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Art. 2045. Stato di necessità

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Art. 2045. Stato di necessità

Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato, né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.

 

Giurisprudenza:

 

In tema di responsabilità medica, la struttura ospedaliera che esegua un intervento chirurgico d’urgenza non può invocare lo stato di necessità di cui all’art. 2045 c.c., il quale implica l’elemento dell’imprevedibilità della situazione d’emergenza, la cui programmazione rientra nei compiti di ogni struttura sanitaria e, con riguardo alle risorse ematiche, deve tradursi in un approvvigionamento preventivo o nella predeterminazione delle modalità per un rifornimento aggiuntivo straordinario, sicché grava sulla struttura la prova di aver eseguito, sul sangue pur …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 7 luglio 2016, n. 13919

 

Non costituisce domanda nuova, ai fini di cui all’art. 345 cod. proc. civ., la proposizione per la prima volta in appello della domanda di corresponsione dell’indennizzo ex art. 2045 cod. civ., quando l’appellante abbia proposto in primo grado domanda di risarcimento del danno, dovendo la …continua a leggere ►  Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 17 aprile 2013, n. 9239

 

L’art. 2045 cod. civ., laddove riconosce in favore del danneggiato un’indennità nell’ipotesi in cui chi ha compiuto il fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, ha una funzione surrogatoria od integratrice, avendo lo scopo di assicurare al danneggiato un’equa riparazione; ne consegue che non è affetta da violazione di legge la sentenza con cui il giudice d’appello, individuati nel fatto gli estremi dello stato di necessità e corretta in tal senso la motivazione della prima sentenza (che, invece, aveva attribuito al danneggiante la responsabilità risarcitoria ai sensi dell’art. …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 18 novembre 2010, n. 23275

 

Per ravvisare lo stato di necessità, previsto dall’articolo 2045 cod. civ., è richiesta la sussistenza della necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona in relazione al quale non è comunque possibile pretendere dall’agente un comportamento diverso. Il disagio provocato dalla mancanza o insufficienza delle aree destinate a parcheggio è quindi inidoneo a costituire uno stato di necessità, anche nel caso di non osservanza da parte del comune della disposizione dell’articolo 7, ottavo comma, del d.lgs. n. 285 del 1992, in quanto la norma, tipicamente di azione e diretta alla regolamentazione della circolazione nei centri abitati, non attribuisce alcun diritto soggettivo agli utenti della strada e in particolare non giustifica l’inosservanza dei divieti di fermata e di sosta di cui all’articolo 158 del codice della strada. — Cass. I, sent. 21918 del 12-10-2006

 

In caso di intervento sanitario chirurgico (anche solo relativamente) urgente, il consenso consapevole in ordine ai rischi che esso comporta prestato dal paziente che l’ha richiesto si considera implicitamente esteso anche alle operazioni «complementari» (qual è quella di sostegno, durante l’intervento, delle risorse ematiche del paziente) assolutamente necessarie, non sostituibili con tecniche più sicure. — Cass. III, sent. 20832 del 26-9-2006

 

In tema di responsabilità civile della P.A. per danno causato dai dipendenti nell’esercizio delle loro funzioni, la legittimità dell’uso delle armi, che, escludendo l’ingiustizia del danno, fa mancare il presupposto dell’azione di risarcimento del danno, suppone la proporzione tra l’interesse che l’adempimento del dovere di ufficio tende a soddisfare e l’interesse che viene offeso per rendere possibile tale adempimento; proporzione che va esclusa in presenza di una situazione in cui la tutela dell’incolumità fisica e della vita delle persone presenti possa prevalere sull’interesse alla cattura del rapinatore ed al recupero della refurtiva. — Cass. III, sent. 11998 del 8-6-2005

 

Stato di necessità – Indennità – Nesso di causalità – Ai fini dell’attribuzione dell’indennità prevista dall’art. 2045 cod. civ., che costituisce un «minus» rispetto all’ordinario risarcimento, occorre che esista pur sempre un nesso di causalità fra l’atto necessitato e l’evento dannoso, che il danno sia cioè conseguenza immediata e diretta della condotta nel caso dall’agente mantenuta, il che è da escludersi qualora si ritenga che il danno lamentato si sarebbe egualmente verificato anche in assenza dell’azione necessitata (nell’affermare il suindicato principio la corte cass., nel rigettare le doglianze del ricorrente, ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva negato la corresponsione dell’indennità di cui all’art. 2045 cod. civ. richiesta dalla passeggera di un autobus dell’ATAC per i danni subiti in conseguenza …continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 21 dicembre 2004, n. 23696

