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Art. 2041 codice civile – Azione generale di arricchimento

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Art. 2041 codice civile

Azione generale di arricchimento

Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale.

Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda. 


 

Giurisprudenza:

Declaratoria di inesistenza del contratto – Carattere ostativo all’esercizio dell’azione contrattuale – In tema di azione di indebito arricchimento, la sentenza che dichiara l’inesistenza del contratto esclude (in negativo) che l’avente diritto possa nuovamente esercitare l’azione contrattuale e accerta (in positivo) la sussistenza dell’indefettibile presupposto della sussidiarietà (e, cioè, l’indisponibilità di un rimedio alternativo a quello contrattuale), atteso che – a differenza di quanto accade in caso di rigetto della domanda per nullità del titolo contrattuale, preclusivo dell’azione ex art. 2041 c.c. – la domanda di indebito arricchimento non si configura come uno …continua a leggereCassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 15-5-2023, n. 13203

 

Requisito del depauperamento – La sussistenza del requisito del depauperamento, richiesto dall’art. 2041 c.c. come presupposto per l’esercizio dell’azione generale di arricchimento, richiede la dimostrazione che il convenuto non ha alcun titolo per giovarsi di quanto corrisponde alla perdita patrimoniale, subita dall’istante senza la propria volontà e senza un’adeguata esplicita causa giuridica; pertanto, il diritto all’indennizzo non può essere riconosciuto se il depauperamento è giustificato da una ragione giuridica, come quando sia avvenuto per una spesa fatta dall’istante nel proprio esclusivo interesse, sia pure con indiretta utilità altrui. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che, in riforma di quella di primo grado, aveva negato il diritto all’indennizzo preteso da una società per i lavori di adeguamento compiuti su un immobile, requisitole dal Comune, per consentirvi la continuazione dell’attività didattica, avuto riguardo alla circostanza che, pur non risultando formalizzato tra le parti alcun rapporto contrattuale, tuttavia …continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 11-3-2021, n. 6827

 

Fornitura e servizi prestati in favore degli enti locali senza l’osservanza del procedimento contabile – In tema di fornitura e servizi prestati in favore degli enti locali senza l’osservanza del procedimento contabile previsto per l’assunzione di obbligazioni vincolanti per l’ente locale, ai sensi dell’art.23, comma 4, del d. l. n. 66 del 1989 conv. con mod. dalla l. n. 144 del 1989, sostituito dall’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 77 del 1995 poi modificato dall’art. 4 del d.lgs. n. 342 del 1997 , e trasfuso nell’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000, il contraente privato fornitore non è legittimato a proporre l’azione diretta di indebito arricchimento verso l’ente pubblico per difetto del requisito di sussidiarietà mentre può esercitare l’azione ex art. 2041 c.c. nei confronti dello stesso ente “utendo iuribus” dell’ amministratore suo debitore, agendo in via surrogatoria ex art. 2900 c.c. (contestualmente alla ed indipendentemente dalla) iniziativa nei confronti dell’amministratore onde assicurare e conservare le proprie ragioni quando il patrimonio di quest’ultimo non offra adeguate garanzie. In tal caso, il privato contraente ha l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento in correlazione con il depauperamento dell’amministratore, senza che l’ente possa opporre il mancato riconoscimento della “utilitas”, salva la possibilità per l’ente medesimo di dimostrare che l’arricchimento sia stato non voluto, non consapevole o imposto. Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 2-3-2021, n. 5665

 

Domanda ex art. 2041 cc avanzata, in via subordinata, con la memoria ex art. 183, comma 6, cpc – Nel processo introdotto mediante domanda di adempimento contrattuale è ammissibile la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento formulata, in via subordinata, con la prima memoria ai sensi dell’art. 183, comma 6, c.p.c., qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di appello che aveva ritenuto inammissibile, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda ex art. 2041 c.c. avanzata, in via subordinata, con la memoria prevista dall’art. 183, comma 6, c.p.c., nei confronti di una ASL per il pagamento di somme relative ad attività di pronto soccorso, terapia intensiva e servizio di urgenza e emergenza medica cd. SUEM). Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 9-2-2021, n. 3127

 

Domanda ex art. 2041 cc formulata per la prima volta in appello – La domanda di indennizzo per arricchimento senza causa integra, rispetto a quella di adempimento contrattuale originariamente formulata, una domanda nuova ed è, come tale, inammissibile se proposta per la prima volta in appello, ostandovi l’espresso divieto previsto dall’art. 345 c.p.c.. Cassazione Civile, Sezione 6-1, Ordinanza 9-2-2021, n. 3058

 

Arricchimento contro il terzo (c.d. arricchimento indiretto) – In ipotesi di “arricchimento indiretto”, l’azione ex art. 2041 c.c. è esperibile contro il terzo a condizione che l’indebita locupletazione sia stata conseguita in forza di un rapporto di fatto (e dunque gratuitamente) con l’istante e che il soggetto obbligato verso il depauperato si sia reso insolvente nei riguardi di quest’ultimo, dovendosi intendere l'”insolvenza” come mancato adempimento e non nel senso tecnico di cui alla legge fallimentare. (Nella specie, la S.C. ha confermato il rigetto della domanda di arricchimento senza causa avanzata nei confronti di terzi, ritenendo che la dichiarazione di fallimento del soggetto obbligato non costituisse insolvenza nel senso indicato, potendo il creditore esercitare l’azione verso il fallito attraverso l’insinuazione al passivo fallimentare). Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza 26-1-2021, n. 1708

 

Fornitura di energia elettrica non richiesta – Il consumatore non è tenuto, ai sensi dell’art. 57 del codice del consumo (nella specie, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 21 del 2014, venendo in rilievo un contratto concluso prima del 13 giugno 2014), ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura di energia elettrica non richiesta, né il fornitore può agire nei suoi confronti a titolo di indebito o di arricchimento senza causa, ancorché il medesimo consumatore abbia tratto vantaggio dalla detta fornitura, poiché il legislatore ha inteso fare prevalere gli interessi della parte debole del contratto – con l’esonero dagli oneri conseguenti a pratiche commerciali scorrette – su quelli del professionista, dovendosi riconoscere al citato art. 57 pure una valenza latamente sanzionatoria. Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 12-1-2021, n. 261

 

Prestazione professionale di un socio a favore della società – Qualora il socio di una società di capitali abbia prestato senza corrispettivo la propria attività professionale a favore della società stessa, è configurabile l’arricchimento senza giusta causa di essa, per l’incremento patrimoniale derivante dalla mancata spesa, con corrispondente danno per il socio. Tuttavia, nel determinare la misura del richiesto ristoro, il giudice deve indagare anche se ed in che misura il vantaggio della società si sia risolto in un concreto incremento economico per il socio, a titolo di maggiori utili, influendo riduttivamente sulla diminuzione patrimoniale subita dal socio e, quindi, sull’indennità a lui spettante ex art. 2041 c.c. (conf. a Cass. n. 5616 del 1981, Rv. 416333 – 01). Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza 9-11-2020, n. 25045

 

Servizi di telecomunicazione – Illegittimità del canone per l’esercizio dell’attività di telecomunicazione – Il pagamento del canone di concessione previsto dalla legislazione italiana per l’esercizio dell’attività di telecomunicazione in relazione all’anno 1998, come deciso dalla Corte di giustizia UE (cause c-296/06 e c-34/19), è illegittimo perché in contrasto con l’ordinamento comunitario con la conseguenza che il concessionario ha diritto alla ripetizione di quanto versato allo Stato secondo i principi generali di cui agli artt. 2033 e 2041 c.c. Tale diritto non viene meno per il sol fatto che il concessionario abbia provveduto alla cd. traslazione dell’onere concessorio sugli utenti finali, mediante maggiorazione del prezzo dei servizi prestati, non potendo attribuirsi valenza generale al diverso principio dettato dall’art. 29 della legge n. 428 del 1990, che trova applicazione nello specifico settore dei dazi doganali all’importazione. Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 7-9-2020, n. 18603

 

Nullità del rapporto tra cliente ed avvocato – In caso di nullità del rapporto tra cliente ed avvocato, quest’ultimo non può avvalersi contro il primo dell’azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c., perchè la funzione sussidiaria ed integrativa di detta azione osta all’esperibilità della medesima per la tutela di …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 6-3 civile, Ordinanza 7 luglio 2020, n. 14120

 

Arricchimento senza causa struttura sanitaria accreditata – L’azienda sanitaria, comunicando alla struttura accreditata il limite di spesa stabilito per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, manifesta implicitamente la sua contrarietà ad una spesa superiore, ovvero a prestazioni ulteriori rispetto a quelle il cui corrispettivo sarebbe rientrato nel predetto limite. Pertanto, l’arricchimento che la P.A. consegue dall’esecuzione delle prestazioni “extra budget” assume un carattere “imposto” che preclude …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 6 luglio 2020, n. 13884

 

Ristoro del pregiudizio da tardiva attuazione di direttive comunitarie – In tema di ristoro del pregiudizio da tardiva attuazione di direttive comunitarie (nella specie, le direttive CEE 75/363, 75/362 e 82/76 in materia di retribuzione della formazione dei medici specializzandi), i medici che hanno frequentato corsi di specializzazione a partire dall’anno accademico 1983 (e si siano iscritti dopo il gennaio 1982) sono titolari dell’azione di responsabilità contrattuale “ex lege” contro lo Stato per l’inadempimento dell’obbligazione di attuazione delle direttive e, quindi, non possono agire, nei confronti delle università o dello Stato, con azione di indebito arricchimento, stante il carattere sussidiario di quest’ultima, al pari di coloro che hanno preso parte ai detti corsi anteriormente al 1983 (o, comunque, che si sono iscritti prima del gennaio 1982), le cui prestazioni svolte trovano comunque causa nel rapporto instaurato con l’università per la frequenza della scuola. Allo stesso modo, l’azione di indebito arricchimento non spetta ai medici che hanno seguito tali corsi dopo il 1991, poiché le attività da essi svolte, in base alla disciplina del d.lgs. n. 257 del 1991, trovano causa nel peculiare rapporto contrattuale di formazione – lavoro, oggetto di questa specifica normativa, con la conseguenza che possono avvalersi dell’azione contrattuale per ottenere la remunerazione prevista. – Corte di Cassazione, Sezione 6-3 civile, Ordinanza 1 luglio 2020, n. 13283

 

Accordo transattivo su indennità per la perdita dell’avviamento – L’azione generale di arricchimento postula che la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro sia avvenuta senza giusta causa, sicché quando essa sia la conseguenza di un contratto o comunque di un altro rapporto non può dirsi che la causa manchi o sia ingiusta, almeno fino a quando il contratto o il diverso rapporto conservino rispetto alle parti e ai loro aventi causa la propria efficacia obbligatoria. (Fattispecie in tema di accordo transattivo su indennità per la perdita dell’avviamento). – Corte di Cassazione, Sezione 6-3 civile, Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12405

 

Obbligo indennitario della p.a. – Utilizzo della prestazione – Decorrenza della prescrizione dell’azione – In tema di azione di ingiustificato arricchimento, l’obbligo indennitario dell’amministrazione non sorge con la compiuta realizzazione dell’opera in conformità al progetto, ma in virtù del dato oggettivo dell’utilizzazione della prestazione, che avviene nel momento in cui l’elaborato progettuale viene acquisito dalla pubblica amministrazione e comunque da essa adoperato; detto momento segna il “dies a quo” per la decorrenza della prescrizione dell’azione, non rilevando a tal fine il riconoscimento soggettivo dell'”utilitas” da parte dell’ente. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 18 giugno 2020, n. 11803

 

Interruzione della prescrizione – Riconoscimento del diritto – Ai fini della interruzione della prescrizione, il riconoscimento del diritto, è configurabile in presenza, non solo, dei requisiti della volontarietà, della consapevolezza, della inequivocità e della recettizietà, ma anche dell’esternazione, in quanto funzionale a manifestare alla controparte del rapporto la portata ricognitiva alla base dell’effetto interruttivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza d’appello, che aveva ritenuto che una delibera di giunta con cui un’Amministrazione provinciale aveva comunicato a due professionisti di voler corrispondere loro un importo non avesse effetto interruttivo riguardo all’esercizio dell’azione 2041 c.c., trattandosi del riconoscimento di un diritto, alla prestazione contrattuale, differente rispetto a quello, all’indennizzo per ingiustificato arricchimento, per cui era stata eccepita la prescrizione). – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 18 giugno 2020, n. 11803

 

Appello – Eccezioni assorbite – Onere di riproposizione – Appello incidentale – La parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perché assorbite o anche quelle esplicitamente respinte qualora l’eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta per altre ragioni, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (Nella specie la S.C., cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha affermato che lo scrutinio di sussidiarietà dell’azione, indispensabile ai fini della proponibilità dell’azione di arricchimento senza causa, essendo devoluto al giudice di appello, non obbliga l’arricchito vittorioso a proporre appello incidentale sul punto, potendo costui limitarsi a contestare l’indicato presupposto). Precedente giurisprudenziale conforme:24124/2016. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 16 giugno 2020, n. 11653

 

Convivenza “more uxorio” –  Termine di prescrizione dell’azione di ingiustificato arricchimento – Decorrenza – Nell’ambito del rapporto di convivenza “more uxorio”, il termine di prescrizione dell’azione di ingiustificato arricchimento decorre non dai singoli esborsi, bensì dalla …continua a leggereCassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 12 giugno 2020, n. 11303

 

