Transazione – Nozione
Articolo 1965 codice civile
Nozione
La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.
Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.
Giurisprudenza:
Ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali – Rinuncia pattizia – Presupposti – In tema di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, alla stregua dell’art. 7 del d.lgs. n. 231 del 2002 (nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 192 del 2012) – come interpretato dalla CGUE nella sentenza del 26 febbraio 2017, causa C-555/14 -, il creditore può rinunciare agli importi dovutigli a titolo di interessi moratori, a condizione che tale rinuncia si fondi su un consenso liberamente prestato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la nullità della suddetta rinuncia, in quanto … continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 8-2-2023, n. 3736
Imposta di registro – Transazione semplice – Applicazione dell’imposta in misura fissa – In tema di imposta di registro, ai sensi dell’art. 29 del d.P.R. n. 131 del 1986, la transazione semplice, che ha natura dichiarativa e reca la rinuncia delle parti alle rispettive pretese – a differenza della transazione traslativa o di quella novativa – è soggetta ad imposta fissa, anche quando prevede restituzioni in denaro, poiché tali restituzioni non comportano alcun arricchimento in capo al beneficiario, ma determinano il ripristino della situazione “quo ante”. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito, ritenendo assoggettato ad imposta fissa l’accordo transattivo con il quale le parti avevano risolto un preliminare di compravendita prevedendo, oltre alla rinuncia ad ogni … continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Ordinanza 10-8-2022, n. 24642
Surrogazione legale dell’assicuratore – Accordo transattivo intercorso con l’assicurato – Nel giudizio di surrogazione proposto dall’assicuratore nei confronti del terzo responsabile, il primo assume la medesima posizione che, in un giudizio di danno, avrebbe assunto l’attore danneggiato, sicché su di lui incombe l’onere di provare l’esistenza e l’entità del danno, non essendo a tal fine sufficiente l’esibizione di un accordo transattivo raggiunto con l’assicurato, atteso che, da un lato, tale accordo non può produrre effetti “de iure tertii” in danno del … continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 5-7-2022, n. 21218
Responsabilità medica – Transazione tra medico e danneggiato – Effetti sulla domanda svolta nei confronti della struttura ospedaliera per fatto del medico – In tema di responsabilità per danni da attività medico-chirurgica, anche quando la domanda risarcitoria si fonda sull’erroneo operato del medico e non sui profili strutturali e organizzativi della struttura sanitaria, la transazione tra medico e danneggiato non impedisce l’esercizio dell’azione per l’accertamento della responsabilità della struttura ospedaliera – che non ha natura di responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio e, pertanto, non viene meno in conseguenza della liberazione del medico dalla propria obbligazione risarcitoria -, ma comporta unicamente che, nel compiere detto accertamento, il giudice debba … continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 27-9-2021, n. 26118
Eccezione di intervenuta transazione – L’eccezione di intervenuta transazione non forma oggetto di un’eccezione in senso stretto sottratta al rilievo officioso, come quelle per le quali la legge richiede espressamente che sia soltanto la parte a rilevare i fatti impeditivi, estintivi o modificativi, e pertanto essa può essere rilevata dal giudice d’ufficio, anche in appello, non essendo il relativo rilievo subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte, purché i fatti risultino documentati “ex actis”. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che fosse ammissibile in appello l’eccezione di transazione intervenuta nel corso del giudizio, indipendentemente dalla …continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 27-9-2021, n. 26118
Transazione generale e speciale – Distinzione – Criteri – Accertamento – Potere del giudice del merito – Sindacabilità in cassazione – Limiti – In tema di qualificazione della natura generale o speciale del contratto di transazione stipulato tra parti litiganti in plurimi contenziosi, il giudice del merito deve valutare la comune intenzione delle parti, attribuendo rilevanza decisiva all’identificazione delle specifiche controversie oggetto del contratto, non potendo basarsi esclusivamente sull’ampiezza delle espressioni utilizzate. Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Ordinanza 27-7-2021, n. 21557
Imposta di registro – Transazione novativa o conservativa – La transazione può atteggiarsi come atto di composizione dell’originario rapporto litigioso mediante la conclusione di un rapporto costitutivo di obbligazioni autonome, diverse da quelle originarie (transazione novativa), ovvero come atto di composizione del rapporto litigioso esclusivamente mediante modifiche alle obbligazioni preesistenti, senza elisione del collegamento con l’originario rapporto (transazione semplice), sicché, in ragione della propria natura e dei propri effetti, quella novativa si sottrae al regime di…continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 23-6-2021, n. 17869
Reciproche concessioni – Individuazione – Criteri – In tema di transazione, le reciproche concessioni, cui si riferisce il primo comma dell’art. 1965 c.c., devono essere intese in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti. Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza 9-6-2021, n. 16154
Obbligo solidale di pagare le competenze professionali dei difensori – L’obbligo solidale di pagare le competenze professionali dei difensori, ex art. 68 del r.d.l. n. 1578 del 1933, in caso di definizione della lite mediante transazione, grava su tutti coloro che abbiano aderito a quest’ultima ed abbiano partecipato al giudizio in tal modo definito, non estendendosi, al contrario, nei confronti di chi, pur prestando adesione alla transazione, non abbia però assunto la qualità di parte processuale. Cassazione Civile, Sezione 6-2, Ordinanza 6-2-2021, n. 3052
Alla dichiarazione con la quale il lavoratore rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa derivante dal pregresso rapporto di lavoro può essere riconosciuto valore di transazione solo ove l’accordo tra lavoratore e datore contenga lo scambio di reciproche concessioni, essenziale ad integrare il relativo schema negoziale. (Nella specie, la S.C. ha escluso la …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza 7 novembre 2018, n. 28448
La rinuncia in sede transattiva avente a oggetto non il contratto illecito, quanto l’azione di nullità volta all’accertamento di tale illiceità, costituisce una rinuncia ai diritti conseguenti alla declaratoria giudiziale della nullità, in contrasto con l’art. 1972, comma 1, c.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha statuito che la rinuncia a un’azione di nullità di un contratto per …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 18 ottobre 2018, n. 26168
L’art. 1304, comma 1, c.c. si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, e non la sola quota del debitore con cui è stipulata, poiché è la comunanza dell’oggetto della transazione che comporta, in deroga al principio per cui il contratto produce effetti soltanto tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene, pur non avendo partecipato alla sua stipulazione; né la conseguente riduzione dell’ammontare dell’intero debito, pattuita in via transattiva con uno solo dei debitori, ma operativa anche nei confronti del condebitore che dichiari di voler profittare, può essere impedita dalla pattuizione di una clausola di contrario tenore, essendo inibito alle …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 18 giugno 2018, n. 16087
L’accordo transattivo tra il difensore della parte vincitrice in primo grado, dichiaratosi antistatario, e la parte soccombente avente ad oggetto i soli compensi professionali del primo, non può ritenersi esteso anche al rapporto oggetto della controversia tra le parti processuali e non denota alcuna acquiescenza alla sentenza di primo grado, in quanto il procuratore ha partecipato alla stipula dell’atto solo in qualità di …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 29 maggio 2018, n. 13367
Qualora, rispetto ad un medesimo rapporto, siano sorte o possano sorgere tra le parti più liti, in relazione a numerose questioni tra loro controverse, l’avere dichiarato, nello stipulare una transazione, di non aver più nulla a pretendere in dipendenza del rapporto, non implica necessariamente che la transazione investa tutte le controversie potenziali o attuali, dal momento che a norma dell’art. 1364 c.c. le espressioni usate nel contratto per quanto generali, riguardano soltanto gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di statuire. Ne consegue che, se il negozio transattivo concerne soltanto alcuna delle stesse, esso non si estende, malgrado l’ampiezza dell’espressione adoperata, a quelle rimaste estranee all’accordo, il cui oggetto va …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12367
In tema di revocatoria fallimentare, promossa per far valere l’affermata sproporzione tra le reciproche prestazioni rinunciate nell’ambito di una transazione intercorsa tra le parti, l’onere della prova incombe sulla parte che ha proposto l’azione revocatoria, ed ha per oggetto anche il valore della rinuncia operata da controparte, senza che possa distinguersi tra elementi dedotti dalla parte attrice ed elementi dedotti dalla convenuta, le cui …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 9 aprile 2018, n. 8635
Poiché la transazione richiede la forma scritta unicamente “ad probationem” (salvo quando riguardi uno dei rapporti di cui all’art. 1350, n. 12, c.c.), la prova del contratto può anche essere fornita da un documento sottoscritto da una sola parte, ove risulti il consenso anche solo tacito, purchè univoco, dell’altra parte manifestato mediante attuazione integrale dei relativi patti. (Nella specie, la S.C. ha ravvisato il consenso …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1627
