Articolo 2495 codice civile
Cancellazione della società (1) (2)
Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, salvo quanto disposto dal secondo comma. (3)
Decorsi cinque giorni dalla scadenza del termine previsto dal terzo comma dell’articolo 2492, il conservatore del registro delle imprese iscrive la cancellazione della società qualora non riceva notizia della presentazione di reclami da parte del cancelliere. (4)
Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società.
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(1) Il presente articolo ha così sostituito l’originario art. 2495 cc, in virtù dell’art. 4 D.Lgs 17.01.2003, n. 6, con decorrenza dal 01.01.2004.
(2) Ai sensi di quanto disposto dall’art. 28, D.Lgs. 21.11.2014, n. 175 (G.U. del 28.11.2014, n. 277), ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi, l’estinzione della società ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese.
(3) Il presente comma è stato così modificato dall’art. 40, comma 12 ter, lett. b), D.L. 16.07.2020, n. 76, così come modificato dall’allegato alla legge di conversione, L. 11.09.2020, n. 120 con decorrenza dal 15.09.2020. Si riporta di seguito il testo previgente: “Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese.”.
(4) Il presente comma è stato inserito dall’art. 40, comma 12 ter, lett. b), D.L. 16.07.2020, n. 76, così come modificato dall’allegato alla legge di conversione L. 11.09.2020, n. 120, con decorrenza dal 15.09.2020.
Giurisprudenza:
Imposte – Iscrizione a ruolo a nome dei soci – In tema di società di capitali, la disciplina dettata dall’art. 2495, comma 2, c.c., come modif. dall’art. 4 d.lgs. n. 6 del 2003, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l’estinzione immediata della società, implica che nei debiti sociali subentrano “ex lege” i soci, sicché il Fisco, ove le proprie ragioni nei confronti dell’ente collettivo siano state definitivamente accertate (ad esempio, per mancata tempestiva impugnazione dell’atto impositivo, ovvero per intervenuta estinzione del relativo giudizio, o infine per intervenuto giudicato sostanziale) può procedere all’iscrizione a ruolo dei tributi non versati sia a nome della società estinta, sia a nome dei soci (“pro quota”, in relazione ai relativi titoli di partecipazione), e ciò ai sensi degli artt. 12, comma 3, e 14, lett. b), d.P.R. n. 602 del 1973, nonché azionare comunque il credito tributario nei confronti dei soci stessi, non occorrendo procedere all’emissione di autonomo avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 36, comma 5, d.P.R. cit., relativo al diverso titolo di responsabilità di cui al precedente comma 3 (nel testo antecedente alla modifica apportata dall’art. 28, comma 5, del d.lgs. n. 175 del 2014), di natura civilistica e sussidiaria. Ne discende che con l’impugnazione della cartella di pagamento conseguentemente loro notificata, i soci – ferma la definitività dell’accertamento nei confronti della società e la sua incontestabilità nel merito – possono lamentare l’inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo formatosi nei confronti della società, oppure contestare il fondamento della propria responsabilità, dimostrando di non aver conseguito utili dalla liquidazione. Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Ordinanza 5 novembre 2021, n. 31904
Imposte – Notifica della cartella di pagamento ai soci – In tema di riscossione dei debiti tributari di società di persone estinte a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, è consentita l’applicazione analogica dell’art. 65, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973, in presenza delle condizioni ivi previste, ma la notifica della cartella di pagamento, da compiersi presso la sede sociale, deve essere effettuata ai soci, sia pure collettivamente ed impersonalmente indicati, e non alla società che, non essendo più esistente, non può essere più parte di alcun rapporto tributario. Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Ordinanza 29 ottobre 2021, n. 30736
Consorzi di urbanizzazione – I consorzi di urbanizzazione, aggregazioni preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione o la fornitura di opere e servizi, sono figure atipiche disciplinate principalmente dallo statuto e, solo sussidiariamente, dalla normativa in tema di associazioni non riconosciute e di comunione, non trovando invece applicazione le norme del codice civile in materia di consorzi. Ne consegue che la cancellazione del consorzio dal Registro delle imprese non produce alcuna efficacia estintiva. (Nella specie, la S.C. ha affermato la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti del consorzio, già convenuto nel giudizio di opposizione alla determinazione dell’indennità di espropriazione, pur dopo l’avvenuta cancellazione dal Registro delle imprese). Corte di Cassazione, Sezione 1, Ordinanza 2 luglio 2021, n. 18792