Oneri derivanti dalla fruizione da parte dei dipendenti di società “in house” dei permessi retribuiti previsti per l’esercizio di funzioni elettive – In base al principio civilistico del divieto di indebito arricchimento e tenuto conto della distinzione tra società partecipata e socio pubblico, gli oneri derivanti dalla fruizione da parte dei dipendenti di società “in house” dei permessi retribuiti previsti per l’esercizio di funzioni elettive presso lo stesso ente locale che partecipa alla società sono a carico di quest’ultimo e devono essere rimborsati alla società datrice di lavoro nei termini e secondo le modalità di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 267 del 2000. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 11 giugno 2020, n. 11265

 

Possibilità di concreta restituzione – L’azione di indebito oggettivo ha carattere restitutorio, cosicché la ripetibilità è condizionata dal contenuto della prestazione e dalla possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole previste dagli artt. 2033 ss. c.c., che ricorre quando detta prestazione abbia avuto ad oggetto una somma di denaro o cose di genere ovvero, infine, una cosa determinata, operando, altrimenti, ove tale prestazione sia irripetibile e ne sussistano i presupposti, l’azione generale di arricchimento senza causa di cui all’art. 2041 c.c., che assolve alla funzione, in base ad una valutazione obbiettiva, di reintegrazione dell’equilibrio economico; la legittimazione ad esperire l’azione volta alla reintegrazione patrimoniale spetta a colui che abbia disposto il pagamento senza causa e non a chi, da questi e per suo conto, sia stato delegato ad effettuare materialmente la prestazione. – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 5 giugno 2020, n. 10810

 

Pubblica amministrazione – Arricchimento senza causa acquisizione di beni e servizi per l’ente pubblico in violazione di regole contabili – L’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000 prevede un rapporto obbligatorio diretto tra il fornitore e il funzionario che ha consentito, in violazione delle regole contabili, l’acquisizione di beni o servizi in favore dell’ente pubblico, così escludendo la possibilità di esperire nei confronti di quest’ultimo l’azione sussidiaria di ingiustificato arricchimento, ma tale norma riguarda esclusivamente gli enti locali, elencati nell’art. 2 del citato d.lgs., non essendo suscettibile di applicazione analogica perché di natura eccezionale, sicché ove le prestazioni siano state eseguite in favore di enti pubblici diversi, il fornitore, non avendo a disposizione altre azioni, può agire ex art. 2041 c.c. nei confronti degli enti stessi. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 26 febbraio 2020, n. 5130

 

Carattere sussidiario dell’azione di ingiustificato arricchimento – Presupposto per proporre l’azione di ingiustificato arricchimento è la mancanza, accertabile anche di ufficio, di un’azione tipica, tale dovendo intendersi non ogni iniziativa processuale ipoteticamente esperibile, ma esclusivamente quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, pur se proponibile contro soggetti diversi dall’arricchito. Ne consegue che è ammissibile l’azione di arricchimento quando l’azione, teoricamente spettante all’impoverito, sia prevista da clausole generali, come quella risarcitoria per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 17 gennaio 2020, n. 843

 

Chiusura della procedura fallimentare – Creditore pretermesso – Azione di ripetizione di indebito del creditore pretermesso – A seguito dell’approvazione del piano di riparto fallimentare e della sua mancata impugnazione nei termini di legge, con susseguente chiusura della procedura concorsuale, rimane preclusa ai creditori concorrenti, ancorchè pretermessi, la possibilità di far valere in separato giudizio le proprie ragioni – invero attinenti a rapporti giuridici ormai definiti nell’ambito della procedura medesima – mediante inammissibili azioni di ripetizione dell’indebito o arricchimento senza causa nei …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 4 dicembre 2019, n. 31659

 

Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – Riduzione del premio per cd. continuità aziendale – Rettifica della dichiarazione – In tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, anche relativamente ai presupposti per la riduzione del premio per cd. continuità aziendale, la denuncia dei lavori, alla quale il datore di lavoro è tenuto ai sensi dell’art. 12, comma 1, del d.P.R. n. 1124 del 1965, e quella di modificazione del rischio, prevista dal successivo terzo comma, non costituiscono una manifestazione negoziale di volontà ma una dichiarazione di scienza che implica l’assunzione, da parte del dichiarante, di un impegno circa la veridicità di quanto affermato e, salvo il potere di controllo dell’istituto assicuratore, rende legittima l’imposizione contributiva ad essa corrispondente; siffatta dichiarazione, ove sia il risultato di un errore, può essere rettificata dallo stesso datore di lavoro, ma la rettifica deve avvenire mediante la presentazione di altra denuncia nelle forme di cui al citato art. 12, recante la prova dell’asserita discordanza e senza la possibilità di ripetere le somme corrisposte in eccesso rispetto a quelle dovute, neanche sulla base dell’azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c. – Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 21 agosto 2019, n. 21562

 

Diminuzione patrimoniale (“depauperatio”) subita dall’autore di una prestazione d’opera in favore della P.A. – La diminuzione patrimoniale (“depauperatio”) subita dall’autore di una prestazione d’opera in favore della P.A., in assenza di un contratto valido ed efficace, da compensare ai sensi dell’art. 2041 c.c., non può essere fatta coincidere con la misura del compenso calcolato mediante il parametro della tariffa professionale e nel rispetto dei fattori di importanza dell’opera e del decoro della professione (art. 2233 c.c.) ma, oltre ai costi ed esborsi sopportati (danno emergente), deve comunque ricomprendere quanto necessario a ristorare il sacrificio di tempo, nonché di energie mentali e fisiche del professionista (lucro cessante), del cui valore si deve tener conto in termini economici, al netto della percentuale di guadagno. A causa della difficoltà di determinazione del suo preciso ammontare, l’indennizzo può formare oggetto di una valutazione di carattere equitativo ai sensi dell’art. 1226 c.c., anche officiosa. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 29 maggio 2019, n. 14670

 

Indennizzo da ingiustificato arricchimento – Quantificazione in via equitativa – L’indennizzo da ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041 c.c., nell’ipotesi di prestazione professionale resa da un privato in favore della P.A. in base ad un contratto nullo per mancanza di forma scritta, ben può essere quantificato in via equitativa, utilizzando come parametro la tariffa professionale, con esclusione delle voci che determinerebbero il conseguimento di un pieno corrispettivo contrattuale, come le maggiorazioni previste per le particolari modalità o per l’urgenza con cui la prestazione è stata resa, o applicando i minimi tariffari a fronte di un compenso pattuito in misura superiore. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 24 maggio 2019, n. 14329

 

Arricchimento senza causa per prestazioni di un professionista in favore di un ente locale in esecuzione di contratto invalido – In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A. conseguente alla prestazione resa da un professionista in assenza di un valido contratto (nella specie, incarico di progettazione e direzione dei lavori per le opere di costruzione di un edificio scolastico comunale), l’indennità prevista dall’art. 2041 c.c. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale (“detrimentum”) dal medesimo subita nell’erogazione della prestazione, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di profitto (“lucro cessante”) se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto, aveva assunto la parcella del professionista, redatta sulla base delle tariffe professionali e reputata congrua dal C.T.U., quale parametro comparativo dal quale desumere soltanto gli elementi di costo delle attività effettivamente svolte, decurtando poi la somma del 15% per escludere il riconoscimento del lucro cessante). – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 14 maggio 2019, n. 12702

 

Versamento di un assegno bancario – Smarrimento del titolo –Qualora un assegno bancario venga versato dal prenditore presso la propria banca, e questa, accreditato l’importo al versante, non sia poi in grado di ripeterlo dalla banca trattaria per smarrimento del titolo, l’emittente dell’assegno medesimo, che veda estinguere il suo debito verso il prenditore non per fatti inerenti al relativo rapporto sottostante, e senza subire alcuna decurtazione del proprio conto corrente, ma esclusivamente per effetto del soddisfacimento del prenditore stesso a seguito dell’accredito operato in suo favore, ottiene un’indebita locupletazione e resta conseguentemente assoggettato all’azione di arricchimento della banca del prenditore, ai sensi e nei limiti di cui all’art. 2041 c.c. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 8 maggio 2019, n. 12048

 

Arricchimento senza causa nei confronti di una P.A. – Il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso; tuttavia, le esigenze di tutela delle finanze pubbliche e la considerazione delle dimensioni e della complessità dell’articolazione interna della P.A. trovano adeguata tutela nel principio di diritto comune del cd. “arricchimento imposto”, potendo, invece, l’Amministrazione eccepire e provare che …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 24 aprile 2019, n. 11209

 

Arricchimento senza causa nei confronti di una P.A.  – Assenza di un valido contratto d’opera professionale – In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all’assenza di un valido contratto d’opera professionale, ai fini della determinazione dell’indennità prevista dall’art. 2041 c.c. non può essere assunta, quale valido parametro di riferimento, la parcella del professionista, ancorché vistata dall’ordine professionale, trattandosi di individuare non già il corrispettivo contrattuale per l’esecuzione di prestazioni professionali, ma un importo che deve essere liquidato, alla stregua delle risultanze …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 9 aprile 2019, n. 9809

 

Arricchimento senza causa nei confronti di una P.A.  – Assenza di un valido contratto d’opera professionale – Determinazione dell’indennità – In tema di azione generale di arricchimento, l’indennizzo dovuto al professionista che abbia svolto la propria attività in favore della pubblica amministrazione, ma in difetto di un contratto scritto, non può essere determinato in base alla tariffa professionale, neppure indirettamente quale parametro del compenso che il professionista avrebbe potuto ottenere se …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 4 aprile 2019, n. 9317

 

Carattere sussidiario dell’azione di ingiustificato arricchimento – L’azione generale di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato avrebbe potuto esercitare un’azione tipica e questa si è prescritta. – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 27 novembre 2018, n. 30614

 

Arricchimento senza causa proposta per la prima volta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo – La domanda di arricchimento senza causa è inammissibile, ove proposta dall’opposto nel giudizio incardinato ai sensi dell’art. 645 c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo dallo stesso conseguito per il pagamento di prestazioni professionali, non potendo egli far valere in tale sede domande nuove, rispetto a quella di adempimento contrattuale posta alla base della richiesta di provvedimento monitorio, salvo quelle conseguenti alla domande ed alle eccezioni in senso stretto proposte dall’opponente, determinanti un ampliamento dell’originario “thema decidendum” fissato dal ricorso ex art. 633 c.p.c. . (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza con la quale la corte d’appello aveva escluso che, nel caso di decreto ingiuntivo ottenuto per il pagamento di prestazioni professionali, la proposizione, da parte dell’opponente, delle sole eccezioni di inesigibilità e prescrizione del credito avessero comportato l’introduzione di nuovi temi di indagine, tali da legittimare la proposizione di una nuova domanda, di arricchimento senza causa, da parte … continua a leggere Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 25-10-2018, n. 27124

 

Domanda proposta, in via subordinata, con la prima memoria ex art. 183 cpc – Nel processo introdotto mediante domanda di adempimento contrattuale è ammissibile la domanda di indennizzo per ingiustificato arricchimento formulata, in via subordinata, con la prima memoria ai sensi dell’art. 183, comma 6, c.p.c., qualora si riferisca alla medesima vicenda …continua a leggereCassazione Civile, Sezioni Unite Civile, Sentenza 13-08-2018, n. 22404

 

Rigetto dell’azione contrattuale per insussistenza del titolo negoziale – Successiva azione di indebito arricchimento –L’accertamento, con sentenza passata in giudicato, dell’infondatezza dell’azione contrattuale, per insussistenza del titolo negoziale che attribuisca all’attore il relativo diritto, non preclude alla stessa parte di chiedere, in un successivo giudizio, di essere indennizzato per l’indebito arricchimento dalla controparte conseguito, dato che tale seconda azione è diversa per “petitum” e per “causa petendi” e che, inoltre, avendo funzione sussidiaria e natura residuale, trova il riconoscimento della sua esperibilità proprio nell’indicato diniego di …continua a leggere ►  Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 13 giugno 2018, n. 15496

 

Spese comunali fuori bilancio – In tema di spese comunali fuori bilancio, qualora il funzionario pubblico attivi un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dell’ente, si determina una frattura “ope legis” del rapporto di immedesimazione organica, sicché il rapporto obbligatorio, non perfezionatosi nei confronti della P.A., si costituisce tra il privato e l’amministratore. Quest’ultimo peraltro può agire nei confronti della P.A. ai sensi dell’art. 2041 c.c., avendo solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento senza che sia necessario alcun riconoscimento dell’utilità della prestazione da parte dell’ente e salva la possibilità, per quest’ultimo, di dimostrare che l’arricchimento sia stato non voluto, non consapevole ovvero imposto. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 13 giugno 2018, n. 15415

 

Regressioni tariffarie relative a prestazioni sanitarie – L’azione generale di arricchimento presuppone che la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro avvenga in assenza di giusta causa, la quale non può essere invocata quando l’arricchimento sia conseguenza di un contratto o di altro rapporto compiutamente regolato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che le regressioni tariffarie, relative a prestazioni sanitarie, costituissero una sorta di elemento naturale del negozio, introdotte dal d.lgs. n. 502 del 1992 per esigenze di contenimento della …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 12 giugno 2018, n. 15243

 

In genere proposizione di domande nuove e di questioni di diritto implicanti accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito – Il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità. (In applicazione di tale principio, la S.C., a fronte di una domanda originaria di indebito oggettivo – proposta dal debitore principale nei confronti del creditore garantito per aver quest’ultimo illegittimamente escusso la garanzia autonoma prestata in suo favore – ha ritenuto inammissibile, per novità, sia una domanda di risarcimento danni contrattuali che una domanda di ingiustificato arricchimento, ancorché …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 12 giugno 2018, n. 15196

