rappresentato. Cass. 21-11-2008, n. 27783

 

In tema di conclusione del contratto del rappresentante con se stesso, l’art. 1395 cod. civ. contiene una presunzione “iuris tantum” di conflitto di interessi, superabile esclusivamente mediante la dimostrazione, in via alternativa, di una delle due condizioni tassativamente previste, vale a dire l’autorizzazione specifica da parte del rappresentato o la predeterminazione degli elementi negoziali, mentre resta irrilevante il profilo della sussistenza di un concreto rapporto di incompatibilità fra le esigenze del rappresentato e quelle del rappresentante (nella fattispecie, relativa ad un contratto di fideiussione stipulato da un medesimo soggetto nella duplice veste di amministratore della società garante e della società garantita, la S. C. ha accolto il ricorso avverso la sentenza della corte di appello la quale, invece di verificare la sussistenza di una delle predette condizioni, aveva escluso conflitto sulla base della mancata prova di un rapporto di incompatibilità concreta fra le esigenze del rappresentato e quelle del rappresentante). Cass. 21-11-2008, n. 27783

 

Conflitto di interessi del rappresentante della società – Ai fini dell’esercizio dell’azione di annullamento del contratto concluso dal rappresentante legale in conflitto d’interessi con la società, non opera il termine di decadenza dell’art. 2377 cod. civ. — attinente all’impugnativa, da proporre contro la società, della delibera sociale invalida — bensì l’ordinario termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 1442 cod. civ., trattandosi di azione di annullamento ex art. 1395 cod. civ. (Principio affermato dalla S.C. con riguardo ad un’azione, proposta dal curatore del fallimento della società venditrice, volta all’annullamento del contratto stipulato dalla medesima persona al tempo stesso legale rappresentante del venditore poi fallito e della società acquirente). Cass. 8-2-2008, n. 3020

 

In tema di azioni proponibili dal curatore fallimentare, la posizione di tale organo, quando eserciti diritti già nel patrimonio del fallito, non equivale a quella di un terzo ma consiste nel subentro nella stessa posizione del fallito; ne consegue l’ammissibilità dell’azione promossa dal curatore, ai sensi dell’art. 1395 cod. civ., per l’annullamento del contratto concluso in conflitto d’interesse dall’imprenditore “in bonis” e già eseguito, rientrando essa nella nozione di patrimonio di cui agli artt. 31 e 42 legge fall. che si estende, oltre che ai beni, altresì ai rapporti giuridici ed alle azioni di contenuto patrimoniale. Cass. 8-2-2008, n. 3020

 

Integra domanda nuova, la cui proposizione è inammissibile ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., la domanda di annullamento del contratto di vendita di un bene immobile per vizio del consenso, consistente nella asserita violenza morale, avanzata per la prima volta in sede di gravame al fine di realizzare la azionata pretesa e non già di contrastare le difese della controparte, là dove, in primo grado, si era agito per la risoluzione del contratto medesimo ovvero per il suo annullamento in base alla denuncia di un conflitto di interessi tra rappresentato e rappresentante. — Cass. 24-10-2007, 22339

 

L’atto con il quale le parti convengono una modificazione accessoria di una precedente obbligazione, pur non costituendo una novazione e non comportando, dunque, l’estinzione dell’obbligazione originaria, ha, in ogni caso, natura contrattuale ed è soggetto, quindi, alle regole che ne prevedono l’annullabilità, con la conseguenza che, ove tale annullabilità sia stata eccepita soltanto riguardo all’atto negoziale modificativo e siffatta eccezione sia fondata, le obbligazioni nascenti dal contratto restano quelle antecedenti alla modificazione. (Nella specie la S.C., enunciando l’anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito la quale, reputando irrilevante la natura novativa o meno dell’accordo di modificazione della durata dell’originario contratto di locazione di immobile adibito ad uso non abitativo stipulato tra due società, aveva, comunque, accolto l’eccezione di annullabilità del negozio modificativo — in quanto concluso in situazione di conflitto di interessi, giacché sottoscritto dalla persona fisica che, in quel momento, rivestiva la carica di amministratore di entrambe le società — e statuito sulla risoluzione della locazione come convenuta in base all’originario contratto). — Cass. 24-10-2007, 22339

 