L’art. 68 del r.d.l. n. 1578 del 1933, modificato dalla l. n. 36 del 1934, stabilendo che tutte le parti, le quali abbiano transatto una vertenza giudiziaria, sono tenute solidalmente al pagamento degli onorari degli avvocati, è operante – in ragione della latitudine della formula normativa e della sua finalità, diretta ad evitare intese tra le parti indirizzate ad eludere il giusto compenso ed il rimborso delle spese ai loro difensori – anche nel caso di “accordo” (che assume, nei riguardi del professionista, la valenza di presupposto di fatto ai fini dell’ottenimento degli onorari e delle spese) stipulato, con o …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Ordinanza 8 gennaio 2018, n. 184
Ai fini dell’individuazione della retribuzione imponibile ai fini contributivi, posto che il rapporto assicurativo e gli obblighi di contribuzione ad esso connessi sorgono con l’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma ne sono del tutto autonomi e distinti, sussistendo indipendentemente dal fatto che le obbligazioni retributive nei confronti del lavoratore siano state in tutto o in parte soddisfatte, ovvero che quest’ultimo abbia rinunciato ai suoi diritti, anche una transazione tra lavoratore e datore di lavoro va ritenuta estranea rispetto a tali obblighi, sicché, ai fini dell’assoggettamento a contribuzione, sarà necessario provare e distinguere quali siano nell’accordo transattivo le poste di sicura …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 23 novembre 2017, n. 27933
In tema di contratti con gli enti ecclesiastici secondo quanto stabilito nell’art. 18 della l. n. 222 del 1985, le limitazioni dei poteri di rappresentanza o l’assenza di previsti dal codice di diritto canonico, ovvero oggetto di pubblicazione, costituiscono materia di eccezione in senso stretto riservata all’ente stipulante e, pertanto, sono opponibili ai terzi, a prescindere dallo stato soggettivo di questi ultimi. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto necessaria, in una transazione, ai fini dell’opponibilità della incapacità a …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 14 novembre 2017, n. 26826
La conciliazione giudiziale prevista dagli artt. 185 e 420 c.p.c. è una convenzione non assimilabile ad un negozio di diritto privato puro e semplice, caratterizzandosi, strutturalmente, per il necessario intervento del giudice e per le formalità previste dall’art.88 disp. att. c.p.c. e, funzionalmente, da un lato per l’effetto processuale di chiusura del giudizio nel quale interviene, dall’altro per gli effetti sostanziali derivanti dal negozio giuridico contestualmente stipulato dalle parti, che può avere anche ad oggetto diritti indisponibili del lavoratore; la transazione, invece, negozio anch’esso idoneo alla risoluzione delle controversie di lavoro qualora abbiano ad oggetto diritti disponibili, non richiede formalità “ad substantiam”, essendo la forma scritta prevista dall’art. 1967 c.c. ai soli fini di prova. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 26 ottobre 2017, n. 25472
L’oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì in relazione all’oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre attraverso reciproche concessioni, giacchè la transazione – quale strumento …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 9 ottobre 2017, n. 23482
In tema di revocatoria fallimentare promossa per sproporzione tra le prestazioni ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 1, l.fall. ed avente ad oggetto una transazione, il giudice non deve avere riguardo né soltanto alle prestazioni dedotte nell’atto di transazione, né soltanto alle pretese originarie come declinate dalla parte, ma deve tenere conto complessivamente delle reciproche concessioni. A tal fine, tuttavia, non occorre effettuare un accertamento incidentale in termini di fondatezza o infondatezza delle pretese originarie, ma è necessario stabilire il valore di queste, tenendo conto, con un giudizio prognostico, sia delle probabilità di un positivo accertamento in sede giudiziaria, sia di …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 13 settembre 2017, n. 21279
La natura transattiva di un accordo stipulato tra datore di lavoro e lavoratore può essere esclusa quando, oltre al dato formale della mancata esplicitazione dei presupposti del negozio transattivo, sia riscontrabile, sulla base di una complessiva valutazione del medesimo, nonché della condotta tenuta dalle parti, una carenza assoluta degli elementi tipici del negozio stesso, quali la “res litigiosa”, le reciproche concessioni, la volontà di porre fine a una lite. (Nella specie, la S.C., dando applicazione al principio, ha confermato la pronuncia di merito che aveva escluso la natura transattiva di un negozio in cui non erano enunciate le diverse posizioni contrapposte, né la …continua a leggere ► Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Ordinanza 30 agosto 2017, n. 20590
In tema di divisione ereditaria, sono pienamente legittime sia le divisioni transattive che le transazioni divisorie, in quanto attraverso tali contratti vengono ad un tempo realizzati gli obiettivi dello scioglimento della comunione e quelli della cessazione o prevenzione della litigiosità tra gli eredi. — Cass. II, sent. 8946 del 15-4-2009
Nel contenuto complessivo di una transazione può distinguersi anche un momento accertativo della situazione di fatto preesistente, e in tal caso le relative dichiarazioni di scienza hanno valore confessorio, a condizione, tuttavia, che esse costituiscano concordi premesse – di natura ricognitiva di situazioni fattuali o di situazioni giuridiche considerate, però, “sub specie facti” – aventi ad oggetto i precedenti rapporti di reciproco dare e avere sui quali la transazione avrebbe dovuto incidere con effetto modificativo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva riconosciuto valore confessorio alla concorde dichiarazione delle parti, premessa in occasione della stipula di un contratto di transazione, nella quale si dava atto che determinati effetti cambiari scaduti erano rimasti insoluti fino ad una certa data). — Cass. II, sent. 3033 del 6-2-2009
Nel giudizio instaurato nei confronti di più debitori solidali, la sopravvenuta transazione della lite tra il creditore ed uno dei debitori, comporta che il giudice del merito, in sede di dichiarazione della cessazione della materia del contendere, debba valutare se la situazione sopravvenuta sia idonea ad eliminare ogni contrasto sull’intero oggetto della lite, anche in riferimento al condebitore solidale rimasto estraneo alla transazione e, quindi, se sia intenzione di questi profittarne ex art. 1304 cod. civ. (Fattispecie relativa a controversia sulla domanda di risarcimento del danno da occupazione appropriativa nei confronti del Comune e dell’I.A.C.P., in cui la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito che aveva dichiarato cessata la materia del contendere limitatamente al rapporto tra l’attore ed il Comune sulla base di una transazione tra essi intervenuta, non contenendo l’atto alcun riferimento all’I.A.C.P., né risultando che quest’ultimo avesse inteso profittarne). — Cass. I, sent. 26909 del 10-11-2008
In tema di liquidazione dell’attivo immobiliare nella procedura fallimentare, il divieto di vendere un bene immobile nelle forme della trattativa privata – desumibile dall’art. 108 legge fall. vigente “ratione temporis” – non trova applicazione se il trasferimento avvenga mediante una transazione autorizzata dal giudice delegato, in quanto il negozio transattivo ha un oggetto più ampio della vendita essendo destinato, attraverso reciproche concessioni, alla definizione di una oggettiva situazione di litigiosità tra le parti. — Cass. II, sent. 25136 del 14-10-2008
In materia di marchio, i cosiddetti accordi di coesistenza, con i quali, nell’ambito di una transazione, si intenda risolvere un conflitto tra marchi reciprocamente indipendenti e disciplinare l’uso di marchi interferenti per l’identità o la confondibilità dei segni o dei prodotti, non hanno carattere dispositivo, in quanto non danno luogo ad un trasferimento dei diritti di esclusiva del titolare del marchio e neppure alla costituzione di un diritto più limitato di quello spettante al titolare del marchio in favore di un soggetto diverso; tali convenzioni, pertanto, hanno efficacia meramente obbligatoria “inter partes” e non limitano la tutela del marchio nei confronti dei terzi, salvo il caso in cui abbiano assunto indirettamente un rilievo esterno, contribuendo ad una diversa delimitazione reale dell’ambito di protezione del segno, con effetti potenzialmente irreversibili anche nei confronti dei terzi e dei consumatori (Nella specie la S.C. ha riconosciuto l’efficacia meramente obbligatoria ad un accordo intervenuto fra le società facenti capo ai due stilisti Valentino Garavani e Mario Valentino, con cui erano stati fissati, fra l’altro, i settori merceologici nell’ambito dei quali ciascuna parte avrebbe potuto usare il proprio nome o la firma). — Cass. I, sent. 24909 del 10-10-2008
Per il disposto dell’art. 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 non concorrono a formare la base imponibile IVA – che consegue alla cessione di beni e alla prestazione di servizi – le somme dovute a titolo di risarcimento del danno nonchè a titolo di interessi moratori, penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi contrattuali, tra le quali rientrano quelle derivanti da un contratto di transazione (nella specie, afferente ad una controversia per ingiustificato arricchimento derivante dalla realizzazione di opere su un immobile oggetto di un preliminare di compravendita rimasto ineseguito) che non importi trasferimento di proprietà o trasferimento o costituzione di diritti reali, in quanto tali somme non sono ascrivibili agli obblighi di pagamento, essendo già esplicitamente sottoposte all’imposta di registro di cui all’art. 29 del d.P.R. n. 131 del 1986. — Cass. V, sent. 17633 del 27-6-2008
L’esistenza del contratto di transazione, dovendo essere provata per iscritto, non può essere desunta da mere presunzioni semplici. Pertanto la sola circostanza che il locatore ed il conduttore, prima della scadenza della locazione, si siano accordati in merito alle modalità di riconsegna dell’immobile, non costituisce prova della risoluzione consensuale del contratto. — Cass. III, sent. 14469 del 30-5-2008
L’accordo stipulato fra le parti e verbalizzato, in assenza del giudice, dal consulente tecnico d’ufficio, in una controversia avente ad oggetto l’esecuzione di un contratto d’opera, pur non integrando una conciliazione giudiziale con efficacia estintiva del giudizio – trattandosi di verbale redatto al di fuori dell’ipotesi prevista dall’art. 199 cod. proc. civ. – può tuttavia costituire, ove il giudice ne ravvisi gli estremi, un negozio transattivo sostanziale, idoneo a determinare la cessazione dell’originaria materia del contendere e l’insorgere di nuove obbligazioni. — Cass. II, sent. 13578 del 26-5-2008