 

P.A. – Impegno di spesa senza l’osservanza dei controlli contabili – Il funzionario che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei relativi controlli contabili (ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme cd. di evidenza pubblica), risponde – ai sensi dell’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla l. n. 144 del 1989 – degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell’ente, essendo preclusa anche l’azione di ingiustificato arricchimento per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che non ricorre quando sia esperibile altra azione non …continua a leggere ►  Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 11 giugno 2018, n. 15145

 

Condominio – Rimborso delle spese sostenute per la gestione della cosa comune – Al condomino cui non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell’urgenza all’uopo richiesto dall’art. 1134 c.c., non spetta neppure il rimedio sussidiario dell’azione di arricchimento ex art. 2041 c.c. in quanto, per un verso, essa non può essere esperita in presenza di un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti e, per altro verso ed avuto riguardo al suo carattere sussidiario, esso difetta giacché, se la spesa non è urgente ma è necessaria, il condomino interessato può comunque agire perché sia sostenuta, ai sensi del combinato disposto degli artt. …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 30 agosto 2017, n. 20528 

 

P.A. – Impegno di spesa senza l’osservanza dei controlli contabili – Il funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso (ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme cd. di evidenza pubblica), risponde – ai sensi dell’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla l. n. 144 del 1989 – degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell’ente, essendo preclusa anche l’azione di ingiustificato arricchimento per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che è esclusa quando esista altra azione esperibile non solo contro l’arricchito, ma anche verso persona diversa. Né può ipotizzarsi una responsabilità dell’ente ex art. 28 Cost., in quanto tale …continua a leggere ►  Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 4 gennaio 2017, n. 80

 

In tema di azione generale di arricchimento, che presuppone la locupletazione, senza giusta causa, di un soggetto a danno di un altro, non è invocabile la mancanza ovvero l’ingiustizia della causa, allorché l’arricchimento (nella specie, l’assegnazione di un alloggio realizzato da una cooperativa edilizia) dipenda da un atto di disposizione volontaria (nella specie, la cessione, in favore …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 13 aprile 2016, n. 7331

 

P.A. – Impegno di spesa senza l’osservanza dei controlli contabili – Il funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione degli enti medesimi, risponde – ai sensi dell’art. 23, commi 3 e 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla l. n. 144 del 1989, applicabile “ratione temporis” – degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell’ente, rispetto al quale è preclusa anche l’azione di ingiustificato arricchimento per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che è esclusa quando esista altra azione esperibile non solo contro l’arricchito, ma anche verso …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 21 settembre 2015, n. 18567

 

In tema di azione di indebito arricchimento, conseguente all’assenza di un valido contratto (nella specie, avente ad oggetto prestazioni a favore di degente ricoverato in casa di cura), l’indennità prevista dall’art. 2041 cod. civ. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dalla parte nell’erogazione della prestazione e non in misura coincidente con il mancato …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 7 novembre 2014, n. 23780

 

P.A. – Assenza di un valido contratto di appalto d’opera tra la P.A. ed un professionista – In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all’assenza di un valido contratto di appalto d’opera tra la P.A. ed un professionista, l’indennità prevista dall’articolo 2041 c.c., va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace. Pertanto, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto al professionista che partecipi, in assenza di valido contratto, ad una commissione comunale per l’affidamento di determinati lavori, non possono essere assunte come parametro le tariffe professionali (ancorchè richiamate da parcelle vistate dall’ordine competente), alle quali può ricorrersi solo quando le …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 28 luglio 2014, n. 17085

 

Azione di indebito oggettivo e azione di arricchimento zenza causa – L’azione di indebito oggettivo ha carattere restitutorio, cosicché la ripetibilità è condizionata dal contenuto della prestazione e dalla possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole previste dagli artt. 2033 e ss. cod. civ. (e cioè quando abbia avuto ad oggetto una somma di denaro o cose di genere ovvero, infine, una cosa determinata), operando altrimenti, ove ne sussistano i presupposti, in mancanza di altra azione, l’azione generale di arricchimento senza causa prevista dall’art. 2041 cod. civ., che assolve alla funzione, in base ad una valutazione obbiettiva, di reintegrazione dell’equilibrio economico. Pertanto, nel caso di prestazione di “facere”, la quale non è suscettibile di restituzione e, in quanto …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 21 marzo 2014, n. 6747

 

P.A. – Riconoscimento dell’utilità dell’opera – In tema di azione per indebito arricchimento nei confronti della P.A., il riconoscimento dell’utilità dell’opera e la configurabilità stessa di un arricchimento restano affidati a una valutazione discrezionale della sola P.A. beneficiaria, unica legittimata – mediante i suoi organi amministrativi o tramite quelli cui è istituzionalmente devoluta la formazione della sua volontà – ad esprimere il relativo giudizio, che presuppone il ponderato apprezzamento circa la rispondenza, diretta o indiretta, dell’opera al pubblico interesse, senza che possa operare in via sostitutiva la valutazione di amministrazioni terze, pur se interessate alla prestazione, né di un qualsiasi altro soggetto dell’amministrazione beneficiaria. Tale riconoscimento può essere esplicito o implicito, occorrendo, in quest’ultimo caso, che l’utilizzazione dell’opera sia consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell’ente, in quanto la differenza tra le due forme di riconoscimento sta solo nel fatto che la prima è contenuta in una dichiarazione espressa, mentre la seconda si ricava da un comportamento di fatto, tale da far concludere che …continua a leggere Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 7 marzo 2014, n. 5397

 

Spese fuori bilancio dei Comuni – In tema di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali) agli effetti di quanto disposto dall’art. 23, quarto comma, del d.l. 2 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 1989, n. 144), l’insorgenza del rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione – con conseguente impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà – si ha in tutti i casi in cui manchi una …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 23 gennaio 2014, n. 1391

 

Liquidazione dell’indennizoo – Credito di valore – L’indennizzo ex art. 2041 cod. civ., in quanto credito di valore, va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell’interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell’indennizzo medesimo. La somma così liquidata produce interessi compensativi, i quali sono diretti a coprire l’ulteriore …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 28 gennaio 2013, n. 1889

 

L’azione di arricchimento ex art. 2041 cod. civ. può essere esercitata anche nei confronti della P.A. che abbia tratto profitto dall’attività lavorativa di un privato non formalmente legato da un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, ma che tuttavia abbia colmato, con la sua opera, una lacuna organizzativa, fermo restando, da un lato, che l’indennizzo che da tale azione può derivare deve corrispondere all’effettivo arricchimento, provato o almeno probabile, e, dall’altro, che tale azione, stante il suo carattere sussidiario, deve ritenersi esclusa in ogni caso in cui il danneggiato, secondo una valutazione da compiersi in astratto, possa esercitare un’altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio …continua a leggere ►  Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 28 aprile 2011, n. 9441

 

Con riguardo all’azione di indebito arricchimento nei confronti di una P.A., in relazione al vantaggio che essa abbia ricevuto da un’opera realizzata in suo favore, il riconoscimento da parte della stessa P.A., anche in modo implicito, dell’utilità dell’opera …continua a leggere ►  Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 14 aprile 2011, n. 8537

 

In tema di contratti degli enti pubblici territoriali, l’art.23, comma 3, del d.l. 28 aprile 1989 n. 66, convertito con modificazioni dallalegge 24 aprile 1989, n. 144, subordinando la validità del contratto all’esistenza di una deliberazione autorizzativa assunta nelle forme previste dalla legge e del relativo impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, ha sostanzialmente riprodotto il contenuto della normativa precedente, di cui al combinato disposto degli artt. 284 e 288 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383, mentre il successivo comma 4 ha innovato tale disciplina, prevedendo la responsabilità dell’amministratore dell’ente territoriale nell’ipotesi di acquisizione di opere, beni o servizi in violazione del predetto divieto; pertanto, mentre prima dell’entrata in vigore del menzionato comma 4, il soggetto che aveva effettuato la prestazione poteva esperire nei confronti della P.A., che ne avesse riconosciuto l'”utilitas”, l’azione di indebito arricchimento ex art. 2041 cod. civ., nella vigenza del citato comma 4 tale azione non è più proponibile, in quanto, avendo carattere sussidiario, essa resta esclusa dalla proponibilità dell’azione nei confronti dell’amministratore o del funzionario che ha consentito l’acquisizione della prestazione. Ne consegue che, nel caso in cui il contratto invalido sia stato stipulato sotto la vigenza del r.d. n. 383 del 1934, ma la …continua a leggere ►  Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 26 maggio 2010, n. 12880

 

Il funzionario o l’amministratore pubblici che abbiano attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione degli enti medesimi, rispondono – in base alla disciplina recata dai commi 3 e 4 dell’art. 23 del d.l. 3 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, nella legge 29 aprile 1989, n. 144) – degli effetti di detta attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è pertanto legittimato ad agire direttamente e personalmente nei loro confronti. Ne consegue che, ove, a loro volta, il funzionario o l’amministratori anzidetti abbiano proposto contro l’ente locale l’azione di indebito arricchimento (art.2041 cod. civ.), per l’accoglimento di tale domanda è necessario che la P.A. abbia espresso, tramite i suoi organi rappresentativi e deputati alla deliberazione della spesa, un giudizio positivo circa il …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 21 aprile 2010, n. 9447

 

L’azione generale di arricchimento senza causa nei confronti della P.A. presuppone, oltre al fatto materiale dell’esecuzione di una prestazione economicamente vantaggiosa per l’ente pubblico, anche il riconoscimento dell’utilità della stessa da parte dell’ente, il quale può avvenire anche in modo implicito, cioè mediante l’utilizzazione dell’opera o della prestazione secondo una destinazione oggettivamente rilevabile ed equivalente nel risultato ad un esplicito riconoscimento di utilità, posta in essere senza il rispetto delle prescritte formalità da parte di detto organo, ovvero in comportamenti di quest’ultimo dai quali si desuma inequivocabilmente un giudizio positivo circa il vantaggio dell’opera o della prestazione ricevuta dall’ente rappresentato. (Fattispecie relativa alla realizzazione di opere di urbanizzazione in eccedenza rispetto ad un piano di lottizzazione, in cui la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva rigettato la domanda d’indennizzo per l’assenza del …continua a leggere ►  Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 12 febbraio 2010, n. 3322

 

Esperita un’azione contrattuale e passata in giudicato la sentenza di rigetto sulla stessa pronunciata, la prescrizione dell’azione di ingiustificato arricchimento successivamente esercitata non può farsi correttamente decorrere dal momento in cui la pronuncia giudiziale sull’azione contrattuale è divenuta irrevocabile, atteso che la richiesta di adempimento contrattuale e quella di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento si pongono in una relazione di reciproca non fungibilità e non costituiscono articolazioni di una matrice fattuale sostanzialmente unitaria, ma derivano da …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 27 gennaio 2010, n. 1707

 

L’adempimento spontaneo di un’obbligazione da parte del terzo, ai sensi dell’art. 1180 cod. civ., determina l’estinzione dell’obbligazione, anche contro la volontà del creditore, ma non attribuisce automaticamente al terzo un titolo per agire direttamente nei confronti del debitore, non essendo in tal caso configurabili né la surrogazione per volontà del creditore, prevista dall’art. 1201 cod. civ., né quella per volontà del debitore, prevista dall’art. 1202 cod. civ., né quella legale di cui all’art. 1203 n. 3 cod. civ., la quale presuppone che il terzo che adempie sia tenuto con altri o per altri al pagamento del debito; la consapevolezza da parte del terzo di adempiere un debito altrui esclude inoltre la surrogazione legale di cui agli artt. 1203 n. 5 e 2036, terzo comma, cod. civ., la quale, postulando che il pagamento sia riconducibile all’indebito soggettivo “ex latere solventis”, ma non sussistano le condizioni per la ripetizione, presuppone nel terzo la coscienza e la volontà di adempiere un debito proprio; pertanto, il terzo che abbia pagato sapendo di non essere debitore può agire unicamente per ottenere l’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento, stante l’indubbio vantaggio economico ricevuto dal debitore. — Sez. Un., sent. 9946 del 29-4-2009

 

L’azione generale di arricchimento, presupponendo che la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro sia avvenuta senza giusta causa, ha carattere sussidiario e, pertanto, è inammissibile nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, senza offrire prove sufficienti all’accoglimento, oppure quando la domanda ordinaria, dopo essere stata proposta, non sia stata più coltivata dall’interessato. (Nella specie, il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda fondata sul titolo contrattuale, accogliendo quella ex art. 2041 cod. civ., proposta in via alternativa; avendo il convenuto proposto appello, e non avendo l’attore riproposto la prima domanda ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ., la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha confermato la sentenza di appello, che aveva rigettato anche la seconda domanda). — Cass. III, sent. 8020 del 2-4-2009

 

Qualora il giudice declini la giurisdizione sulla domanda principale, gli è preclusa ogni valutazione di merito, e quindi anche la decisione sulla domanda eventualmente proposta in via subordinata, la quale non può essere dichiarata improponibile, essendo riservata al giudice cui spetta la potestà di decidere, altrimenti potendosi verificare il passaggio in giudicato della statuizione sulla domanda subordinata, con la conseguente preclusione della possibilità di conoscerla da parte del giudice fornito di giurisdizione su quella principale. (Nella specie, il giudice di merito aveva declinato la giurisdizione sulla domanda “ex contractu” proposta da una casa di cura privata per ottenere il corrispettivo di prestazioni sanitarie erogate in regime di convenzione, ed aveva altresì dichiarato improponibile la domanda subordinata ex art. 2041 cod. civ.: in applicazione del predetto principio, la Corte ha riconosciuto la giurisdizione dell’A.G.O. sulla domanda principale e cassato con rinvio anche in riferimento alla domanda subordinata). — Sez. Un., sent. 2865 del 6-2-2009