 

In tema di illecito, qualora l’attore abbia chiesto il risarcimento dei danni e sia stato accertato che il convenuto aveva agito in stato di necessità, il giudice deve applicare d’ufficio l’art. 2045 cod. civ., essendo implicita nella domanda di risarcimento quella di corresponsione di un equo indennizzo, anche in assenza di un esplicito richiamo, da parte del danneggiato, alla ricordata norma ex art. 2045 cod. civ.. — Cass. III, sent. 12100 del 19-8-2003

 

L’art. 2045 cod. civ., il quale prevede che l’autore del fatto dannoso commesso in stato di necessità è tenuto a corrispondere una indennità al danneggiato, è applicabile anche nel caso di danno cagionato da incidente stradale, purché l’autore del fatto dimostri gli elementi costitutivi dell’esimente. L’apprezzamento relativo alla ricostruzione del sinistro costituisce giudizio di merito e, pertanto, è insindacabile in sede di legittimità, quando sia sorretto da adeguato e corretto ragionamento. — Cass. III, sent. 10571 del 19-7-2002

 

La necessità del consenso del paziente alle cure sanitarie viene meno sia in presenza di uno stato di necessità effettivo, sia in presenza di uno stato di necessità presunto o putativo, il quale ricorre allorché il medico, senza colpa, abbia ritenuto, in base a circostanze scusabili, l’esistenza d’un pericolo di danno grave alla salute del paziente. — Cass. 15-11-99, n. 12621

 

Il giudice civile, nell’esercizio del potere di accertare, nel giudizio di risarcimento danni da fatto illecito, l’esistenza di un reato estinto, in caso di supposta esimente dell’uso legittimo delle armi, può ravvisare l’eccesso colposo non soltanto in relazione alla scelta del mezzo usato, ma altresì al modo di tale uso. (Nella specie il giudice del merito, confermato dalla Cassazione, aveva ravvisato il delitto colposo del pubblico ufficiale, che, da una vettura in corsa, aveva sparato alle gomme di una vettura in fuga, ferendo, per l’imprecisione dello sparo dovuta all’alta velocità di entrambe le auto, il fuggitivo.). — Cass. 6-8-97, n. 7274

 

Qualora la responsabilità del vettore per i danni subiti dal trasportato sia esclusa dallo stato di necessità determinato dal fatto colposo del terzo, l’azione indennitaria ex art. 2045 cod. civ. contro il soggetto necessitato (vettore) e quella risarcitoria ex art. 2043 contro il terzo necessitante sono autonome, per la sostanziale diversità dei presupposti delle due ragioni di credito (l’una diretta al conseguimento di un’equa riparazione in termini di tutela sociale del danno subito e l’altra volta alla totale reintegrazione del patrimonio leso) e, pertanto, non cumulabili e solo alternativamente proponibili, altrimenti il danneggiato conseguendo due ragioni di credito potrebbe ottenere con evidente indebito profitto sia il risarcimento che l’indennizzo. Tuttavia, l’art. 2045 cod. civ. ha anche una funzione surrogatoria od integratrice, avendo lo scopo di assicurare, comunque, al danneggiato un’equa riparazione, sicché il predetto può rivolgersi contro il danneggiante necessitato per ottenere l’indennità e contro il terzo necessitante per la differenza tra l’integrale risarcimento e l’indennità, qualora attraverso quest’ultima non consegua una riparazione soddisfacente, ovvero agire contro il terzo necessitante per ottenere il risarcimento integrale e contro il necessitato per ottenere l’indennità anche per l’eventuale differenza, qualora il primo non adempia in tutto o in parte. — Cass. 3-2-95, n. 1323

 

La domanda di equo indennizzo ex art. 2045 cod. civ. deve ritenersi implicita nella richiesta di integrale risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ.; pertanto, non ricorre il vizio di ultrapetizione nel caso in cui i giudici di merito abbiano ravvisato nella domanda di risarcimento del danno proposta contro il soggetto necessitato ex art. 2045 cod. civ. una implicita subordinata domanda di equo indennizzo, procedendo alla relativa liquidazione. — Cass. 3-2-95, n. 1323

 