Società di persone inattiva ma ancora iscritta nel registro delle imprese – La società di persone che, pur risultando inattiva, continui ad essere iscritta nel registro delle imprese, deve presumersi esistente, sicché essa conserva la capacità di stare in giudizio. Corte di Cassazione, Sezione 3, Ordinanza 23 giugno 2021, n. 17957
Imposte – Notifica ai soci dell’avviso di liquidazione – In tema di redditi di impresa, l’amministrazione finanziaria che intenda esigere dai soci i crediti vantati nei confronti di una società di capitali estinta, deve comunicare loro, mediante apposito avviso di liquidazione, le ragioni della pretesa vantata nei loro confronti e gli elementi comprovanti l’incasso di somme o l’attribuzione di beni della società, nonché i relativi valori dal momento che, a differenza di quanto avviene per le società di persone, nelle società di capitali i soci rispondono dei debiti sociali non in qualità di successori della società estinta, ma in virtù di un’obbligazione autonoma per ingiustificato arricchimento che, “ex lege”, impone a costoro di restituire quanto percepito in violazione della regola di cui all’articolo 2491 c.c. Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Ordinanza 26-5-2021, n. 14570
Omesso deposito del bilancio in fase di liquidazione – Cancellazione d’ufficio – Il mero omesso deposito del bilancio in fase di liquidazione per oltre tre anni consecutivi, da cui consegua la cancellazione d’ufficio della società dal registro delle imprese, non costituisce presunzione grave, precisa e concordante di rinuncia al credito di cui la società è titolare e non è qualificabile come negozio di remissione del debito. Corte di Cassazione, Sezione 3, Sentenza 18-5-2021, n. 13534
Legittimazione del socio alla riscossione del credito sociale – Il soggetto che agisce a tutela della pretesa creditoria di una società cancellata dal registro delle imprese ha l’onere di allegare espressamente e, poi, di dimostrare la propria qualità di avente causa della società, come assegnatario del credito in base al bilancio finale di liquidazione oppure come successore nella titolarità di un credito non inserito nel bilancio e non oggetto di tacita rinuncia, senza che assuma alcun rilievo la dichiarata qualità di ex-socio o di liquidatore, non necessariamente implicante la successione nella posizione giuridica. Corte di Cassazione, Sezione 3, Ordinanza 25-3-2021, n. 8521
Responsabilità del liquidatore – Natura aquiliana – Ripartizione onere probatorio – In tema di liquidazione di società di capitali, la responsabilità verso i creditori sociali prevista dall’art. 2495 c.c. ha natura aquiliana, gravando sul creditore rimasto insoddisfatto di dedurre ed allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto del principio della “par condicio creditorum”. In particolare, quanto alla dimostrazione della lesione patita, il medesimo creditore, qualora faccia valere la responsabilità “illimitata” del liquidatore, affermando di essere stato pretermesso nella detta fase a vantaggio di altri creditori, deve dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione, e il conseguente danno determinato dall’inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, astrattamente idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti; grava, invece, sul liquidatore l’onere di dimostrare l’adempimento dell’obbligo di procedere a una corretta e fedele ricognizione dei debiti sociali e di averli pagati nel rispetto della “par condicio creditorum”, secondo il loro ordine di preferenza, senza alcuna pretermissione di crediti all’epoca esistenti. Diversamente, ove vi sia stata una ripartizione dell’attivo a favore dei soci e il creditore agisca facendo valere la loro responsabilità “limitata”, l’attore è tenuto a provare che l’importo preteso sia di ammontare eguale o superiore a quello riscosso dal socio in sede di liquidazione, sulla base del relativo bilancio, poiché è attraverso la vicenda successoria “ex lege” che il medesimo socio rimane obbligato nei confronti del creditore sociale, divenendo la percezione della quota dell’attivo sociale elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato. – Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 15-1-2020, n. 521