 

In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all’assenza di un valido contratto di appalto d’opera tra la P.A. ed un professionista, l’indennità prevista dall’art. 2041 cod. civ. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace. Pertanto, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto al professionista che partecipi, in assenza di valido contratto, ad una commissione comunale per l’affidamento di determinati lavori, non possono essere assunte come parametro le tariffe professionali (ancorché richiamate da parcelle vistate dall’ordine competente), alle quali può ricorrersi solo quando le prestazioni siano effettuate dal professionista in base un valido contratto d’opera con il cliente, mentre è congruo il riferimento alle somme previste per i “gettoni di presenza” spettanti ai componenti di commissione (nella specie ai sensi del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5). — Sez. Un., sent. 1875 del 27-1-2009

 

L’azione di arricchimento senza causa ha carattere sussidiario ed è quindi inammissibile, ai sensi dell’art. 2042 cod. civ., allorché chi la eserciti, secondo una valutazione da compiersi in astratto e perciò prescindendo dalla previsione del suo esito, possa esercitare un’altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito. (Principio affermato dalle S.U. in materia di revisione del prezzo nell’appalto di opere pubbliche, potendo l’appaltatore far valere la propria pretesa con apposita azione avanti all’A.G.O. o al G.A., a seconda che la situazione giuridica azionata sia configurabile quale diritto soggettivo o interesse legittimo). — Sez. Un., sent. 28042 del 25-11-2008

 

Il mutamento della domanda è inammissibile solo quando, per effetto di esso, mutino i fatti materiali posti a fondamento della pretesa, mentre resta irrilevante il mero mutamento della loro qualificazione giuridica. Ne consegue che nel caso in cui venga proposta da un professionista una domanda in sede monitoria per il pagamento di compensi a lui dovuti da un ente locale, e successivamente, nella fase di opposizione, l’opposto invochi il pagamento del medesimo credito a titolo di ingiustificato arricchimento, fondata sui medesimi fatti posti a fondamento della domanda originaria, non sussiste alcun mutamento inammissibile di quest’ultima. — Cass. III, sent. 27406 del 18-11-2008

 

L’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per l’Amministrazione stessa, ma anche il riconoscimento, da parte di questa, dell’utilità dell’opera o della prestazione. Tale riconoscimento, che sostituisce il requisito dell’arricchimento previsto dall’art. 2041 cod. civ. nei rapporti tra privati, può avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure può risultare in modo implicito da atti o comportamenti della P.A. dai quali si desuma inequivocabilmente un effettuato giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità della prestazione promanante da organi rappresentativi dell’amministrazione interessata, mentre non può essere desunta dalla mera acquisizione e successiva utilizzazione della prestazione stessa; siffatto giudizio positivo, in ragione dei limiti posti dall’art. 4 della legge n. 2248 all. E del 1865, é riservato esclusivamente alla P.A. e non può essere effettuato dal giudice ordinario, che può solo accertare se e in quale misura l’opera o la prestazione del terzo siano state effettivamente utilizzate. — Cass. III, sent. 25156 del 14-10-2008

 

L’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041cod. civ. può essere proposta solo quando ricorrano due presupposti: (a) la mancanza di qualsiasi altro rimedio giudiziale in favore dell’impoverito; (b) la unicità del fatto causativo dell’impoverimento sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia andata a vantaggio dell’arricchito, con conseguente esclusione dei casi di cosiddetto arricchimento indiretto, nei quali l’arricchimento è realizzato da persona diversa rispetto a quella cui era destinata la prestazione dell’impoverito. Tuttavia, avendo l’azione di ingiustificato arricchimento uno scopo di equità, il suo esercizio deve ammettersi anche nel caso di arricchimento indiretto nei soli casi in cui lo stesso sia stato realizzato dalla P.A., in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico, ovvero sia stato conseguito dal terzo a titolo gratuito. — Sez. Un., sent. 24772 del 8-10-2008

 

In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all’assenza di un valido contratto di appalto di opere (nella specie perché annullato dal Giudice Amministrativo), tra la P.A. (nella specie un Comune) ed un privato (nella specie un consorzio di cooperative), l’indennità prevista dall’art. 2041 cod. civ. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace; pertanto, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto, non può farsi ricorso alla revisione prezzi, tendente ad assicurare al richiedente quanto si riprometteva di ricavare dall’esecuzione del contratto, la quale, non può costituire neppure un mero parametro di riferimento, trattandosi di meccanismo sottoposto dalla legge a precisi limiti e condizioni, pur sempre a fronte di un valido contratto di appalto (Principio enunciato dalle Sezioni Unite, in fattispecie antecedente alla legge 24 aprile 1989, n. 144, risolvendo un contrasto in riferimento ai criteri di calcolo dell’indennizzo ex art. 2041 cod. civ.). — Sez. Un., sent. 23385 del 11-9-2008

 

Per il disposto dell’art. 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 non concorrono a formare la base imponibile IVA – che consegue alla cessione di beni e alla prestazione di servizi – le somme dovute a titolo di risarcimento del danno nonchè a titolo di interessi moratori, penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi contrattuali, tra le quali rientrano quelle derivanti da un contratto di transazione (nella specie, afferente ad una controversia per ingiustificato arricchimento derivante dalla realizzazione di opere su un immobile oggetto di un preliminare di compravendita rimasto ineseguito) che non importi trasferimento di proprietà o trasferimento o costituzione di diritti reali, in quanto tali somme non sono ascrivibili agli obblighi di pagamento, essendo già esplicitamente sottoposte all’imposta di registro di cui all’art. 29 del d.P.R. n. 131 del 1986. — Cass. V, sent. 17633 del 27-6-2008

 

In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., il riconoscimento, da parte di enti pubblici, dell’utilità di una prestazione professionale (nella specie, redazione di un progetto per il miglioramento di una strada), si realizza con la mera utilizzazione della stessa, indipendentemente dal fatto che i fini, al cui perseguimento la prestazione era diretta, siano stati realizzati e riconosciuti da un ente diverso da quello al quale il progetto era destinato (nell’ipotesi, dalla Regione, invece che dalla Comunità montana). — Cass. I, sent. 16596 del 18-6-2008

 

In tema di azione di arricchimento senza causa proposta nei confronti della P.A., il riconoscimento espresso o tacito, compiuto da quest’ultima, dell’utilità della prestazione costituisce uno degli elementi integrativi della fattispecie generatrice del credito e, pertanto, la questione concernente l’esattezza dell’accertamento compiuto dal giudice in ordine all’esistenza di siffatto elemento non attiene ai limiti della giurisdizione, ma, trattandosi dell’accertamento di fatti storici, al merito della controversia. Ne consegue che, non disponendo la Corte di Cassazione del potere di esperire, al riguardo, indagini di fatto, il suddetto accertamento può essere censurato, in sede di legittimità, soltanto sotto il profilo del vizio di omessa od insufficiente motivazione. — Cass. I, sent. 16595 del 18-6-2008

 

Il credito di rivalsa IVA di un professionista che, eseguite prestazioni a favore di imprenditore poi dichiarato fallito, emetta la fattura per il relativo compenso in costanza di fallimento (nella specie, a seguito del pagamento ricevuto in esecuzione di un riparto parziale), non è qualificabile come credito di massa, da soddisfare in prededuzione ai sensi dell’art. 111,primo comma, legge fall. (applicabile nel testo “ratione temporis”), in quanto la disposizione dell’art. 6 del d.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, non pone una regola generale rilevante in ogni campo del diritto, cosicché, in particolare, dal punto di vista civilistico la prestazione professionale conclusasi prima della dichiarazione di fallimento resta l’evento generatore del credito di rivalsa IVA, autonomo rispetto al credito per la prestazione, ma ad esso soggettivamente e funzionalmente connesso. Il medesimo credito di rivalsa può giovarsi del solo privilegio speciale di cui all’art. 2758, secondo comma, cod. civ., nel testo di cui all’art. 5 della legge n. 426 del 1975,nel caso in cui sussistano beni – che il creditore ha l’onere di indicare in sede di domanda di ammissione al passivo – su cui esercitare la causa di prelazione. Nel caso, poi, in cui detto credito non trovi utile collocazione in sede di riparto, non è configurabile una fattispecie di indebito arricchimento, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., in relazione al vantaggio conseguibile dal fallimento mediante la detrazione dell’IVA di cui alla fattura, poiché tale situazione è conseguenza del sistema normativo concorsuale. — Cass. I, sent. 15690 del 12-6-2008

 

In tema di azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., il riconoscimento dell’utilità dell’opera o della prestazione può avvenire anche in maniera implicita, mediante l’utilizzazione dell’opera o della prestazione consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell’ente; in particolare, l’adozione da parte del competente organo dell’Amministrazione di un piano urbanistico particolareggiato, elaborato da un professionista per conto della stessa Amministrazione, configura un implicito riconoscimento dell’utilità dell’attività svolta dal professionista medesimo, senza che a tal fine sia necessario che all’adozione del piano abbia fatto seguito il completamento dell’iter amministrativo di approvazione definitiva, poiché l’approvazione definitiva del piano può essere rilevante ai fini dell’adozione dello strumento urbanistico, ma non ai fini del riconoscimento dell’utilità della prestazione del professionista. — Cass. I, sent. 10922 del 30-4-2008

 

La domanda giudiziale volta ad ottenere l’adempimento di un’obbligazione derivante da un contratto non vale ad interrompere la prescrizione dell’azione, successivamente esperita, di arricchimento senza causa, difettando il requisito della pertinenza dell’atto interruttivo all’azione proposta (identificata in base al “petitum” ed alla “causa petendi”), in quanto la richiesta di adempimento contrattuale e quella di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento si pongono in una relazione di reciproca non fungibilità e non costituiscono articolazioni di una matrice fattuale sostanzialmente unitaria, ma derivano da diritti cosiddetti “eterodeterminati”, per la identificazione dei quali, cioè, occorre far riferimento ai relativi fatti costitutivi, tra loro sensibilmente divergenti sul piano genetico e funzionale. — Cass. I, sent. 10966 del 30-4-2008

 

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in ordine alla controversia concernente differenze retributive pretese, ai sensi dell’art. 2126 o 2041 cod. civ., per lo svolgimento, con continuità e vincolo di subordinazione, in epoca antecedente al 30 giugno 1998, di mansioni corrispondenti alle finalità istituzionali della P. A. datore di lavoro, non è esclusa né dalla mancanza dell’atto formale di nomina, non essendo questo un requisito essenziale per la sussistenza del rapporto di pubblico impiego, né dall’eventuale nullità del rapporto per violazione di norme imperative, atteso che, sia pure ai limitati fini della retribuzione, l’art. 2126 cod. civ. pone una «fictio iuris» di validità del rapporto nullo. — Cass. Sez. Un., sent. 8453 del 2-4-2008

 

In tema di acquisizione da parte di un ente pubblico di prestazioni professionali in assenza di copertura finanziaria, dall’art. 1988 cod. civ., che non attribuisce alla ricognizione di debito natura di autonoma fonte di obbligazione e dall’evoluzione normativa culminata negli artt. 191, comma 4, e 194, comma 1, d. lgs. n. 267 del 2000 (T. U. Enti Locali), si evince che il riconoscimento del debito fuori bilancio non costituisce fattispecie idonea a produrre i medesimi effetti negoziali della fattispecie legale, costituita dalla delibera di conferimento dell’incarico, dalla stipulazione del contratto di incarico professionale in forma scritta con il privato e dal relativo impegno contabile, portato a conoscenza del privato stesso (che è atto vincolativo delle somme occorrenti per una data spesa, da non confondersi con il concetto più ampio e generale dell’impegno di spesa), ma può solo fondare un’azione di indebito arricchimento, in precedenza non consentita, nei limiti del riconoscimento dell’utilità della prestazione e dell’arricchimento per l’ente che, quindi, non resta obbligato per la parte di compenso non riconoscibile, dovendo di questa rispondere direttamente chi ha consentito la fornitura. — Cass. I, sent. 7966 del 27-3-2008

 

Atteso che, a norma dell’art. 80 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modifiche, la controversia promossa da un Comune nei confronti di una Provincia per il rimborso di quanto pagato a titolo di contributo per gli stipendi dei dipendenti di un orfanotrofio, è devoluta, dopo l’esaurimento della fase amministrativa, alla giurisdizione del giudice amministrativo per vizi di legittimità, qualora, come nella specie, l’azione proposta è quella di ripetizione dell’indebito e, in via subordinata, di arricchimento senza causa, sull’assunto che i dipendenti dell’orfanotrofio erano stati utilizzati dalla Provincia dopo la cessazione dell’attività del primo, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. — Cass. Sez. Un., sent. 7445 del 20-3-2008

 

L’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché, qualora essa sia invece conseguenza di un contratto o di altro rapporto compiutamente regolato, non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa (Nella specie, la S. C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la possibilità di configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte dell’acquirente per l’esistenza, nel contratto di vendita di un immobile, di una specifica clausola, consapevolmente accettata dal venditore, che escludeva ogni possibilità di aumento del prezzo convenuto). — Cass. II, sent. 2312 del 31-1-2008

