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Art. 145 cc – Intervento del giudice

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Articolo 145 codice civile

Intervento del giudice

In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità, l’intervento del giudice il quale, sentite le opinioni espresse dai coniugi, dai figli conviventi che abbiano compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore ove capaci di discernimento, tenta di raggiungere una soluzione concordata. (2)

Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerna la fissazione della residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto espressamente da uno o entrambi i coniugi, adotta la soluzione che ritiene più adeguata all’interesse dei figli e alle esigenze dell’unità e della vita della famiglia. (3)

In caso di inadempimento all’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia previsto dall’articolo 143, il giudice, su istanza di chiunque vi ha interesse, provvede ai sensi dell’articolo 316-bis. (4)

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(1) Ai sensi dall’art. 1, comma 11, L. 10.11.2012, n. 219 con decorrenza dal 01.01.2013, nel Codice Civile le parole “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalla parole “figli”.

(2) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 10.10.2022, n. 149 con decorrenza dal 18.10.2022, efficacia a decorrere dal 28 febbraio 2023 ed applicazione ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.

(3) Comma così sostituito dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 10.10.2022, n. 149 con decorrenza dal 18.10.2022, efficacia a decorrere dal 28 febbraio 2023 ed applicazione ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.

(4) Comma inserito dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. 10.10.2022, n. 149 con decorrenza dal 18.10.2022, efficacia a decorrere dal 28 febbraio 2023 ed applicazione ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.


 

Giurisprudenza:

Nel giudizio di separazione personale, ove venga dedotto come causa di addebitabilità della separazione il mancato accordo sulla fissazione della residenza familiare, il giudice di merito, al fine di valutare i motivi del disaccordo, deve tenere presente che l’art. 144 cod. civ. rimette la scelta relativa alla volontà concordata di entrambi i coniugi, con la conseguenza che questa non deve soddisfare solo le esigenze economiche e professionali del marito, ma deve soprattutto salvaguardare le esigenze di entrambi i coniugi e quelle preminenti della serenità della famiglia. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito, che aveva tenuto conto unicamente delle esigenze economiche e lavorative prospettate dal marito, omettendo di valutare quelle, offerte dalla moglie, inerenti al suo stato di gravidanza ed all’imminente maternità). — Cass. I, sent. 24574 del 3-10-2008

 

In tema di sottrazione internazionale del minore da parte di uno dei genitori, ai fini del procedimento monitorio previsto dalla Convenzione dell’Aja, ratificata con la legge n. 64 del 1994, detta Convenzione fa riferimento alla residenza abituale del minore al duplice scopo di stabilire il luogo dal quale questi non deve essere arbitrariamente distolto ed in cui, se allontanato, deve essere immediatamente riaccompagnato, e di individuare il titolare del diritto di custodia. La nozione di «residenza abituale» posta dalla succitata Convenzione corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non sol parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località la sua quotidiana vita di relazione, il cui accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato. (Nella specie, in applicazione di detto principio, la S.C. ha confermato il decreto del tribunale per i minorenni che aveva rigettato l’istanza del padre coaffidatario — in quanto non legalmente separato dalla moglie — dei due figli minori, di emissione di ordine di rientro in Argentina degli stessi, condotti in Italia dalla madre e non più rientrati: il giudice di merito aveva escluso, con valutazione ritenuta dalla S.C. congrua e sufficientemente motivata, che potesse ritenersi accertato che la residenza abituale dei minori fosse in Argentina, in quanto essi erano nati in Roma, ed il loro trasferimento, con il nucleo familiare, in Argentina, deciso, in via provvisoria e sperimentale, dai genitori allo scopo di tentare di porre rimedio ad una crisi economica e relazionale della coppia, era durato pochi mesi, poiché la madre, resasi conto della inefficacia di detto tentativo, aveva fatto ritorno con i figli in Italia, ove i suoi legali avevano già iniziato le pratiche per la separazione). — Cass. I, sent. 22507 del 19-10-2006

 

In tema di sottrazione internazionale del minore da parte del genitore non affidatario, l’accertamento della «residenza abituale» del minore, ai fini dell’applicazione del procedimento monitorio di cui alla Convenzione di L’Aja, ratificata con la legge n. 64 del 1994, è rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato. (Nella specie, la S.C., ha confermato la decisione di merito che aveva valorizzato, ai fini di tale accertamento, il pur breve periodo di tempo trascorso dalla minore in Polonia, in considerazione del carattere di stabilità che la madre della stessa aveva inteso dare alla propria residenza in quel Paese, ove aveva intrapreso un’attività lavorativa ed aveva creato un nuovo legame affettivo con un cittadino polacco, dal quale aveva anche avuto una figlia). — Cass. I, sent. 16092 del 14-7-2006