L’accordo tra il lavoratore ed il datore di lavoro, nel quale sia identificata la lite da definire ovvero quella da prevenire (unitamente, in tal caso, all’individuazione dell’interesse del lavoratore) e che contenga lo scambio tra le parti di reciproche concessioni, è qualificabile come atto di transazione ed assume rilievo, quale conciliazione in sede sindacale ai sensi dell’art. 411, terzo comma, cod. proc. civ., ove sia stato raggiunto con un’effettiva assistenza del lavoratore da parte di esponenti dell’organizzazione sindacale indicati dal medesimo, dovendosi valutare, a tal fine, se, in relazione alle concrete modalità di espletamento della conciliazione, sia stata correttamente attuata la funzione di supporto che la legge assegna al sindacato nella fattispecie conciliativa (nella specie, la S.C. ha rilevato che correttamente il giudice di merito aveva escluso che si fosse in presenza di una transazione redatta ai sensi degli articoli 410 e 411 cod. proc. civ. in quanto non sussisteva alcuna controversia tra le parti, la sola società datrice di lavoro aveva interesse a regolare i rapporti con i propri dipendenti nella prospettiva di trasformarsi in s.r.l., e il sindacalista, chiamato dalla società e non dal lavoratore, si era limitato ad elaborare i conteggi, restando estraneo alla vicenda e svolgendo un ruolo di testimone di operazioni -elaborazioni di conteggi- e di fatti -ricostruzione della storia lavorativa del lavoratore- che, lungi dal fornire una consapevole assistenza, era stato successivamente stigmatizzato dallo stesso sindacato di appartenenza). — Sez. L, sent. 13217 del 22-5-2008
L’interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ovvero per vizi di motivazione. (Nella specie, la S. C., nell’affermare il principio su esteso, ha cassato la sentenza impugnata, che non aveva verificato se con un accordo transattivo il lavoratore avesse inteso, nel rinunciare ad ogni pretesa inerente il rapporto di lavoro, altresì dismettere il diritto al risarcimento del danno biologico derivante dal rapporto). — Cass. Sez. L, sent. 10218 del 18-4-2008
In tema di negozio di accertamento, la sua efficacia dichiarativa deriva dalla natura di mera ricognizione degli obblighi già fissati in altro negozio, quello originario, cui si correla esigendo non necessariamente l’identità soggettiva delle rispettive parti, ma almeno quella dei soggetti, del rapporto oggetto di ricognizione che debbono esserne titolari (ad esempio, per successione); ne consegue che ha natura dispositiva il negozio che incida su rapporti di cui sono titolari soggetti differenti da quelli del rapporto originario, anche se esso muova dalla ricognizione di una situazione giuridica preesistente. (Principio affermato dalla S. C. con riguardo all’atto di trasferimento immobiliare, oggetto di successiva azione revocatoria ex art. 64 legge fall., stipulato dalle società proprietarie successivamente a una transazione cui esse non avevano preso parte). — Cass. I, sent. 6739 del 12-3-2008
In tema di espropriazioni per p. u., qualora, compiuto il quinquennio di occupazione legittima, l’opera pubblica sia stata realizzata senza che sia intervenuto decreto di esproprio, con irreversibile trasformazione del bene occupato, si realizza la fattispecie della cosiddetta accessione invertita, od occupazione acquisitiva, con l’acquisto della proprietà a titolo originario a favore della P. A. e la corrispondente estinzione del diritto del proprietario. Pertanto, un accordo transattivo successivo alla scadenza del termine di occupazione legittima ed alla realizzazione dell’opera pubblica, non può prevedere la cessione del fondo occupato, atteso che la proprietà del bene è già stata acquisita per via dell’accessione invertita, ma può avere ad oggetto soltanto la determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento per porre fine alla controversia insorta tra le parti. In tal caso va escluso il carattere novativo dell’atto di transazione, poiché questo non costituisce fonte di un’obbligazione oggettivamente diversa da quella preesistente. — Cass. I, sent. 6195 del 7-3-2008
Le parti di un contratto di locazione di un immobile urbano possono definire transattivamente la lite tra loro pendente relativa alla durata o ad altri aspetti del rapporto, convenendo tra l’altro la data di rilascio dell’immobile ed il corrispettivo per il suo ulteriore godimento; il nuovo rapporto instauratosi per effetto dell’accordo transattivo, ancorché di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nel detto accordo ed è sottratto alla speciale disciplina che regola la materia delle locazioni, tra cui la legge n. 392 del 1978. La transazione così conclusa non è nulla per contrarietà al disposto dell’art 79 della legge citata, poiché tale norma, volta ad evitare l’elusione dei diritti del conduttore a mezzo di rinuncia preventiva ad essi, non esclude la possibilità di disporre dei diritti stessi, una volta che i medesimi siano stati già acquisiti. (In applicazione dell’enunciato principio, la S. C. ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda di riscatto proposta ritenendo che dalla data della stipulata transazione il contratto di locazione, relativo ad un immobile adibito a negozio, si era estinto e che il rapporto era ormai regolato dall’accordo transattivo che non prevedeva alcun diritto di prelazione in favore della conduttrice in caso di vendita dell’immobile). — Cass. III, sent. 4714 del 25-2-2008
Perché l’accordo tra il lavoratore ed il datore di lavoro possa qualificarsi atto di transazione è necessario che contenga lo scambio di reciproche concessioni, sicché, ove manchi l’elemento dell’«aliquid datum, aliquid retentum», essenziale ad integrare lo schema della transazione, questa non è configurabile. (Nella specie, la S.C. ha cassato per vizio di motivazione la sentenza di merito che aveva ritenuto la natura transattiva dell’atto recante dichiarazione di voler transigere ogni diritto derivante dall’intercorso rapporto di lavoro senza considerare nella motivazione che la somma corrisposta al lavoratore nel preteso atto di transazione corrispondeva esattamente a quanto a lui spettante per trattamento di fine rapporto). — Cass. Sez. L, sent. 20780 del 4-10-2007
Nel caso in cui tra le parti di un giudizio in materia d lavoro sia intervenuta una conciliazione amministrativa, senza tuttavia che alcuna di esse abbia dedotto nel medesimo la composizione transattiva della controversia ed il giudizio sia, quindi, definito con sentenza passata in giudicato, la situazione accertata diviene intangibile e preclude ogni possibilità di rimettere in discussione questa situazione nel successivo giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, emesso per il pagamento delle somme indicate in sentenza. Tuttavia il convenuto può, come nella specie, chiedere invia riconvenzionale il risarcimento del danno subito per l’inadempimento da parte dell’attore degli obblighi assunti con l’atto di transazione, e in particolare dell’obbligo di non proseguire le azioni in corso. — Cass. Sez. L, sent. 20723 del 3-10-2007
La cessazione della materia del contendere — che deve essere dichiarata dal giudice anche di ufficio — costituisce, nel rito contenzioso davanti al giudice civile, una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, che si verifica quando sopravvenga una situazione che elimini la ragione del contendere delle parti, facendo venir meno l’interesse ad agire e a contraddire, e cioè l’interesse ad ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, da accertare avendo riguardo all’azione proposta e alle difese svolte dal convenuto. (Nella fattispecie, avente ad oggetto una domanda, respinta in primo e secondo grado, di cessazione di un contratto di locazione, la S.C. ha rigettato il ricorso ritenendo incensurabile la sentenza impugnata, che non aveva dichiarato cessata la materia del contendere: infatti, il nuovo contratto, frattanto stipulato tra le parti, non aveva eliminato le ragioni del contendere, risultando contestata la sua efficacia). — Cass. III, sent. 2567 del 6-2-2007
Nelle cause per equa riparazione introdotte a norma della legge n. 89 del 2001, il danno patrimoniale, la cui sussistenza deve essere provata in concreto dal ricorrente, non può essere individuato nell’importo corrisposto alla controparte in conseguenza della transazione intervenuta nel giudizio di cui viene lamentata la durata irragionevole, potendo essere riconosciuto solo quello riconducibile sul piano causale in modo diretto ed immediato a tale durata: tale non è il danno subito in conseguenza dell’esito del giudizio, specialmente allorché questo sia stato definito transattivamente, vale a dire con la partecipazione volontaria della stessa parte. — Cass. I, sent. 2246 del 2-2-2007
Nell’ipotesi in cui un rapporto venga fatto oggetto di una transazione e questa non abbia carattere novativo, la mancata estinzione del rapporto originario discendente da quel carattere della transazione significa non già che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo, bensì soltanto che l’eventuale venir meno di quest’ultimo fa rivivere l’accordo originario, al contrario di quanto, invece, accade qualora le parti espressamente od oggettivamente abbiano stipulato un accordo transattivo novativo, nel qual caso l’art. 1976 cod. civ. sancisce, l’irrisolubilità della transazione. (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio di diritto enunciato, ha rigettato il ricorso e confermato l’impugnata sentenza, con la quale era stata respinta un’opposizione a decreto ingiuntivo fondata sulla deduzione di una pregressa transazione, con la quale le parti avrebbero definito ogni aspetto del rapporto di fornitura tra le stesse intercorso, sul presupposto che, in dipendenza dell’inosservanza del termine concordato per la tacitazione di ogni pretesa invocata dalla parte ricorrente, la transazione, da ritenersi non novativa, si sarebbe dovuta considerare «decaduta», ovvero risolta, con la conseguente legittimità, da parte della società creditrice, del diritto di pretendere gli interessi legali dalla data delle singole fatture richiesti con la domanda monitoria, non potendosi ritenere realizzato l’effetto estintivo del rapporto originario di fornitura). — Cass. III, sent. 24377 del 16-11-2006
