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Art. 2744 cc – Divieto del patto commissorio

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Art. 2744 codice civile

Divieto del patto commissorio

È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno.


 

Giurisprudenza:

 

Sale and lease back

Il “sale and lease back” configura un contratto d’impresa socialmente tipico che, come tale, è, in linea di massima, astrattamente valido, ferma la necessità di verificare, caso per caso, la presenza di elementi sintomatici atti ad evidenziare che la vendita sia stata posta in essere in funzione di garanzia e sia volta, pertanto, ad aggirare il divieto del patto commissorio. A tal fine, l’operazione contrattuale può definirsi fraudolenta nel caso in cui si accerti, con una indagine che è tipicamente di fatto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza della motivazione, la compresenza delle seguenti circostanze: l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente. Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 22-01-2021, n. 4664

 

Negozi tra loro collegati – Compravendita, retrovendita e locazione

Il patto commissorio è ravvisabile rispetto a più negozi tra loro collegati, qualora l’assetto di interessi complessivo sia tale da far ritenere che il trasferimento di un bene sia effettivamente volto, più che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia a prescindere, sia dalla natura meramente obbligatoria o traslativa o reale del contratto, sia dal momento temporale in cui l’effetto traslativo è destinato a verificarsi, nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e, persino, dalla identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti, sempre che tra le diverse pattuizioni sia ravvisabile un rapporto di interdipendenza e le stesse risultino funzionalmente preordinate allo scopo finale di garanzia. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ravvisato nei tre contratti – di compravendita, retrovendita e locazione – stipulati tra le parti ed aventi per oggetto tre complessi immobiliari turistici, un’unica operazione commerciale diretta a far conseguire alla parte ricorrente la proprietà dei cespiti ad un prezzo significativamente inferiore al loro valore). Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 27-10-2020, n. 23553

 

Cessione di un bene e proroga dell’adempimento

La cessione di un bene che sia strumentale a fornire la garanzia di un debito anteriore, per l’adempimento del quale venga concessa una proroga, attraverso l’individuazione a tal fine di un nuovo termine, rappresenta un’illecita elusione del divieto del patto commissorio, atteggiandosi a mezzo per conseguire il risultato vietato dall’art. 2744 c.c. Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 28-09-2020, n. 20420

 

Costrizione del debitore quale presupposto del patto commissorio

Il patto commissorio, vietato dall’art. 2744 c.c., è configurabile solo quando il debitore sia costretto al trasferimento di un bene, a tacitazione dell’obbligazione, e non anche ove tale trasferimento sia frutto di una scelta, come nel caso in cui venga liberamente concordato quale “datio in solutum” (art. 1197 c.c.), ovvero esprima esercizio di una facoltà che si sia riservata all’atto della costituzione dell’obbligazione medesima (art. 1286 c.c.). Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 18-09-2020, n. 19508

 

Vendita immobiliare con funzione di garanzia – Patto marciano

Il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. non opera quando nell’operazione negoziale (nella specie, una vendita immobiliare con funzione di garanzia) sia inserito un patto marciano (in forza del quale, nell’eventualità di inadempimento del debitore, il creditore vende il bene, previa stima, versando al debitore l’eccedenza del prezzo rispetto al credito), trattandosi di clausola lecita, che persegue lo stesso scopo del pegno irregolare ex art. 1851 c.c. ed è ispirata alla medesima “ratio” di evitare approfittamenti del creditore in danno del debitore, purché le parti abbiano previsto, al momento della sua stipulazione, che, nel caso ed all’epoca dell’inadempimento, sia compiuta una stima della cosa, entro tempi certi e modalità definite, che assicuri una valutazione imparziale, ancorata a parametri oggettivi ed automatici oppure … continua a leggere  Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 17 gennaio 2020, n. 844

 

Vendita di un immobile con patto di riscatto predisposta in funzione di garanzia della restituzione delle somme date a mutuo

Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. non si estende a quei negozi che, pur contestuali o contenuti nel medesimo atto, non perseguono – direttamente o indirettamente – la finalità di concorrere a realizzare il risultato vietato dal legislatore, ovvero ne costituiscono un mero presupposto, del tutto autonomo sul piano fattuale e giuridico. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto che la nullità della vendita di un immobile con patto di riscatto, predisposta in funzione di garanzia della restituzione delle somme date a mutuo, si estendesse alla … continua a leggere Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 19 febbraio 2019, n. 4729

 

Procura a vendere un immobile conferita dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo

Estendendosi il divieto di patto commissorio, ex art. 2744 c.c., a qualsiasi negozio che venga utilizzato per conseguire il risultato concreto vietato dall’ordinamento, ne consegue che anche la procura a vendere un immobile, conferita dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo, è idonea a integrare la violazione della norma suddetta, qualora si accerti che tra il mutuo e la procura sussista un nesso funzionale. Tale valutazione è demandata al giudice di merito che, nel compierla, non deve limitarsi ad un esame formale degli atti posti in essere dalle parti, ma deve considerarne la causa in concreto e, in caso di operazione complessa, valutarli alla luce di un loro potenziale collegamento funzionale, apprezzando ogni circostanza di fatto rilevante e il risultato stesso che l’operazione negoziale era idonea a produrre e, in concreto, ha prodotto. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 26 settembre 2018, n. 22903

 

Collegamento negoziale tra un finanziamento ed il trasferimento di un’area edificabile

In tema di collegamento negoziale cd. funzionale, l’accertamento del giudice di merito ai fini della qualificazione giuridica di tale situazione negoziale deve investire l’esistenza, l’entità, la natura, le modalità e le conseguenze del collegamento realizzato dalle parti mediante l’interpretazione della loro volontà contrattuale e, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità. (Fattispecie riguardante il collegamento tra un finanziamento ed il trasferimento di un’area edificabile, correttamente ritenuto dal giudice di merito non riconducibile allo schema “sale and lease back” poiché dissimulante un mutuo con patto commissorio, atteso che il trasferimento dell’immobile concesso in locazione finanziaria, rimasto in proprietà dell’utilizzatore-promittente venditore per vari anni dopo la stipulazione del contratto, era avvenuto solo in concomitanza con l’inadempimento di questi alla restituzione delle rate del finanziamento). – Corte di Cassazione, Sezione 6 1 civile, Ordinanza 7 agosto 2018, n. 20634

 

Sale and lease back

Lo schema contrattuale del “sale and lease back” è, in linea di massima ed almeno in astratto, valido, in quanto contratto d’impresa socialmente tipico, ferma la necessità di verificare, caso per caso, l’assenza di elementi patologici, sintomatici di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio e, pertanto, sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ex art. 1344 c.c., in relazione all’art. 1418, comma 2, c.c. L’accertamento del carattere fittizio di tale contratto, per la presenza di indizi sintomatici di un’anomalia nello schema causale socialmente tipico (quali l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente), costituisce un’indagine di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 28 maggio 2018, n. 13305

 

Vendita con patto di riscatto o di retrovendita a scopo di garanzia

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, può rappresentare un mezzo per sottrarsi all’applicazione del relativo divieto ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non si configuri come corrispettivo dovuto per l’acquisto della proprietà, ma come erogazione di un mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene risponda alla sola finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire le somme ricevute. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito, che aveva escluso l’esistenza di un patto commissorio, in presenza della vendita di un immobile in seno alla quale l’acquirente si era accollato il mutuo gravante sul venditore, impegnandosi a retrocedere il bene venduto nel caso in cui il detto debito fosse stato estinto). – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 26 febbraio 2018, n. 4514

 

Contratto preliminare dissimulante mutuo con patto commissorio

Il divieto di patto commissorio, sancito dall’art. 2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore; sicché, anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene, qualora la promessa di vendita abbia la funzione di garantire la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, purché sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi: in detta ipotesi, peraltro, la prova della simulazione relativa del contratto preliminare può essere data, ove diretta a far valere l’illiceità del negozio, anche per testimoni o per presunzioni, in conformità all’art. 1417 c.c..

Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile, Ordinanza 9 ottobre 2017, n. 23617

 

Sale and lease back – Lo schema contrattuale del “sale and lease back” è, in linea di massima ed almeno in astratto, valido, in quanto contratto d’impresa socialmente tipico, ferma la necessità di verificare, caso per caso, l’assenza di elementi patologici, sintomatici di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio e, pertanto, sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ex art. 1344 c.c., in relazione all’art. 1418, comma 2, c.c. L’accertamento del carattere fittizio di tale contratto, per la presenza di indizi sintomatici di un’anomalia nello schema causale socialmente tipico (quali l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente), costituisce un’indagine di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 11 settembre 2017, n. 21042

 

Ambito di applicazione – Beni di proprietà di terzi – L’art. 2744 c.c., sancendo il divieto del patto commissorio, postula che il trasferimento della proprietà della cosa sia sospensivamente condizionato al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché detto patto non è configurabile qualora il trasferimento avvenga, invece, allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto congruamente motivata la decisione impugnata che aveva escluso che l’operazione fosse finalizzata ad uno scopo di garanzia in quanto parte del prezzo della compravendita era stato utilizzato per ripianare debiti scaduti verso l’amministratore della società acquirente e nei confronti di terzi, mentre per i debiti non ancora esigibili nei confronti di terze società, la rateizzazione mensile del prezzo residuo poteva considerarsi una delegazione di pagamento di tali preesistenti obbligazioni da parte del “debitor debitoris”). – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 21 gennaio 2016, n. 1075

 

Procura a vendere un immobile conferita dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo – Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ. si estende a qualsiasi negozio che venga utilizzato per conseguire il risultato concreto vietato dall’ordinamento. Ne consegue che anche la procura a vendere un immobile, conferita dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo, è idonea ad integrare la violazione della norma suddetta, qualora si accerti che tra il mutuo e la procura sussista un nesso funzionale, non assumendo rilievo, in senso contrario, la circostanza che il bene venduto venga intestato ad un prossimo congiunto del creditore (nella specie, la di lui figlia), perché in tal caso lo strettissimo vincolo di parentela consente di ritenere che l’operazione sia stata posta in essere proprio per eludere il divieto “ex lege”. – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 8 luglio 2014, n. 15486

 

Contratto preliminare di compravendita – Un contratto preliminare di compravendita può incorrere nel divieto del patto commissorio, sanzionato dall’art. 2744 cod. civ., ove risulti l’intento primario delle parti di costituire con il bene promesso in vendita una garanzia reale in funzione dell’adempimento delle obbligazioni contratte dal promittente venditore con altro negozio, in maniera da stabilire un collegamento strumentale fra i due negozi, mediante predisposizione di un meccanismo (quale la previsione di una condizione) diretto a far sì che l’effetto irrevocabile del trasferimento si realizzi solo a seguito dell’inadempimento del debitore, promittente alienante, rimanendo altrimenti il bene nella titolarità di quest’ultimo, atteso che in tal modo il preliminare viene impiegato non per finalità di scambio, ma in funzione di garanzia, per conseguire l’illecita coartazione del debitore rispetto alla volontà del creditore promissario acquirente, costituendo, allora, il mezzo per raggiungere il risultato vietato dalla legge. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 21 maggio 2013, n. 12462

 