La necessità del locatore di intraprendere o proseguire nell’immobile locato un’attività commerciale, artigianale o professionale, considerata, dall’art. 59, n. 1 della legge 27 luglio 1978, n. 392, come causa di legittimo recesso dal contratto del locatore medesimo, se non deve consistere in uno stato di bisogno avente gli stessi caratteri d’intensità richiesti dagli artt. 2045 cod. civ. e 54 cod. pen., esige, tuttavia, che il proposito di destinare l’immobile ad uno degli usi anzidetti sia, oltre che serio, rispondente ad apprezzabili ragioni di vita e di lavoro, con la conseguenza che, sebbene l’attività progettata dal locatore possa anche non essere esclusiva, deve negarsi (fatte salve talune ipotesi eccezionali delle quali va fornita rigorosa prova) che integri la necessità considerata dall’art. 59 n. 1 della legge n. 392 del 1978 quella avente ad oggetto lo svolgimento di un lavoro del tutto sussidiario alla principale attività del locatore. (Nella specie, impiegato a tempo pieno). — Cass. 6-4-82, n. 2127

 

La realizzazione di una costruzione in violazione delle norme che regolano l’esercizio del diritto di proprietà, quale la copertura realizzata da un condomino su un proprio terrazzo che impedisca la veduta in appiombo dalle finestre superiori, ancorché al dichiarato fine di difendersi da moleste immissioni, non integra gli estremi del «fatto dannoso» necessitato che, ai sensi dell’art. 2045 cod. civ., determina l’obbligo di corrispondere un’equa indennità. — Cass. 23-1-82, n. 448

 

Presupposto per il riconoscimento del diritto all’indennità, che, ai sensi dell’art. 2045 cod. civ., il giudice può (nella misura ritenuta equa) attribuire al danneggiato nel caso in cui l’autore del fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, è che la condotta di quest’ultimo sia consistita in un’azione diretta a cagionare danno; pertanto, tale indennità è correttamente negata quando — alla stregua della valutazione di tutti gli elementi della fattispecie concreta — risulti che l’azione del danneggiante sia stata invece diretta soltanto a giovare al soggetto in pericolo, il quale dalla opera di salvataggio tentata a suo favore abbia accidentalmente ricevuto un danno sostanzialmente non dissimile da quello che gli sarebbe derivato in mancanza di detta azione. (Nella specie, l’indennità era stata richiesta dalla passeggera di un’automobile rimasta ferita per la brusca frenata che il conducente di tale veicolo era stato costretto a compiere per evitare la collisione con altro veicolo improvvisamente immessosi sulla strada). — Cass. 14-4-81, n. 2238

 

L’obbligo di corrispondere un’equa indennità, previsto, ai sensi dell’art. 2045 cod. civ., a carico di colui che arreca un danno agendo in stato di necessità, anche se questo sia stato determinato dal comportamento colposo di un terzo, presuppone, in ogni caso, che la condotta del soggetto necessitato sia stata non solo cosciente e volontaria, ma anche oggettivamente contraria ad una norma di legge o di comune prudenza. — Cass. 3-4-80, n. 2206

 

Il giudice del merito, nella determinazione dell’indennità dovuta ai sensi dell’art. 2045 cod. civ. dall’autore del fatto dannoso compiuto in stato di necessità, non è tenuto a regole e metodi prestabiliti di accertamento e computo, ma deve dare ragione del processo logico, attraverso il quale è pervenuto a fissare in una certa misura il complessivo importo della reintegrazione, sulla base degli elementi probatori ritenuto rilevanti e decisivi. — Cass. 26-10-73, n. 2783

 

La domanda diretta ad ottenere una riparazione pecuniaria ex art. 2045 cod. civ. (indennità dovuta al danneggiato quando l’autore ha agito in stato di necessità) soggiace alla disciplina della prescrizione biennale di cui al secondo comma dell’art. 2947 cod. civ. qualora il danno tragga origine da un qualunque fatto collegato alla circolazione dei veicoli. — Cass. 27-11-72, n. 3464

 