 

In tema di sottrazione internazionale del minore da parte di uno dei genitori, ai fini del procedimento monitorio previsto dalla Convenzione de L’Aja, ratificata con la legge n. 64 del 1994, per il ritorno del minorenne presso l’affidatario al quale è stato sottratto, la nozione di «residenza abituale» posta dalla succitata Convenzione corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località la sua quotidiana vita di relazione, il cui accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato. (Nella specie, alla stregua del principio di cui alla massima, la S.C. ha confermato il decreto del tribunale per i minorenni che aveva rigettato l’istanza del padre coaffidatario di una bimba di emissione di ordine di rientro in Francia della stessa, che, dopo aver trascorso, con il consenso del padre, un periodo di tempo con la madre a Venezia, non era stata più ricondotta in Francia: il giudice di merito, con valutazione ritenuta congrua e sufficientemente motivata dalla S.C., aveva escluso che la residenza abituale della bambina potesse ravvisarsi nell’abitazione paterna in Francia, in quanto la stessa aveva costantemente seguito la madre, la quale aveva sempre mantenuto la residenza anagrafica in Venezia, dovendo svolgere la propria attività lavorativa tra la città di Villejuif in Francia e l’Italia, e che aveva vissuto con lei durante i periodi trascorsi a Venezia, frequentando l’asilo, alternativamente, tra detta città e quella francese, mantenendo rapporti ed amicizie in entrambe le città, cosicché, pur ammesso che la residenza formale prevalente fosse in Francia, la bimba era vissuta tra i due Paesi, ma soprattutto a Venezia.). — Cass. I, sent. 397 del 11-1-2006

 

Ai sensi dell’art. 144 cod. civ., prevedente l’obbligo per i coniugi di concordare tra di loro l’indirizzo della vita familiare, le scelte educative e gli interventi diretti a risolvere i problemi dei figli devono essere adottati d’intesa tra i coniugi. Un atteggiamento unilaterale, sordo alle valutazioni ed alle richieste dell’altro coniuge, a tratti violento ed eccessivamente rigido, può tradursi, oltre che in una violazione degli obblighi del genitore nei confronti dei figli, anche nella violazione dell’obbligo, nei confronti dell’altro coniuge, di concordare l’indirizzo della vita familiare e, in quanto fonte di angoscia e dolore per il medesimo, nella violazione del dovere di assistenza morale e materiale sancito dall’art. 143 cod. civ.. Ove tale condotta si protragga e persista nel tempo, aprendo una frattura tra un coniuge e i figli ed obbligando l’altro coniuge a schierarsi a difesa di costoro, essa può divenire fonte di intollerabilità della convivenza e rappresentare, in quanto contraria ai doveri che derivano dal matrimonio sia nei confronti del coniuge che dei figli in quanto tali, causa di addebito della separazione ai sensi dell’art. 151, secondo comma, cod. civ. — Cass. I, sent. 17710 del 2-9-2005,

 

In tema di sottrazione internazionale del minore da parte di uno dei genitori, e ai fini del procedimento monitorio previsto dalla Convenzione de L’Aja, ratificata con la legge n. 64 del 1994, per il ritorno del minorenne presso l’affidatario al quale è stato sottratto, la nozione di «residenza abituale» posta dalla succitata Convenzione non coincide con quella di «domicilio» (art.43, primo comma, c.c.), né con quella, di carattere formale, di residenza scelta d’accordo tra i coniugi (art.144, c.c.), ma corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località la sua quotidiana vita di relazione. Il relativo accertamento, che è riservato all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato, prescinde dalla considerazione dell’eventuale diritto soggettivo del genitore di pretendere — anche ragionevolmente, ma in un distinto procedimento — una diversa collocazione del figlio, e prescinde altresì dai progetti di vita, eventualmente concordi, degli adulti. — Cass. I, sent. 2093 del 2-2-2005

 

La moglie, di regola, è responsabile in proprio per le obbligazioni da lei contratte nell’interesse della famiglia; il marito, tuttavia, è responsabile delle obbligazioni contratte in suo nome dalla moglie oltre che nei casi in cui egli le abbia conferito, in forma espressa o tacita, una procura a rappresentarlo, tutte le volte in cui sia stata posta in essere una situazione tale da far ritenere, alla stregua del principio dell’apparenza giuridica, che la moglie abbia contratto una determinata obbligazione non già in proprio, ma in nome del marito. (Nella specie, relativa al contratto stipulato dalla resistente con un artigiano per un trasloco, la S.C ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza di un obbligo del marito, non essendo emerso né che la moglie avesse assunto l’obbligazione in nome del coniuge, né che la stessa avesse da lui ricevuto mandato, né che sussisteva una situazione di apparenza giuridica che facesse ritenere che ella operasse per conto del marito, né infine che fosse emersa una responsabilità del coniuge ai sensi degli artt. 143 e 144 cod. civ. per obbligazioni relative all’indirizzo concordato). — Cass. III, sent. 19947 del 6-10-2004

