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Art. 1594 cc – Sublocazione o cessione della locazione

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Articolo 1594 codice civile

Sublocazione o cessione della locazione

Il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa locatagli, ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore.
Trattandosi di cosa mobile, la sublocazione deve essere autorizzata dal locatore o consentita dagli usi.


 

Giurisprudenza:

Nel contratto di sublocazione, l’art. 1595 c.c. non prevede che il locatore ed il sublocatore possano, con accordi stipulati esclusivamente tra di loro, modificare il contenuto di un contratto di sublocazione che ha ad oggetto lo stesso immobile, essendo l’effetto del contratto locatizio sul subconduttore circoscritto dal citato art. 1595 c.c. che, in nessuno dei suoi commi, conferisce al contratto principale un globale effetto di governo sul contratto collegato. Ne discende che qualora ad un contratto di locazione sia collegato come contratto derivato un contratto di sublocazione avente ad oggetto, totalmente o parzialmente, lo stesso bene oggetto del contratto principale, l’autonomia negoziale delle parti del contratto locatizio non si estende a disciplinare il regolamento negoziale del contratto derivato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che il locatore e il sublocatore possano, con accordi stipulati esclusivamente tra di loro, modificare il … continua a leggereCassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 15-3-2018, n. 6390

 

Dichiarata la simulazione di una cessione di ramo di azienda, siccome dissimulante la cessione di un contratto di locazione immobiliare, tale ultimo negozio non solo è invalido nei confronti del terzo ceduto, ma è privo di effetti nei rapporti tra cedente e cessionario, non potendo ritenersi perfezionata – in difetto di consenso del locatore – la fattispecie disciplinata dagli artt. 1406 e 1594, comma 1, c.c., stante la sua struttura trilaterale, né essendo tale consenso ravvisabile nel comportamento tacito di costui rispetto alla cessione ex art. 36 della l. n. 392 del 1978 comunicatagli dal conduttore, sicché il cessionario ha diritto alla ripetizione del prezzo della cessione in quanto … continua a leggereCassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 15-7-2016, n. 14442

 

In caso di affitto di azienda, la qualificazione come sublocazione, ovvero come cessione dell’originaria locazione, del contratto intervenuto tra le parti relativamente all’immobile in cui è esercitata l’azienda non rileva con riguardo all’esclusione della necessità del consenso del locatore – prevista, per entrambi i casi, dall’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, rispettivamente in deroga agli artt. 1594 e 1406 cod. civ. – ma la distinzione resta, invece, rilevante nei rapporti con il locatore, dal momento che, per le azioni esercitate da o contro il medesimo, la legittimazione “ad causam” appartiene al conduttore originario nella sublocazione ed al cessionario in ipotesi di cessione del contratto di locazione. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 16-5-2013, n. 11967

 

La violazione del divieto di sublocazione dell’immobile, pur costituendo inadempimento, non è di per sé sufficiente a giustificare la risoluzione del contratto di locazione, ove non rivesta il carattere di gravità richiesto dall’art. 1455 cod. civ., da valutarsi con riferimento all’interesse dell’altra parte ed alle circostanze del caso concreto. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 8-7-2010, n. 16111

 

Il vincolo di collegamento strumentale tra locazione di immobile ed azienda in esso esercitata non può ritenersi espresso unicamente, ed in ogni caso, dalla destinazione dell’immobile locato, ma deve essere desunto con il consueto procedimento interpretativo della volontà dei contraenti: conseguentemente, quando l’esito di tale indagine porti ad escludere che la locazione dell’immobile sia stata dalle parti compresa nel contratto di cessione o di affitto della azienda in esso esercitata, non sono applicabili le disposizioni contenute nell’art. 2558 cod. civ., che prevedono la successione automatica del cessionario o dell’affittuario dell’azienda nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale, ma opera la disciplina di cui all’art. 1594 cod. civ., che vieta la cessione del contratto di locazione senza il consenso del locatore. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 2-7-2010, n. 15700

 

In tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, secondo la disciplina dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la cessione o l’affitto di azienda relativi ad attività svolta in un immobile condotto in locazione non producono l’automatica successione del cessionario nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell’azienda, in quanto la successione é soltanto eventuale e richiede comunque la conclusione, tra cedente e cessionario dell’azienda, di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, senza necessità, in tale seconda ipotesi, del consenso del locatore, in deroga all’art. 1594 cod. civ., ma salva comunque la facoltà di quest’ultimo di proporre opposizione per gravi motivi, entro trenta giorni dalla avvenuta comunicazione della cessione del contratto di locazione insieme all’azienda, proveniente dal conduttore. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 2-7-2010, n. 15700