La transazione richiede la forma scritta solo «ad probationem» (salvo quando riguardi uno dei rapporti di cui all’art. 1350 n. 12 cod. civ.), cosicché, qualora siano pacifici tra le parti la stipula di una transazione e il suo contenuto, il giudice deve tenerne conto ai fini della decisione, a nulla rilevando la mancata produzione di un atto sottoscritto dai contraenti idoneo a documentare la conclusione dell’accordo. La specificità dei termini di un accordo transattivo non costituisce, difatti, requisito essenziale per la validità della transazione, se dal contesto della convenzione sia dato desumere la sussistenza di dazioni e concessioni che le parti si siano reciprocamente fatte allo scopo di porre fine ad una lite già cominciata o di prevenire una lite che può sorgere fra loro. — Cass. III, sent. 22395 del 19-10-2006
In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), è insufficientemente motivato l’avviso di accertamento mancante di qualsiasi riferimento ai parametri indicati dall’art. 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e fondato esclusivamente sul valore dell’immobile risultante da un atto di transazione stipulato in un precedente giudizio tra il contribuente e l’Ufficio del registro ai fini dell’INVIM: la transazione, infatti, avendo natura conciliativa, può essere giustificata da motivi estranei al rapporto tributario, tali da indurre i contendenti a trovare conveniente la chiusura della controversia mediante la rinuncia reciproca a talune pretese, per ragioni di opportunità completamente indipendenti dalla natura giuridica della lite. — Cass. V, sent. 15165 del 30-6-2006
Deve essere qualificata novativa la transazione che determina l’estinzione del precedente rapporto e ad esso si sostituisce integralmente, di modo che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello dell’accordo transattivo, con la conseguente insorgenza dall’atto di un’obbligazione oggettivamente diversa dalla precedente. È qualificabile, invece, come transazione semplice o conservativa l’accordo con il quale le parti si limitano ad apportare modifiche solo quantitative ad una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti (anche) in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un «quid medium» tra le prospettazioni iniziali. Il relativo accertamento, circa la ricorrenza dell’una o dell’altra ipotesi di transazione, integrando un apprezzamento di fatto, è come tale riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso e confermato l’impugnata sentenza, rilevando che il giudice di merito si era attenuto ai riportati criteri distintivi, ravvisando correttamente, in ordine alla natura del credito oggetto del contratto, il carattere novativo della transazione intercorsa tra una società assicuratrice e il ricorrente, in considerazione dello specifico accordo che contemplava l’attribuzione di una rendita vitalizia stabilita con connotati quantitativi e normativi diversi dal trattamento che sarebbe spettato per i contributi previdenziali omessi). — Cass. Sez. L, sent. 13717 del 14-6-2006
L’art. 68 del r.d.l. 27 dicembre 1933, n. 1578, modificato dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, stabilendo che tutte le parti, le quali abbiano transatto una vertenza giudiziaria, sono tenute solidalmente al pagamento degli onorari degli avvocati, è operante — in ragione della latitudine della formula normativa e della sua finalità, diretta ad evitare intese tra le parti indirizzate ad eludere il giusto compenso ed il rimborso delle spese ai loro difensori — anche nel caso di «accordo» (che assume, nei riguardi del professionista, la valenza di un presupposto di fatto ai fini, appunto, dell’ottenimento degli onorari e delle spese), stipulato con o senza l’intervento del giudice o l’ausilio dei patroni, dalle parti stesse, le quali abbiano previsto semplicemente l’abbandono della causa dal ruolo o rinunciato ritualmente agli atti del giudizio (come nella specie, con derivante estinzione del processo), e prescinde, perciò, dalla persistenza del ministero difensivo. Ciò si verifica sempre che i difensori non abbiano rinunciato alla solidarietà passiva delle parti (nel qual caso obbligato nei confronti del difensore continua ad essere solo il cliente) ovvero, intervenendo nella transazione, non abbiano liberato il cliente dalla relativa obbligazione ed accettato che nei loro confronti, a detto titolo, resti tenuta solo l’altra parte, a carico della quale la transazione medesima abbia definitivamente posto le spese giudiziali nel loro complesso. — Cass. III, sent. 13135 del 1-6-2006
In ipotesi di transazione novativa, la transazione è inefficace nei confronti del condebitore che non vi ha partecipato e non ha dichiarato di volerne profittare sia in ordine ai i rapporti esterni, sia a quelli interni. (Enunciando tale principio la S.C. ha ritenuto che, essendo transazione e novazione fattispecie non assimilabili, la disciplina dell’una non si comunica a quella dell’altra, con la conseguente applicabilità, in tema di transazione novativa, dell’art. 1304 cod. civ.).— Cass. III, sent. 8946 del 18-4-2006
L’azione revocatoria fallimentare dei pagamenti attribuisce al curatore un diritto potestativo alla restituzione delle somme pagate in violazione della regola del concorso, che non muta la sua natura per il fatto di realizzarsi attraverso una sentenza costitutiva del tribunale fallimentare, o attraverso il riconoscimento del diritto medesimo, incondizionato o transattivo che sia, da parte dell’accipiente. Ne consegue che — a fronte di un contratto di fideiussione che preveda la sopravvivenza dell’obbligazione del fideiussore, nonostante il pagamento del debito da parte del debitore garantito, nel caso di revoca del pagamento stesso — il principio dell’interpretazione del contratto in base alla comune volontà delle parti, desumibile dal contenuto letterale delle loro dichiarazioni, non è violato dal giudice di merito che riferisca la previsione contrattuale, dell’eventuale revoca del pagamento, anche all’ipotesi di revoca accettata dal creditore accipiente, il quale restituisca agli organi del fallimento il pagamento ricevuto a seguito della conclusione di una transazione. — Cass. I, sent. 8874 del 14-4-2006
La cessazione della materia del contendere per intervenuta transazione non costituisce oggetto di eccezione in senso proprio ed è, pertanto, rilevabile di ufficio dal giudice e non è soggetta alle preclusioni previste per detto tipo di eccezioni. — Cass. I, sent. 4883 del 7-3-2006
La cessazione della materia del contendere — che deve essere dichiarata dal giudice anche d’ufficio — costituisce, nel rito contenzioso davanti al giudice civile, una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, che si verifica quando sopravvenga una situazione che elimini la ragione del contendere delle parti, facendo venir meno l’interesse ad agire e a contraddire, e cioè l’interesse ad ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, da accertare avendo riguardo all’azione proposta e alle difese svolte dal convenuto. Pertanto, alla emanazione di una sentenza di cessazione della materia del contendere consegue, da un canto, la caducazione della sentenza impugnata, a differenza di quanto avviene nel caso di rinuncia al ricorso, che ne determina il passaggio in giudicato; e, dall’altro, l’assoluta inidoneità della sentenza di cessazione della materia del contendere ad acquisire efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi tale efficacia di giudicato al solo aspetto del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio. (Sulla base dell’enunciato principio, la S.C. ha escluso che, a fronte dell’avvenuta conclusione fra le parti di una transazione — destinata a sostituirsi alla regolamentazione data dalla sentenza impugnata, che resta quindi travolta — dovesse farsi luogo alla cassazione senza rinvio di tale sentenza, anziché alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere). — Cass. I, sent. 4714 del 3-3-2006
Si ha transazione novativa qualora sussistano contestualmente due elementi, uno di natura oggettiva e uno di natura soggettiva : sul piano oggettivo è necessario che le parti,onde risolvere o prevenire una lite ,siano addivenute ad una rinunzia reciproca, anche parziale, alle proprie pretese, volta a modificare, estinguendola, la situazione negoziale precedente e ad instaurarne una nuova in quanto tra i due rapporti, il vecchio e il nuovo, vi sia una situazione di obiettiva incompatibilità; sul piano soggettivo, è necessario che sussista una inequivoca manifestazione di volontà delle parti in tal senso, ovvero che esse abbiano palesato il loro intento di instaurare tra loro un nuovo rapporto e di estinguere quello originario, dando a tale volontà forma e contenuto adeguati.(Nella specie la S.C., riformando la sentenza di merito, ha ritenuto che dovesse in concreto escludersi la configurabilità della transazione novativa, essendosi le parti limitate al rilascio di cambiali per importo non inferiore all’ammontare del debito ciò che non integra una rinuncia da parte del creditore, ma al contrario un rafforzamento del credito — e alla modifica del termine di pagamento). — Cass. II, sent. 4455 del 28-2-2006
La transazione può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello avente causa nell’accordo transattivi, di guisa che dall’atto sorga un’obbligazione oggettivamente diversa da quella preesistente. In tal caso l’accertamento dell’«animus novandi» costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione. — Cass. III, sent. 4008 del 23-2-2006
Nell’ipotesi in cui un rapporto venga fatto oggetto di una transazione e questa non abbia carattere novativo, la Cosiddetto mancata estinzione del rapporto originario discendente da quel carattere della transazione significa non già che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo, bensì soltanto che l’eventuale venir meno di quest’ultimo fa rivivere l’accordo originario, al contrario di quanto invece accade qualora le parti espressamente od oggettivamente abbiano stipulato un accordo transattivo novativo, cioè implicante il venir meno in via definitiva dell’accordo originario, nel qual caso l’art. 1976 cod. civ. sancisce, con evidente coerenza rispetto allo scopo perseguito dalle parti, l’irrisolubilità della transazione (salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente pattuito). Ne consegue che, allorquando venga chiesta da una delle parti la risoluzione per inadempimento di una transazione non novativa correttamente il giudice di merito esamina esclusivamente la posizione di adempienza o meno delle parti in relazione alla sola transazione e non anche all’accordo originario. — Cass. III, sent. 1690 del 26-1-2006