 

L’azione di indebito arricchimento nei confronti della P. A. richiede, quale condizione imprescindibile, il riconoscimento dell’utilità della prestazione, che non può essere desunta dalla mera acquisizione e successiva utilizzazione della prestazione stessa, occorrendo un’inequivoca, ancorché implicita, manifestazione di volontà al riguardo, promanante da organi rappresentativi dell’amministrazione interessata. (Nella specie, la S. C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di indebito arricchimento proposta da una impresa costruttrice nei confronti della Amministrazione finanziaria, escludendo che potesse comportare un valido riconoscimento dell’utilità della prestazione, da parte della P. A., il semplice avallo delle opere realizzate dalla società privata ed il successivo collaudo delle stesse effettuato dall’Ufficio Tecnico Erariale, mero organo tecnico e non rappresentativo del Ministero delle Finanze). — Cass. II, sent. 2312 del 31-1-2008

 

In tema di azione di arricchimento senza causa, proposta nei confronti di un ente pubblico territoriale, l’esistenza di una delibera di spesa giustificativa del contratto di fornitura di servizi (rilevabile d’ufficio dal giudice) determina, nel caso in cui la stipulazione sia avvenuta in violazione dell’art. 23 d.l. n. 66 del 1989 convertito nella legge n. 144 del 1989, applicabile «ratione temporis»,il sorgere di un vincolo negoziale diretto con l’amministratore o funzionario che l’ha consentito e l’inammissibilità dell’azione proposta per difetto del requisito della sussidiarietà. — Cass. I, sent. 25439 del 6-12-2007

 

L’esecuzione di una prestazione d’opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell’apposito albo previsto dalla legge, dà luogo, ai sensi degli articoli 1418 e 2231 cod. civ., a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto. Pertanto, il professionista non iscritto in detti albi — e a maggior ragione quello che non sia munito nemmeno della prescritta qualifica professionale per appartenere a categoria del tutto differente, nella specie consulente del lavoro incaricato della gestione contabile e fiscale di un’azienda commerciale — non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa. — Cass. II, sent. 21495 del 12-10-2007

 

Nel caso di prestazione d’opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell’apposito albo previsto dalla legge, il fatto che l’attività svolta non integri eventualmente una fattispecie di rilevanza penale — come, nella specie, la gestione contabile e fiscale di un’azienda commerciale da parte di un consulente del lavoro -, tuttavia non può comportare la validità del relativo contratto di prestazione d’opera intellettuale, con conseguente diritto al compenso, stante l’evidente violazione di norme imperative, attinenti all’ordine pubblico, quali appunto sono quelle concernenti le materie che le singole figure professionali possono trattare. — Cass. II, sent. 21495 del 12-10-2007

 

In caso di arricchimento senza causa, l’indennizzo, avendo la funzione di reintegrare il patrimonio del destinatario, di un valore perduto, è suscettibile di rivalutazione, ancorché il soggetto tenuto al suo pagamento sia un ente pubblico, in quanto integra un debito di valore, e non di valuta, e ciò anche quando sia correlativo ad attività che abbiano comportato un risparmio di spesa per l’obbligato. — Cass. I, sent. 21292 del 10-10-2007

 

Qualora, per lo svolgimento di un’attività professionale, debba essere riconosciuto un indennizzo per arricchimento senza causa secondo la previsione dell’art. 2041 cod. civ., la quantificazione dell’indennizzo medesimo va effettuata secondo i criteri fissati dalla citata norma, mentre resta esclusa la possibilità di un’applicazione diretta della tariffa professionale, la quale dispiega rilievo solo come parametro di valutazione oltre che come limite massimo di quella liquidazione. — Cass. I, sent. 21292 del 10-10-2007

 

L’azione di arricchimento senza causa, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., ha carattere sussidiario e, quindi, non è proponibile quando il danneggiato può esercitare azioni tipiche per farsi indennizzare del pregiudizio subito; la valutazione dell’esistenza delle altre azioni va effettuata in astratto, prescindendo dall’esito concreto delle stesse. (Nella specie, è stata confermata la decisione di merito che, in tema di contratti agrari, aveva rigettato la domanda di pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 2041 cod. civ., essendo proponibile l’azione specifica per il pagamento dell’indennità di miglioramento fondiario prevista dall’art. 17 della legge n. 203 del 2002; la S.C. ha anche affermato la diversità delle due azioni quanto ai fatti materiali ed all’oggetto delle rispettive pretese, poiché mentre l’indennizzo per i miglioramenti dev’essere rapportato all’aumento del valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei miglioramenti effettuati, l’indennizzo per arricchimento senza causa dev’essere rapportato, nei limiti dell’arricchimento ricevuto dal concedente, all’importo della diminuzione patrimoniale, cioè alle spese sostenute dall’affittuario). — Cass. III, sent. 20747 del 3-10-2007

 

In tema di azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. (per prestazioni eseguite prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 66 del 1989) il riconoscimento dell’utilità dell’opera o della prestazione, presupposto per l’esercizio dell’azione verso la P.A., può essere fatto da quest’ultima formalmente od in modo implicito, cioè utilizzando l’opera o la prestazione del privato; in questo secondo caso il giudizio di utilità può essere compiuto anche dal giudice che ha il potere di accertare se e in che misura l’opera o la prestazione siano state effettivamente utilizzate dalla P.A. ai fini del riconoscimento del diritto all’indennizzo dell’impoverimento subito. — Cass. I, sent. 19572 del 24-9-2007

 

L’azione di arricchimento può essere proposta in via subordinata rispetto all’azione contrattuale proposta in via principale soltanto qualora l’azione tipica dia esito negativo per carenza «ab origine» dell’azione stessa derivante da un difetto del titolo posto a suo fondamento, ma non anche nel caso in cui il contratto dedotto in giudizio, validamente stipulato tra le parti, si sia rivelato improduttivo di effetti a causa del mancato avveramento della condizione ad esso apposta con il conseguente rigetto nel merito della domanda di adempimento proposta sulla base dell’asserito fittizio avveramento della condizione. — Cass. I, sent. 17647 del 10-8-2007

 

La domanda di indennizzo per arricchimento senza causa e quella di adempimento contrattuale non sono intercambiabili, non costituendo articolazioni di un’unica matrice, ma riguardando diritti per l’individuazione dei quali è indispensabile il riferimento ai rispettivi fatti costitutivi, i quali divergono tra loro, identificando due diverse entità: nel primo caso, infatti, l’attore non solo chiede un bene giuridico diverso, e cioè un indennizzo in luogo del corrispettivo pattuito, ma introduce nel giudizio gli elementi costitutivi di una diversa situazione giuridica, consistenti nel proprio depauperamento con altrui arricchimento e nel riconoscimento dell’utilità della prestazione, che sono privi di rilievo nel rapporto contrattuale. La sostituzione, nel corso del giudizio di primo grado, della domanda di adempimento contrattuale originariamente formulata con quella di indennizzo per arricchimento senza causa integra pertanto la proposizione di una domanda nuova, come tale inammissibile a norma dell’art. 184 cod. proc. civ., qualora, nel regime vigente anteriormente all’entrata in vigore della legge 26 novembre 1990, n. 353, la controparte non abbia rinunciato ad eccepirne la novità, accettando, anche implicitamente, il contraddittorio. — Cass. I, sent. 17007 del 2-8-2007

 

In tema di spese degli enti locali effettuate senza il rispetto delle condizioni di cui all’art. 23, commi 3 e 4, d.l. 2 marzo 1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, applicabile «ratione temporis» e riprodotto, senza sostanziali modifiche, prima dall’art. 35 d.lgs. n. 77 del 1995 e poi dall’art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000, l’insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, determina l’impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà. Qualora detta azione sia stata formalmente proposta, se è vero (sentenza della Corte costituzionale n. 295 del 1997), che il contraente privato è legittimato, «utendo iuribus» del funzionario (o amministratore) suo debitore, ad agire contro la P.A. in via surrogatoria ex art. 2900 cod. civ., non è però consentito al Giudice sostituire d’ufficio (e pronunciarsi su) questa azione, che è diversa da quella di arricchimento senza causa, in quanto ha «petitum» e «causa petendi» autonomi e specifici, altrimenti incorrendosi nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 cod.proc.civ.. — Cass. I, sent. 15296 del 6-7-2007

 

La nullità della clausola di esonero dalla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TO-SAP) pattuita tra il Comune ed un privato nell’ambito di una convenzione per la realizzazione di un piano di recupero dell’edilizia degradata, non consente di ravvisare nell’avvenuto pagamento del tributo un danno ingiusto per il privato o un ingiustificato arricchimento per l’ente pubblico, tale da legittimare l’esercizio dell’azione di cui all’art. 2041 cod. civ., non essendo configurabile uno squilibrio tra le prestazioni contrattuali, le quali attengono esclusivamente alla realizzazione di opere private, che rimangono tali anche nell’ambito di un piano urbanistico pubblico, ed avendo il Comune esercitato il potere impositivo nel rispetto e nell’ambito della legge, tenuto conto dell’irrinunciabilità del tributo, avente natura di imposta. — Cass. V, sent. 13455 del 8-6-2007

 

Ai sensi dell’art. 2041 cod. civ. l’azione generale di arricchimento senza causa, che ha carattere sussidiario, annovera fra i suoi elementi costitutivi, oltre al pregiudizio dell’attore e all’arricchimento dell’obbligato, anche la correlazione fra i suddetti elementi, oltre alla mancanza di una giusta causa. (Nella specie,é stata rigettata la domanda con cui l’attrice, deducendo di avere impedito con l’ istanza di condono presentata all’Ufficio del Registro l’accertamento del maggior valore dei beni ereditari rispetto a quello dichiarato nella denuncia di successione, aveva chiesto, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., la condanna dei coeredi all’indennizzo in misura pari alla somma versata per il condono di cui i medesimi si erano avvantaggiati; la S.C., nel confermare la decisione,ha escluso la sussistenza di un vantaggio conseguito dai coeredi per effetto del pregiudizio sofferto dall’attrice, non avendo quest’ultima dimostrato che l’Ufficio avrebbe certamente emesso un accertamento del maggior valore dei beni). — Cass. II, sent. 12700 del 30-5-2007

 

In tema di assunzione di impegni e di effettuazione di spese da parte degli enti locali, l’art. 23 del decreto-legge 3 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144) ha introdotto un innovativo sistema di imputazione alla sfera giuridica diretta e personale dell’amministratore o funzionario degli effetti dell’attività contrattuale dallo stesso condotta in violazione delle regole contabili in merito alla gestione degli enti locali, comportante, relativamente ai beni o servizi acquisiti, una frattura o scissione «ope legis» del rapporto di immedesimazione organica tra i suddetti agenti e la P.A., escludente la riferibilità a quest’ultima delle iniziative adottate al di fuori della schema procedimentale delle norme ad evidenza pubblica. In tali casi, sorgono obbligazioni a carico non dell’ente, bensì — in virtù di una sorta di novazione soggettiva di fonte normativa — dell’amministratore o del funzionario, i quali rispondono con il proprio patrimonio, senza che sia esperibile l’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., atteso che difetta il requisito della sussidiarietà (art. 2042 cod. civ.), che va escluso quando esista altra azione esperibile non solo nei confronti dell’arricchito, ma anche nei confronti di persona diverso da esso. — Cass. I, sent. 11854 del 22-5-2007

 

Sussistono i presupposti dell’azione per indebito arricchimento nel caso di prestazione professionale eseguita sulla base di un contratto invalidato a seguito dell’annullamento, da parte dell’ente di controllo, delle delibere consortili precedenti e condizionanti la validità della stipulazione del contratto. Una delle situazioni tipiche riconducibili alla funzione dell’azione per indebito arricchimento (eliminazione dello squilibrio determinatosi a seguito del conseguimento di una utilità economica da parte di un soggetto con correlativa diminuzione patrimoniale di un altro soggetto) è, infatti, quella del contratto nullo nel caso in cui una delle parti abbia eseguito la sua prestazione. Né il carattere sussidiario dell’azione di indebito arricchimento ostacola la sua proponibilità nel caso in cui sia esperibile un’azione di responsabilità precontrattuale nei confronti di un terzo (nella specie, l’organo del consorzio che ne aveva espresso la volontà di utilizzare la prestazione professionale) di cui è esclusa la solvibilità. — Cass. III, sent. 11461 del 17-5-2007

 

Con riferimento alle indennità dovute al possessore ai sensi dell’art. 1150 cod. civ., l’esecuzione di una costruzione senza autorizzazione (e perciò esposta, in mancanza di condono o di sanatoria, al pericolo di demolizione per ordine della competente autorità amministrativa) non realizza un miglioramento indennizzabile, essendo al riguardo necessario un incremento non precario, ma stabile ed effettivo, nel patrimonio del proprietario. Né assume rilievo l’eventualità di una successiva sanatoria dell’abuso, essendo in tal caso esperibile, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., l’azione di arricchimento senza causa, nei limiti della differenza fra la somma dovuta ai sensi dell’art. 1150 cod. civ. e gli oneri economici derivanti dalla sanatoria. — Cass. II, sent. 11300 del 16-5-2007

 

Non potendosi, in difetto di espressa previsione normativa, affermare la retroattività del d.l. n. 66 del 1989 (convertito in legge n. 144 del 1989 e riprodotto senza sostanziali modifiche dall’art. 35 d.lgs. n. 77 del 1995), deve ritenersi l’esperibilità dell’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. per tutte le prestazioni e i servizi resi alla stessa anteriormente all’entrata in vigore di tale normativa, non difettando il requisito della sussidiarietà per il fatto che il privato può agire direttamente contro chi — amministratore o funzionario — abbia invalidamente commissionato le opere o i servizi, atteso che la responsabilità diretta di funzionari e dipendenti pubblici è posta dall’art. 28 Cost. su di un piano alternativo e paritetico. — Cass. I, sent. 10884 del 11-5-2007