Responsabilità del liquidatore di società di capitali – Crediti contributivi dell’Enasarco – Privilegio generale sui mobili
In tema di responsabilità del liquidatore di società di capitali, qualora quest’ultimo ometta di considerare un credito dell’Enasarco rientrante fra quelli contemplati dagli artt. 2753 e 2754 c.c., che istituiscono un privilegio generale sui beni mobili del datore di lavoro per i crediti contributivi, il danno lamentato deve essere valutato facendo riferimento all’ordine preferenziale di pagamento che, in ipotesi, tale credito, ove non fosse stato pretermesso, avrebbe dovuto ricevere nella fase in cui gli altri debiti sociali sono stati soddisfatti. – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 15 gennaio 2020, n. 521
Responsabilità del liquidatore verso i creditori sociali in caso di cancellazione della società – Presupposti
In tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società ex art. 2495, comma 2, c.c., il conseguimento, nel bilancio finale di liquidazione, di un azzeramento della massa attiva non in grado di soddisfare un credito non appostato nel bilancio finale di liquidazione, ma, comunque, provato, quanto alla sua sussistenza, già nella fase di liquidazione, è fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, qualora sia allegato e dimostrato che la gestione operata dal liquidatore evidenzi l’esecuzione di pagamenti in spregio del principio della “par condicio creditorum”, applicato nel rispetto delle cause legittime di prelazione ex art. 2741, comma 2, c.c. Pertanto, ove il patrimonio si sia rivelato insufficiente per soddisfare alcuni creditori sociali, il liquidatore, per liberarsi dalla responsabilità su di lui gravante in riferimento al dovere di svolgere un’ordinata gestione liquidatoria, ha l’onere di allegare e dimostrare che l’intervenuto azzeramento della massa attiva tramite il soddisfacimento dei debiti sociali non è riferibile a una condotta assunta in danno del diritto del singolo creditore di ricevere uguale trattamento rispetto ad altri creditori, salve le cause legittime di prelazione. – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 15 gennaio 2020, n. 521
Responsabilità del liquidatore verso i creditori sociali in caso di cancellazione della società – Criterio di quantificazione
Il liquidatore di società di capitali ha il dovere di procedere a un’ordinata liquidazione del patrimonio sociale, pagando i debiti secondo il principio della “par condicio creditorum”, pur nel rispetto dei diritti di precedenza dei creditori aventi una causa di prelazione. Egli ha, in particolare, l’obbligo di accertare la composizione dei debiti sociali e di riparare eventuali errori od omissioni commessi dagli amministratori cessati dalla carica nel rappresentare la situazione contabile e patrimoniale della società, riconoscendo debiti eventualmente non appostati nei bilanci e graduando l’insieme dei debiti sociali, dopo averli verificati, in base ai privilegi legali che li assistono, il pagamento dei quali deve avvenire prima di quello dei crediti non garantiti da cause di prelazione. Ne consegue che il danno da risarcire al creditore che sia stato soddisfatto in percentuale inferiore a quella di altri creditori di pari grado equivale all’importo che egli avrebbe avuto diritto di ricevere ove il liquidatore avesse correttamente applicato il principio della “par condicio creditorum”. – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 15 gennaio 2020, n. 521
Responsabilità del liquidatore e successiva cancellazione della società dal registro delle imprese – Carenza di legittimazione passiva – Nel caso di liquidazione e successiva cancellazione della società dal registro delle imprese, non si realizza alcuna successione del liquidatore nei debiti tributari della società contribuente, con la conseguenza che, una volta che questa sia stata liquidata e cancellata, viene meno il suo potere di rappresentanza dell’ente estinto e dunque la sua legittimazione passiva in ordine all’atto impositivo, potendo egli rispondere soltanto per il titolo autonomo di responsabilità derivante dalla carica rivestita, di natura civilistica, ai sensi degli artt. 36 del d.P.R. N. 602 del 1973 e 2495 c.c., di cui il debito tributario della società costituisce mero presupposto. – Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 19 novembre 2019, n. 29969