Documenti diretti ad evidenziare la cessazione della materia del contendere, come nel caso di sopravvenuti accordi transattivi, sono producibili anche in sede di legittimità ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., concernendo l’ammissibilità del ricorso per il venir meno dell’interesse alla sua prosecuzione. (Nella specie, la S.C., pur riaffermando l’enunciato principio, ha, tuttavia, escluso che potesse — con riferimento ad un ricorso avverso una sentenza di rigetto dell’appello relativo ad una decisione di primo grado confermativa del provvedimento disciplinare della radiazione dall’albo adottato nei confronti di un ragioniere dal competente Collegio attribuirsi un siffatto valore incidente sull’interesse al proseguimento del giudizio ad una sentenza del giudice penale che si era limitata a valutare la sussistenza o meno di profili di antigiuridicità penale nei comportamenti di tipo professionale del ricorrente, oggetto del processo, senza che, però, tale valutazione potesse implicare in qualche modo o, comunque, attestare, l’avvenuta cessazione della materia del contendere). — Cass. III, sent. 824 del 18-1-2006
Nell’ambito delle eccezioni in senso stretto — sottratte al rilievo officioso — rientrano unicamente quelle per le quali la legge richiede espressamente che sia soltanto la parte a rilevare i fatti impeditivi, estintivi o modificativi, oltre quelle che corrispondono alla titolarità di un’azione costitutiva. Tutte le altre ragioni, invece, che possono portare al rigetto della domanda per difetto delle sue condizioni di fondatezza, o per la successiva caducazione del diritto con essa fatto valere, possono essere rilevate anche d’ufficio, come nel caso del fatto estintivo sopravvenuto che emerga dalle risultanze processuali ritualmente acquisite. (Nella specie, la S.C., sulla scorta del suddetto principio, ha confermato la sentenza di appello con la quale era stata esclusa l’assoggettabilità al regime processuale delle eccezioni in senso stretto — e perciò, ritenuta la sua rilevabilità d’ufficio — della sopravvenuta transazione novativa tra le parti). — Cass. III, sent. 421 del 12-1-2006
La transazione può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello avente causa nell’accordo transattivo. In tal caso, l’ «animus novandi» può essere desunto anche per implicito da fatti concludenti, e il relativo accertamento, unitamente all’esame delle clausole contrattuale, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione. — Cass. III, sent. 421 del 12-1-2006
Un contratto di transazione resta ad ogni effetto negozio stipulato ai sensi dell’art. 1965 cod. civ. ancorché contenuto in una conciliazione giudiziale. Ne consegue l’applicazione delle regole sulla rappresentanza sostanziale, non processuale, con la conseguente inefficacia del contratto stipulato dal rappresentante dopo la morte del rappresentato, evento che costituisce causa di estinzione della procura. — Cass. Sez. L, sent. 28141 del 20-12-2005
La risoluzione della transazione avente carattere non novativo intervenuta tra il danneggiato in un incidente stradale e l’impresa assicuratrice successivamente assoggettata a liquidazione coatta amministrativa fa rivivere l’originaria situazione nella quale le parti si trovavano antecedentemente alla conclusione della risoluzione e, dunque, rende applicabile la disciplina della legge n. 990 del 1969. Conseguentemente è proponibile la domanda formulata dal danneggiato al di fuori della procedura di accertamento dei crediti nella liquidazione coatta amministrativa per ottenere la risoluzione della transazione. — Cass. III, sent. 27448 del 13-12-2005
L’eventuale efficacia novativa della transazione dipende dalla situazione di oggettiva incompatibilità nella quale i due rapporti — quello preesistente e quello nuovo — vengono a trovarsi. Pertanto, per determinare il carattere novativo o conservativo della transazione, occorre accertare se le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, abbiano inteso, o meno, addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, diretto a costituire, in sostituzione di quello precedente, nuove autonome situazioni. — Cass. III, sent. 27448 del 13-12-2005
L’accertamento sul carattere novativo o meno della transazione, ai fini dell’art. 1976 cod .civ., implicando un’indagine sulla volontà delle parti e una valutazione comparativa tra il rapporto preesistente e quello nuovo, costituisce apprezzamento riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione. — Cass. III, sent. 27448 del 13-12-2005
Ai fini dell’applicazione dell’art. 68 della legge professionale forense (r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578), la nozione di transazione della lite deve essere ricondotta nello schema tipico del negozio posto in essere nelle prescritte forme e sulla base delle reciproche concessioni e non può essere intesa nella più ampia accezione di ogni intesa che abbia l’effetto di estinguere la controversia senza l’intervento del giudice, anche se priva dei requisiti di forma e di contenuto del contratto disciplinato dagli artt. 1965 e segg. cod. civ. . — Cass. III, sent. 26047 del 29-11-2005
Nel contenuto complessivo di una proposta transattiva o di una transazione può distinguersi anche un momento accertativo della situazione di fatto preesistente, e in tal caso le relative dichiarazioni di scienza hanno valore confessorio, a condizione, tuttavia, che esse abbiano per oggetto la ricognizione di situazioni fattuali o di situazioni giuridiche considerate, però, «sub specie facti» (quali un preesistente negozio, un contratto, una promessa ecc.), e non già valutazioni giuridiche. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto che costituisse, appunto, una valutazione giuridica l’implicazione della responsabilità precontrattuale dell’autore della proposta transattiva e dell’entità del relativo danno). — Cass. I, sent. 19883 del 13-10-2005
Con riferimento ad un contratto di transazione che, in relazione alla realizzazione di un’opera pubblica (tracciato autostradale), preveda la cessione dei terreni necessari e la fissazione del corrispettivo per i danni e le servitù che all’opera conseguano, la verifica del requisito di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto, di cui una parte denunci il difetto per l’imprevedibilità del danno connesso alla perdita della prerogativa di edificabilità che l’area abbia acquisito successivamente, non può essere rapportata ad una vicenda, quella urbanistica successiva alla transazione, che è autonoma, e al di fuori dell’oggetto del contratto, e relativamente alla quale la parte che lamenti il danno per la perdita dell’edificabilità è soggetta agli ordinari oneri di allegazione e prova. — Cass. I, sent. 19212 del 30-9-2005
L’art. 68 del r.d.l. 27 dicembre 1933, n. 1578. modificato dalla legge 22 gennaio 1934 n. 36, stabilendo che tutte le parti, le quali abbiano transatto una vertenza, sono tenute solidalmente al pagamento degli onorari degli avvocati , è operante — in ragione della latitudine della formula normativa e della finalità della disposizione medesima, diretta ad evitare intese fra le parti indirizzate ad eludere il giusto compenso ed il rimborso delle spese ai loro difensori — anche nel caso di «accordo» stipulato, con o senza l’intervento del giudice o l’ausilio dei patroni, dalle parti medesime, le quali abbiano previsto semplicemente l’abbandono della causa dal ruolo, e prescinde, perciò, dalla persistenza del ministero difensivo. Peraltro, i difensori possono anche, intervenendo nella transazione, liberare il cliente dalla relativa obbligazione ed accettare che, nei loro confronti. a detto titolo, resti tenuta solo l’altra parte, a carico della quale la transazione medesima abbia definitivamente posto le spese giudiziali nel loro complesso. — Cass. III, sent. 18786 del 26-9-2005
L’indagine compiuta dal giudice di merito volta a stabilire l’oggetto ed i limiti di una transazione, involge un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se non per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale e per vizi logici. (Nella specie — relativa a transazione tra dipendente Alitalia e azienda nell’ambito dell’esodo incentivato — la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale, pur riconoscendo che dal tenore letterale la comune volontà delle parti era nel senso della rinuncia del lavoratore ad ogni pretesa relativa al trattamento di fine rapporto e ad ogni altra voce corrispettiva solo entro i limiti della somma ricevuta, aveva poi contraddittoriamente ritenuto inammissibile la domanda del dipendente per la differenza tra quanto richiesto e quanto ricevuto). — Cass. Sez. L, sent. 18760 del 26-9-2005
Ai fini della esistenza della transazione non è necessario che, nell’atto che la consacra, le parti enuncino le rispettive tesi contrapposte, né che delle reciproche concessioni sia fatta una precisa e dettagliata indicazione, essendo, invece, sufficiente che il complesso dei diritti abdicati dall’uno o dall’altro contraente possa desumersi sinteticamente, sebbene con certezza e per via logica di consequenzialità, dal nuovo regolamento degli interessi.(Nella fattispecie, la S.C., rigettando il relativo motivo proposto e confermando sul punto la sentenza di merito impugnata, ha ritenuto, in relazione ad un accordo concluso tra due privati ed un’impresa edile per l’esecuzione di lavori necessari a riportare in pristino stato il fabbricato dei primi, che fosse corretta la qualificazione dello stesso come transazione e, conseguentemente, che la stessa dovesse considerarsi validamente stipulata, risultando il suo oggetto ben determinato con riguardo all’indicazione della natura delle lesioni da riparare ed alla correlata individuazione delle opere necessarie per la loro eliminazione, ancorché demandata all’accertamento ed alla valutazione tecnica di terzi professionisti). — Cass. III, sent. 18616 del 21-9-2005