 

Ai fini dell'”utile versum» dell’azione di arricchimento senza causa, proposta, ai sensi dell’art. 2041 cod.civ., nei confronti della P.A., non rileva l’utilità che l’ente confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in suo favore sia di carattere professionale, quale la redazione del progetto di un’opera pubblica, può consistere anche nell’avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di appello secondo cui un Comune aveva riconosciuto l’utilità del progetto di un’opera pubblica fornitogli, senza un valido conferimento di incarico, da un professionista, in modo implicito, mediante l’utilizzazione effettiva e proficua, in termini di risparmio di spesa, dell’elaborato, non solo e non tanto spedendolo all’organo tecnico di controllo per la necessaria approvazione ai fini della realizzazione dell’opera, ma, soprattutto, riservandosi, in un appalto pubblico successivamente bandito per la redazione del progetto esecutivo, di consegnarlo al professionista che fosse risultato vincitore in esito alla procedura selettiva). — Cass. I, sent. 10884 del 11-5-2007

 

Quale credito di valore, l’indennizzo ex art. 2041 cod. civ. va liquidato alla stregua dei valori monetari in atto al momento della relativa pronuncia e il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell’interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell’indennizzo medesimo. La somma così liquidata produce interessi compensativi, i quali sono diretti a coprire l’ulteriore pregiudizio subito dal creditore per il mancato e diverso godimento dei beni e dei servizi impiegati nell’opera, o per le erogazioni o gli esborsi dovuti effettuare, e decorrono dalla data della perdita del godimento del bene o degli effettuati esborsi, coincidente con quella dell’arricchimento. — Cass. I, sent. 10884 del 11-5-2007

 

La legittimazione passiva, nell’azione di arricchimento senza causa di cui all’art. 2041 cod. civ. spetta esclusivamente al soggetto che abbia avuto un’indebita locupletazione in danno dell’ istante (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato al pagamento dell’indebito un consorzio che aveva in concreto gestito e utilizzato un impianto per la fornitura di energia elettrica dopo che la Cassa per il Mezzogiorno era receduta dal contratto di somministrazione con l’ENEL e consegnato l’impianto al consorzio medesimo che, utilizzando i beni, aveva conseguito un’indebita locupletazione a danno dell’ENEL). — Cass. I, sent. 10703 del 10-5-2007

 

In tema di compensi per prestazioni professionali rese in favore del Comune senza i presupposti necessari per l’acquisizione del relativo servizio, il giudicato che abbia escluso — in virtù dell’art. 23 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 1989, n. 144) — qualsiasi titolo di obbligazione e di responsabilità del Comune nei confronti del professionista, non dispiega alcuna efficacia preclusiva in relazione all’azione successivamente promossa dal privato nei confronti dell’amministratore comunale che abbia consentito detta prestazione, giacché nell’ipotesi di personale responsabilità dell’amministratore verso il prestatore, secondo il disposto del citato art. 23 del decreto-legge n. 66 del 1989, il rapporto di immedesimazione organica dell’amministratore con l’Amministrazione comunale si scinde «ex lege», ponendo così l’amministratore in posizione di terzietà rispetto all’amministrazione di appartenenza. — Cass. I, sent. 10696 del 10-5-2007

 

In tema di spese dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali) in difetto dei necessari presupposti, agli effetti di quanto disposto dall’art. 23, quarto comma, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 1989, n. 144), l’insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione — con conseguente impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà — si ha in tutti i casi in cui manchi una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale, e quindi anche quando, approvata dal Comune la proposta di conferimento dell’incarico professionale con lo schema di disciplinare, questa non sia seguita dalla stipulazione del contratto nelle forme di legge per il rifiuto del professionista di accettare alcune delle clausole della predisposta convenzione, e, in mancanza del prescritto impegno contabile, l’esecuzione di fatto del rapporto sia stata tuttavia consentita dall’amministratore o dal funzionario. — Cass. I, sent. 10640 del 9-5-2007

 

Allorquando trovi applicazione l’art. 23 del d.l. n. 66 del 1989, che disciplina la procedura d’impegno di spesa per le amministrazioni locali, deve escludersi la proponibilità dell’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., salvo che questa, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 342 del 1997, riconosca con esplicita deliberazione consiliare il debito sorto per effetto della condotta del proprio funzionario o amministratore; tale riconoscimento può riguardare anche una parte soltanto della prestazione, nei limiti della utilità e dell’arricchimento che vengano accertati e dimostrati. — Cass. I, sent. 6292 del 16-3-2007

 

Sulla somma liquidata quale indennizzo previsto dall’art. 2041 c.c. vanno riconosciutigli interessi legali a decorrere dalla data del fatto di arricchimento. — Cass. I, sent. 5278 del 7-3-2007

 

Poiché, ai sensi dell’art. 2042 cod. civ., l’azione di arricchimento senza causa non può essere esperita, in virtù del suo carattere sussidiario, quando il danneggiato possa esercitare un’azione tipica nei confronti dell’arricchito o di altri soggetti, che siano obbligati nei suoi confronti «ex lege» o in virtù di un contratto, l’accertamento dell’inesistenza di un titolo idoneo contrattuale che possa fondare altrimenti la pretesa nei confronti dell’arricchito costituisce presupposto logico indefettibile della pronuncia cui è chiamato il giudice dell’arricchimento senza causa; di conseguenza, a colui che abbia ottenuto l’indennizzo «ex» art. 2041 cod. civ. nei confronti dell’Amministrazione committente per lavori eseguiti in difetto della delibera di aggiudicazione dell’appalto, è precluso far valere successivamente la responsabilità contrattuale per danni nei confronti della medesima P.A., fondandola sul presupposto dell’esistenza di un valido contratto di appalto «inter partes», stante l’esistenza, sul punto, di un giudicato esterno implicito, non potendo, appunto, il giudice avere riconosciuto la sussistenza dell’arricchimento senza avere prima escluso la sussistenza di un valido titolo contrattuale. — Cass. I, sent. 4099 del 21-2-2007

 

Il terzo contraente può pretendere direttamente dall’amministratore pubblico la somma corrispondente alla spesa illegittimamente disposta, ma se l’attività ha dato luogo ad un arricchimento senza causa con l’acquisizione di un bene o di un servizio all’amministrazione, questa può rispondere a titolo di arricchimento senza causa nei confronti di chi ha determinato, o contribuito a determinare tale vantaggio all’ente (Fattispecie in cui, in relazione alla demolizione di un immobile abusivo, disposta dal vice-sindaco di un Comune senza copertura di spesa, venendo l’amministratore costretto al pagamento del prezzo dell’appalto per l’abbattimento, è stata ammessa l’azione di arricchimento di costui nei confronti del Comune, per una somma, corrispondente al prezzo dell’appalto, cui coincidono l’impoverimento dell’amministratore e l’arricchimento dell’amministrazione). — Cass. I, sent. 1163 del 19-1-2007

 

Posto che l’irreversibile trasformazione del fondo privato, che si configura quando entro i termini dell’occupazione legittima (che pur sia stata consentita dal proprietario) non sia stato emesso il decreto di espropriazione, legittima il proprietario a chiedere il risarcimento del danno, non è esercitabile, per difetto del presupposto di residualità, l’azione di ingiustificato arricchimento. — Cass. I, sent. 621 del 15-1-2007

 

Nel giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza di accoglimento dell’azione di cui all’art. 2031 cod. civ., costituisce domanda nuova quella di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento, attesa la diversità degli elementi costitutivi della «causa petendi» previsti dall’art. 2041 cod. civ. (arricchimento a danno di una persona e mancanza di causa di tale arricchimento) rispetto a quelli richiesti per la configurabilità della «negotiorum gestio» (intenzione di gestire un affare altrui, spontaneità dell’intervento, impossibilità di intervenire da parte dell’interessato, alienità dell’affare, utilità dell’inizio della gestione), la quale comporta l’inammissibilità della predetta domanda, essendo preclusa alle parti, in relazione alla struttura chiusa del giudizio di rinvio, la proposizione di questioni che introducano un «thema decidendum» diverso da quello discusso nelle precedenti fasi processuali, ed in relazione al quale la Corte di Cassazione ha enunciato il principio di diritto. — Cass. I, sent. 16888 del 24-7-2006

 

Nell’ipotesi in cui, in dipendenza di un illecito extracontrattuale, il danneggiato (nella specie, il terzo trasportato in occasione di un incidente stradale) riceva da uno dei possibili corresponsabili il pagamento di una somma a totale soddisfo del risarcimento dei danni subiti, rilasciando in proposito dichiarazione completamente liberatoria, la «solutio» può configurarsi come adempimento da parte del terzo di debito altrui qualora rimanga accertata la responsabilità esclusiva di altri nella causazione del sinistro (e, perciò, nella determinazione dei danni conseguenti), nei cui confronti, perciò, il «solvens» — stante l’ingiustificato vantaggio economico dal medesimo ricevuto — può agire, nel concorso delle condizioni di legge, per l’ottenimento dell’indennizzo da arricchimento senza causa. Ove, invece, risulti accertata la responsabilità concorrente, l’azione esperibile dal «solvens» sarà qualificabile come rimborso di quanto pagato per conto del condebitore. — Cass. III, sent. 12991 del 31-5-2006

 

Nell’azione di indebito arricchimento nei confronti della p.a., ai fini dell’utilità della prestazione non è richiesto che il riconoscimento, quando non sia esplicito, provenga formalmente da organi qualificati della P.A., restando altrimenti privo di contenuto il potere del giudice di verificare l’utilità della prestazione, la quale deve essere vagliata sulla base della valutazione in fatto dell’arricchimento, da accertare con la regola paritaria di diritto comune, sia quando riguarda il privato che quando si riferisce alla pubblica amministrazione. — Cass. III, sent. 11368 del 16-5-2006

 

Ai sensi dell’art. 23, terzo e quarto comma d.l. 2 marzo 1989 n. 66 (conv. in legge 24 aprile 1989 n.144), applicabile «ratione temporis», al quale si uniforma la legge reg. Sicilia n. 21 del 1985, nelle ipotesi di fornitura di beni o servizi priva della deliberazione autorizzativa di spesa nelle forme previste, il rapporto obbligatorio si stabilisce tra il privato fornitore e l’amministratore o funzionario che abbia consentito la fornitura, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge, con la conseguente scissione del rapporto di immedesimazione organica tra l’agente e l’ente locale che resta estraneo agli impegni di spesa assunti,mentre il funzionario e/o l’amministratore può esperire nei confronti della P.A. l’azione sussidiaria di arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 cod. civ. — Cass. II, sent. 7508 del 30-3-2006

 

L’arricchimento senza causa della P.A., che giustifica ai sensi dell’art. 2041 cod. civ. l’erogazione di un indennizzo in favore del soggetto privato depauperato, deve consistere nell’acquisto di un bene o di una somma di denaro o, se trattasi di un pubblico servizio, in un miglioramento dello stesso oppure nel mantenimento della sua qualità con una spesa minore. Ne consegue che non ha diritto all’indennizzo ex art. 2041 cod. civ. il medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale che abbia assistito pazienti in un numero eccedente rispetto a quello previsto dall’accordo nazionale di cui all’art. 48 della legge n. 833 del 1978, in quanto superando il limite massimo consentito dalla legge si è posto in condizione di non poter assicurare a ciascun paziente il livello minimo qualitativo, oltre che quantitativo, di assistenza che gli è dovuto. — Cass. Sez. L., sent. 6260 del 21-3-2006

 

In tema di indennizzo per arricchimento senza giusta causa (art. 2041 cod. civ.), la violazione dei principi della sussistenza di una utilità per l’obbligato e, per la P.A., anche del riconoscimento di tale utilità, può essere denunciata con il ricorso per cassazione, come vizio di legittimità della sentenza del giudice di pace pronunciata secondo equità (in quanto relativa a causa di valore non eccedente i 1.032, 97 euro), non già ipotizzando la violazione dell’art. 97 Cost. (con cui detti principi non hanno alcun collegamento), bensì in quanto si tratta di principi informatori della materia (la cui violazione è censurabile per effetto della sentenza della Corte cost. n. 206 del 2004). Tuttavia, se, di regola, il riconoscimento, anche implicito, dell’utilità deve provenire dagli organi rappresentativi dell’ente pubblico, non può escludersi un’attenuazione di tale esigenza in considerazione, da una parte, della natura o del modesto contenuto economico del rapporto e, dall’altra, della eventualmente complessa organizzazione dell’ente, sì che possa ritenersi legittima un’iniziativa (di riconoscimento) lasciata ai soggetti che, per conto dell’ente, presiedono all’esecuzione dell’opera della cui utilità si tratta. (Nella fattispecie la S.C. ha dunque concluso che il giudice di pace, attribuendo decisivo rilievo all’accertata esplicita adesione a una piccola fornitura, da parte dei soggetti preposti alla fase esecutiva di lavori di forestazione, nell’interesse della Regione Calabria, aveva legittimamente adattato alla peculiarità della fattispecie il principio in tema di riconoscimento dell’utilità). — Cass. I, sent. 5069 del 9-3-2006

 

