Art. 2048. Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte. (1)
Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante.
I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto.
(1) Ai sensi dall’art. 1, comma 11, L. 10.11.2012, n. 219 con decorrenza dal 01.01.2013, nel Codice Civile le parole “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalla parole “figli”.
Giurisprudenza:
In materia di rapporti tra giudizi civile e penale, la dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova, pur costituendo una modalità alternativa di definizione del giudizio penale, non contiene alcun accertamento di merito in ordine alla sussistenza del reato ed alla responsabilità del minorenne, ne consegue che il giudice civile deve indagare e valutare, alla luce delle regole probatorie che governano il giudizio civile e del materiale acquisito, la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda, compresa la conseguente sussistenza della responsabilità dei genitori per … continua a leggere ► Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 6 dicembre 2019, n. 31894
L’età ed il contesto in cui si è verificato il fatto illecito del minore non escludono né attenuano la responsabilità che l’art. 2048 c.c. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tali fattori, hanno l’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, nonché di vigilare sul fatto che l’educazione impartita sia adeguata al carattere e alle attitudini del minore, dovendo rispondere delle carenze educative cui l’illecito commesso dal figlio sia riconducibile. (La S.C., in applicazione di tale principio, ha confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso che i genitori avessero vinto la presunzione di responsabilità su di essi gravante, essendo emerso, nella specie, che il pugno sferrato dal figlio adolescente in faccia ad un compagno non avesse costituito una reazione immediata rispetto all’offesa ricevuta, restando irrilevante inoltre la circostanza che tale fatto si fosse verificato lontano dalla sfera di controllo dei genitori, nelle adiacenze della scuola, in un paese diverso rispetto a quello di residenza). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza, 10 settembre 2019, n. 22541
La responsabilità del genitore per il danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore non emancipato, a norma dell’art 2048 c.c., è subordinata al requisito della coabitazione, perché solo la convivenza può consentire l’adozione di quelle attività di sorveglianza e di educazione, il cui mancato assolvimento giustifica la responsabilità medesima. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la responsabilità della madre del minore, autore del fatto illecito, in quanto non convivente con il medesimo, ritenendo irrilevante che egli fosse in possesso, al momento del sinistro stradale, del foglio rosa e non della patente, e che nella relazione dei servizi sociali non si facesse cenno alla separazione dei coniugi). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza, 24 aprile 2019, n. 11198
In tema di danni conseguenti ad un infortunio sportivo subito da uno studente durante una gara svoltasi all’interno della struttura scolastica nell’ora di educazione fisica, ai fini della configurabilità della responsabilità della scuola ai sensi dell’art. 2048 c.c., è necessario: a) che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente partecipante alla gara, il quale sussiste se l’atto dannoso sia posto in essere con un grado di violenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato o con il contesto ambientale nel quale l’attività sportiva si svolge o con la qualità delle persone che vi partecipano, ovvero allo specifico scopo di ledere, anche se non in violazione delle regole dell’attività svolta, e non anche quando l’atto sia compiuto senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole della disciplina sportiva, né se, pur in presenza di una violazione delle regole dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto lesivo sia a questa funzionalmente connesso; b) che la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee ad evitare il fatto. Ne consegue che grava sullo studente l’onere di provare l’illecito commesso da un altro studente, mentre spetta alla scuola dimostrare l’inevitabilità del danno, nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee ad evitare il fatto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità della scuola rispetto all’infortunio, verificatosi durante una partita di pallamano svoltasi nella palestra scolastica sotto il controllo dell’insegnante, ai danni di un alunno il quale, mentre rincorreva un avversario che gli aveva sottratto il possesso della palla senza toccarlo, era caduto scivolando all’esterno del campo da gioco ed urtando contro una panchina la quale, essendo destinata ai giocatori di riserva, era stata ritenuta dal giudice di merito un ordinario completamento dello stesso campo da gioco). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza, 10 aprile 2019, n. 9983
Il precettore o il maestro d’arte, per liberarsi della presunzione di colpa posta a suo carico dall’art.2048 c.c., ha l’onere di provare che né lui, né alcun altro precettore diligente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., avrebbe potuto, nelle medesime circostanze, evitare il danno. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza, 4 giugno 2018, n. 14216
Il precettore o il maestro d’arte, per liberarsi della presunzione di colpa posta a suo carico dall’art.2048, comma 2, c.c., ha l’onere di provare che né lui, né alcun altro precettore diligente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., avrebbe potuto, nelle medesime circostanze, evitare il danno. Tale prova non può prescindere dalla dimostrazione della presenza fisica del precettore al momento della commissione dell’illecito da parte dell’apprendista, integrando la stessa un dovere primario del precettore diligente ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza, 4 giugno 2018, n. 14216
In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori per fatto illecito dell’allievo, il raggiungimento della maggiore età (o di un’età ad essa prossima) da parte di quest’ultimo, seppure di per sé inidoneo a rendere inapplicabile la responsabilità ex art. 2048, comma 2, c.c., incide sul contenuto della prova liberatoria a carico dell’insegnante, nel senso che l’età maggiorenne deve ritenersi ordinariamente sufficiente ad integrare il caso fortuito, per essere stato l’evento posto in essere da persona che non necessita – quantomeno per attività materiali non specificamente correlate ad un insegnamento tecnico – di vigilanza alcuna poiché munita di completa capacità di discernimento tale da far presumere la non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere, salva prova contraria da fornirsi da parte del soggetto danneggiato. (Fattispecie relativa a danno provocato ad una compagna di scuola dall’accalcamento e dalle spinte verificatesi all’uscita della palestra al termine della lezione di educazione fisica tra gli allievi frequentanti l’ultimo anno di scuola superiore). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza, 31 gennaio 2018, n. 2334
Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo rapporto giuridico e uno dei due pervenga al giudicato, l’accertamento di una situazione giuridica comune a entrambe le cause preclude il riesame del punto accertato e risolto con il suddetto giudicato, quand’anche il giudizio successivo sia instaurato per finalità diverse da quelle costituenti lo scopo e il “petitum” del primo. (Principio affermato con riferimento alla pretesa risarcitoria azionata a seguito di un sinistro occorso durante un allenamento sportivo in ambiente scolastico, in relazione al quale la danneggiata – dopo aver convenuto infruttuosamente in giudizio l’insegnante ed il competente Ministero, ai sensi dell’art. 2048 c.c. – all’esito del giudicato formatosi sul rigetto della domanda di responsabilità aquiliana citava in giudizio le medesime parti a titolo di responsabilità contrattuale). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 13 ottobre 2016, n. 20629
La responsabilità della scuola per le lesioni riportate da un alunno minore all’interno dell’istituto, in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell’orario delle lezioni, in quanto il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni mediante l’adozione, da parte del personale addetto al controllo degli studenti (bidelli), delle opportune cautele preventive, sussiste sin dal loro ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui gli stessi si trovino legittimamente nell’ambito dei locali scolastici. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso la responsabilità della scuola per il danno subito da un alunno caduto a causa di una spinta dei compagni, sul presupposto che la stessa parte attrice avesse collocato temporalmente il fatto come accaduto prima dell’inizio dell’orario delle lezioni ma, comunque, sempre sotto l’osservanza del personale scolastico). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 19 luglio 2016, n. 14701
Non è configurabile una responsabilità ex art. 2048 c.c. dell’insegnante e del Ministero competente (già della Pubblica Istruzione) per i danni subiti da un terzo, colpito, in occasione di una partita di pallavolo tenuta nel cortile di una scuola, da una palla lanciata, per rimetterla in campo, con un calcio anziché con le mani, ove sia assente una finalità lesiva e sussista, invece, un collegamento funzionale tra l’azione dell’alunno ed il gioco in atto, senza che assuma rilievo la violazione delle regole del gioco stesso, che esclude lanci con i piedi. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 26 gennaio 2016, n. 1322
In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, non è sufficiente, per superare la presunzione di responsabilità a loro carico ex art. 2048 c.c., la dimostrazione di aver esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta ed il carattere imprevedibile e repentino dell’azione dannosa ove sia mancata l’adozione delle più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la corte territoriale – in relazione al danno determinato dalla caduta a terra di uno studente di una scuola media inferiore, in conseguenza della contesa di una sedia con un compagno – avesse omesso di verificare l’approntamento, in via preventiva, di cautele idonee a scongiurare situazioni di pericolo in un caso nel quale gli alunni erano stati affidati al personale ausiliario nello svolgimento di attività extracurricolare). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 13 novembre 2015, n. 23202