L’accertamento della natura transattiva, o meno, di un negozio è rimesso all’apprezzamento di fatto del giudice di merito ed è sottratto al sindacato di legittimità, salvo che la motivazione non consenta la ricostruzione dell’iter logico seguito dal giudice per giungere ad attribuire al negozio un determinato significato oppure nel caso di violazione delle norme di ermeneutica ex art. 1362 cod. civ., ovvero se la relativa decisione non sia sorretta da una motivazione congrua, logica e completa. Alla stregua del disposto del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., e dal raffronto tra il testo vigente e quello anteriore alla novella del 1950, la Corte regolatrice non può abdicare ad ogni compito di verifica della sussistenza di una «valida» motivazione, dovendosi pur sempre discriminare tra obbligo formale di motivare e obbligo di fondare in modo sufficiente il proprio convincimento: ma, in entrambe le ipotesi, è imposto al giudice di spiegare il «decisum» in base a criteri non viziati da errori logici o giuridici e, anche, di risolvere la questione di fatto secondo i canoni metodologici che dall’ordinamento giuridico sono per essa immediatamente espressi o, comunque, ricavabili. (Nella specie la Corte, affermando tale principio, ha cassato la impugnata decisione che aveva qualificato «vera e propria transazione» un accordo, dal cui dato letterale «non si evinceva certo» la esistenza di una «res dubia», elemento essenziale qualificante ex art. 1965 cod. civ.). — Cass. Sez. L, sent. 17817 del 7-9-2005
Il contratto di mandato e di locazione d’opera si distinguono in relazione al rispettivo oggetto, che nel secondo caso è rappresentato da un’attività di cooperazione (estranea alla sfera negoziale), che si traduce nel compimento di un’opera o di un servizio, materiale od intellettuale, mentre nel primo caso consiste in un’attività qualificata di conclusione di negozi giuridici per conto e nell’interesse del mandante, la quale, tuttavia, può concretarsi anche nel compimento di atti volontari non negoziali aventi rilevanza esterna, diretti alla conclusione ed al regolare adempimento di contratti tra le parti (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito, il quale aveva qualificato il rapporto come mandato, anziché come locazione d’opera, avendo accertato che l’attività richiesta all’incaricato consisteva nel prestarsi per favorire una transazione su una controversia giudiziale insorta con un terzo relativamente ad una compravendita immobiliare). — Cass. III, sent. 15607 del 26-7-2005
Posto che in tema di espropriazione l’eventuale accordo tra il proprietario del bene e la P.A. sull’ammontare dell’indennità è inefficace ove il procedimento non si concluda con il negozio di cessione o con il decreto di esproprio, a differenza dell’ipotesi in cui sia stato stipulato un vero e proprio accordo transattivo, che non perde efficacia ove il procedimento espropriativo non si concluda nei termini, è ravvisabile una transazione, e non un semplice accordo sull’indennità, ove le parti abbiano posto in essere un accordo testualmente definito «transazione», il cui onere finanziario per il Comune abbia comportato l’iscrizione tra i debiti fuori bilancio, con definizione, oltre che dell’importo dell’indennità, del danno da risarcire per la svalutazione della proprietà residuata all’esproprio. — Cass. I, sent. 13217 del 20-6-2005
Qualora l’INAIL — per aver pagato un’indennità in seguito ad infortunio «in itinere» al lavoratore assicurato — intenda aumentare il premio assicurativo attraverso il tasso specifico aziendale, ha l’onere di provare un proprio pregiudizio economico, che non sussiste se abbia conseguito l’integrale rimborso dell’indennizzo agendo in surroga contro il terzo responsabile dell’infortunio. Conseguentemente, se l’Istituto riceve dal terzo una somma minore per effetto di transazione ha diritto all’aumento del premio, mentre spetta all’assicurante — che tale diritto neghi — provare la manifesta sproporzione nell’accordo transattivo, sfavorevole all’Istituto, tale che possa imputarsi allo stesso il suddetto pregiudizio economico. — Cass. Sez. L, sent. 12648 del 13-6-2005
L’art. 79 legge n. 392 del 1978, il quale sancisce la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello legale, ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge stessa, mira ad evitare che, al momento della stipula del contratto, le parti eludano in qualsiasi modo le norme imperative poste dalla legge sul cosiddetto equo canone, aggravando in particolare la posizione del conduttore, ma non impedisce che, al momento della cessazione del rapporto, le parti addivengano ad una transazione in ordine ai rispettivi diritti ed in particolare alla compensazione da parte del conduttore, dopo la cessazione del rapporto, dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale di cui all’art. 34 della stessa legge con un suo debito. — Cass. III, sent. 12320 del 10-6-2005
In tema di transazione, le reciproche concessioni alle quali fa riferimento l’art. 1965, primo comma, cod. civ., possono riguardare anche liti future non ancora instaurate ed eventuali danni non ancora manifestatisi, purché questi ultimi siano ragionevolmente prevedibili; il relativo accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione logica e completa. ( Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto della domanda proposta dal conduttore, nei confronti del locatore, di accertamento della nullità -in quanto simulata- della transazione stipulata con riferimento a contratto di locazione ad uso diverso da abitazione tra di esse intercorso, ponendo in rilievo come la corte territoriale avesse accertato essere la transazione in questione intervenuta a regolare la particolare situazione nella quale, da un lato, la società locatrice, obbligandosi a non eseguire il provvedimento di rilascio a suo favore sino alla prevista scadenza, autorizzava la protratta occupazione dell’immobile, e, dall’altro, la società conduttrice, nei cui confronti sarebbe stato altrimenti eseguito lo sfratto, si obbligava a corrispondere sino alla suddetta scadenza l’indicata somma mensile a titolo di corrispettivo dell’occupazione dell’immobile, con la previsione a suo carico di una penale per ogni giorno di ritardato rilascio oltre il periodo di consentita utilizzazione del bene, sicché le liti che le parti intendevano nel caso prevenire erano sia quella relativa al procedimento esecutivo di sfratto, sia l’altra relativa all’obbligo del conduttore di corrispondere o meno il canone durante il periodo intercorrente tra la dichiarata cessazione della locazione e la data di corresponsione dell’indennità, questione, quest’ultima, all’epoca della stipulazione della transazione costituente «res dubia», in quanto oggetto di difformi decisioni in sede di giurisprudenza di legittimità e non essendo ancora intervenuta a dirimere il contrasto la sentenza delle sezioni unite n. 1177 del 2000 ). — Cass. III, sent. 12320 del 10-6-2005
In tema di transazione, allorché una delle parti del negozio transattivo produca in giudizio la prova scritta della transazione, a mente dell’art. 1967 cod. civ., l’altra parte, nell’eccepire che la relativa proposta scritta sia stata, in realtà, tacitamente revocata per comportamento incompatibile prima che la corrispondente accettazione scritta giungesse a sua conoscenza, deve fornire la prova sia della data in cui la proposta venne effettuata, sia di quella in cui ebbe a verificarsi il comportamento asseritamente incompatibile, perché solo la posteriorità di quest’ultimo consente di valutarlo ai fini della revoca della proposta. — Cass. III, sent. 9282 del 4-5-2005
La transazione, pur modificando la fonte del rapporto obbligatorio preesistente, non ne determina necessariamente l’estinzione, potendo configurarsi tanto in forma novativa, quanto non novativa, e con la prima soltanto delle quali creando le parti un nuovo vincolo giuridico, incompatibile con quello preesistente e direttamente scaturito dalla novazione così realizzata, di talché soltanto la transazione novativa, ove una delle parti non adempia gli obblighi assunti, può essere legittimamente risolta entro i limiti di cui all’art. 1976 cod. civ.. — Cass. III, sent. 8983 del 29-4-2005
La deduzione di una transazione novativa costituisce eccezione in senso stretto, vietata in appello ex art. 345 cod. proc. civ., solamente se ed in quanto sia volta a paralizzare la pretesa di controparte in ordine alla pronunzia di merito favorevole, e non anche quando ad essa consegua l’effetto della cessazione della materia del contendere, trattandosi in tal caso di accertare pregiudizialmente la persistenza o meno dell’interesse ad agire, con controllo officioso rimesso al giudice di merito, anche agli effetti del secondo comma dell’art. 345 cod. proc. civ.. — Cass. II, sent. 8086 del 18-4-2005
Costituisce transazione cosiddetto conservativa l’accordo con cui le parti si limitano a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti (anche) in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un «quid medium» tra le prospettazioni iniziali. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto valida la transazione stipulata tra una società — che pure aveva ottenuto una sentenza esecutiva, ma non ancora definitiva, nei confronti dell’INPS — e tale ultimo istituto, con la quale la prima — posta di fronte all’alternativa tra l’attesa dell’esito definitivo del contenzioso — di per sé incerto — e l’immediata acquisizione di una liquidità consistente, seppure notevolmente inferiore all’importo di cui alle sentenze esecutive — aveva tutelato i propri interessi nel secondo senso, apportando una consistente riduzione al debito accertato . — Cass. III, sent. 7522 del 12-4-2005
Nel caso in cui tra le parti di un giudizio intervenga una transazione, senza tuttavia che alcuna di esse deduca nel medesimo la sopravvenuta composizione transattiva della controversia ed il giudizio sia, quindi, definito con sentenza non impugnata e passata in giudicato, la situazione accertata dalla sentenza diviene intangibile e preclude ogni possibilità di rimettere in discussione questa situazione in un successivo giudizio e di apprezzare e rilevare il contenuto dell’accordo transattivo. — Cass. I, sent. 3026 del 15-2-2005
La disposizione dell’art. 2113, primo comma, cod. civ., che stabilisce l’invalidità delle rinunzie e transazioni aventi per oggetto diritto, del prestatore di lavoro derivante da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivi concernenti i rapporti di cui all’art. 409 cod. proc. civ., trova il suo limite d’applicazione nella previsione di cui all’ultimo comma del citato art. 2113 cod. civ., che fa salve le conciliazioni intervenute ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 cod. proc. civ., ossia quelle conciliazioni nelle quali la posizione del lavoratore viene ad essere adeguatamente protetta nei confronti del datore di lavoro per effetto dell’intervento in funzione garantista del terzo (autorità giudiziaria, amministrativa o sindacale) diretto al superamento della presunzione di condizionamento della libertà d’espressione del consenso da parte del lavoratore. In tali ipotesi, peraltro, mentre la rinunzia, in quanto negozio unilaterale non recettizio, sortisce l’effetto dell’estinzione dei diritti patrimoniali connessi al rapporto di lavoro e già acquisiti al patrimonio del lavoratore, anche in assenza del beneficiario, la transazione, in quanto contratto, richiede l’incontro delle volontà di tutte le parti interessate e la contestuale sottoscrizione del verbale di conciliazione. — Cass. Sez. L, sent. 16168 del 18-8-2004