In materia di contratti di compravendita di valori mobiliari, la violazione da parte della società di intermediazione mobiliare del divieto di effettuare operazioni con o per conto del cliente nel caso in cui abbia, direttamente o indirettamente, un interesse conflittuale nell’operazione, a meno che non abbia comunicato per iscritto la natura e l’estensione del suo interesse nell’operazione ed il cliente abbia preventivamente ed espressamente acconsentito per iscritto all’operazione (art. 6, comma 1 lett. g), applicabile nella specie «ratione temporis»), non determina la nullità del contratto di compravendita successivamente stipulato, ma può dare luogo al suo annullamento ai sensi degli artt. 1394 o 1395 cod. civ.. — Cass. 29-9-2005, n. 19024

 

In caso di contratto simulato di compravendita dissimulante un vitalizio, il simulato alienante (vitaliziato) che (a garanzia degli obblighi nascenti dal contratto di vitalizio) si sia fatto rilasciare dal simulato acquirente (vitaliziante) una procura irrevocabile a vendere non commette alcun abuso, né è configurabile un conflitto d’interessi, se, verificatosi l’inadempimento da parte di quest’ultimo, vende a terzi l’immobile oggetto del contratto, giacché in tal caso egli agisce non già in veste di rappresentante bensì in virtù della garanzia connessa al contratto di vitalizio, unico contratto produttivo di effetti ex art. 1414, secondo comma, cod. civ., essendo la compravendita simulata e la correlativa procura privi di effetti tra le parti ai sensi dell’art. 1414, primo comma, cod. civ. — Cass. 27-12-2004, n. 24014

 

L’annullabilità del contratto concluso dal rappresentante con se stesso è esclusa nelle due ipotesi, previste in via alternativa dall’art. 1395 cod. civ., dell’autorizzazione specifica e della predeterminazione del contenuto del contratto. Peraltro, l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere il contratto con se stesso in tanto può considerarsi idonea ad escludere la possibilità di un conflitto di interessi, e quindi l’annullabilità del contratto, in quanto sia accompagnata dalla puntuale determinazione degli elementi negoziali – determinazione funzionale a tutelare gli interessi del rappresentato – e non anche qualora essa risulti affatto generica, non contenendo, tra l’altro (come nella specie), indicazione alcuna in ordine al prezzo della compravendita. Cass. 24-03-2004, n. 5906

 

L’annullabilità del contratto che il rappresentante conclude con sé stesso è esclusa, giusta disposto dell’art. 1395 cod. civ., nelle due ipotesi di autorizzazione specifica rilasciata dal rappresentato e di predeterminazione, da parte di questi, del contenuto del contratto, ricorrendo la prima ipotesi tutte le volte in cui il rappresentato stesso autorizzi il rappresentante alla stipula del negozio determinandone gli elementi necessari e sufficienti ad assicurare la tutela dei suoi interessi, configurandosi, per converso, la seconda qualora il rappresentato, per tutelarsi contro eventuali infedeltà del rappresentante, predetermini il contenuto contrattuale onde la persona dell’altro contraente venga, in definitiva, a risultare indifferente, sì da impedire l’insorgere di ogni possibile conflitto di interessi. La suddetta autorizzazione può, peraltro, legittimamente considerarsi idonea ad escludere la possibilità di un conflitto – e la conseguente annullabilità dell’atto – solo quando sia accompagnata dalla puntuale determinazione degli elementi negoziali – determinazione funzionale a tutelare gli interessi del rappresentato -, e non anche qualora essa risulti affatto generica, non contenendo, tra l’altro (come nella specie), alcuna indicazione in ordine al prezzo della compravendita. — Cass. 24-10-2002, n. 14982

 

Quando il contratto concluso dal rappresentante con se stesso è stato concluso in adempimento di un contratto preliminare, non opera la presunzione di conflitto di interessi che l’art. 1395 cod. civ. pone per il caso in cui il rappresentante è tale nei confronti di due diversi soggetti e regola i rapporti tra questi. In tal caso, infatti, il contenuto del contratto non solo è determinato, ma è anche obbligato, con la conseguenza che in relazione a tale contenuto non è neppure ipotizzabile un conflitto d’interessi rilevante ai sensi della citata disposizione. — Cass. 3-9-99, n. 9270

 

L’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere il contratto con se stesso può considerarsi idonea ad escludere la possibilità di conflitto di interessi a norma dell’art. 1395 cod. civ. — e, quindi, l’annullabilità del contratto — solo quando sia accompagnata da una determinazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato medesimo e non quando la generica autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a vendere a se stesso non contenga una indicazione in ordine al prezzo della compravendita che sia sufficiente ad impedire eventuali abusi da parte del rappresentante. — Cass. 7-5-92, n. 5438

 