L’art. 2045 cod. civ. disciplina la responsabilità di chi arreca un danno agendo in stato di necessità l’agente in tal caso è tenuto ad una equa indennità nei confronti del danneggiato, la cui misura è rimessa all’apprezzamento del giudice. La norma è applicabile soltanto in materia di responsabilità extracontrattuale e trova applicazione anche nel caso in cui lo stato di necessità sia provocato dal comportamento colposo di un terzo. È però sempre presupposta nell’attore del danno una condotta non solo cosciente e volontaria, ma anche contraria ad una norma di legge o di comune prudenza. Deve ritenersi implicita nella richiesta di risarcimento integrale del danno quella subordinata dell’equo indennizzo previsto dal citato art. 2045 cod. civ. (Nella specie, il passeggero di un autobus, caduto all’interno del veicolo perché il conducente di esso aveva arrestato bruscamente il mezzo in conseguenza dell’improvvisa manovra di conversione di un’autovettura che procedeva affiancata all’autobus, aveva proposto azione extracontrattuale per il risarcimento dei danni nei confronti della azienda proprietaria dell’autobus. In sede di merito la domanda del danneggiato era stata rigettata, per aver il conducente agito in stato di necessità. La Suprema Corte, nel ribadire che il danno era stato cagionato in stato di necessità e nell’affermare che costituisce una manovra contraria ad una norma di comune prudenza quella di azionare bruscamente i freni di un autobus carico di passeggeri, ha ritenuto implicita nella domanda di risarcimento del danno quella dell’equo indennizzo di cui all’art. 2045 cod. civ., con la conseguenza che i giudici di merito avrebbero dovuto provvedere alla relativa liquidazione). — Cass. 28-9-71, n. 2660

 

Ai sensi dell’art. 2045 cod. civ., che riproduce la norma di cui all’art. 54 cod. pen., per l’esistenza dello stato di necessità non basta che l’autore del fatto illecito sia stato costretto a compierlo per la necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, ma si richiede altresì che il pericolo non sia stato da lui volontariamente causato e non fosse altrimenti evitabile. — Cass. 8-5-71, n. 1316

 

Perché trovi applicazione la disposizione dell’art. 2045 cod. civ., occorre che colui che ha compiuto il fatto dimostri che il pericolo non è stato da lui volontariamente causato, né era altrimenti evitabile. Non sussiste, quindi, lo stato di necessità quando l’evento sia attribuibile anche al comportamento colposo dell’autore del danno, perché tale comportamento, ponendosi quale elemento determinante (esclusivo o no) della situazione di pericolo, esclude l’inevitabilità del pericolo stesso. — Cass. 3-12-69, n. 3862

 

Il presupposto necessario per potersi far luogo alla riparazione del danno ex art. 2045 cod. civ. è che si tratti di azione intenzionalmente compiuta allo scopo di salvare alcuno (sé od altri) dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. — Cass. 14-10-69, n. 3322

 

Il giudice di merito, nella determinazione dell’indennità dovuta a norma dell’art. 2045 cod. civ., non è tenuto ad applicare un sistema o metodo di accertamento predeterminato oppure regole rigide, ma deve dare una congrua ragione del processo logico attraverso cui perviene alla liquidazione, sia pure approssimativa, della prestazione reintegrativa, per modo che detta liquidazione sia il più possibile aderente agli elementi probatori. — Cass. 23-6-67, n. 1551

 

Quando l’attore chieda il risarcimento del danno per fatto illecito e risulti che il convenuto abbia agito in istato di necessità, il giudice può applicare d’ufficio l’art. 2045 cod. civ., dovendosi ritenere implicita nella domanda di risarcimento totale del danno quella di corresponsione di un’equo indennizzo nel caso che risulti provato lo stato di necessità. — Cass. 13-12-66, n. 2913

 

Il comportamento di colui che, costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un grave danno alla persona, da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, cagiona un evento di danno ad un terzo, è sempre imputabile all’autore perché frutto di una libera determinazione di volontà di commettere una violazione di norme giuridiche o di condotta per evitare il danno alla persona sua o di altri. Ciò spiega come in materia civile, anche in caso di azione necessitata (a differenza di quanto si verifica in materia penale, nella quale viene meno l’antigiuridicità del fatto), sussiste una forma di responsabilità, sia pure attenuata (obbligo di pagamento di un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice). — Cass. 13-12-66, n. 2913

 

L’art. 2045 c.c. prevede la responsabilità attenuata di chi abbia cagionato un danno in stato di necessità onde, l’obbligo di corrispondere al danneggiato una indennità nella misura rimessa all’equo apprezzamento del giudice di merito costituisce un minus rispetto all’obbligo, imposto dall’art. 2043 cod. civ., dell’intero risarcimento del danno. — Cass. 15-6-65, n. 1224

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