Incidente stradale – Illecito del minore – Responsabilità dei genitori ex art. 2048 cc – Il principio di cui all’art. 1227 cod. civ. (riferibile anche alla materia del danno extracontrattuale per l’espresso richiamo contenuto nell’art. 2056 del codice) della riduzione proporzionale del danno in ragione dell’entità percentuale dell’efficienza causale del soggetto danneggiato si applica non solo nei confronti del danneggiato, che reclama il risarcimento del pregiudizio direttamente patito e al cui verificarsi ha contribuito la sua condotta, ma anche nei confronti dei congiunti che, in relazione agli effetti riflessi che l’evento di danno subito proietta su di essi, agiscono per ottenere il risarcimento dei danni subiti “iure proprio”. (Nella specie, a seguito di un incidente stradale in cui la minorenne danneggiata aveva concorso a cagionare il danno, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ridotto, in proporzione alla colpa della ragazza, anche il risarcimento spettante ai genitori a titolo di danno da lesione del rapporto familiare e di danno morale, pervenendo a tale conclusione non solo in applicazione dell’art. 2048 c.c., e dunque del principio per cui del … continua a leggere ► Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 23 ottobre 2014, n. 22514
La precoce emancipazione dei minori frutto del costume sociale non esclude né attenua la responsabilità che l’art. 2048 cod. civ. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tale precoce emancipazione, hanno l’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, dovendo rispondere delle carenze educative a cui l’illecito commesso dal figlio sia riconducibile. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito la quale aveva escluso la responsabilità dei genitori di una sedicenne che, attraversando la strada con il semaforo rosso, aveva provocato un sinistro stradale). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 19 febbraio 2014, n. 3964
La responsabilità della banca per fatto illecito dei propri dipendenti scatta ogniqualvolta il fatto lesivo sia stato prodotto, o quanto meno agevolato, da un comportamento riconducibile all’attività lavorativa del dipendente, e quindi anche se questi abbia operato oltrepassando i limiti delle proprie mansioni o abbia agito all’insaputa del suo datore di lavoro, sempre che sia rimasto comunque nell’ambito dell’incarico affidatogli. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 4 aprile 2013, n. 8210
In tema di responsabilità civile ex art. 2048 cod. civ., gli obblighi di sorveglianza e di tutela dell’istituto scolastico scattano solo allorché l’allievo si trovi all’interno della struttura, mentre tutto quanto accade prima può, ricorrendone le condizioni, trovare ristoro attraverso l’attivazione della responsabilità del custode, ex art. 2051 cod. civ. (Fattispecie in cui una alunna della terza elementare era caduta, all’entrata di scuola, sui gradini esterni sdrucciolevoli e instabili dell’istituto scolastico, riportando gravi lesioni). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 6 novembre 2012, n. 19160
In tema di responsabilità civile, l’applicabilità dell’art. 2048 cod. civ. postula l’esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto sono configurabili la “culpa in educando” e la “culpa in vigilando”; ne consegue che, ove il minore incapace, con il proprio comportamento illecito, cagioni un danno a se stesso, sono applicabili le disposizioni di cui agli artt. 1218 o 2043 cod. civ., a seconda che ricorra una responsabilità contrattuale o extracontrattuale del soggetto tenuto alla vigilanza. Peraltro, a causa del richiamo contenuto nell’art. 2056 cod. civ. all’art. 1227 cod. civ., il fatto del minore incapace di intendere e di volere che con il suo comportamento abbia contribuito alla produzione del danno a se stesso è valutabile dal giudice al fine di stabilire il concorso delle colpe e l’eventuale riduzione proporzionale del danno da risarcire. (Nella specie, si trattava del comportamento tenuto da un bambino di tre anni, ritenuto dal giudice di merito valutabile ai fini dell’art. 1227 cod. civ.). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 2 marzo 2012, n. 3242
In tema di responsabilità dell’istituto scolastico nei confronti degli allievi partecipanti ad una gita, non può essere escluso l’obbligo dell’istituto di provvedere ad idonea scelta della struttura di accoglienza, sia mediante la verifica preventiva dell’oggettiva pericolosità e dei rischi connessi al suo utilizzo sulla base della documentazione visibile prima della partenza, sia mediante l’esame del luogo prima di provvedere alla destinazione effettiva degli alunni. (Fattispecie relativa al danno alla persona riportato da uno studente per l’uso improprio di una terrazza a livello della camera d’albergo occupata dal danneggiato). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 8 febbraio 2012, n. 1769
I genitori, per superare la presunzione di colpa prevista dall’art. 2048 c.c., debbono fornire non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e all’indole del minore. L’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 cod. civ. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in assenza di alcuna motivazione in ordine alla sussistenza della prova liberatoria, da apprezzarsi nei termini di cui all’enunciato principio di diritto, aveva escluso la responsabilità dei genitori per le lesioni cagionate dal proprio figlio ad altro minore, colpito alla bocca con una violenta testata nel corso di una partita di calcio, mentre il gioco era fermo e senza aver subito alcuna precedente aggressione da parte del danneggiato). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 6 dicembre 2011, n. 26200
In tema di intermediazione finanziaria, l’intermediario preponente risponde in solido del danno causato al risparmiatore dai promotori finanziari da lui indicati in tutti i casi in cui sussista un nesso di occasionalità necessaria tra il fatto del promotore e le incombenze affidategli. Tale responsabilità sussiste non solo quando detto promotore sia venuto meno ai propri doveri nell’offerta dei prodotti finanziari ordinariamente negoziati dalla società preponente, ma anche in tutti i casi in cui il suo comportamento, fonte di danno per il risparmiatore, rientri comunque nel quadro delle attività funzionali all’esercizio delle incombenze affidategli. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 25 gennaio 2011, n. 1741
In tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, l’assicuratore, il quale abbia risarcito la vittima di un sinistro stradale causato da un minore privo di patente con il quale sia stato stipulato il contratto di assicurazione, non può esercitare, contro il genitore non stipulante, la rivalsa prevista dall’art. 18 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 (“ratione temporis” applicabile), ma può surrogarsi a norma dell’art. 1203 n. 3 cod. civ. nei diritti del danneggiato verso il predetto genitore, per far valere la responsabilità di questo, ai sensi dell’art. 2048 cod. civ., per i danni causati dal figlio. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza, 26 luglio 2010, n. 17504
In tema di responsabilità degli insegnanti di scuole statali, l’art. 61, secondo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 – nel prevedere la sostituzione dell’Amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi – esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da “culpa in vigilando”, quale che sia il titolo – contrattuale o extracontrattuale – dell’azione. Ne deriva, pertanto, che l’insegnante è privo di legittimazione passiva non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell’ambito di un’azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all’art. 2048, secondo comma, cod. civ.), ma anche nell’ipotesi di danni arrecati dall’allievo a se stesso (ipotesi da far valere secondo i principi della responsabilità contrattuale ex art. 1218 cod. civ.), fermo restando che in entrambi i casi, qualora l’Amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all’alunno autodanneggiatosi, l’insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave, limite, quest’ultimo, operante verso l’Amministrazione ma non verso i terzi. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 3 marzo 2010, n. 5067
In materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo subito da uno studente all’interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 cod. civ. non è sufficiente il solo fatto di aver incluso nel programma della suddetta disciplina e fatto svolgere tra gli studenti una gara sportiva, essendo altresì necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente impegnato nella gara e che, inoltre, la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee a evitare il fatto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso la responsabilità della scuola rispetto all’infortunio patito da un allievo nel corso di una partita di calcio, durante la quale si era ferito al volto a causa di uno scontro di gioco). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 28 settembre 2009, n. 20743
La responsabilità dei genitori per i fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente, prevista dall’art. 2048 cod. civ., è correlata ai doveri inderogabili posti a loro carico all’art. 147 cod. civ. ed alla conseguente necessità di una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti ed a realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito. Per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono pertanto dimostrare di aver impartito al figlio un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini ed alla sua personalità, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la prova di circostanze (quali l’età ormai raggiunta dal minore e le esperienze lavorative da lui eventualmente avute) idonee ad escludere l’obbligo di vigilare sul minore, dal momento che tale obbligo può coesistere con quello educativo, ma può anche non sussistere, e comunque diviene rilevante soltanto una volta che sia stata ritenuta, sulla base del fatto illecito determinatosi, la sussistenza della “culpa in educando”. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 22 aprile 2009, n. 9556
In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità che ex art. 2048 cod. civ. grava sull’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, non è sufficiente per detto insegnante la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale. (Nella specie la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto corretta l’attribuzione di responsabilità ad un insegnante di educazione musicale, e, quindi, all’amministrazione scolastica in relazione ai danni patiti da un allievo che, mentre teneva tra le labbra un flauto, era stato colpito da altro allievo con una gomitata, riportando la rottura dei denti incisivi). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 22 aprile 2009, n. 9542