L’oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì in relazione all’oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre attraverso reciproche concessioni, giacché la transazione — quale strumento negoziale di prevenzione di una lite — è destinata, analogamente alla sentenza, a coprire il dedotto ed il deducibile (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato che, in mancanza di specifiche limitazioni, l’efficacia dell’accordo transattivo raggiunto dalle parti si estendeva a tutti i diritti scaturenti dal rapporto di locazione della cassetta di sicurezza, ivi compresa l’obbligazione per la responsabilità della banca derivante dal comportamento di un suo dipendente, accertato solo in un momento successivo alla stipulazione della transazione). — Cass. I, sent. 690 del 14-1-2005
La transazione è atto negoziale con il quale le parti pongono fine ad una vicenda giudiziaria facendosi concessioni reciproche (e, dunque, prescindendo dall’affermazione o dalla negazione di qualunque reciproca responsabilità), e non ha, pertanto, alcuna natura di confessione stragiudiziale, dannosa per gli eventuali condebitori. Da tale natura «neutra» dell’atto di transazione rispetto al punto della questione controverso la legge fa discendere, in via ordinaria, la mancanza di effetti nei confronti dei soggetti che ad essa non abbiano partecipato, salvo che, avendone titolo in qualità di condebitori, essi non chiedano di profittarne. — Cass. I, sent. 19549 del 29-9-2004
La transazione può avere funzione traslativa soltanto con riguardo a rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti, essendo inconcepibile il trasferimento (tra le parti in lite), mediante transazione, di un diritto la cui appartenenza sia incerta perché oggetto di contestazione; a tale incertezza, peraltro, può porsi fine non solo mediante negozio transattivo, caratterizzato dalla presenza di reciproche concessioni tra le parti, ma anche mediante mero negozio di accertamento. (Nella fattispecie, la Corte Cass. ha escluso, pertanto, l’assoggettabilità ad azione revocatoria di preteso trasferimento di proprietà immobiliare affettuato mediante atto di transazione, osservando che in realtà il giudice di merito aveva rilevato che le parti avevano stipulato un negozio di accertamento). — Cass. I, sent. 18737 del 17-9-2004
Ai fini dell’applicazione dell’art. 68 della legge professionale forense 27 novembre 1933, n. 1578, mentre la nozione di transazione della lite deve essere intesa nella più ampia accezione di ogni accordo che abbia l’effetto di estinguere la controversia senza l’intervento del giudice, anche se privo dei requisiti di sostanza e di forma del contratto disciplinato dagli art. 1965 e ss. cod. civ., ivi compresa, quindi, la conciliazione ai sensi dell’art. 411 cod. proc. civ., presupposto ineludibile perché il difensore possa far valere per il pagamento degli onorari e per il rimborso delle spese l’obbligo solidale della parte avversa al proprio cliente è la sussistenza di «un giudizio» nel corso del quale le parti stipulino la transazione che lo definisca, senza soddisfare le competenze del professionista (nella specie, è stata esclusa la ricorrenza di tale presupposto nell’accordo stipulato, con verbale di conciliazione ex art. 411 cod. proc. civ., tra la lavoratrice ed il datore di lavoro dopo che il giudizio tra le parti si era concluso in primo grado con sentenza avverso la quale, pur pendendo ancora il termine per proporre appello, nessuno dei litiganti aveva proposto gravame, in quanto, in un caso siffatto, al momento della stipula della conciliazione non era in corso un processo effettivo ed attuale — e non potenziale —, e cioè non vi era un «giudizio» in atto, ossia un valido rapporto processuale ed un rituale contraddittorio). — Cass. II, sent. 18343 del 13-9-2004
Il disposto dell’art. 2115, terzo comma, cod. civ. — che stabilisce la nullità di qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza — non è applicabile qualora le parti abbiano inteso transigere non già su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all’INPS i contributi assicurativi, bensì sul danno subito dal lavoratore per l’irregolare versamento dei contributi stessi. — Cass. Sez. L, sent. 15308 del 7-8-2004
Chi è privo della capacità di testimoniare perché titolare di un interesse che ne potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio nel quale deve rendere la testimonianza, in qualsiasi veste, non esclusa quella di interventore adesivo, non riacquista tale capacità per l’intervento di una fattispecie estintiva del diritto quale la transazione o la prescrizione, in quanto l’incapacità a testimoniare deve essere valutata prescindendo da vicende che costituiscono un «posterius» rispetto alla configurabilità dell’interesse a partecipare al giudizio che la determina, con la conseguenza che la fattispecie estintiva non può impedire la partecipazione al giudizio del titolare del diritto che ne è colpito e non può renderlo carente dell’interesse previsto dall’art. 246 cod. proc. civ. come causa di incapacità a testimoniare. — Cass. III, sent. 13585 del 21-7-2004
Per la validità della transazione è necessaria la sussistenza della «res litigiosa», ma a tal fine non occorre che le rispettive tesi delle parti abbiano assunto la determinatezza propria della pretesa, essendo sufficiente l’esistenza di un dissenso potenziale, anche se ancora da definire nei più precisi termini di una lite e non esteriorizzata in una rigorosa formulazione. — Cass. III, sent. 11142 del 16-7-2003
In tema di transazione le reciproche concessioni di cui all’art. 1965 cod. civ., che possono avere ad oggetto anche una lite non ancora insorta, debbono riguardare la posizione assunta dalle parti in riferimento a reciproche pretese o contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente spettanti. — Cass. II, sent. 9348 del 11-6-2003
Le parti di un contratto di locazione possono definire transattivamente la lite tra loro pendente relativa all’ammontare del canone e alla durata del rapporto, convenendo tra loro una scadenza per il rilascio dell’immobile ed un corrispettivo per il suo godimento ove protratto oltre tale scadenza ; la transazione così conclusa non è nulla per contrarietà al disposto dell’art. 79 della legge 27.7.1978, n. 392, in quanto tale norma, volta ad evitare l’elusione dei diritti del conduttore a mezzo di rinuncia preventiva ad essi, non esclude la possibilità di disporre dei diritti stessi, una volta che essi siano sorti. — Cass. III, sent. 9197 del 9-6-2003
Il contratto collettivo di diritto comune può avere una funzione normativa (in quanto diretto a determinare il contenuto dei contratti individuali di lavoro), ovvero una funzione obbligatoria (che si esprime nell’instaurazione di rapporti obbligatori che vincolano esclusivamente le parti collettive e gli imprenditori che li stipulano, non anche i singoli lavoratori), nonché una funzione transattiva di conflitti di diritti o interessi, ovvero di mero accertamento. L’interpretazione in ordine alla funzione del contratto collettivo, al suo contenuto ed all’efficacia soggettiva degli obblighi con esso assunti è riservata al giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità se è sorretta da una motivazione logica, completa e conforme ai canoni legali di ermeneutica contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in riferimento al ccnl del 27 maggio 1983 per i dipendenti delle aziende municipalizzate delle centrali del latte, interpretandolo in collegamento con il successivo protocollo d’intesa del 3.7.1984 e con l’accordo aziendale del luglio 1985, aveva ritenuto che quest’ultimo accordo avesse efficacia solo confermativa del precedente contratto collettivo, con il quale era stata disposta una nuova classificazione del personale). — Cass. Sez. L, sent. 8576 del 5-5-2004
In tema di minuta o di puntuazione del contratto, qualora l’intesa raggiunta dalle parti abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto — l’accertamento del quale è riservato all’apprezzamento del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione — non è configurabile un impegno con funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, dovendo ritenersi formata la volontà attuale di un accordo contrattuale. (La Corte, nel formulare il principio surrichiamato, ha confermato la sentenza impugnata che, in considerazione della reciprocità delle concessioni, pattuite dalle parti in modo manifesto e definitivo, aveva ritenuto perfezionatasi una vera e propria transazione e non semplicemente un impegno ancora in itinere). — Cass. II, sent. 6871 del 7-4-2004
In tema di assicurazione contro i danni, la clausola di polizza che devolva a terzi, con effetto vincolante per le parti, l’accertamento del danno astrattamente risarcibile, ma non anche la definizione di eventuali contestazioni fra le parti stesse circa le conseguenze, sul diritto all’indennizzo, di eventuali dichiarazioni inesatte o reticenti, secondo la disciplina degli artt. 1892 e 1893 cod. civ., configura una cosiddetta perizia contrattuale, la quale non interferisce sulla proponibilità davanti all’autorità giudiziaria delle controversie relative all’applicabilità delle citate norme sulla base dei dati forniti dai periti. Allo stesso modo, quando, in virtù di espressa convenzione, le parti stabiliscono che si possa procedere al cd. accordo conservativo in ordine all’accertamento dell’entità del danno dell’assicurato, un siffatto accordo non realizza una transazione, ma ha solo la funzione di fissare, con effetti obbligatori tra le parti, un elemento di integrazione dell’eventuale transazione non ancora perfezionata, ovvero di determinare definitivamente il «quantum» del danno complessivamente indennizzabile, salvo a stabilire se, ed in quale misura, sussista il diritto dell’assicurato. — Cass. III, sent. 12880 del 4-9-2003