Notificazione dell’atto tributario al suo legale rappresentante dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese – Dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese e la sua conseguente estinzione, l’atto tributario non può essere legittimamente notificato al suo legale rappresentante in applicazione del principio dell’apparenza del diritto di cui all’art.1189 c.c., atteso che tale disposizione si riferisce ai rapporti sostanziali e, in particolare, al pagamento effettuato a favore del creditore che appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, e che l’iscrizione nel registro delle imprese della cancellazione della società, implicando la presunzione di conoscenza della stessa e la sua efficacia verso i terzi ex art. 2193 c.c., esclude il legittimo affidamento dell’ente. – Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 30 ottobre 2019, n. 27795
Estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento – Difetto della sua capacità processuale dell’ex liquidatore – Nel processo tributario la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché non sussistendo possibilità di prosecuzione dell’azione, la sentenza impugnata con ricorso per cassazione deve essere annullata senza rinvio ex art.382 c.p.c., venendo in rilievo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre, sin dal primo grado, ad una pronuncia declinatoria di rito.
Prosecuzione del giudizio da parte degli eredi dell’unico socio deceduto dopo la cancellazione della società – In tema di processo tributario, la prosecuzione del giudizio da parte degli eredi dell’unico socio deceduto, dopo la cancellazione della società del registro delle imprese con conseguente estinzione della stessa, poiché comporta l’implicita rinuncia del diritto a ricevere un autonomo avviso di accertamento ex art. 36, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973, fa presumere l’avvenuta distribuzione in loro favore di parte dell’attivo ricavato dalla liquidazione volontaria dei beni. – Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Ordinanza 4 luglio 2019, n. 17986
Contenzioso tributario – Difetto di legittimazione processuale – Ratifica della condotta difensiva del falsus procurator – Nel processo tributario trova applicazione l’art. 182 c.p.c., pur in presenza della norma speciale di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 546 del 1992, in forza del principio di integrazione delle disposizioni non incompatibili dettate dal codice di procedura civile sancito dall’art. 1 dello stesso decreto, sicché il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisca in rappresentanza organica di un altro soggetto può essere sanato, in ogni stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva, rispetto agli atti processuali già compiuti, a seguito della costituzione in causa del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza, che manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la condotta difensiva del “falsus procurator”. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C., a fronte della proposizione del ricorso in primo grado da parte dell’amministratore di una società, in luogo del liquidatore, amministratore che, dopo la cancellazione dell’ente dal registro delle imprese si era costituito in causa in qualità di socio ed era successivamente deceduto, ha ritenuto validamente ratificata, in mancanza di interruzione del processo, l’attività processuale compiuta in ragione della prosecuzione del giudizio da parte dei soggetti legittimati, ossia gli eredi del “de cuius”, unico socio). – Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Ordinanza 4 luglio 2019, n. 17986
Azione di responsabilità del creditore sociale contro gli amministratori e il liquidatore – Competenza della sezione specializzata in materia di impresa – Le sezioni specializzate in materia di impresa sono competenti a provvedere sulla domanda del creditore di una società di capitali, cancellata dal registro delle imprese, volta alla condanna degli amministratori e del liquidatore al risarcimento dei danni cagionati per l’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, pur in presenza del debito vantato dal creditore sociale. – Corte di Cassazione, Sezione 6-1 civile, Ordinanza 12 giugno 2019, n. 15822