 

Il collegamento negoziale non dà luogo a un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, in ipotesi siffatte, il collegamento, pur potendo determinare un vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti, non esclude che ciascuno di essi si caratterizzi in funzione di una propria causa e conservi una distinta individualità giuridica. Accertare la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato il grave inadempimento, con riferimento ad un contratto di affitto di azienda, della società ricorrente che aveva garantito all’affittuaria la disponibilità dell’immobile fino al 2006 laddove, invece, aveva titolo per disporne fino al 1996, in forza del diverso contratto di sublocazione, e poi sino al 1999, in forza di una concessione d’uso stipulata con l’ente proprietario dell’immobile). Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 10-7-2008, n. 18884

 

Nella disciplina di cui all’art. 36 della legge n. 392 del 1978, in caso di affitto di azienda relativo ad attività svolta in un immobile condotto in locazione non si produce l’automatica successione nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell’azienda, ma la successione è soltanto eventuale e richiede, comunque, la conclusione di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, contratto quest’ultimo che può presumersi fino a prova contraria, alla stregua dei principi di cui all’art. 2558, terzo comma, cod. civ.. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 21-3-2008, n. 7686

 

Lo studio professionale associato, quantunque privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi (quali le società personali, le associazioni non riconosciute, i condomini edilizi, i consorzi con attività esterna e i gruppi europei di interesse economico di cui anche i liberi professionisti possono essere membri) cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, perciò dotati di capacità di stare in giudizio in persona dei loro componenti o di chi ne abbia la legale rappresentanza secondo l’art. 36 cod. civ.. Alla stregua di tale principio, l’avvicendamento di persone diverse, quali rappresentanti dell’associazione professionale, non importa la sostituzione di soggetti diversi nella titolarità dei rapporti facenti capo all’associazione medesima, tenendosi peraltro conto del fatto che l’esternazione del potere rappresentativo può avvenire anche senza espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato, purché vi sia un comportamento del mandatario che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente la circostanza che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto sono destinati a prodursi direttamente e, in proposito, il relativo accertamento costituisce compito devoluto al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e da errori di diritto. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dei principi affermati, ha confermato la sentenza impugnata che, in relazione ad una domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto locativo, aveva ritenuto che, malgrado l’alternarsi di soggetti diversi nella posizione di rappresentanza dell’associazione professionale conduttrice, quest’ultima avesse comunque conservato la qualità di effettiva parte locataria, come originariamente rivestita, con la conseguenza che non poteva ravvisarsi alcuna cessione del contratto e, dunque, il lamentato inadempimento, anche in ordine al dedotto mancato pagamento dei canoni, in quanto lo stesso era stato respinto dalla medesima locatrice ricorrente, la quale aveva la consapevolezza che il rapporto di locazione si era costituito a vantaggio dell’associazione professionale, rimasta identica pur nel mutamento delle persone che, rappresentandola, ne avevano curato nel tempo gli interessi). Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 13-4-2007, n. 8853

 

Il locatore può chiedere la risoluzione del contratto e la condanna al rilascio del bene nei confronti del conduttore anche nel caso in cui, al momento della proposizione della domanda, detto bene sia detenuto da un terzo, immessovi dal conduttore, perchè la sentenza di condanna al rilascio ha effetto anche nei confronti del terzo, il cui titolo presuppone quello del conduttore. D’altro canto, il terzo detentore dell’immobile per il quale il locatore ha ottenuto, nei confronti del conduttore, una sentenza di condanna al rilascio, può opporsi o all’esecuzione, ai sensi dell’ art. 615 cod. proc. civ., se sostiene di detenere l’ immobile in virtù di un titolo autonomo e perciò non pregiudicato da detta sentenza; o ai sensi dell’ art. 404, comma secondo, cod. proc. civ., se invece sostiene la derivazione del suo titolo da quello del conduttore, ed esser la sentenza frutto di collusione tra questi e il locatore, in suo danno. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 28-4-2006, n. 9964

 

La sublocazione – pur costituendo un caso di collegamento negoziale finalizzato ad un unico regolamento di reciproci interessi tra due contratti, legislativamente fissato (e perciò tipico), e comportante dipendenza unilaterale del contratto derivato da quello fondamentale – conserva pur sempre la propria causa, ragion per cui tra i debiti del subconduttore verso il sublocatore e quelli di quest’ultimo verso il locatore concernenti il canone opera la compensazione legale e non si fa luogo a semplice accertamento delle rispettive posizioni attive e passive. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 11-1-2006, n. 260