L’art. 35 d.lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 — che ha riprodotto in termini sostanzialmente analoghi l’art. 23, commi 3 e 4, d.l. 3 marzo 1989, n. 66, conv. nella legge 29 aprile 1989, n. 144 ed abrogato dall’art. 123 d.lgs. cit. — nel prevedere l’esclusione della responsabilità della P.A. nei confronti del privato fornitore e la responsabilità esclusiva del dipendente che abbia effettuato l’acquisto in violazione delle necessarie delibere autorizzative, trova applicazione limitatamente ai comuni, alle province e alle comunità montane, e non anche nei confronti delle regioni; con la conseguenza che per tali ultimi enti, essendo esclusa la possibilità, per il fornitore, di convenire in giudizio il dipendente, non è ipotizzabile alcuna preclusione dell’azione generale di arricchimento (art. 2041 cod. civ.) sotto il profilo del carattere residuale della stessa. — Cass. I, sent. 5069 del 9-3-2006

 

In tema di appalto di opere pubbliche, l’appaltatore il quale abbia eseguito variazioni arbitrarie (perché non richieste od autorizzate dall’amministrazione committente, ma introdotte per sua iniziativa unilaterale) non ha diritto, per tali variazioni, ai sensi dell’art. 342, comma 2, della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. F, ad alcun compenso indennizzo di sorta, neppure a titolo di indebito arricchimento della committente; salvo, peraltro, che le variazioni fossero «indispensabili» per l’esecuzione dell’opera e concorrano gli altri presupposti di cui all’art. 103 r.d. 25 maggio 1895, n. 350 (abrogato dal d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, ma nella specie applicabile «ratione temporis»), nel qual caso — sempre che ne abbia fatto riserva — ha diritto ad una controprestazione monetaria determinata sulla base, non già dei principi dell’indebito arricchimento, ma dei prezzi contrattuali o, in mancanza, dei prezzi determinati a mente degli artt. 21 e 22 del richiamato r.d. n. 350 del 1895. — Cass. I, sent. 4725 del 3-3-2006

 

L’impossibilità per il soggetto iscritto a Cassa di previdenza di utilizzare i contributi versati non comporta alcun diritto alla loro restituzione nemmeno a titolo di arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., in conseguenza dell’inesistenza, in ragione dei fini solidaristici perseguiti dalle casse o dagli istituti di previdenza e assistenza, di un principio generale di restituzione dei contributi legittimamente versati in relazione ai quali non si siano verificati, o non possono più verificarsi, i presupposti per la maturazione del diritto ad una prestazione previdenziale o assistenziale e, quindi, in conseguenza dell’inesistenza di un giustificato vantaggio della cassa o dell’istituto di previdenza e assistenza che ha riscosso i contributi. — Cass. Sez. L, sent. 1572 del 26-1-2006

 

Dalla natura retributiva dei contributi per previdenza integrativa, affermata ai fini dell’assoggettamento alla contribuzione previdenziale obbligatoria, non è dato inferire che essi debbano essere restituiti quando l’interessato non abbia conseguito il diritto alla prestazione. La natura aleatoria del rapporto assicurativo comporta che il sinallagma tra contribuzione e prestazione è verificabile solo ex ante nel rapporto tra il monte delle contribuzioni e le prevedibili prestazioni, secondo criteri statistici ed attuariali, ma non nel caso singolo, ove in relazione ad un certo monte di contribuzioni a secondo della durata della sopravvivenza dell’assicurato, ovvero del verificarsi del rischio assicurato (ad es. invalidità) si hanno prestazioni diversissime, ovvero queste possono del tutto mancare. Rientra, pertanto, nell’aleatorietà del rapporto assicurativo, se non diversamente previsto dalla regolamentazione dell’assicurazione, anche che l’assicurato non consegua alcuna prestazione, senza che possa ritenersi che i premi versati costituiscano un ingiustificato arricchimento dell’assicuratore, rientrando la previsione di questo evento tra quelli che concorrono a determinare il rapporto tra contributi e prestazioni. — Cass. Sez. L, sent. 27669 del 15-12-2005

 

L’azione del lavoratore diretta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento di un obbligo nei suoi confronti imposto dalla legge al datore di lavoro è azione contrattuale regolata dagli artt. 1218 e segg. cod. civ. (Nella specie, il datore di lavoro — un’azienda municipalizzata addetta all’igiene urbana — si era reso inadempiente rispetto all’obbligo legale di provvedere al lavaggio degli abiti di lavoro costituenti protezione del lavoratore). — Cass. Sez. L, sent. 22929 del 14-11-2005

 

L’azione di indebito oggettivo è esperibile non solo in caso di totale nullità di un contratto, con riferimento alle prestazioni eseguite in base ad esso, ma anche in caso di nullità parziale, in relazione a singole clausole in base alle quali siano state effettuate specifiche prestazioni e, eventualmente, controprestazioni a queste funzionalmente collegate. La ripetibilità, tuttavia, è condizionata dal contenuto della prestazione e dalla possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole degli artt. 2033 e ss. cod. civ., operando altrimenti, ove ne sussistano i presupposti, in mancanza di altra azione, l’azione generale di arricchimento prevista dall’art. 2041 cod. civ. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto, in presenza di nullità parziale, esperibili sia l’azione di indebito oggettivo da parte dall’autore della prestazione di pagamento del corrispettivo di una prestazione di fare, sia l’azione di arricchimento nei confronti del destinatario di quest’ultima prestazione). — Cass. I, sent. 21647 del 8-11-2005

 

Ai fini della liquidazione dell’indennizzo dovuto, ex art. 2041 cod. civ., ai professionisti che abbiano fornito una prestazione alla P.A. al di fuori di una valida convenzione, il giudice di merito può tener conto — non in via diretta, ma quale parametro di liquidazione — delle tariffe professionali, in quanto l’arricchimento dell’«accipiens» deve essere commisurato al (e non può superare il) valore della prestazione, determinabile in base a quanto egli avrebbe dovuto spendere per procurarsela a mezzo di un valido contratto; in particolare, il giudice può tener conto anche della riduzione degli onorari da un terzo alla metà prevista dall’art. 62 r.d. n.2537 del 1925, con riguardo alle prestazioni rese da professionisti impiegati di una amministrazione dello Stato e degli altri enti territoriali ( nel caso di specie, ingegnere insegnante di scuola media) in favore di enti pubblici, che si applica in tutti i casi in cui il diritto all’esercizio della libera professione è condizionato alla concessione di un’autorizzazione gerarchica in favore del dipendente pubblico, non rilevando se tale autorizzazione venga concessa in via generale o per lo specifico incarico. — Cass. I, sent. 21394 del 4-11-2005

 

L’attività svolta da un’agenzia ippica delegata dall’UNIRE (Unione Nazionale Incremento Razze Equine) alla raccolta di scommesse sulle corse dei cavalli, qualora sia stata prestata in adempimento di una disciplina dei compensi, risultante dal disciplinare del rapporto di concessione-contratto (nella specie prevedente la corresponsione di un premio incentivante per il caso in cui le scommesse registrate nell’anno avessero subito un incremento superiore a quello dei prezzi al consumo), «pro parte» nulla, può rientrare fra quelle indennizzabili ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., subordinatamente all’intervenuto riconoscimento, anche implicito, da parte degli organi rappresentativi dell’ente, della «utilitas» della prestazione incamerata, nonché alla prova, che incombe all’attrice, della perdita patrimoniale da essa subita e del corrispondente arricchimento dell’UNIRE. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto insufficientemente motivata la sentenza impugnata, che aveva rigettato la domanda dell’agenzia in base al mero rilievo che era rimasto inalterato il compenso base previsto dal contratto, senza tener conto che la stessa previsione di un incentivo collegato all’incremento delle scommesse rendeva astrattamente ipotizzabile una specifica attività aggiuntiva dell’agenzia ippica). — Cass. I, sent. 21096 del 28-10-2005

 

L’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per l’ente pubblico, ma anche il riconoscimento, da parte di questo, dell’utilità dell’opera o della prestazione. Tale riconoscimento può avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure in modo implicito, cioè mediante l’utilizzazione dell’opera o della prestazione consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell’ente; l’adozione, in particolare, da parte del competente organo dell’Amministrazione, di un progetto di rilevanza pubblica elaborato da un professionista per conto della stessa amministrazione ed il relativo invio di tale progetto, da parte dell’Ente, all’Autorità di controllo per l’approvazione, configura un implicito riconoscimento dell’utilità dell’attività svolta dal professionista medesimo, senza che rilevi , una volta intervenuto l’atto, che questo manchi delle prescritte formalità o delle approvazioni e dei controlli necessari per farne un atto amministrativo valido ed efficace (come nel caso di specie, in cui l’organo di controllo regionale negava la propria approvazione al piano regolatore comunale redatto dai professionisti che, in mancanza di un valido contratto, agivano nei confronti dell’amministrazione chiedendo l’indennizzo per indebito arricchimento,a causa della mancata trasmissione, da parte dello stesso Comune, degli elaborati grafici ed amministrativi relativi ai piani in oggetto), poiché tali requisiti possono condizionare l’efficacia dell’atto amministrativo sul piano negoziale, ma non inficiano l’efficacia della dichiarazione di scienza dell’atto di accertamento. — Cass. I, sent. 21079 del 28-10-2005

 

L’attività svolta da un’agenzia ippica delegata dall’U.N.I.R.E. alla raccolta di scommesse sulle corse dei cavalli, qualora sia stata prestata in adempimento di una disciplina dei compensi «pro parte» nulla (nella specie, una clausola contrattuale che prevedeva la corresponsione di un premio incentivante qualora le scommesse registrate nell’anno avessero subito un incremento superiore a quello dei prezzi al consumo), può rientrare fra quelle indennizzabili ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., subordinatamente all’intervenuto riconoscimento anche implicito, da parte degli organi rappresentativi dell’ente, della «utilitas» della prestazione incamerata, nonché alla prova, che incombe all’attrice, della perdita patrimoniale da essa subita e del corrispondente arricchimento dell’U.N.I.R.E. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto insufficientemente motivata la sentenza impugnata, che aveva rigettato la domanda in base al mero rilievo che era rimasto inalterato il compenso base previsto dal contratto, senza tener conto che la stessa previsione di un incentivo collegato all’incremento delle scommesse rendeva astrattamente ipotizzabile una specifica attività aggiuntiva dell’agenzia). — Cass. I, sent. 20933 del 27-10-2005

 

Ai fini dell’indennizzo dovuto per l’arricchimento senza causa, l’art. 2041 cod.civ. considera solo la diminuzione patrimoniale subita dal soggetto e non anche il lucro cessante, che è altra componente, separata e distinta, del danno patrimoniale complessivamente subito alla stregua dell’art. 2043 cod.civ., ma espressamente escluso dall’art. 2041 cod.civ. Ne consegue che l’azione di arricchimento è ammissibile solo limitatamente a quanto un soggetto abbia fatto proprio, apportando contemporaneamente una diminuzione patrimoniale all’altro soggetto. — Cass. III, sent. 18785 del 26-9-2005

 

L’azione generale di arricchimento senza causa esercitata nei confronti della P.A. presuppone, oltre al fatto materiale dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per l’ente pubblico, anche il riconoscimento dell’utilità della stessa da parte dell’ente, riconoscimento che non può essere sostituito da una valutazione effettuata dal giudice ordinario, e che può essere anche implicito, ma non può essere costituito, nella ipotesi in cui l’opera sia consistita in riparazioni o ammodernamenti di impianti e strutture già a disposizione della collettività, dalla loro perdurante o rinnovata fruizione pubblica a seguito degli interventi edilizi, che non implica alcuna valutazione consapevole da parte della P.A. — Cass. I, sent. 18586 del 21-9-2005

 

In tema di azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., il riconoscimento dell’«utilitas», quale presupposto necessario per l’accoglimento della pretesa, può essere anche implicito, ma deve provenire dall’organo rappresentativo dell’ente pubblico interessato, deve essere successivo alla esecuzione della stessa e deve essere consapevole; ne deriva che, nel caso in cui l’asserito arricchimento sia consistito nell’esecuzione di lavori di riparazione o di ammodernamento di un bene pubblico, la circostanza che questo fosse già esistente ed a disposizione della collettività fa sì che il perdurare o la ripresa, dopo i lavori, della sua pubblica utilizzazione siano elementi insufficienti a dimostrare l’avvenuto riconoscimento implicito dell’«utilitas», non potendo in essi rinvenirsi alcuna valutazione consapevole da parte dell’ente pubblico. — Cass. I, sent. 18329 del 16-9-2005

 

Ai fini dell’ammissibilità dell’azione di arricchimento senza causa nei confronti della P.A., il requisito del riconoscimento, anche implicito, dell’utilità conseguita a mezzo di una prestazione del privato (nella specie contabilizzazione dei lavori eseguiti per la realizzazione di un’opera pubblica) è integrato dalla circostanza che comunque l’ente pubblico abbia ricavato un’utilità, non necessariamente in termini di incremento patrimoniale, essendo sufficiente qualsiasi forma di utilizzazione della prestazione stessa, e, sebbene il giudizio sull’utilità sia riservato in via esclusiva alla P.A. e non possa essere compiuto, in sostituzione di quella, dal giudice, spetta pur sempre a quest’ultimo il compito di accertare se e in che misura l’opera o la prestazione del privato siano state effettivamente utilizzate dalla pubblica amministrazione. — Cass. I, sent. 17703 del 2-9-2005

 