Chiusura del fallimento per insufficienza dell’attivo – Trasferimento degli eventuali crediti residui che non siano stati realizzati dal curatore fallimentare ai soci – L’estinzione della società per effetto dell’obbligatoria cancellazione dal registro delle imprese, ai sensi dell’art. 118, comma 1, n. 4, l.fall., a seguito di chiusura del fallimento per insufficienza dell’attivo, determina il trasferimento degli eventuali crediti residui, che non siano stati realizzati dal curatore fallimentare, ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa, salvo che il mancato espletamento dell’attività di recupero consenta di ritenere che la società vi abbia già rinunciato prima dell’apertura della procedura concorsuale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato il difetto di legittimazione attiva dei soci della società estinta, poiché l’esistenza del credito litigioso non era stata portata a conoscenza della curatela, dovendo ritenersi che esso fosse stato già tacitamente rinunciato dalla creditrice). – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 22 maggio 2019, n. 13921
Trasferimento ai soci dei rapporti obbligatori facenti capo alla società a seguito della sua cancellazione dal registro delle imprese – La cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese determina un fenomeno successorio in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci che, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui sono soggetti “pendente societate”, ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione ovvero illimitatamente. (Nella specie la S.C., in applicazione del principio, ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso del contribuente secondo cui la natura costitutiva dell’estinzione avrebbe determinato la nullità degli avvisi di accertamento “erga omnes”, sia nei confronti della società che dei soci). – Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Ordinanza 17 maggio 2019, n. 13386
Estinzione della società in accomandita semplice – Successione del socio accomandatario nel rapporto di imposta – In caso di estinzione della società in accomandita, il socio accomandatario può subentrare nel lato passivo del rapporto di imposta senza provare la propria legittimazione “ad causam”, perchè l’estinzione della società determina un fenomeno successorio quanto alle obbligazioni sociali, che si trasferiscono ai soci che ne rispondono, illimitatamente o nei limiti del riscosso a seguito della liquidazione, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano assoggettati “pendente societate”. – Corte di Cassazione, Sezione 6, Ordinanza 20 dicembre 2018, n. 33087
Atto impositivo emesso nei confronti di una società di persone notificato dopo l’estinzione della stessa ad uno dei soci – L’atto impositivo emesso nei confronti di una società di persone è validamente notificato, dopo l’estinzione della stessa, ad uno dei soci, poiché, analogamente a quanto previsto dall’art. 65, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’ipotesi di morte del debitore, ciò si correla al fenomeno successorio che si realizza rispetto alle situazioni debitorie gravanti sull’ente e realizza, peraltro, lo scopo della predetta disciplina di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei confronti della società. – Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25487
Cancellazione della società dal registro delle imprese – Crediti non compresi nel bilancio di liquidazione – In tema di effetti della cancellazione delle società di persone dal registro delle imprese, non si verifica la successione dei soci nella titolarità di mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e di crediti ancora incerti o illiquidi che, ove non compresi nel bilancio di liquidazione, devono ritenersi rinunciati dalla società a favore della conclusione del procedimento estintivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato la legittimazione del socio ad agire ex art. 2033 c.c. per crediti della società, sciolta senza essere messa in liquidazione, non menzionati nell’atto di scioglimento, pur contenente la delega ad un socio per la riscossione di eventuali sopravvenienze). – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 19 luglio 2018, n. 19302
Cancellazione dal registro delle imprese di una società di persone – Notifica ai soci delle cartelle esattoriali – Effetto interruttivo prescrizione