In tema di interpretazione della volontà delle parti (con riferimento, nella specie, ad una transazione avente ad oggetto, oltre agli emolumenti a titolo di trattamento di fine rapporto e di incentivo all’esodo, anche le modalità di pagamento degli stessi e il relativo termine), quando il giudice del merito abbia individuato l’ambito dell’accordo sulla base delle pretese dedotte in giudizio ed abbia ricostruito la comune intenzione delle parti in base al testo sottoscritto, desumibile peraltro anche dal comportamento successivo delle medesime (nella specie dichiarazione liberatoria sottoscritta dal lavoratore all’atto della riscossione), l’interpretazione non è sindacabile in sede di legittimità, restando irrilevante l’oggetto della transazione purché le rinunce fatte dal lavoratore non rientrino nella disciplina dell’art. 2113 cod. civ., ma in quella dell’art. 1965 cod. civ.. — Cass. Sez. L, sent. 12147 del 19-8-2003
Qualora nel corso del giudizio di impugnazione di un licenziamento il datore di lavoro ed il lavoratore transigano la lite, l’interpretazione della transazione, al fine di accertare se le parti abbiano inteso costituire un nuovo rapporto di lavoro ovvero ripristinare quello preesistente, sia pure soltanto per alcuni effetti, è riservata alla valutazione del giudice del merito, che, nel caso in cui le espressioni adoperate dalle parti diano luogo a dubbi in ordine alla identificazione della comune intenzione delle medesime, per stabilirne l’esatto contenuto, correttamente fa ricorso al canone ermeneutico dell’art. 1362, secondo comma, cod. civ., attribuendo rilevanza al comportamento delle parti successivo alla stipulazione del contratto, onde accertare se le stesse abbiano inteso stabilire la prosecuzione del rapporto, con conseguente obbligo del datore di lavoro, analogamente a quanto previsto nel caso di licenziamento dichiarato illegittimo ai sensi dell’art. 18, legge n. 300 del 1970, di pagare i contributi previdenziali per il periodo compreso tra la data del licenziamento e quella della transazione (Nella specie, con la transazione il datore di lavoro si era obbligato a «revocare» il licenziamento ed a corrispondere sette mensilità a titolo di risarcimento dei danni subiti dal lavoratore, che aveva rinunciato a qualsiasi ulteriore pretesa retributiva; la S.C. ha ritenuto incensurabile la sentenza di merito, che aveva reputato il termine ‘revocà equivoco e tale da non consentire di escludere la volontà delle parti di estendere l’effetto ripristinatorio del rapporto ai profili non retributivi, valorizzando quindi la successiva condotta del datore di lavoro per accertare la volontà delle parti di prevedere la continuità del rapporto di lavoro). — Cass. Sez. L, sent. 11670 del 29-7-2003
Ai sensi del primo comma dell’art. 1965 cod. civ., la transazione può avere ad oggetto, per la realizzazione della sua funzione, anche diritti estranei alla controversia che, con essa, si vuole evitare. — Cass. I, sent. 10794 del 9-7-2003
Nell’ambito dell’autonomia privata le parti possono limitare l’ambito della transazione, definendo soltanto parte della controversia fra di loro insorta. — Cass. II, sent. 10456 del 2-7-2003
L’accertamento della natura transattiva o meno di un negozio, rimesso all’apprezzamento di fatto del giudice di merito, è sottratto al sindacato di legittimità ove sia immune da vizi logici o giuridici. — Cass. II, sent. 9348 del 11-6-2003
L’interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ovvero per vizi di motivazione. (Nella specie, un dirigente industriale aveva concluso una transazione con il proprio datore di lavoro, con la quale, richiamando espressamente l’art. 15 del C.C.N.L. per i dirigenti delle aziende industriali, quest’ultimo si era obbligato a tenere indenne il primo dalle spese sopportate per procedimenti connessi a fatti direttamente attinenti all’esercizio delle sue funzioni; la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nell’interpretare detta transazione, nonostante l’esplicito rinvio alla norma del C.C.N.L. contenuta in quest’ultima, aveva ritenuto che dalla medesima derivasse l’obbligo del datore di lavoro di tenere indenne il dirigente per le spese sopportate anche per i procedimenti penali per fatti contrari all’obbligo di fedeltà, ritenendoli comunque connessi all’esercizio delle funzioni, omettendo tuttavia sia di accertare se la clausola del contratto collettivo si riferisse anche ai procedimenti per comportamenti tenuti in danno del datore di lavoro, sia di verificare, in caso negativo, se le parti, con l’accordo transattivo, avessero inteso ampliare il contenuto della garanzia della pattuizione collettiva, esplicitando le argomentazioni a conforto di questa interpretazione). — Cass. Sez. L, sent. 8467 del 28-5-2003
La transazione, pur modificando la fonte del rapporto giuridico preesistente, non ne determina necessariamente l’estinzione in quanto, al di fuori dell’ipotesi di un’espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, l’eventuale efficacia novativa della transazione dipende dalla situazione di oggettiva incompatibilità nella quale i due rapporti — quello preesistente e quello nuovo — vengono a trovarsi; pertanto, per determinare il carattere novativo o conservativo della transazione, occorre accertare se le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, diretto a costituire, in sostituzione di quello precedente, nuove autonome situazioni; il relativo apprezzamento è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione logica, coerente e completa (Nella specie, un architetto aveva convenuto in giudizio un comune per il pagamento del compenso dovutogli per la redazione di un progetto per la realizzazione di una piscina comunale ed aveva transatto la lite, obbligandosi a modificare il progetto e ad adattare l’opera ad una area diversa da quella originaria; la S.C., nell’enunciare il succitato principio di diritto, ha ritenuto incensurabile la motivazione con la quale il giudice del merito aveva escluso l’efficacia novativa della transazione, in quanto era rimasta immutata la natura giuridica del rapporto e l’oggetto delle prestazioni assunte dalle parti — consistenti, rispettivamente, nella redazione di un progetto e nel pagamento del corrispettivo — essendo state convenute modificazioni concernenti esclusivamente le caratteristiche e l’ubicazione dell’opera). — Cass. II, sent. 7830 del 19-5-2003
In tema di interpretazione dei contratti, qualora le espressioni letterali utilizzate non siano sufficienti per ricostruire la comune volontà delle parti, occorre aver riguardo all’intento comune che esse hanno perseguito. In riferimento in particolare alla interpretazione del contratto di transazione, per verificare se sia configurabile tale negozio occorre indagare innanzitutto se le parti, mediante l’accordo, abbiano perseguito la finalità di porre fine all’«incertus litis eventus», senza tuttavia che sia perciò necessario che esse esteriorizzino il dissenso sulle contrapposte pretese, né che siano usate espressioni direttamente rivelatrici del negozio transattivo, la cui esistenza può anche essere desunta da una corresponsione di somma di denaro da parte del debitore, accettata dal creditore dichiarando di esser stato pienamente soddisfatto e di null’altro avere a pretendere, se possa ritenersi che essa esprima la volontà di porre fine ad ogni ulteriore contesa. Quanto poi ai requisiti dell’«aliquid datum» e dell’«aliquid retentum», essi non sono da rapportare agli effettivi diritti delle parti, bensì alle rispettive pretese e contestazioni, e pertanto non è necessaria l’esistenza di un equilibrio economico tra le reciproche concessioni. — Cass. III, sent. 7548 del 15-5-2003
La dichiarazione del condebitore solidale di voler profittare della transazione già conclusa tra altro condebitore e il terzo costituisce esercizio di un diritto potestativo, e non manifestazione della volontà di concludere un contratto, e come tale può essere effettuata con libertà di forme anche dal procuratore del condebitore rimasto estraneo alla transazione, senza che occorra un mandato speciale, e può esser resa anche al procuratore alle liti del creditore (in applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha ritenuto che, avendo il controricorrente dichiarato di voler profittare della transazione intervenuta tra la condebitrice compagnia di assicurazioni per la r.c.a. e il terzo creditore, il creditore non potesse poi agire in giudizio nei suoi confronti per ottenere la differenza tra la somma liquidatagli dal giudice di merito e la minor somma transatta). — Cass. III, sent. 7548 del 15-5-2003
Qualora intervenga una transazione tra uno dei condebitori solidali e il creditore, il condebitore rimasto estraneo ad essa può dichiarare, a norma dell’art. 1304, primo comma, cod. civ., di volerne profittare ; in questo caso, l’accordo transattivo spiega una efficacia diretta anche nei suoi confronti, senza che il creditore possa precludergli questa possibilità, in quanto non è applicabile alla fattispecie il disposto dell’art. 1411, secondo comma, cod. civ., che consente allo stipulante di revocare o modificare la stipulazione finché il terzo non dichiari di volerne profittare, in quanto il condebitore solidale non è terzo rispetto al rapporto oggetto di transazione. — Cass. III, sent. 7548 del 15-5-2003
Affinché un negozio possa essere considerato transattivo è necessario, da un lato, che esso abbia ad oggetto una «res dubia», e cioè cada sopra un rapporto giuridico avente, almeno nell’opinione delle parti, carattere d’incertezza, e, dall’altro lato, che, nell’intento di far cessare la situazione di dubbio venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche, il cui contenuto può essere il più vario e può consistere anche nella rinuncia ad un diritto, cui corrisponda l’assunzione di un obbligo nei confronti di un terzo (nella fattispecie, alla rinuncia all’indennità di avviamento da parte del conduttore ha corrisposto l’impegno del locatore di concludere contratto di locazione con una terza persona), nel qual caso la transazione si configura come contratto a favore di terzo. — Cass. III, sent. 6861 del 6-5-2003
Le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto la cessazione del rapporto di lavoro, anche se convenute in conciliazione raggiunta in sede sindacale, non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 2113 cod. civ., e pertanto rimangono irrilevanti, attesa la non impugnabilità della risoluzione consensuale del rapporto ex art. 2113 cod. civ., gli eventuali vizi formali del procedimento di formazione della conciliazione sindacale. — Cass. Sez. L, sent. 5940 del 24-3-2004