Se un contratto di fornitura tra un privato e un comune viola le disposizioni contenute nell’art. 23, comma terzo, della legge 24 aprile 1989 n. 144, secondo l’interpretazione avallata dalla Corte costituzionale con le sentenze 24 ottobre 1995 n. 446 e 30 luglio 1997 n. 295, il rapporto negoziale intercorre direttamente con l’amministratore o il funzionario che ha consentito l’instaurazione di tale rapporto. Pertanto, il privato non può esperire nei confronti del comune neppure l’azione di indebito arricchimento (art. 2041 cod. civ.) per difetto del necessario requisito della sussidiarietà, che è escluso nel caso in cui esista altra azione esperibile nei confronti della parte contrattualmente inadempiente. — Cass. III, sent. 15604 del 26-7-2005

 

Qualora venga accertata la sussistenza di una condizione di incompatibilità con l’iscrizione alla cassa forense, l’iscritto ha diritto di ripetere dall’ente previdenziale tutti i contributi versati, ivi compresi quelli per malattia, a nulla rilevando che l’assicurato abbia avuto la possibilità di fruire, per il periodo di contribuzione, della prestazione di assistenza, giacché, accertato che il pagamento è stato effettuato in adempimento di un’obbligazione inesistente, in ogni caso sorge il diritto del «solvens» ad ottenere, a norma dell’art. 2033 cod. civ., la restituzione di quanto pagato, senza possibilità di distinguere, ai fini della ripetizione, tra i contributi «proiettati» verso il futuro e quelli riferiti ad una assicurazione sanitaria non dovuta, essendo in tale ultimo caso soltanto possibile, ove ne ricorrano i presupposti e risulti accertata l’effettiva fruizione di prestazioni sanitarie da parte di soggetto indebitamente assicurato, la proponibilità nei suoi confronti dell’azione di arricchimento ai sensi dell’art. 2041 cod. civ.. — Cass. Sez. L, sent. 15109 del 18-7-2005

 

Per l’esistenza del contratto con la P.A. è essenziale che la manifestazione della volontà dell’ente, in forma scritta, emani dall’organo autorizzato a rappresentarlo, sì che la conclusione del contratto non può desumersi da atti provenienti da organi preposti ad altri servizi, ma aventi contenuto e finalità diversi, o da fatti concludenti. Ne consegue che in mancanza del contratto, che è il fatto costitutivo del rapporto giuridico, l’azione contrattuale non esiste e quindi la P. A. può esperire l’azione di indebito arricchimento senza che sia necessario accertare in via principale l’inesistenza del fatto costitutivo, potendo tale questione pregiudiziale esser accertata «incidenter tantum» dal giudice adito con detta azione. (Nella specie, relativa a un contratto verbale di locazione di un immobile stipulato da un Comune con un privato che per venti anni aveva detenuto il bene senza versare alcun corrispettivo, la Corte Cass. ha cassato la sentenza di appello che aveva negato l’esperibilità dell’azione sussidiaria di indebito arricchimento, ritenendo che era onere della parte dedurre preventivamente l’invalidità formale del contratto). — Cass. III, sent. 13385 del 22-6-2005

 

Ai fini dell’azione di arricchimento senza causa, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., proposta nei confronti della P.A., non rileva l’utilità che l’ente pubblico confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in suo favore sia di carattere professionale, può consistere anche nell’avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima. Pertanto, qualora il progetto di un’opera pubblica, fornito da un professionista a un ente pubblico senza un valido conferimento di incarico, sia stato utilizzato per chiedere il finanziamento dell’opera progettata, l’ente medesimo è tenuto a indennizzare l’autore dell’elaborato nei limiti del vantaggio conseguito attraverso l’utilizzazione concretamente fatta dello stesso, mentre è irrilevante il fatto che il finanziamento non sia stato accordato e l’opera pubblica non sia stata realizzata. — Cass. I, sent. 12850 del 15-6-2005

 

L’azione di arricchimento senza causa non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito e la valutazione dell’esistenza dell’altra azione va effettuata in astratto, prescindendo dalla previsione dell’esito dell’azione tipica, nella specie l’azione ex art. 2033 cod.civ.; conseguentemente l’azione art. 2041 cod. civ. non è ammissibile quando chi la eserciti disponeva comunque di un’azione che si è prescritta o in relazione alla quale si sia verificata decadenza. (Principio affermato dalla S.C. con riferimento a domanda di restituzione di contributi non dovuti, azionata oltre il termine di prescrizione quinquennale ex art. 44 d.P.R. 30 maggio 1995, n.797). — Cass. Sez. L, sent. 12265 del 10-6-2005

 

In tema di assunzione di impegni e di effettuazione di spese da parte degli enti locali, a norma dell’art. 23 D.L. n. 66 del 1989 (conv. in legge n. 144 del 1989, riprodotto senza sostanziali modifiche dall’art. 35 d.lgs. n. 77 del 1995 e ora rifluito nell’art. 19 del d.lgs. n. 267 del 2000), qualora la richiesta di prestazioni e servizi proveniente da amministratore o funzionario dell’ente locale non rientri nello schema procedimentale di spesa tipizzato dal terzo comma della norma, non sorgono obbligazioni a carico dell’ente, bensì dell’amministratore o del funzionario, i quali rispondono con il proprio patrimonio, senza che sia esperibile azione di indebito arricchimento nei confronti dell’ente. Tuttavia, l’ente territoriale può riconoscere «a posteriori» i debiti fuori bilancio, con apposita deliberazione consiliare di riconoscimento del debito nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, fermo restando che, in caso di mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l’amministratore che ha autorizzato la prestazione e che costoro restano comunque soggetti all’azione diretta e rispondono delle obbligazioni irregolarmente assunte nei limiti della parte non riconosciuta mediante la procedura relativa alla contabilizzazione dei debiti fuori bilancio. Ogni valutazione circa l’opportunità di attivare il procedimento di riconoscimento dei debiti fuori bilancio e la ricorrenza dei presupposti di legge spetta all’amministrazione, senza alcuna possibilità di sostituzione da parte del giudice. — Cass. III, sent. 11597 del 31-5-2005

 

In tema di rimborsi relativi a diritti doganali (nella specie, per l’importazione di zucchero) e con riferimento alla regola stabilita dall’art. 29, secondo comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, letta e interpretata alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia comunitaria, deve ritenersi che l’avvenuta traslazione del peso del tributo non può impedirne la restituzione se non viene dimostrato che, a seguito di tale traslazione, il rimborso determina un ingiustificato arricchimento del soggetto. A tal riguardo va affermato che: il rimborso all’operatore dell’importo del tributo traslato non comporta necessariamente un arricchimento senza causa di quest’ultimo; il giudice adito con la domanda di rimborso deve tener conto del danno che l’importatore possa subire in ragione della diminuzione del volume delle importazioni di prodotti provenienti da altri Stati membri provocata da provvedimenti fiscali discriminatori o protezionistici; è possibile che l’operatore subisca un pregiudizio per il fatto stesso di ripercuotere a valle il tributo riscosso dall’amministrazione in violazione del diritto comunitario, nel senso che l’aumento del prodotto, provocato dalla traslazione del tributo, comporti una diminuzione delle vendite. — Cass. V, sent. 10939 del 24-5-2005

 

Gli accordi collettivi nazionali del personale sanitario a rapporto convenzionale, stipulati ai sensi dell’art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, non costituiscono fonte negoziale diretta di disciplina del rapporto convenzionale considerato, siccome di per sé inidonei ad inserirsi nell’ordinamento con propria forza cogente, ma rappresentano soltanto la fase consensuale di un complesso procedimento di produzione normativa, che si conclude con l’intervento del potere pubblico — nella forma del decreto presidenziale — che ha contenuto ed efficacia di atto di normazione secondaria. Ne consegue che l’interpretazione data dal giudice del merito agli anzidetti accordi può essere denunciata in sede di legittimità a norma dell’art. 360, n. 3 cod. proc. civ., per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, e che la Corte regolatrice può sottoporre a diretto esame esegetico le relative norme in base ai criteri fissati dall’art. 12 delle disposizioni preliminari al Codice civile per l’interpretazione delle leggi. Pertanto, dall’interpretazione del d.P.R. n. 315 del 1990, che ha reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta, ed in particolare dagli artt. 7 e 29 del decreto suddetto, deriva — costituendo il massimale il limite oggettivo per la prestazione sanitaria, peraltro non incompatibile con la responsabilità contrattuale della Unità sanitaria locale per eventuale inadempimento degli obblighi di informazione — che per le prestazioni sanitarie rese ad assistibili che eccedano il limite del massimale è escluso il diritto dei pediatri a qualsiasi trattamento economico in base al regime convenzionale, sia esso (come nel caso di specie) di natura corrispettiva o non, fatta salva l’azione sussidiaria di arricchimento senza causa. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva riconosciuto ai suddetti medici il diritto ad alcune voci del trattamento economico — onorario professionale e quota aggiuntiva professionale — per assistibili oltre il massimale). — Cass. Sez. L, sent. 10290 del 17-5-2005

 

La domanda di arricchimento senza causa può essere proposta anche per la prima volta in appello, purché prospettata sulla base delle medesime circostanze di fatto fatte valere in primo grado. (Nella specie, relativa a controversia instaurata dopo l’entrata in vigore della legge n. 353 del 1990, la S.C ha tuttavia negato l’ammissibilità della domanda perché in citazione si era fatto riferimento semplicemente ad una domanda di restituzione di somme di danaro versate dal genitore al figlio, senza alcun collegamento con il rapporto che aveva dato luogo al versamento né alle ragioni della domanda). — Cass. II, sent. 7033 del 5-4-2005

 

Il carattere sussidiario dell’azione di arricchimento senza causa non impedisce che essa possa esercitarsi in concorrenza o in pendenza dell’azione cosiddetta primaria. Pertanto, il termine di prescrizione dell’azione di arricchimento decorre, come per ogni altra azione, dal giorno in cui si matura il relativo diritto, che coincide con quello in cui si verifica l’arricchimento del beneficiario e la relativa diminuzione patrimoniale dell’altra parte, (e non dalla data del giudicato esterno che disconosce la proponibilità dell’azione primaria). — Cass. III, sent. 6570 del 29-3-2005

 

L’azione di arricchimento senza causa è ammissibile soltanto limitatamente a quanto un soggetto abbia fatto proprio e non oltre l’effettiva entità della diminuzione patrimoniale correlativamente subita dall’altro soggetto.Pertanto, nel caso dell’elaborazione, a favore di un ente pubblico, che poi ne abbia riconosciuto l’utilità, di un progetto di opera pubblica non preceduta da un valido incarico professionale conferito contrattualmente, l’indennizzo dovuto ex art. 2041 cod.civ. al professionista va liquidato, nei limiti dell’arricchimento dell’ente, con riguardo alla entità dell’effettiva perdita patrimoniale subita dal professionista, da accertarsi tenendo conto delle spese anticipate per l’esecuzione dell’opera e del mancato guadagno, da determinarsi eventualmente anche ex art. 1226 cod.civ., che lo stesso avrebbe ricavato dal normale svolgimento della sua attività professionale nel periodo di tempo dedicato invece all’esecuzione dell’opera utilizzata dall’ente pubblico, senza la possibilità di far ricorso a parametri contrattuali, stante la carenza di un valido vincolo contrattuale, o di commisurare, «sic et simpliciter», la perdita patrimoniale alla «utilitas» derivatane all’ente sotto il profilo della spesa risparmiata. — Cass. III, sent. 6570 del 29-3-2005

 

Non ogni domanda ha effetto interruttivo della prescrizione, ma soltanto quella con cui l’attore chiede il riconoscimento e la tutela giuridica del diritto del quale si eccepisca poi la prescrizione. Pertanto, la domanda proposta per chiedere l’adempimento di un’obbligazione derivante dalla legge o da convenzione o da atto dell’autorità non vale ad interrompere la prescrizione dell’azione, successivamente esperita di arricchimento senza causa (Nella specie la Corte Cass. ha ritenuto che il corso della prescrizione della domanda di indebito arricchimento non fosse stata interrotta da una domanda precedentemente proposta con riferimento alla medesima situazione di fatto, ma avente come oggetto il pagamento di compenso conseguente a contratto di prestazione d’opera professionale). — Cass. III, sent. 6570 del 29-3-2005

 

L’azione generale di arricchimento ha come presupposto che la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro sia avvenuta senza giusta causa, sicché, qualora essa sia invece conseguenza di un contratto o di altro rapporto, non è legittimo invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa, almeno fino a quando il contratto o il rapporto conservino la propria efficacia obbligatoria. — Cass. III, sent. 5689 del 16-3-2005

 

Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario — anche a prescindere dalla declaratoria di illegittimità costituzionale parziale dell’art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 — in ordine alla domanda di risarcimento del danno o, in subordine, di indebito arricchimento proposta dal privato nei confronti del Comune in relazione ad un condotta di questo consistente in occupazione usurpativa, essendo detta condotta manifestamente insuscettibile di ricollegarsi all’esercizio di un potere amministrativo. — Cass. Sez. Un., ord. 2198 del 4-2-2005

 

Interruzione della prescrizione – Non ogni domanda ha effetto interruttivo della prescrizione, ma soltanto quella con cui l’attore chiede il riconoscimento e la tutela giuridica del diritto del quale si eccepisca poi la prescrizione. Pertanto, la domanda proposta per chiedere l’adempimento di un’obbligazione per legge, o per convenzione o per atto dell’autorità non vale ad interrompere la prescrizione dell’azione, successivamente esperita, di arricchimento senza causa. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 9-4-2003, n. 5575