 

In tema di sottrazione internazionale del minore da parte di uno dei genitori, il procedimento monitorio previsto dalla Convenzione de L’Aja, ratificata con la legge n. 64 del 1994, per il ritorno del minorenne presso l’affidatario al quale è stato sottratto, la nozione di «residenza abituale» posta dalla succitata Convenzione non coincide con quella di «domicilio» (art. 43, primo comma, c.c.), né con quella, di carattere formale, di residenza scelta d’accordo tra i coniugi (art. 144, c.c.), in quanto corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località la sua quotidiana vita di relazione, il cui accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato. — Cass. I, sent. 19544 del 19-12-2003

 

In tema di imposta di registro e di relativi benefici per l’acquisto della prima casa, il requisito della residenza va riferito alla famiglia; per cui, ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione. — Cass. V sent. 13085 del 8-9-2003

 

Il sistema delineato dal diritto di famiglia non attribuisce, in costanza di matrimonio, al coniuge non proprietario alcun potere sulla proprietà esclusiva dell’altro coniuge, né gli conferisce il potere di impedirgli il compimento degli atti di disposizione che non condivide, a meno che non si dimostri che tali atti comportino la concreta violazione degli obblighi di assistenza economico — materiale della famiglia incombenti sul coniuge proprietario. — Cass. II, sent. 5420 del 15-4-2002

 

Al fine dell’individuazione del tribunale competente per territorio sulla domanda di separazione personale dei coniugi alla stregua del criterio «del luogo di residenza del coniuge convenuto al momento della proposizione della domanda» (art. 706 cod. proc. civ.), tale luogo deve essere identificato, sia pur in via soltanto presuntiva, con la casa coniugale, da ritenersi, sino a prova contraria, luogo di dimora abituale di tutti i componenti della famiglia. Tale presunzione può, peraltro, legittimamente superarsi fornendo la prova — il cui onere grava sul coniuge che contesti la detta circostanza — del verificarsi di una frattura del rapporto di convivenza prima della proposizione della domanda stessa a causa dello spostamento, da parte del predetto coniuge, della propria abituale dimora in un altro luogo (nell’affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha, nella specie, dichiarato competente per territorio il giudice del luogo ove era ubicata la casa coniugale nonostante il coniuge istante per la separazione avesse, per tutta la durata del matrimonio, conservato la residenza anagrafica in altra città, ove dimorava stabilmente nel corso della settimana per motivi lavorativi, facendo ritorno presso la casa coniugale soltanto nel week-end). — Cass. I, sent. 6012 del 24-4-2001

 

Il comportamento di un coniuge, consistente nel sistematico rifiuto di fissare o comunque concordare con l’altro coniuge la residenza familiare, ove sia privo di apprezzabili giustificazioni (quali quelle derivanti da esigenze di lavoro), e resti ricollegabile a meri atteggiamenti sregolati di vita, può determinare non solo la separazione giudiziale, quando renda intollerabile la prosecuzione della convivenza, ma anche l’addebito della separazione medesima, a norma dell’art. 151 secondo comma cod. civ., poiché si traduce in una violazione dei doveri scaturenti dal matrimonio (art. 144 cod. civ.). Tale principio non può trovare deroga in relazione alla circostanza che la suddetta condotta di vita sussisteva anche prima del matrimonio ed era conosciuta dall’altro sposo, poiché gli indicati doveri, incluso quello della fissazione della residenza della famiglia, non possono essere esclusi o limitati, né espressamente, né implicitamente, tramite l’accettazione di comportamenti incompatibili con la loro osservanza. — Cass. 13-5-86, n. 3168

 

La domanda diretta a conseguire un assegno di mantenimento a carico dell’altro coniuge, in un regime di separazione di fatto, non trova preclusione nel giudicato con il quale, prima dell’entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia di cui alla legge 19 maggio 1975 n 151, sia stato negato il diritto al mantenimento nei confronti del medesimo coniuge istante, come effetto del rigetto della sua domanda di separazione per colpa, tenuto conto dell’autonomia e diversità di tale pregressa pretesa di mantenimento, avanzata come richiesta conseguenziale alla pronuncia di separazione per colpa. Cass. 14-5-1981, n. 3166

 

 

 

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