Vendita con patto di riscatto o di retrovendita – La vendita con patto di riscatto o di retrovendita stipulata fra il debitore ed il creditore, ove determini la definitiva acquisizione della proprietà del bene in mancanza di pagamento del debito garantito, è nulla per frode alla legge, in quanto diretta ad eludere il divieto del patto commissorio. Principale elemento sintomatico della frode è costituito dalla sproporzione tra l’entità del debito e il valore dato in garanzia, in quanto il legislatore, nel formulare un giudizio di disvalore nei riguardi del patto commissorio, ha presunto, alla stregua dell'”id quod plerumque accidit”, che in siffatta convenzione il creditore pretenda una garanzia eccedente il credito, sicché, ove questa sproporzione manchi – come nel pegno irregolare, nel riporto finanziario e nel cosiddetto patto marciano (ove al termine del rapporto si procede alla stima del bene e il creditore, per acquisirlo, è tenuto al pagamento dell’importo eccedente l’entità del credito) – l’illiceità della causa è esclusa. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 9 maggio 2013, n. 10986

 

Ambito di applicazione – In materia di nullità per violazione del divieto del patto commissorio, non è possibile in astratto identificare una categoria di negozi soggetti a tale nullità, occorrendo invece riconoscere che qualsiasi negozio può integrare tale violazione nell’ipotesi in cui venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento giuridico, di far ottenere al creditore la proprietà del bene dell’altra parte nel caso in cui questa non adempia la propria obbligazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che non aveva ravvisato il patto commissorio in una vendita fiduciaria di un immobile – finalizzata a far ottenere un mutuo al fiduciario per il soddisfacimento di un suo credito nei confronti del fiduciante – caratterizzata dall’effetto reale del trasferimento di proprietà al fiduciario e da un effetto obbligatorio, il ritrasferimento dell’immobile, non condizionato ad un adempimento del fiduciante). – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 20 febbraio 2013, n. 4262

 

Legge straniera che consente l’acquisto di un bene in conseguenza di un patto commissorio – La norma di legge straniera (nella specie, inglese), che ammetta l’acquisto di un bene in conseguenza di un patto commissorio, non è contraria all’ordine pubblico internazionale, ai sensi dell’art. 16 della legge 31 maggio 1995, n. 218, in quanto il relativo divieto non rientra fra i relativi principi fondanti l’ordine pubblico internazionale, come risulta dalla circostanza che il patto commissorio non è conosciuto, né vietato in una parte rilevante dell’Unione europea; né l’art. 2744 cod. civ. costituisce norma di applicazione necessaria, tali essendo quelle spazialmente condizionate e funzionalmente autolimitate – e, perciò solo, destinate ad applicarsi, nonostante il richiamo alla legge straniera – quali, tra le altre, le leggi fiscali, valutarie, giuslavoristiche, ambientali. – Cassazione Civile, Sezioni Unite, 05-07-2011, n. 14650

 

Ambito di applicazione – Beni di proprietà di terzi – Il divieto del patto commissorio di cui all’art. 2744 cod. civ. si estende a qualunque negozio attraverso il quale le parti intendono realizzare il fine vietato dal legislatore ed opera, quindi, anche nell’ipotesi di patto commissorio occulto avente ad oggetto immobili di proprietà di terzi, i quali assumono la figura di venditori a garanzia del debito altrui. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 5 marzo 2010, n. 5426

 

Ambito di applicazione – Nullità ex art. 1344 cc – In tema di patto commissorio, l’automatismo del vietato trasferimento di proprietà del bene costituisce un connotato della figura tipica di cui alla previsione dell’art. 2744 cod. civ., mentre nelle ipotesi in cui non vi sia stata la concessione di pegno o ipoteca e l’illegittima finalità venga realizzata indirettamente in virtù di strumenti negoziali preordinati a tale particolare scopo, il requisito dell’anzidetto automatismo non può ritenersi esigibile, giacché la sanzione della nullità deriva dall’applicazione dell’art.1344 cod. civ., per snaturamento della causa tipica del negozio, piegata all’elusione della norma imperativa di cui al citato art. 2744 cod. civ. In siffatti casi la coartazione del debitore, preventivamente assoggettatosi alla discrezione del creditore, è “in re ipsa”, non disponendo il medesimo (come nella specie, in cui era stata conferita procura irrevocabile a vendere il bene senza necessità di ulteriori “consensi, approvazioni o ratifiche”) di alcuna possibilità di evitare la perdita del bene costituito in sostanziale garanzia. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 5 marzo 2010, n. 5426