In tema di responsabilità dell’amministrazione scolastica “ex” art. 61 della legge n. 312 del 1980, sul danneggiato incombe l’onere di provare soltanto che il danno è stato cagionato al minore durante il tempo in cui lo stesso era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico, il che é sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell’obbligo di sorveglianza, mentre spetta all’amministrazione scolastica dimostrare di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto. La valutazione circa il raggiungimento o meno della prova liberatoria, da parte di detta amministrazione, attiene al merito della vicenda ed è, pertanto, insindacabile in sede di legittimità e congruamente motivata. – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 10 ottobre 2008, n. 24997
Ai sensi dell’art 2048 cod. civ., i genitori sono responsabili dei danni cagionati dai figli minori che abitano con essi, sia per quanto concerne gli illeciti comportamenti che siano frutto di omessa o carente sorveglianza sia con riguardo agli illeciti riconducibili ad oggettive carenze nell’attività educativa che si manifestino nel mancato rispetto delle regole della civile coesistenza, vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trovi ad operare. (Nella specie la S.C., accogliendo il proposto ricorso e cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha ritenuto che il temporaneo allontanamento del minore dalla casa dei genitori, per motivi di lavoro, non esima costoro da responsabilità, essendo ascrivibile a oggettive carenze educative l’illecito comportamento manifestatosi nella inosservanza delle norme sulla circolazione stradale). – Corte di Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza, 14 marzo 2008, n. 7050
La responsabilità della banca per il fatto illecito di un proprio dipendente richiede l’accertamento del nesso di «occasionalità necessaria» tra l’esercizio dell’attività lavorativa e il danno, ed è riscontrabile ogni qual volta il fatto lesivo sia stato prodotto, o quanto meno agevolato, da un comportamento riconducibile allo svolgimento dell’attività lavorativa, anche se il dipendente abbia operato oltrepassando i limiti delle proprie mansioni o abbia agito all’insaputa del datore di lavoro. Tale accertamento, con riferimento ad un istituto bancario, va svolto con particolare rigore, in considerazione della peculiare natura dell’attività di raccolta del risparmio e di esercizio del credito, dei controlli e dei vincoli pubblicistici oltre che della conseguente particolare intensità dell’affidamento del cliente in ordine alla correttezza e lealtà dei comportamenti dei preposti alle singole funzioni. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C., in accoglimento del proposto ricorso, non ha escluso la responsabilità della banca, per l’illecito commesso da un funzionario addetto all’ufficio titoli, consistente nell’aver trattenuto somme di denaro che gli erano state affidate da un terzo perché fossero impiegate in investimenti finanziari) — Cass. III, sent. 6033 del 6-3-2008
Se la parte che agisce in via risarcitoria deduce a sostegno della propria domanda fatti che possono indifferentemente comportare responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, il suo esclusivo riferimento alle norme sulla responsabilità extracontrattuale non impedisce al giudice di qualificare diversamente la domanda a condizione che i fatti coincidano con quelli dedotti dalla parte e non vengano in rilievo elementi di differenziazione della disciplina delle due forme di responsabilità sui quali non si sia formato il contraddittorio. (Fattispecie in cui i genitori di una alunna minore, infortunatasi nel corso dell’orario scolastico, hanno convenuto in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito dalla figlia il Ministero della Pubblica Istruzione e l’insegnante cui l’alunna era affidata, deducendo responsabilità ex articolo 2048 cod. civ.; il giudice del merito ha accolto la domanda proposta nei confronti del Ministero e l’ha qualificata come domanda di accertamento della responsabilità contrattuale della pubblica amministrazione). — Cass. III, sent. 10830 del 11-5-2007
In tema di responsabilità dei soggetti obbligati alla sorveglianza di minori, nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, sia che si invochi la presunzione di responsabilità posta dal secondo comma dell’art. 2048 cod. civ., sia che si configuri la responsabilità come di natura contrattuale, la ripartizione dell’onere della prova non muta, poiché il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ. impone che, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile all’obbligato. — Cass. III, sent. 8067 del 31-3-2007
Il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore si trova in rapporto organico con l’amministrazione statale e non con il singolo istituto, con la conseguenza che, per effetto dell’art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, sono riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione i comportamenti, anche illeciti, posti in essere dagli insegnanti del suddetto personale docente, sicché sussiste la legittimazione passiva di detto Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a «culpa in vigilando» degli stessi docenti. In particolare, in tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza (e, quindi, anche nell’eventualità in cui questa omissione sia consistita nella circostanza di aver delegato la funzione stessa ad un terzo), la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell’applicabilità nei loro confronti della presunzione stabilita dall’art. 2048, comma secondo, cod. civ., nei giudizi di danno per «culpa in vigilando» è attuata dall’indicato art. 61 della legge n. 312 del 1980, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sull’operatività dello stesso art. 2048, comma secondo, cod. civ. nei menzionati giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l’esonero dell’insegnante statale dal processo, nel quale l’unico legittimato passivo è il Ministero della Pubblica Istruzione. (Nella specie, sulla scorta dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, con la quale era stata affermata, oltre a quella del Ministero della Pubblica Istruzione, anche la responsabilità di un insegnante preposto alla vigilanza di un allievo di un istituto professionale di Stato infortunatosi ad un occhio in quanto colpito da una scheggia metallica durante un’esercitazione senza che gli venissero fatti usare gli occhiali protettivi, con la conseguente relativa decisione nel merito dell’appello, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto). — Cass. III, sent. 10042 del 29-4-2006
La presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048, secondo comma, cod. civ. a carico dei precettori e dei maestri trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell’allievo; essa, pertanto, non è applicabile in ordine all’azione di risarcimento del danno che l’allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso. Tuttavia, qualora con la sentenza oggetto di ricorso per cassazione il giudice di merito, pur ritenendo erroneamente estensibile la suddetta presunzione di responsabilità all’azione da ultimo richiamata, abbia comunque accertato, procedendo alla loro descrizione e qualificazione, i fatti comportanti l’affermazione in concreto della responsabilità dell’amministrazione ricorrente per difetto di vigilanza sullo svolgimento di un’attività pericolosa produttiva del danno subito dall’allievo affidato all’istituzione scolastica, la S.C. può procedere — ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc .civ. — alla correzione della motivazione della sentenza medesima, il cui dispositivo risulti conforme al diritto. — Cass. III, sent. 10030 del 29-4-2006
La responsabilità per l’esercizio di attività pericolose implica l’accertamento di presupposti di fatto diversi, quantomeno parzialmente, da quelli propri della responsabilità per fatto illecito prevista dalla norma generale dell’art. 2043 cod. civ., onde la domanda che ha per oggetto l’accertamento del primo tipo di responsabilità deve essere considerata diversa e nuova rispetto a quella che ha per oggetto la responsabilità ordinaria per fatto illecito. Le attività pericolose riconducibili nell’ambito di applicabilità dell’art. 2050 cod. civ. si identificano, oltre che con le attività che sono qualificate tali dalla legge di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, con quelle attività che per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati comportino la rilevante possibilità del verificarsi di un danno per la loro spiccata potenzialità offensiva. Pertanto, deve escludersi che si possa considerare pericolosa nel senso indicato l’attività ginnica (come nella specie) prevista nel programma di educazione fisica delle scuole medie inferiori, che si svolga mediante esercizi a corpo libero senza impiego di strumenti particolari. — Cass. III, sent. 8095 del 06-4-2006
Nel caso di danno cagionato dall’alunno a sé stesso, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che — quanto all’istituto scolastico — l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che — quanto al precettore dipendente dell’istituto scolastico — tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico e dell’insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ., sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante. (Nel correggere, ex art. 384, 2° comma, cod. proc. civ., la motivazione dell’impugnata sentenza, che aveva fatto applicazione dell’art. 2048 c.c. anziché della responsabilità contrattuale secondo il principio affermato da Cass., Sez. Un. n. 9346 del 2002, la S.C. ha ritenuto — in base all’accertamento compiuto dal giudice del merito — non ascrivibile nella specie all’insegnante alcun addebito di «culpa in vigilando», in mancanza di omessa adozione di preventive misure organizzative e disciplinari volte ad evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo nonché stante la repentinità del verificarsi della caduta dell’alunno dalla sedia del banco di scuola elementare, evento invero non prevedibile né prevenibile in base all’ordinaria diligenza, come tale integrante la recepita nozione del fortuito quale causa di esonero da responsabilità). — Cass. III, sent. 24456 del 18-11-2005