Nel caso di contratto stipulato con se stesso dal mandatario sfornito dei relativi poteri, il mandante può contestualmente esercitare sia l’azione di responsabilità per infedele esecuzione del mandato a termini dell’art. 1710 cod. civ. sia l’azione di annullamento del contratto ex art. 1395 cod. civ., in quanto ciascuna azione è fondata su un titolo distinto ed autonomo, con conseguente regime differenziato di prescrizione, senza alcuna loro incompatibilità perseguendo tali azioni le rispettive finalità di ripristino del patrimonio del mandante con riguardo al danno ricevuto dall’attività del mandatario infedele e di annullamento degli effetti giuridici del contratto da questi concluso. — Cass. 19-8-91, n. 8882

 

L’azione della società, per l’annullamento del contratto posto in essere dall’amministratore in conflitto d’interessi o con se stesso (artt. 1394, 1395, 2391 cod. civ.), è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso dalla data dell’atto, ai sensi dell’art. 1442, terzo comma, cod. civ., (non essendo estensibile la diversa regola dettata dal secondo comma di tale disposizione per i soli casi dei vizi del consenso e dell’incapacità legale). Detta decorrenza non può subire differimenti per l’ipotesi in cui l’amministratore in conflitto sia anche il dominus della società, e quindi sia in grado di interferire sulle decisioni assembleari (inclusa quella d’impugnazione del contratto), trattandosi di eventuale impedimento di mero fatto all’esperimento dell’azione, non di causa giuridica ostativa all’esercizio del relativo diritto (art. 2935 cod. civ.). — Cass. 22-6-90, n. 6278

 

L’annullabilità del contratto che il rappresentante concluda con se stesso (art. 1395 cod. civ.) trova applicazione quando questi agisca sia in proprio che come rappresentante di un’altra parte, e quindi non soltanto quando il rappresentante si serve di un terzo fittiziamente per stipulare a proprio favore, ma anche quando il terzo è utilizzato al fine di stipulare il contratto a favore di un soggetto, di cui l’altra parte sia il medesimo unico rappresentante, come nel caso dell’amministratore unico di due società contraenti. — Cass. 15-1-85, n. 63

 

Il conferimento al presidente di una società cooperativa, nello statuto sociale, dei poteri rappresentativi e di nomina di difensori nei giudizi della società non vale, di per sé, a escludere il conflitto di interessi e la conseguente annullabilità, a termini dell’art. 1395 cod. civ., del contratto d’opera professionale nel caso in cui il presidente nomini se stesso difensore della società, salvo che sia fornita la prova dell’autorizzazione specifica e della sufficiente predeterminazione degli elementi negoziali, menzionati dal citato art. 1395 come causa di esclusione del conflitto di interessi, in relazione agli incarichi professionali singolarmente considerati. — Cass. 25-3-80, n. 1999

 

L’atto con il quale uno degli amministratori di una società assuma se stesso, quale dipendente subordinato della società medesima, non è viziato da nullità assoluta, ma è solo annullabile, su istanza della società, a norma dell’art. 1395 cod. civ. Detto atto, pertanto, può essere idoneo alla costituzione di quel rapporto di lavoro, ove risulti la volontà della società, tramite il proprio consiglio di amministrazione, di mantenere ferma e convalidare l’assunzione stessa. — Cass. 18-5-77, n. 2043

 

Sebbene le due ipotesi indicate nell’art. 1395 cod. civ. nelle quali il contratto con se stesso può essere ritenuto valido, e cioè l’espressa autorizzazione del rappresentato e la predeterminazione del contenuto del contratto, debbano intendersi previste alternativamente, nel senso che è sufficiente che sussiste l’una o l’altra di esse per escludere l’invalidità del contratto concluso dal rappresentante, tuttavia l’autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante non può essere considerata idonea ad escludere il conflitto di interessi e quindi l’annullabilità del contratto, se non sia accompagnata da una determinazione degli elementi negoziali sufficiente ad assicurare la tutela del rappresentato medesimo. — Cass. 9-11-71, n. 3154

 

Nell’ipotesi particolare di contratto concluso dal rappresentante con se stesso opera una presunzione iuris tantum di conflitto d’interessi rilevante ai fini dell’annullabilità del contratto. Detta presunzione può essere superata dalla prova contraria da cui risulti o che il contratto era stato autorizzato dal rappresentato o che il pregiudizio non possa comunque sussistere in quanto il contenuto del contratto era stato determinato in modo da escluderlo. — Cass. 8-10-70, n. 1852