L’estinzione di una società di persone, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, determina un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale sono trasferite ai soci le obbligazioni contributive rimaste inadempiute; ne consegue che hanno effetto interruttivo della prescrizione le iniziative di recupero promosse nei confronti dei soci subentranti, e così pure rileva al medesimo fine l’accertamento dei crediti promosso in sede giudiziale nei confronti degli stessi, dalla definitività del quale, ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c., comincia a decorrere “ex novo” il termine prescrizionale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il termine di prescrizione del credito contributivo fosse stato interrotto dal passaggio in giudicato della decisione sul merito nonché dalla successiva notifica ai soci delle cartelle esattoriali per la sua riscossione). – Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 12 luglio 2018, n. 18465
Legittimazione ad agire degli ex soci di società di capitali estinta – In tema di legittimazione ad agire degli ex soci di società di capitali estinta, per i rapporti facenti capo a questa ed ancora pendenti dopo la cancellazione dal registro delle imprese si determina un fenomeno successorio rispetto al quale occorre distinguere: se l’ex socio agisce per un debito della società estinta, non definito in sede di liquidazione, la successione interessa tutti i soci esistenti al momento della cancellazione, posto che essi succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società, sicché sussiste un litisconsorzio di natura processuale e tutti i soci debbono essere chiamati in giudizio, ciascuno quale successore della società e nei limiti della propria quota di partecipazione; se invece l’ex socio agisce per un credito della società estinta, pur rimanendo immutato il meccanismo successorio, la mancata liquidazione comporta soltanto che si instaurerà tra i soci medesimi un regime di contitolarità o comunione indivisa, onde anche la relativa gestione ne seguirà il regime proprio, con esclusione del litisconsorzio. (Nella specie, la S.C. ha rimesso le parti innanzi al giudice di primo grado per l’integrazione del contraddittorio, avendo il socio agito individualmente per un credito della società estinta, ma condizionato al pagamento di un debito della stessa). – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 4 luglio 2018, n. 17492
Cancellazione dal registro delle imprese – Ai sensi dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ., nel testo introdotto dall’art. 4 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004, la cancellazione dal registro delle imprese (nella specie, di società a responsabilità limitata in liquidazione) produce estinzione della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti ancora non definiti; la disposizione, non disciplinando le condizioni per la cancellazione, ma gli effetti della stessa, opera retroattivamente e dunque anche con riguardo alle cancellazioni intervenute in epoca anteriore alla sua entrata in vigore; pertanto, nel caso in cui la cancellazione sia stata eseguita dopo la notifica dell’atto di appello e tuttavia l’evento non sia stato dichiarato in quel giudizio, è inammissibile il successivo ricorso per cassazione, promosso dal liquidatore avverso la sentenza nel frattempo emessa, in ragione della perdita della capacità processuale attuatasi in capo a tale soggetto, il quale risulta privo del potere di rilasciare la procura, affetta dunque da nullità. — Corte di Cassazione, Sezione 1, Sentenza 12-12-2008, 29242
In tema d’interpretazione del nuovo diritto societario, la modifica dell’art. 2495 cod. civ., ex art. 4 d.lgs n. 6 del 2003, secondo la quale la cancellazione dal registro delle imprese determina, contrariamente al passato, l’estinzione della società, si applica anche alle società di persone, nonostante la prescrizione normativa indichi esclusivamente quelle di capitali e quelle cooperative ed, inoltre la norma, per la su funzione ricognitiva, è retroattiva e trova applicazione anche in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente al 1 gennaio 2004, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dal citato d.lgs n. 6 del 2003, con la sola esclusione dei rapporti esauriti e degli effetti già irreversibilmente verificatisi. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto inammissibile la proposizione del ricorso per cassazione per inesistenza del soggetto proponente e conseguente difetto di rappresentanza processuale, trattandosi di società in nome collettivo cancellata dal registro delle imprese il giorno otto gennaio del 2003). — Cass. II, sent. 25192 del 15-10-2008