In relazione all’interpretazione della disciplina della norma di cui all’art. 2048 cod. civ., il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida di motocicli o motoveicoli da parte di minori, con la corrispondente autorizzazione per legge degli stessi alla circolazione su strada con tali mezzi meccanici, non esonera i genitori, che con loro coabitino, dai loro doveri di vigilanza. — Cass. III, sent. 20322 del 20-10-2005
La responsabilità dei genitori a norma dell’art. 2048 cod .civ. (unitamente agli altri soggetti nella stessa disposizione normativa indicati) configura una forma di responsabilità diretta, per fatto proprio, cioè per non avere, con idoneo comportamento, impedito il fatto dannoso, ed è fondata sulla loro colpa, peraltro presunta. — Cass. III, sent. 20322 del 20-10-2005
In relazione all’interpretazione della disciplina prevista nell’art. 2048 cod. civ., è necessario che i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria per superare la presunzione di colpa dalla suddetta norma desumibile, offrano non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e all’indole del minore. L’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 cod. civ. Non è conforme a diritto, invece, per evidente incompatibilità logica, la valutazione reciproca, e cioè che dalle modalità del fatto illecito possa desumersi l’adeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata. — Cass. III, sent. 20322 del 20-10-2005
In tema di responsabilità per illecito extracontrattuale, il principio secondo cui, nei rapporti interni tra più soggetti tenuti a rispondere solidalmente dell’evento dannoso, il regresso è ammesso, a favore di colui che ha risarcito il danno e contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa, presupponendo che ciascuno dei corresponsabili abbia una parte di colpa nel verificarsi dell’evento dannoso, esclude implicitamente la possibilità di esercitare l’azione di regresso nei confronti di coloro che, essendo tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione legale, risultano per definizione estranei alla produzione del danno. Pertanto, nell’ipotesi in cui per un incidente stradale siano tenuti a rispondere nei confronti di un terzo, oltre al conducente, il suo datore di lavoro ed il proprietario dell’autoveicolo, questi ultimi due sono privi di regresso l’uno nei confronti dell’altro, venendone a mancare la stessa funzione giuridico — economica, che consiste nell’accollare il costo del danno all’effettivo responsabile, mentre possono esperire, nello stesso o in separato giudizio, azione di rivalsa contro il conducente — dipendente, autore del fatto dannoso, per l’intera somma pagata al terzo danneggiato. — Cass. III, sent. 17763 del 5-9-2005
La presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048, secondo comma, cod. civ. a carico dei precettori trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell’allievo; essa pertanto non è invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l’allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso; ne consegue che, ove si verifichi un danno a un minore, nel momento in cui lo stesso si trovi sotto la vigilanza del precettore cui era stato affidato, non è sufficiente (nell’ipotesi in cui non venga dedotta anche una responsabilità contrattuale) che il danneggiato provi l’affidamento del minore al precettore medesimo, ma incombe sul danneggiato l’onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, e cioè l’illecito subito da parte di un altro soggetto. Una volta fornita detta prova, trova applicazione la presunzione di colpa di cui alla norma citata e incombe sull’affidatario l’onere di provare il fatto impeditivo, cioè di non aver potuto evitare il verificarsi del danno, nonostante la predisposizione delle necessarie cautele. — Cass. III, sent. 12966 del 16-6-2005
L’art. 61 della legge 11 luglio1980, n. 312, che ha innovato la disciplina della responsabilità del personale della scuola per i danni prodotti ai terzi nell’esercizio delle funzioni di vigilanza degli alunni, si riferisce esclusivamente ai rapporti tra l’amministrazione statale ed il personale degli istituti di istruzione, allo scopo di riequilibrare, sotto l’aspetto della responsabilità patrimoniale, la posizione del personale della scuola con quella del restante personale della P.A.. Ne consegue, per un verso, che detta disciplina non si applica al personale dell’amministrazione pubblica non statale alla quale appartengono le scuole comunali, per l’altro, che la limitazione della responsabilità degli operatori della scuola ai casi di dolo e colpa grave è fissata soltanto nell’ambito dei rapporti con l’Amministrazione e dell’eventuale giudizio di rivalsa che essa dovesse intraprendere contro l’insegnante davanti alla Corte dei Conti, dopo avere subito una condanna a favore del terzo danneggiato, senza nulla mutare nei rapporti verso i terzi per i quali, nei giudizi di responsabilità connessi all’attività di vigilanza sugli alunni, resta in vigore la presunzione di cui all’art. 2048, comma secondo, cod. civ. (Nella specie la Corte di merito, con sentenza di cui la Corte Cass. ha così corretto la motivazione, aveva escluso l’applicazione della disciplina codicistica in una controversia concernente la responsabilità dell’ente locale per il danno patito da un ragazzo ospite di un centro estivo gestito da un Comune). — Cass. III, sent. 9758 del 10-5-2005
Anche dopo l’estensione della personalità giuridica, per effetto della legge delega n. 59 del 1997 e dei successivi provvedimenti di attuazione, ai circoli didattici, alle scuole medie e agli istituti di istruzione secondaria, il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore (nella specie, un liceo scientifico) — che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell’organizzazione statale si trova in rapporto organico con l’Amministrazione della Pubblica Istruzione dello Stato e non con i singoli istituti, che sono dotati di mera autonomia amministrativa. Pertanto, essendo riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione e non ai singoli istituti gli atti, anche illeciti, posti in essere dal menzionato personale, sussiste la legittimazione passiva del Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a «culpa in vigilando» del personale docente, mentre difetta la legittimazione passiva dell’istituto. — Cass. III, sent. 9752 del 10-5-2005
In tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza, la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell’applicabilità nei loro confronti della presunzione di cui all’art. 2048, secondo comma, cod. civ., nei giudizi di danno per «culpa in vigilando» è attuata dall’art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sulla operatività dell’art. 2048, secondo comma, cod. civ. nei detti giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l’esonero dell’insegnante statale dal processo, nel quale l’unico legittimato passivo è il Ministero dell’istruzione, nei cui confronti continuerà ad applicarsi, nei casi (come quello di specie) di danno provocato da un alunno ad un altro alunno, la presunzione di responsabilità prevista dalla norma citata, mentre la prova del dolo o della colpa grave dell’insegnante rileva soltanto ove l’amministrazione eserciti, successivamente alla sua condanna, l’azione di rivalsa nei confronti del medesimo. — Cass. III, sent. 2839 del 11-2-2005
In tema di responsabilità dei genitore ex art. 2048 cod. civ. l’inefficacia dell’educazione da questi impartita al figlio minore è legittimamente desumibile (anche) dalla specifica condotta causativa del danno (nella specie, consistente nella guida spericolata, in guisa di esibizione, di un ciclomotore non abilitato al trasporto di due persone). — Cass. III, sent. 2518 del 8-2-2005
In tema di responsabilità civile ex art. 2048 cod. civ., il dovere di vigilanza dell’insegnante per il danno subiot dall’allievo — obbligo la cui estensione va commisurata all’età ed al grado di maturazione ragiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto — presuppone che l’allievo gli sia stato affidato. pertanto colui che agisce per oteenre il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante, restando indifferente che invochi la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, affinché sia salvaguardata l’incolumità dei discenti minori. (Nella specie la Corte Cass. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell’amministrazione scolastica con riguardo al ferimento con arma da fuoco di un minore da parte di un nomade con il quale aveva avuto un litigio il giorno precedente, in quanto avvenuto in un cortile antistante la scuola, non adeibito ad eesclusivo uso della stessa, essendo transitabile ed accessibile da terzi per il parcheggio di autoveicoli, neppure rilevando l’uso di tale luogo per la sosta dei ritardatari, atteso che era stato accertato che l’alunno ferito aveva deliberatamente deciso di non entrare a scuola alla prima ora, ma di allontanarsi dal cortile per recarsi in un vicino bar). — Cass. III, sent. 2272 del 4-2-2005
Qualora la responsabilità del genitore per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore trovi fondamento, essendo il minore incapace di intendere e volere al momento del fatto, nella fattispecie autonoma di cui all’art. 2047 cod. civ. e non in quella di cui all’art. 2048 cod. civ., incombe sul genitore del danneggiante la prova dell’affidamento ad altro soggetto della sorveglianza dell’incapace. Detta prova è particolarmente rigorosa, dovendo egli provare di non aver potuto impedire il fatto e quindi dimostrare un fatto impeditivo assoluto. (Nella specie, relativa all’infortunio occorso ad un minore colpito con un ceppo di legno da altro fanciullo di sette anni che giocava con lui, la S. C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dei genitori del danneggiante, essendo presente al gioco il padre del danneggiato, assumendo che la madre del primo, allontanatasi, aveva ritenuto tacitamente delegata all’altro adulto rimasto la sorveglianza del proprio figlio minore). — Cass. III, sent. 1148 del 20-1-2005
In base alla previsione contenuta nell’art. 2048 cod. civ. in tema di responsabilità dei genitori per il danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore, sul danneggiato incombe solo l’onere di provare che il fatto illecito sia stato commesso dal minore ed il danno subito, mentre i genitori, per sottrarsi alla presunzione di responsabilità a loro carico , devono provare di non aver potuto impedire il fatto, intendendosi tale onere probatorio come onere di fornire la positiva dimostrazione dell’osservanza dei precetti imposti dall’art. 147 cod. civ. relativo ai doveri verso i figli, tra i quali quello di educare la prole. — Cass. III, sent. 15419 del 10-8-2004