 

Ambito di applicazione – Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ. ed espressamente previsto, quanto al contratto di anticresi, dall’art.1963 cod. civ., si estende a qualsiasi negozio, ancorché astrattamente di per sé lecito, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, di assoggettare il debitore all’illecita coercizione del creditore, sottostando alla volontà del medesimo di conseguire il trasferimento della proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato una violazione del patto commissorio nel fatto che i contraenti avevano previsto, in caso di mancata restituzione della somma mutuata, che il creditore avrebbe potuto, esercitando una sorta di diritto potestativo, pretendere il trasferimento, sia pure a titolo oneroso, del bene oggetto dell’anticresi). – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 12 gennaio 2009, n. 437

 

Vendita con patto di riscatto – Qualora la vendita con patto di riscatto, pur se ad effetti apparentemente immediati, sia stipulata a scopo di garanzia con il fine specifico di attribuire il bene al creditore soltanto nel caso di inadempimento del debitore, il contratto, eludendo il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ., è, ai sensi dell’art. 1344 cod. civ., affetto da nullità per causa illecita. (Nella specie, è stato escluso che la vendita fosse stata stipulata a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni del venditore, sul rilievo che non era stato pattuito il patto «de retrovendendo»). — Cass. II, sent. 13621 del 11-6-2007

 

Lease back – Lo schema socialmente tipico del cosiddetto «lease back» presenta autonomia strutturale e funzionale, quale contratto di impresa, e caratteri peculiari di natura oggettiva e soggettiva che non consentono di ritenere che esso integri, per sua natura e nel suo fisiologico operare, una fattispecie che — in quanto realizzi una alienazione a scopo di garanzia — si risolva in un negozio atipico, nullo per illiceità della causa concreta. — Cass. III, sent. 6969 del 22-3-2007

 

Lease back – Costituisce accertamento di fatto, in base a elementi sintomatici, soggettivi — quali, ad esempio, lo stato di debolezza economica dell’impresa venditrice — ed oggettivi — quali, ad esempio, la sproporzione tra valore del bene venduto e prezzo pagato dalla fornitrice — stabilire se il «lease back», contratto di impresa in sé lecito, sia stato in concreto impiegato per eludere il divieto di patto commissorio, con conseguente sua nullità per frode alla legge. — Cass. III, sent. 6969 del 22-3-2007

 

Domande nuove in appello – In tema di domande nuove in appello, con riferimento alle azioni di simulazione del contratto di compravendita, proposta una domanda di accertamento della simulazione assoluta di tale contratto, costituiscono domande nuove, come tali improponibili in appello ai sensi dell’articolo 345, primo comma, cod. proc. civ., comportando l’accertamento di fatti nuovi e diversi con efficacia di giudicato, sia la domanda di accertamento della simulazione relativa del contratto di compravendita, sia la domanda di nullità della vendita perché dissimulante un mutuo con patto commissorio, sia la domanda di accertamento dell’interposizione fittizia di persona. — Cass. III, sent. 6961 del 22-3-2007

 

Vendita con patto di riscatto o di retrovendita – Una vendita stipulata con patto di riscatto o di retrovendita è nulla se il versamento del denaro da parte del compratore non costituisca il pagamento del prezzo, ma l’adempimento di un mutuo, ed il trasferimento del bene serva solo a porre in essere una transitoria situazione di garanzia, destinata a venir meno, con effetti diversi a seconda che il debitore adempia o non l’obbligo di restituire le somme ricevute, atteso che una siffatta vendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, costituisce un mezzo per eludere il divieto posto dall’articolo 2744 cod. civ., e la sua causa illecita ne determina l’invalidità ai sensi degli articoli 1343 e 1418 cod. civ. — Cass. II, sent. 2725 del 8-2-2007

 