 

L’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia, a norma dell’art. 1587 n. 1 cod. civ., con il conseguente divieto di effettuare innovazioni che ne mutino la destinazione e la natura, è sempre operante nel corso della locazione, indipendentemente dall’altro obbligo, sancito dall’art. 1590 cod. civ., di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata, sicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di cui all’art. 1587 n. 1 e di agire nei confronti del conduttore inadempiente. Ne consegue che nel caso di cessione del contratto di locazione, l’obbligo del risarcimento del danno sorge in capo a chi, cedente o cessionario, era conduttore al momento in cui il danno stesso si è verificato, se questi non prova che il deterioramento è accaduto per causa a lui non imputabile, salva la responsabilità solidale di entrambi nei confronti del locatore. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 1-6-2004, n. 10485

 

In materia di risarcimento del danno arrecato alla cosa locata, in caso di cessione del contratto di locazione, ferma la responsabilità solidale del conduttore cedente e del cessionario nei confronti del locatore, nell’ambito dei rapporti interni tra i vari conduttori, il debito va ripartito secondo il criterio dell’imputabilità, salvo che per i deterioramenti per i quali non sia possibile accertare a quale dei debitori solidali siano imputabili; in tal caso le parti del debito solidale si presumono uguali tra i conduttori. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 1-6-2004, n. 10485

 

Nella disciplina di cui all’art. 36 della legge n. 392 del 1978 sull’equo canone, in caso di cessione o di affitto di azienda relativi ad attività svolta in un immobile condotto in locazione, non si produce l’automatica successione del cessionario nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell’azienda, ma la successione è soltanto eventuale e richiede comunque la conclusione, tra cedente e cessionario dell’azienda, di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, senza necessità, in tale seconda ipotesi, del consenso del locatore, in deroga all’art. 1594 cod. civ., ma salva comunque la facoltà di quest’ultimo di proporre opposizione per gravi motivi, entro trenta giorni dalla avvenuta comunicazione della cessione del contratto di locazione insieme all’azienda, proveniente dal conduttore. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 3-4-2003, n. 5137

 

Poichè il contratto di sublocazione è un contratto derivato, ne consegue che le norme che regolano gli obblighi del locatore regolano nella stessa maniera anche gli obblighi del sublocatore e, per converso, il subconduttore ha le stesse facoltà e gli stessi diritti del conduttore e cioè di mantenere in buono stato il bene detenuto in sublocazione e di esigere la riparazione dei difetti e vizi, anche sopravvenuti, di tale bene. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 23-7-2002, n. 10742

 

In difetto di una valutazione legale tipica della gravità dell’inadempimento, la violazione del divieto pattizio di sublocazione di cui all’art. 1954 comma primo, cod. civ. o di cessione in uso dell’immobile locato ad uso non abitativo in tanto consente la pronuncia di risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1452 cod. civ. in quanto l’inadempimento integrato dalla violazione del patto non abbia, secondo quanto richiesto dalla norma di generale applicazione posta dall’art. 1455 cod. civ., scarsa importanza avuto riguardo all’interesse dell’altra parte, da apprezzarsi dal giudice in base alle circostanze del caso. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 13-12-2000, n. 15763

 

Il locatore può chiedere la risoluzione del contratto e la condanna al rilascio del bene nei confronti del conduttore anche nel caso in cui al momento della proposizione della domanda detto bene è detenuto da un terzo, immessovi dal conduttore, perché la sentenza di condanna al rilascio ha effetto anche nei confronti del terzo, il cui titolo presuppone quello del conduttore. Nè d’altro canto rileva che il locatore ometta di notificare al terzo detta sentenza di condanna e il precetto, conosciuti pertanto solo al momento dell’accesso dell’ufficiale giudiziario, essendo soltanto lui che può adempiere l’obbligo di restituire il bene al locatore. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 22-11-2000, n. 15083

 

La cessione del contratto di locazione a norma dell’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392 comporta quale conseguenza che nel rapporto derivato di sublocazione parziale stipulato dal cedente si sostituisca, come sublocatore, il cessionario del rapporto principale di locazione. Consegue, che legittimato passivamente all’azione di risoluzione proposta dal cessionario è il cessionario, senza necessità di dover accertare, nel contraddittorio necessario con il conduttore cedente, la sussistenza di una pregressa sublocazione parziale dei beni oggetto del negozio di cessione. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 26-10-2000, n. 14139