La responsabilità del soggetto che abbia a qualunque titolo la detenzione di un immobile altrui e che sia tenuto perciò a conservarlo con la diligenza del buon padre di famiglia che incombe su ogni debitore può concorrere con quella di altri responsabili dei danni arrecati all’immobile (nella specie i genitori degli alunni di una scuola occupata da un Comune). In tal caso l’obbligazione risarcitoria del detentore, pure se solidale con quella di altri responsabili del danno, ha per contenuto l’intero danno subito dal proprietario dell’immobile, per il disposto dell’art. 2055 cod. civ., applicabile anche nel caso in cui gli autori del danno rispondano per titoli diversi, contrattuale ed aquiliano. — Cass. III, sent. 13082 del 14-7-2004
In materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo verificatosi a carico di uno studente all’interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, nell’ambito dello svolgimento di una partita, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 cod. civ., incombe sullo studente l’onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero l’illecito subito da parte di un altro studente, e sulla scuola l’onere di provare il fatto impeditivo, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno; in particolare, non può essere considerata illecita la condotta di gioco che ha provocato il danno se è stata tenuta in una fase di gioco quale normalmente si presenta nel corso della partita, e si è tradotta in un comportamento normalmente praticato per risolverla, senza danno fisico, in favore dei quello dei contendenti che se ne serve, se non è in concreto connotata da un grado di violenza ed irruenza incompatibili col contesto ambientale e con l’età e la struttura fisica delle persone partecipanti al gioco. — Cass. III, sent. 15321 del 14-10-2003
In materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo subito da uno studente all’interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 cod. civ. non è sufficiente il solo fatto di aver incluso nel programma di educazione fisica e fatto svolgere tra gli studenti una gara sportiva, in quanto è necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente, (quindi che lo studente infortunato abbia subito il danno perché fatto segno di una azione colposa da parte di altro studente impegnato nella partita) ed inoltre che la scuola non abbia predisposto tutte le misure atte a consentire che l’insegnante, sotto la cui guida si svolgeva il gioco, fosse stato posto in grado di evitare il fatto. — Cass. III, sent. 15321 del 14-10-2003
In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, in caso di caduta di alunno di una scuola materna statale avvenuta accidentalmente nel corso di un gioco non presentante elementi di pericolo non è configurabile la responsabilità diretta dell’insegnante per il fatto illecito del minore che subisce il danno, qualora non risulti accertato né il concorso di colpa del minore né la responsabilità concorrente od esclusiva di altro minore danneggiante. Aggiungasi — fra l’altro — che, peraltro, la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2048 cod. civ. non è assoluta — come se si trattasse di ipotesi di responsabilità oggettiva — ma configura una responsabilità soggettiva aggravata in ragione dell’onere incombente all’insegnante o al precettore di fornire la prova liberatoria, onere che risulta assolto in relazione all’esercizio — da accertarsi in concreto — di una vigilanza adeguata all’età e al normale grado di comportamento dei minori loro affidati. — Cass. III, sent. 11453 del 23-7-2003
In materia di responsabilità extracontrattuale, l’accertamento della sussistenza o meno del nesso di causalità tra la condotta e l’evento dannoso comporta valutazioni di fatto che, come tali, sono riservate al giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. — Cass. III, sent. 11453 del 23-7-2003
Ai sensi dell’art. 2048, secondo comma, cod. civ., va qualificato precettore il soggetto al quale l’allievo è affidato per ragioni di educazione ed istruzione, sia nell’ambito di una struttura scolastica (come avviene per i maestri), sia in virtù di un autonomo rapporto privato (quale è quello che intercorre con un institore), sempre che l’affidamento, se pur limitato ad alcune ore del giorno o della settimana, assuma carattere continuativo e non sia, quindi, meramente saltuario. (Enunciando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza di appello, la quale aveva escluso che potesse essere qualificato tale il soggetto, non dipendente dell’istituto scolastico, occasionalmente intervenuto, in rappresentanza del CONI, alla premiazione delle gare ginniche di fine anno degli alunni di una scuola elementare, nel corso delle quali uno degli scolari era stato ferito da un sasso scagliato da un compagno). — Cass. III, sent. 11241 del 18-7-2003
Allorché, in relazione al danno ad un terzo cagionato dal fatto illecito dell’allievo, sia stata affermata la responsabilità dell’insegnante di scuola privata «ex» art. 2048 cod. civ. per mancata dimostrazione dell’inevitabilità dell’evento dannoso, sussiste la responsabilità indiretta dell’istituto scolastico con il quale detto insegnante intratteneva il rapporto di lavoro, responsabilità che, traendo fondamento dalla rigorosa previsione dell’art. 2049 cod. civ., non ammette prova liberatoria da parte del datore di lavoro, sul quale grava il rischio di impresa. — Cass. III, sent. 11241 del 18-7-2003
In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità che ex art. 2048 cod. civ. grava sull’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale. — Cass. III, sent. 2657 del 21-2-2003
Qualora il genitore del minore danneggiato agisca in proprio per ottenere il risarcimento dei danni eventualmente derivatigli dall’illecito commesso nei confronti del figlio, è opponibile il suo concorso di colpa (per omessa vigilanza del minore stesso), essendo in tale ipotesi la relativa eccezione diretta a limitare la misura del risarcimento del danno in favore di esso genitore; tale questione non può essere, invece, utilmente proposta allorché il genitore agisca quale rappresentante del minore danneggiato. — Cass. III, sent. 11241 del 18-7-2003
La prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 cod. civ. non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di avere anche adottato, in via preventiva, le misure idonee ad evitarlo. — Cass. III, sent. 15243 del 29-10-2002
La presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048, secondo comma, cod. civ. a carico dei precettori trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell’allievo; essa pertanto non è invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l’allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso. — Cass. Sez. Un., sent. 9346 del 27-6-2002
In tema di responsabilità degli insegnanti di scuole statali, l’art. 61, secondo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 – nel prevedere la sostituzione dell’Amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi – esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da «culpa in vigilando», quale che sia il titolo – contrattuale o extracontrattuale dell’azione. Ne deriva, pertanto, che l’insegnante è privo di legittimazione passiva non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell’ambito di un’azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all’art. 2048, secondo comma, cod. civ.), ma anche nell’ipotesi di danni arrecati dall’allievo a se stesso (ipotesi da far valere secondo i principi della responsabilità contrattuale «ex» art. 1218 cod. civ.), fermo restando che in entrambi i casi, qualora l’Amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all’alunno autodanneggiatosi, l’insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave, limite, quest’ultimo, operante verso l’Amministrazione ma non verso i terzi. — Cass. Sez. Un., sent. 9346 del 27-6-2002
L’art. 2048 cod. civ. postula l’esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto è configurabile la «culpa in educando» e la «culpa in vigilando». Pertanto la responsabilità dei genitori o precettori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore. — Cass. III, sent. 8740 del 26-6-2001
L’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può esser ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 cod. civ.. — Cass. III, sent. 7270 del 29-5-2001
La prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 cod. civ. di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore capace di intendere e di volere si concreta, normalmente, nella dimostrazione, oltre che di aver impartito al minore un’educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari, anche di aver esercitato sullo stesso una vigilanza adeguata all’età e finalizzata a correggere comportamenti non corretti e, quindi, meritevoli di un’ulteriore o diversa opera educativa. A tal fine non occorre che i genitori provino la propria costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio — ricadendosi, altrimenti, nell’obbligo di sorveglianza che l’art. 2047 cod. civ. impone ai genitori di minore incapace — quando per l’educazione impartita, per l’età del figlio e per l’ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l’ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano costituire fonte di pericoli per sé e per i terzi. (Nella specie, alla stregua dei principi di cui alla massima, la S.C. ha escluso la responsabilità dei genitori di un minore che, alla guida di un motociclo, aveva investito un uomo provocandogli gravi danni alla persona, per avere essi fornito la prova di aver fatto tutto il possibile per educare adeguatamente il figlio e prepararlo alla necessaria autonomia, in particolare, per ciò che rilevava nella fattispecie, avviandolo al lavoro e facendogli conseguire la patente «A»). — Cass. 28-3-2001, n. 4481