Il principio secondo il quale, ai sensi dell’art. 2495 comma secondo cod. civ. (nel testo introdotto dall’art. 4 del d.lgs. n. 6 del 2003), la cancellazione dal registro delle imprese produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile della società anche in presenza di credito insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti, trova applicazione anche nei confronti dei consorzi con attività esterna ed anche con riferimento alle cancellazioni intervenute in epoca anteriore all’entrata in vigore della norma. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti di un consorzio cancellato dal registro delle imprese, in quanto soggetto inesistente, riunendo non ordinabile la rinnovazione della notifica del ricorso, peraltro già effettuata senza produzione di avviso di ricevimento). — Cass. Sez. L, sent. 19347 del 18-9-2007
La rinuncia o il mancato esercizio del diritto di opzione relativo all’aumento di capitale di una società non è suscettibile di revoca, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., al fine di consentire al creditore di sostituirsi al debitore nell’esercizio dell’opzione stessa, perché effetto della revoca è la declaratoria di inefficacia dell’atto revocato e il conseguente assoggettamento del bene oggetto della rinuncia all’azione esecutiva. La revoca è tuttavia consentita quando l’opzione costituisce un bene in sé, dotato di autonomo valore di mercato, e in questo caso l’azione esecutiva dovrà svolgersi nel rispetto della disciplina dettata dall’art. 2480 cod. civ. (ora art. 2471, a seguito della riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. n. 6 del 2003). Di conseguenza, nell’ambito della disciplina della società a responsabilità limitatala la revoca è subordinata alla dimostrazione che il diritto di opzione sia suscettibile di alienazione secondo la legge di circolazione delle quote stabilita dallo statuto sociale. — Cass. I, sent. 10879 del 11-5-2007
La responsabilità dei liquidatori di società di capitali prevista dall’art. 2456, secondo comma, ult. parte, cod. civ. (nel testo anteriore a quello introdotto dall’art. 2, comma 1, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ed ora corrispondente all’art. 2495 cod. civ. nel testo introdotto dall’art. 4 del medesimo d.lgs.) ha natura di responsabilità aquiliana conseguente a fatto illecito, e dunque la relativa obbligazione non è pecuniaria, bensì di valore; pertanto, non essendo applicabile il comma terzo dell’art. 1182 dello stesso codice, bensì il comma quarto, il «forum destinatae solutionis», ai sensi dell’art. 20, ult. parte, cod. proc. civ., coincide con il domicilio del debitore. — Cass. I, ord. 24039 del 10-11-2006
In tema di aumento del capitale sociale nelle società a responsabilità limitata (nella disciplina anteriore alle innovazioni introdotte dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), nonostante il silenzio dell’art. 2495 cod. civ. in ordine al termine minimo da riconoscere al socio per l’esercizio del diritto di opzione e l’omissione, in esso, di ogni richiamo al secondo comma dell’art. 2441 cod. civ. (che, per le società per azioni, stabilisce il termine minimo in trenta giorni dalla pubblicazione dell’offerta), il termine per l’esercizio del suddetto diritto non può essere tanto ristretto da rendere eccessivamente difficile ai soci la possibilità di fatto di avvalersene. Pertanto, ove la delibera assembleare di aumento del capitale sociale preveda, accanto a un termine per l’esercizio del diritto di opzione stabilito in una data fissa, un’autorizzazione agli amministratori ad interpellare i soci assenti, priva tuttavia di un’espressa specificazione sia in ordine al termine entro il quale effettuare detta comunicazione, sia in relazione alla data finale per l’esercizio, da parte di costoro, del diritto di sottoscrizione, correttamente il giudice del merito — allorché motivatamente ritenga sussistente un’oscurità nel tenore complessivo della volontà assembleare in base al solo operare del criterio letterale — ricorre al canone ermeneutico della buona fede, interpretando la delibera nel senso della previsione di un termine per l’esercizio del diritto di opzione eguale per tutti i soci (e pari allo spazio temporale che separa la data della delibera da quella di scadenza per l’esercizio del diritto di opzione), decorrente, per i soci assenti, dal giorno della comunicazione; e ciò, onde evitare che, per coloro i quali non presero parte all’assemblea, la congruità dello «spatium deliberandi» (e, con essa, la possibilità concreta di avvalersi del termine per l’esercizio dell’opzione) sia rimessa alla tempestività della comunicazione in loro favore effettuata dagli amministratori. — Cass. I, sent. 23599 del 3-11-2006