L’amministrazione scolastica è direttamente responsabile, in virtù del rapporto del collegamento organico con essa del personale dipendente, del danno che sia cagionato a minore nel tempo in cui è sottoposto alla vigilanza di detto personale. L’onere probatorio del danneggiato, in tale ipotesi, si esaurisce nella dimostrazione che il fatto si è verificato nel tempo in cui il minore è affidato alla scuola, essendo ciò sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell’obbligo di sorveglianza, mentre spetta all’amministrazione scolastica la prova liberatoria che è stata esercitata la sorveglianza sugli allievi con una diligenza idonea ad impedire il fatto. Ne consegue che, nel relativo giudizio per il risarcimento del danno, sussiste la legittimazione passiva del Ministero della Pubblica Istruzione, che si surroga al personale predetto per gli illeciti dallo stesso compiuti (con facoltà per lo Stato di rivalersi su detto personale, ove il difetto di vigilanza sia ascrivibile a dolo o colpa grave). Né alcuna rilevanza assume in contrario il fatto che l’infortunio si sia (come nella specie) verificato all’interno di un istituto tecnico commerciale, dotato, come tale, di personalità giuridica e di autonomia nel suo funzionamento, ai sensi dell’art. 3 della legge 15 giugno 1931, n. 889, ove il danno sia ascrivibile al comportamento del personale docente, in quanto verificatosi durante le ore di lezione (anche se il minore sia stato temporaneamente affidato a personale ausiliario, dipendente, nel caso di istituto tecnico commerciale, dalla Provincia, e, pertanto, non organicamente collegato allo Stato). Infatti, il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore che costituiscono organi dello Stato muniti di personalità giuridica ed inseriti nell’organizzazione statale si trova in rapporto organico con l’amministrazione della pubblica istruzione e non con i singoli istituti, dotati di mera autonomia amministrativa. — Cass. 7-11-2000, n. 14484
La responsabilità del genitore (ex art. 2048, comma primo, cod. civ.) e quella del precettore (ex art. 2048, comma secondo, cod. civ.) — per il fatto commesso da un minore capace di intendere e volere mentre è affidato a persona idonea a vigilarlo e controllarlo — non sono tra loro alternative, giacché l’affidamento del minore alla custodia di terzi solleva il genitore dalla presunzione di colpa in vigilando (dal momento che dell’adeguatezza della vigilanza esercitata sul minore risponde il precettore cui lo stesso è affidato), ma non anche da quella di colpa in educando, rimanendo comunque i genitori tenuti a dimostrare, per liberarsi da responsabilità per il fatto compiuto dal minore in un momento in cui lo stesso si trovava soggetto alla vigilanza di terzi, di avere impartito al minore stesso un’educazione adeguata a prevenirne comportamenti illeciti. — Cass. 21-9-2000, n. 12501
L’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può esser ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 cod. civ. — Cass. 7-8-2000, n. 10357
Deve escludersi la responsabilità contrattuale di una scuola di sci per le lesioni che un allievo subisca nel corso di una lezione ad opera di terzi che lo investa su una pista aperta a tutti ove il maestro del quale la scuola si avvale, si trovi nella materiale impossibilità di evitare l’evento dannoso e nel suo comportamento esulino profili di colpa. — Cass. 25-5-2000, n. 6866
L’insegnante della scuola pubblica è privo di legittimazione passiva nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti da un allievo ed imputati a culpa in vigilando dell’insegnante stesso, unico legittimato essendo il ministero della pubblica istruzione, ai sensi dell’art. 61, legge 11 luglio 1980, n. 312. — Cass. 16-7-99, n. 7517
L’art. 2048 cod. civ. pone una presunzione di responsabilità a carico dell’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, collegata all’obbligo di sorveglianza scaturente dall’affidamento e temporalmente dimensionata alla durata di esso. La prova liberatoria non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di aver adottato in via preventiva, le misure organizzative idonee ad evitarlo. (Nel caso di specie la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la responsabilità dell’insegnante avuto riguardo alla circostanza dell’allontanamento ingiustificato della stessa dall’aula). — Cass. 3-2-99, n. 916
In materia di sanzioni amministrative pecuniarie, nell’ipotesi in cui l’illecito sia attribuito ad un minore degli anni diciotto, soggetto alla potestà dei genitori, di esso possono essere chiamati a rispondere per fatto proprio (culpa in vigilando e/o in educando) i genitori medesimi. Peraltro, ben può l’autorità amministrativa procedente, sulla base delle valutazioni effettuate nel caso concreto, esercitare la pretesa sanzionatoria nei confronti di uno soltanto dei genitori, mediante l’emissione dell’ordinanza ingiunzione di pagamento nei soli suoi confronti. In tal caso, legittimato a proporre opposizione avverso il provvedimento è soltanto il genitore che ne è il destinatario. — Cass. 22-1-99, n. 572
L’inefficacia dell’educazione impartita dai genitori ai fini dell’affermazione della loro responsabilità per il risarcimento del danno provocato dal loro figlio, è desumibile anche dalla condotta di questi, in violazione di leggi e regolamenti. (Nella specie, il minore si era allontanato dalla scuola durante l’orario didattico alla guida di un motorino altrui senza avere il patentino, con a bordo una compagna di scuola, di cui aveva provocato la morte in uno scontro contro un’auto). — Cass. 26-11-98, n. 11984
Il genitore risponde, ai sensi dell’art. 2048 cod. civ., dell’atto illecito compiuto dal proprio figlio minore, quand’anche la responsabilità di quest’ultimo non sia accertata in concreto, ma sia stata presunta ex art. 2054 comma secondo cod. civ. — Cass. 9-7-98, n. 6686
In tema di responsabilità civile ex art. 2048 cod. civ., il dovere di vigilanza dell’insegnante va commisurato all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto. — Cass. 10-12-98, n. 12424
In tema di affidamento a terzi, da parte di un istituto scolastico, di un servizio parascolastico relativo a studenti minorenni (nella specie, accompagnamento a mezzo scuolabus), la conduzione del minore dalla fermata dell’automezzo fino alla propria abitazione compete, di regola (anche per ragioni di funzionalità e celerità del servizio), ai di lui genitori o ai soggetti da costoro incaricati, senza che tale, astratto principio possa, peraltro, esimere da responsabilità l’autista deputato all’accompagnamento ove mai quest’ultimo, tutte le volte in cui alla fermata dell’automezzo non sia presente nessuno dei soggetti predetti, non abbia cura di adottare tutte le necessarie cautele suggerite dalla ordinaria prudenza in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo (come, nella specie, preoccuparsi dell’assistenza nell’attraversamento di una strada). — Cass. 30-12-97, n. 13125
Presupposto indefettibile della responsabilità per culpa in vigilando per i danni cagionati dalle persone affidate alla sorveglianza è l’accertamento della derivazione dell’evento lesivo dall’omissione del sorvegliante, non importa se identificato, purché identificabile, nel caso di personale dipendente da un ente pubblico. — Cass. 2-7-97, n. 5946
Il custode di cose sequestrate in sede penale ai sensi dell’art. 344 cod. proc. pen. abrogato e degli articoli 65, 66 e 67 cod. proc. civ. opera esclusivamente per conto del giudice al cui controllo è sottoposto come suo ausiliare, il che, se comporta l’assenza di ogni rapporto di tipo privatistico con i titolari delle cose poste sotto sequestro non esclude che nei confronti degli stessi il custode possa assumere una propria autonoma responsabilità di natura extracontrattuale ove cagioni loro un danno a causa dell’inosservanza dei suoi doveri inerenti alla conservazione delle cose affidategli in custodia. Tale responsabilità, in ipotesi di sequestro penale (disposto, nella specie dalla polizia tributaria per violazione di leggi doganali) può concorrere con la responsabilità dell’Amministrazione (finanziaria, nella specie) per la scelta del custode, configurabile anche in relazione al luogo, eventualmente inidoneo, di ricovero dei beni necessariamente implicato dalla scelta del soggetto cui affidarne la custodia, restando peraltro escluso che in relazione ai beni suddetti sussista a carico dell’Amministrazione una responsabilità per mancato adempimento dell’obbligazione accessoria di custodire a norma dell’art. 1177 cod. civ., mancando in tale ipotesi l’obbligazione principale di consegnare rispetto alla quale l’obbligazione di custodia ha carattere accessorio. — Cass. 24-5-97, n. 4635
La prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 cod. civ. di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore, capace di intendere e volere, si concreta, normalmente, nella dimostrazione, oltre di avere impartito al minore un’educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari, anche di avere esercitato sul medesimo una vigilanza adeguata all’età. A tal fine non occorre che il genitore provi la sua costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio quando, per l’educazione impartita, per l’età del figlio e per l’ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l’ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano mai costituire fonte di pericoli per sé e per i terzi. (Nella specie, un gruppo di ragazzi gioca a tennis nella piazza di un paese di montagna; la palla finisce in un giardino privato, un ragazzo va a prenderla ma il proprietario del fondo gli rompe la racchetta; un altro ragazzo sopraggiunge ed, infuriato, frantuma la propria racchetta contro un muretto; una scheggia dell’attrezzo colpisce l’occhio dell’uomo, cagionandogli gravi danni ad un occhio. La S.C., in applicazione dell’enunciato principio di diritto, ha confermato la sentenza del merito, la quale ha escluso la responsabilità dei genitori del minore sul presupposto che il fatto che questi si fosse recato a giocare a tennis in una piazza di un piccolo paese non rappresentava, in termini di normale ragionevolezza, una situazione tale da dover essere seguita o impedita dai genitori al fine di evitare danni). — Cass. 9-4-97, n. 3088
Se un minore, capace di intendere e volere, commette un fatto illecito mentre è affidato a persona idonea a vigilarlo e controllarlo, la responsabilità risarcitoria del genitore non viene meno perché persiste la presunzione di culpa in educando, che costituisce l’altro fondamento dell’ art. 2048 cod. civ. — Cass. 25-3-97, n. 2606
La responsabilità del genitore, per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore, trova fondamento, a seconda che il minore sia o meno capace di intendere e volere al momento del fatto, rispettivamente nell’art. 2048 cod. civ., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione ovvero nell’art. 2047 cod. civ., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di sorveglianza e di vigilanza. Le indicate ipotesi di responsabilità presunta pertanto, sono alternative — e non concorrenti — tra loro, in dipendenza dell’accertamento, in concreto, dell’ esistenza di quella capacità. — Cass. 25-3-97, n. 2606