Nella previsione normativa di cui all’art. 2456, comma secondo, cod. civ. (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, applicabile nella specie «ratione temporis») — in forza della quale «dopo la cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi» — va ravvisata, in coerenza con il principio secondo cui la cancellazione della società dal registro delle imprese non ne determina l’estinzione se e fino a quando permangano debiti sociali, una modificazione del rapporto obbligatorio dal lato passivo, per la quale all’obbligazione della società si aggiunge, «pro parte», quella dei singoli soci (oltre che dei liquidatori colpevoli): e ciò quale ulteriore garanzia per i creditori insoddisfatti, ai quali è data la facoltà di scelta fra l’agire contro la società, non ancora estinta, ovvero contro i soci. Come risulta, peraltro, dal chiaro tenore testuale della norma, la responsabilità dei soci per le obbligazioni non assolte è limitata alla parte da ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo: sicché il creditore, il quale intenda agire nei confronti del socio, è tenuto a dimostrare il presupposto della responsabilità di quest’ultimo, e cioè che, in concreto, in base al bilancio finale di liquidazione, vi sia stata la distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio medesimo e che una quota di tale attivo sia stata riscossa dal convenuto. (Fattispecie relativa ad avvisi di irrogazione di sanzioni in materia di IVA emessi, in difetto dell’anzidetta prova, nei confronti del socio di una società a responsabilità limitata cancellata dal registro delle imprese). — Cass. V, sent. 19732 del 10-10-2005
Ai sensi dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ., nel testo introdotto dall’art. 4 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004, la cancellazione dal registro delle imprese produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti. Tale disposizione, non disciplinando le condizioni per la cancellazione, ma gli effetti della stessa, ovverosia la situazione giuridica della società cancellata, trova applicazione anche in riferimento alle cancellazioni intervenute in epoca anteriore alla sua entrata in vigore. Pertanto, nel caso in cui la dichiarazione di fallimento sia stata chiesta da una società successivamente cancellata dal registro delle imprese, non occorre procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti della stessa, non avendo il giudizio ad oggetto l’accertamento del diritto di quest’ultima, e non vertendosi dunque in un’ipotesi di litisconsorzio sostanziale, giustificato dalla qualità di parte del rapporto sostanziale controverso, ma in un’ipotesi di litisconsorzio processuale, in relazione alla quale la cancellazione della società istante escluse la possibilità di una integrazione del contraddittorio nei confronti della stessa, in quanto estinta, ben potendo il giudizio processuale tra le altre parti. — Cass. I, sent. 18618 del 28-8-2006
In tema di fallimento, il principio, emergente dalla sentenza 21 luglio 2000, n. 319 e dalle ordinanze 7 novembre 2001, n. 361 ed 11 aprile 2002, n. 131 della Corte costituzionale, secondo cui il termine di un anno dalla cessazione dell’attività, prescritto dall’art. 10 della legge fallimentare ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, anziché dalla definizione dei rapporti passivi, non esclude l’applicabilità del predetto termine anche alle società non iscritte nel registro delle imprese, nei confronti delle quali il necessario bilanciamento tra le opposte esigenze di tutela dei creditori e di certezza delle situazioni giuridiche impone d’individuare il «dies a quo» nel momento in cui la cessazione dell’attività sia stata portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, o comunque sia stata dagli stessi conosciuta, anche in relazione ai segni esteriori attraverso i quali si è manifestata. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva rigettato l’istanza di fallimento proposta nei confronti di una società di fatto per intervenuta scadenza del termine di cui all’art. 10 cit., facendolo decorrere dalla data dell’atto notarile di trasferimento dell’azienda, da essa ritenuto idoneo a rendere manifesta la cessazione dell’attività). — Cass. I, sent. 18618 del 28-8-2006