In tema di responsabilità dei genitori per i danni cagionati dall’illecito del figlio minore, ove manchi, da parte dei primi, la prova liberatoria di non avere potuto impedire il comportamento dannoso e cioè la dimostrazione di avere impartito al minore l’educazione e l’istruzione consone alle proprie condizioni familiari e sociali e di avere vigilato sulla sua condotta, così da non potersi configurare a loro carico una culpa in educando o in vigilando i genitori medesimi sono obbligati a risarcire i detti danni nella stessa misura con cui tale obbligazione graverebbe sull’autore materiale dell’illecito e, quindi, nel caso sussistano le condizioni, anche al risarcimento dei danni non patrimoniali. (Nella specie, un minorenne, alla guida di un ciclomotore non assicurato, aveva cagionato lesioni ad un pedone; il giudice di merito aveva condannato i genitori dell’investitore al risarcimento dei danni, ritenendo che essi non avevano fornito la prova di avere adeguatamente vigilato sul minore, limitandosi solo a raccomandargli di «andare piano e di stare attento», e consentendogli, peraltro, di circolare senza copertura assicurativa. La S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza del merito, ritenendola congruamente motivata circa l’inadeguatezza dell’educazione impartita al minore e la vigilanza su di lui esercitata). — Cass. 20-1-97, n. 540
L’art. 2048 cod. civ., dopo aver previsto la responsabilità dei precettori e dei maestri d’arte per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza, dispone che tali soggetti sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto; cosicché, perché possa verificarsi una tal genere di responsabilità, è necessario che il fatto sia prevedibile, in quanto ciò che è imprevedibile è anche, per definizione, non prevenibile. Per accertare la prevedibilità del fatto il giudice del merito deve far riferimento alla sua ripetitività o ricorrenza statistica, non astrattamente intesa, ma correlata al particolare ambiente di cui si tratta, sulla base della ragionevole prospettazione secondo cui certi eventi, già verificatisi in date condizioni, possono, al riprodursi di queste, ripetersi. (Nella specie, il Ministero della Pubblica Istruzione veniva condannato al risarcimento del danno in relazione alle lesioni subite dall’allievo di una scuola in conseguenza del lancio, da parte di un suo compagno, di una pallina di carta che l’aveva colpito nell’occhio. La S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza del merito che, nell’affermare la prevedibilità del fatto, aveva tenuto conto del già avvenuto lancio di palline di carta in quella scuola e durante certe ore di insegnamento, nonché della situazione di indisciplina della classe). — Cass. 2-12-96, n. 10723
La responsabilità dei genitori per il fatto illecito dei figli minori ai sensi dell’art. 2048 cod. civ. può concorrere con quella degli stessi minori fondata sull’art. 2043 cod. civ. se capaci di intendere e di volere. Del pari, il vincolo di solidarietà sussiste anche tra la responsabilità dei genitori da un lato e quella dei precettori dall’altro, fondate rispettivamente sulla culpa in educando e sulla culpa in vigilando, quando sia stata accertata una inadeguata educazione del minore alla vita di relazione. — Cass. 13-9-96, n. 8263
ncorre nella responsabilità ex art. 2048 cod. civ. per le lesioni riportate da un allievo per il fatto colposo di altro allievo, l’insegnante di scuola elementare che in violazione dell’art. 350 della legge 26 aprile 1928, n. 1297, abbia reso possibile l’accaduto in un’aula priva di sorveglianza, dopo aver preso in consegna l’intera classe. — Cass. 13-9-96, n. 8263
Nel caso di illecito amministrativo commesso da persona non imputabile perché minore di diciotto anni, del quale è chiamato a rispondere chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace, la prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto — richiesta dall’art. 2, capoverso, della legge n. 689 del 1981 — compete non soltanto a coloro che sono tenuti alla sorveglianza degli incapaci, ma anche ai genitori dei minori ed agli altri soggetti indicati nell’art. 2048 cod. civ. In particolare, tale prova si concreta, per i genitori, nella dimostrazione di avere impartito al minore un’educazione conforme alle sue condizioni familiari e sociali, nonché di avere esercitato una vigilanza adeguata all’età, al carattere ed all’indole del medesimo. — Cass. 10-7-96, n. 6302
In ipotesi di domanda risarcitoria proposta rispettivamente, ex art. 2043 cod. civ., nei confronti di soggetto minore di età, quale autore del danno, ed ex art. 2048 cod. civ., contro il suo genitore, si produce una situazione di litisconsorzio facoltativo, nella quale, pur nell’unicità del fatto storico, permane l’autonomia dei rispettivi titoli del rapporto giuridico e della causa petendi. — Cass. 5-6-96, n. 5268
In tema di responsabilità del precettore per i danni subiti dall’allievo nel tempo in cui è a lui affidato, il direttore didattico, per la sua attività meramente amministrativa di organizzazione e di controllo dei maestri, deve considerarsi non un precettore, bensì un organo interno dell’amministrazione della scuola pubblica primaria. Conseguentemente, deve essere esclusa la responsabilità ex art. 2048 cod. civ. per l’infortunio occorso ad un allievo, del direttore di una colonia, non essendo questi tenuto per i suoi compiti meramente amministrativi alla vigilanza sugli alunni, affidata a maestri assistenti. — Cass. 26-4-96, n. 3888
In tema di responsabilità del precettore per i danni subiti dall’allievo nel tempo in cui è a lui affidato, il direttore didattico, per la sua attività meramente amministrativa, di organizzazione e di controllo dei maestri, deve considerarsi non un precettore, bensì un organo interno dell’amministrazione della scuola pubblica primaria, il quale coadiuva l’attività del provveditore agli studi, senza che in contrario possa addursi — a seguito dell’avvenuta abrogazione (per effetto dell’art. 12 della legge 24 settembre 1971, n. 820) dell’art. 329 del regolamento approvato con r.d. 26 aprile 1928, n. 1297, sul potere del direttore di nominare supplenti, e dell’entrata in vigore del d.p.r. 14 gennaio 1972, n. 3, sul trasferimento alle regioni di competenze amministrative già proprie di organi centrali e periferici operanti nel settore scolastico (disciplinate, dalla regione Lombardia con la legge 6 giugno 1972, n. 13), nonché dell’art. 9 del d.l. 17 gennaio 1977, n. 2, sulla sospensione dell’assunzione di personale — una colpa del direttore consistente nel non avere provveduto a disporre supplenze idonee a fronteggiare le necessità della scuola. — Cass. 10-6-94, n. 5663
La responsabilità della P.A. ex artt. 28 Cost., 2043 e 2048 cod. civ. per le lesioni riportate da un alunno minore all’interno di un istituto di istruzione in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell’orario delle lezioni, ove ne sia consentito l’anticipato ingresso nella scuola o la successiva sosta, sussistendo l’obbligo delle autorità scolastiche di vigilare sul comportamento degli scolari per tutto il tempo in cui costoro vengono a trovarsi legittimamente nell’ambito della scuola fino al loro effettivo licenziamento. — Cass. 19-2-94, n. 1623
In tema di responsabilità civile degli insegnanti per i danni cagionati da fatti illeciti di loro allievi, il dovere di vigilanza imposto ai docenti dall’art. 2048, secondo comma, cod. civ. non ha carattere assoluto, bensì relativo, occorrendo correlarne il contenuto e l’esercizio in modo inversamente proporzionale all’età ed al normale grado di maturazione degli alunni, di modo che, con l’avvicinamento di costoro all’età del pieno discernimento, l’espletamento di tale dovere non richiede la continua presenza degli insegnanti, purché non manchino le più elementari misure organizzative dirette a mantenere la disciplina tra gli allievi. (Nella specie, in base al principio così formulato, la S.C. ha confermato la decisione del merito che aveva respinto la richiesta di risarcimento di un allievo quindicenne di un istituto tecnico che, nel corso dell’intervallo ed in assenza di sorveglianza da parte degli insegnanti, aveva riportato lesioni personali dalla rottura di una vetrata causata da altri coetanei). — Cass. 23-6-93, n. 6937
L’art. 2048 cod. civ. pone una presunzione di responsabilità a carico dei precettori in caso di danno cagionato da fatto illecito dei loro allievi, che può essere superata soltanto con la dimostrazione di aver esercitato la sorveglianza sugli stessi con una diligenza diretta ad impedire il fatto, cioè quel grado di sorveglianza correlato alla prevedibilità di quanto può accadere, con la conseguenza che, ove manchino anche le più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi, non si può invocare quella imprevedibilità del fatto che, invece, esonera da responsabilità soltanto nelle ipotesi in cui non sia possibile evitare l’evento nonostante la sussistenza di un comportamento di vigilanza adeguato alle circostanze. — Cass. 22-1-90, n. 318
L’art. 2048 cod. civ. — secondo cui il padre e la madre sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati — configura una presunzione di responsabilità per liberarsi della quale incombe ai genitori l’onere di provare «di non aver potuto impedire il fatto», cioè di avere impartito al figlio minore un’adeguata educazione e di avere esercitato sul medesimo la vigilanza necessaria in relazione all’educazione impartita (nel senso che maggiore deve essere la vigilanza quanto minore è l’educazione data), al fine di impedire il compimento, da parte del figlio, di fatti illeciti che cagionino danni a terzi. — Cass. 7-4-88, n. 2738
Ai fini della responsabilità dei genitori per i danni cagionati dai figli minori (art. 2048 cod. civ.), l’inadeguatezza della educazione impartita e della vigilanza esercitata può desumersi, in mancanza di una concludente prova contraria, dalle stesse modalità del fatto illecito commesso. (Nella specie, lancio di un pugno di calce viva nell’occhio di un coetaneo), perché tali modalità possono rivelare lo stato di maturità, il temperamento e, in genere, l’educazione del minore. — Cass. 16-5-84, n. 2995
L’esercizio dell’azione per il risarcimento del danno subito da un figlio minore, in quanto diretta al recupero di somme ed alla reintegrazione del patrimonio leso, è atto di ordinaria amministrazione e può perciò essere compiuto disgiuntamente da ciascun genitore, ai sensi dell’art. 320 cod. civ. — Cass. 15-12-80, n. 6503
La procura speciale per il ricorso per cassazione, rilasciata, quale ricorrente, da un genitore che abbia agito — per sé e quale legale rappresentante — per il risarcimento di danni da lesioni personali sopportati dal proprio figlio minore, deve intendersi rilasciata oltreché in nome proprio anche in nome e per conto del figlio medesimo, qualora ciò risulti dall’intestazione e dal contenuto del ricorso, in calce al quale la procura sia apposta, ancorché nella procura medesima il minore non sia menzionato. — Cass. 15-12-80, n. 6503
La responsabilità dei genitori prevista dall’art. 2048 cod. civ. si fonda sulla presunzione di colpa in vigilando o in educando e, pertanto, quando venga meno la prima, per l’affidamento del minore a persona idonea a provvedere alla sua direzione e controllo, rimane a loro carico l’onere di provare l’insussistenza della colpa in educando, ben potendo farsi risalire ad essa soltanto il comportamento dannoso del minore. (Nella specie, è stata affermata la responsabilità, per colpa in educando, del genitore di un alunno di prima media, il quale, in presenza dell’insegnante cui la scolaresca era affidata, aveva ferito ad un occhio un compagno con la stecca di supporto di una carta geografica). — Cass. 1-4-80, n. 2119
La norma dell’art. 350 del regolamento generale per il servizio scolastico, approvato con r.d. 26 aprile 1928, n. 1297, secondo la quale la sorveglianza degli allievi si estende al periodo di tempo destinato alla ricreazione e va esercitata con l’effettiva presenza degli insegnanti nel luogo in cui l’attività ricreativa si svolge, non è applicabile agli istituti scolastici religiosi di istruzione media, in quanto detto regolamento riguarda i servizi dell’istruzione elementare. — Cass. 15-1-80, n. 369
La responsabilità del genitore per il fatto illecito del minore (nella specie, incidente stradale), ai sensi dell’art. 2048 cod. civ., postula la coabitazione, e, pertanto, viene meno qualora il minore abbia stabilmente lasciato la casa familiare, per fatto non imputabile al genitore, sottraendosi così ad ogni possibilità di controllo e vigilanza. — Cass. 11-7-78, n. 3491
La temporanea assenza del minore dal luogo in cui abitano i propri genitori non è causa interruttiva della coabitazione ai fini della responsabilità dei genitori per il danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore prevista dall’art. 2048 cod. civ. — Cass. 20-4-78, n. 1895
L’insegnante elementare che, pur non allontanandosi dall’edificio scolastico, abbandona gli alunni, anche per breve tempo, senza seri e validi motivi e senza adottare le opportune cautele affinché i minori non vengano a trovarsi in incontrollata libertà e non si trovino perciò esposti a facili pericoli, è responsabile del danno che un alunno venga a sopportare a causa dell’assenza. Tale responsabilità deriva non solo dal principio generale della responsabilità dei precettori (art. 2048 cod. civ.), ma anche dall’art. 350 r.d. n. 1297 del 1928 (regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare), che impone al maestro l’obbligo di sorveglianza, e perciò di presenza continua nell’ambiente in cui si trovano gli alunni. — Cass. 7-6-77, n. 2342
Qualora il minore venga affidato a persona idonea a provvedere alla sua direzione e controllo (nella specie, datore di lavoro domestico), la responsabilità dei genitori, ai sensi dell’art. 2048 cod. civ., per il fatto illecito commesso da detto minore (nella specie, furto di un gioiello in danno del datore di lavoro), si fonda esclusivamente su una presunzione di colpa in educando, non anche di colpa in vigilando. In tale ipotesi, pertanto, i genitori si liberano da quella responsabilità con la dimostrazione che hanno impartito al minore un’educazione adeguata a prevenirne comportamenti illeciti, in relazione alla sua personalità, alle sue attitudini ed all’ambiente, e, quindi, che il fatto dannoso e anomalo rispetto all’indole ed alle tendenze abituali del suo autore, ovvero ascrivibile a difetto di vigilanza da parte della persona a cui è stato affidato. — Cass. 22-4-77, n. 1501
Il requisito della coabitazione, stabilito per la presunzione di responsabilità dei genitori o del tutore per il fatto illecito dei minori non emancipati o soggetti alla tutela, sussiste anche nel caso in cui il minore abbia commesso il fatto illecito durante una temporanea assenza dalla casa d’abitazione. — Cass. 9-6-76, n. 2115
Anche se i seminari sono stati istituiti per la formazione e la cultura degli ecclesiastici, sussiste tuttavia un rapporto contrattuale tra i seminaristi e le autorità preposte al seminario e cioè un accordo tra la volontà dei richiedenti l’ammissione nel seminario e quella dell’ ente, per cui discendono obblighi del rettore e dei suoi preposti da una parte e obblighi dei seminaristi dall’altra. In conseguenza l’azione di responsabilità per i danni subiti da un allievo in conseguenza della violazione dei doveri di sorveglianza sugli allievi da parte dei preposti ha carattere contrattuale ed è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale prevista dall’art. 2946 cod. civ. (Nella specie, un seminarista, per riprendere un pallone, finito al di là della cancellata di un giardino, durante il gioco che praticava con i suoi compagni sotto la vigilanza di un «prefetto», si era arrampicato sulla cancellata stessa per scavalcarla e, rimasto impigliato con la sottana in una delle lance, aveva perduto l’equilibrio ed era caduto al suolo, riportando la frattura del braccio sinistro). — Cass. 12-7-74, n. 2110
Nella nozione di precettore di cui al secondo comma dell’art. 2048 cod. civ., rientrano i maestri e gli insegnanti in genere, e, quindi, anche i maestri delle scuole pubbliche elementari, a carico dei quali l’obbligo di vigilare sugli alunni è imposto dall’art. 350 del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare, approvato con r.d. 26 aprile 1928, n. 1297. Tale vigilanza è diretta ad impedire non soltanto che gli alunni compiano atti dannosi a terzi, ma anche che restino danneggiati da atti compiuti da essi medesimi, da loro coetanei o da altre persone ovvero da fatti non umani. — Cass. Sez. Un. 3-2-72, n. 260
Poiché la responsabilità del ministero della pubblica istruzione per i danni subiti dagli alunni durante la loro permanenza nella scuola trova il suo titolo nel rapporto organico corrente fra tale ministero ed il personale addetto alla scuola, ben può il giudice di merito, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, attribuire l’omissione di vigilanza che ha reso possibile il verificarsi del danno, non al soggetto indicato dall’attore, ma ad altro impiegato scolastico, rimasto, nella specie, ignoto. — Cass. Sez. Un. 3-2-72, n. 260
La legge, allorché parla di minori, non può che far riferimento a coloro che non abbiano raggiunto la maggiore età (fissata dall’art. 2 del cod. civ. al compimento del ventunesimo anno) e non abbiano quindi acquistato la capacità generale di agire. Le norme che, come quella dell’art. 3 cod. civ., prevedono ipotesi di capacità speciali, sono, quali norme eccezionali, di stretta interpretazione ed hanno una sfera di applicazione limitata alla particolare disciplina da esse regolata. (Nella specie, discutendosi della responsabilità dei genitori per il danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore, si sosteneva dal ricorrente che i giudici di merito avessero erroneamente affermato detta responsabilità; dato che il minore aveva raggiunto la capacità di agire in materia di lavoro e svolgeva attività lavorativa, onde non poteva più considerarsi sottoposto alla vigilanza paterna. La S.C. ha disatteso tale tesi ed ha precisato il principio che precede). — Cass. 4-12-71, n. 3490
L’art. 2048, secondo e terzo comma, cod. civ., che stabilisce la responsabilità dei precettori e degli insegnanti un’arte o un mestiere per i fatti illeciti dei loro allievi, non presuppone necessariamente un rapporto di insegnamento, ma è applicabile anche nel caso in cui il rapporto tra il minore e colui che deve rispondere del suo fatto illecito sia soltanto un rapporto avente fini di educazione. Rientrano nella previsione della norma gli istituti di osservazione, facenti parte del complesso di istituti e di servizi che in ciascun distretto di Corte d’appello costituiscono il centro di rieducazione per minorenni ed aventi compiti di educazione, oltre che diagnostico-terapeutici, nei confronti dei minori ospitati. — Cass. 7-12-68, n. 3933
La responsabilità dei precettori e degli insegnanti ex art. 2048 cod. civ., benché qualificata comunemente indiretta, in quanto derivante dal fatto illecito di un altro soggetto (l’allievo o apprendista), ha il suo fondamento nell’omissione di vigilanza del precettore stesso o dell’insegnante. La vigilanza necessaria non può essere valutata in ogni caso in base agli stessi criteri e con la stessa misura. Nel caso di minori ristretti coattivamente in istituti di osservazione, facenti parte del complesso di istituti e di servizi che in ciascun distretto di Corte d’appello costituiscono il centro di rieducazione per minorenni, la detta vigilanza va esplicata in primo luogo impedendo l’allontanamento abusivo degli istituti stessi ed il conseguimento di una completa ed incontrollata libertà, di cui i minori stessi non saprebbero verosimilmente fare buon uso. — Cass. 7-12-68, n. 3933
Quando il genitore affida ad un terzo, per ragioni di lavoro, un proprio figlio minore (nella specie, minore di 14 anni), il terzo, indipendentemente dai diritti e obblighi scaturenti dal rapporto di lavoro, assume il potere-dovere di educare e vigilare il minore stesso e di renderlo idoneo alla vita di relazione col mondo esterno. L’obbligo di vigilanza e di educazione, assunto dal datore di lavoro con l’affidamento, deve però intendersi adeguato, nel suo ambito oneroso, alle esigenze dell’età, del grado di sviluppo biopsichico e dell’ambiente di origine del minore, contenuto in un giusto limite di proporzione col tempo e modo dell’affidamento ed in ogni caso riferito, come a suo naturale parametro, al similare obbligo spettante al genitore. Pertanto sia il genitore che il datore di lavoro devono ritenersi esenti da responsabilità quando l’evento dannoso per il minore, dipendente dal suo comportamento, assume carattere di eccezionalità ed imprevedibilità tali da non poter essere impedito con una vigilanza normale e diligente, adeguata cioè all’ambiente, all’età, alle abitudini ed al carattere del minore stesso. (Nella specie, era stato accertato dal giudice di merito che il minore, commesso in un negozio di stoffe, assunto al lavoro col consenso del padre, si era ferito non durante l’espletamento di prestazioni di lavoro, ma mentre, in luogo appartato, attendeva per gioco alla costruzione di una spada di legno a mezzo di telaietti di legno destinati all’avvolgimento delle stoffe). — Cass. 13-10-66, n. 2451