Gli artt. 1963 e 2744 cod. civ., che sanciscono il divieto del patto commissorio, postulano che il trasferimento della proprietà della cosa sia condizionato sospensivamente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché, qualora il trasferimento o la promessa di trasferimento vengano, invece, pattuiti di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza, non sono configurabili le condizioni richieste dalle citate norme per l’operatività del divieto da esse previsto. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato la sussistenza del patto commissorio perché parte del corrispettivo della vendita era stato utilizzato immediatamente per estinguere un mutuo stipulato tra le parti, sicché la vendita non aveva lo scopo di garantire la restituzione del mutuo stesso, ma, eventualmente, di fornire la provvista per estinguere il debito scaduto). — Cass. II, sent. 14903 del 28-6-2006

 

Lease back – Il contratto di «sale and lease back» si configura come una operazione negoziale complessa — consistente nell’alienazione, da parte di un imprenditore, di un bene strumentale, la cui disponibilità viene tuttavia mantenuta in forza di un connesso rapporto di «leasing» —, che non può ritenersi necessariamente preordinata alla finalità di finanziamento con fraudolenta elusione del divieto di patto commissorio posto dall’art. 2744 cod. civ., salvo che lo scopo di garanzia non assurga, in concreto, a causa del contratto, qualora risulti da dati sintomatici e obiettivi che la vendita, nel quadro del rapporto volto a fornire liquidità all’impresa alienante, sia stata utilizzata per rafforzare la posizione del creditore-finanziatore, abusando della debolezza del debitore. Ove tali condizioni ricorrano, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi ne consegue, anche in caso di «lease-back», come nell’ipotesi di «leasing», la deducibilità dei relativi canoni da parte dell’utilizzatore. — Cass. V, sent. 7296 del 29-3-2006

 

Garanzia reale in funzione di un mutuo – È nulla, per violazione del divieto del patto commissorio, la convenzione mediante la quale le parti abbiano inteso costituire, con un determinato bene, una garanzia reale in funzione di un mutuo, istituendo un nesso teleologico o strumentale tra la vendita del bene ed il mutuo, in vista del perseguimento di un risultato finale consistente nel trasferimento della proprietà del bene al creditore acquirente in caso di mancato adempimento dell’obbligazione di restituzione da parte del debitore-venditore. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla Corte Cass., aveva escluso la violazione del divieto di patto commissorio sul presupposto che, in mancanza della prova della avvenuta erogazione di un mutuo, era venuta meno in radice la configurabilità di un nesso tra tale negozio e la vendita). — Cass. III, sent. 5635 del 15-3-2005

 

Lease back – Il contratto di «sale and lease back» — in forza del quale un’impresa vende un bene strumentale ad una società finanziaria, la quale ne paga il prezzo e contestualmente lo concede in locazione finanziaria alla stessa impresa venditrice, verso il pagamento di un canone e con possibilità di riacquisto del bene al termine del contratto per un prezzo normalmente molto inferiore al suo valore — configura un contratto d’impresa socialmente tipico che, come tale, è, in linea di massima, astrattamente valido, ferma la necessità di verificare, caso per caso, la presenza di elementi sintomatici atti ad evidenziare che la vendita è stata posta in essere in funzione di garanzia ed è volta, pertanto, ad aggirare il divieto del patto commissorio. A tal fine, l’operazione contrattuale può definirsi fraudolenta nel caso in cui si accerti, con una indagine che è tipicamente di fatto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza della motivazione, la compresenza delle seguenti circostanze: l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima, la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente. — Cass. III, sent. 5438 del 14-3-2006

 

Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ. si estende a qualsiasi negozio, ancorché lecito e quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito impugnata, siccome adeguatamente motivata, con la quale — escludendosi che l’art. 2744 cod. civ. costituisca una norma «eccezionale» di stretta interpretazione, applicabile unicamente nell’eventualità che il patto sia aggiunto al pegno, all’ipoteca o all’anticresi — era stata ritenuta sussistente la violazione del divieto del patto commissorio con riguardo ad un contratto intercorso tra due società da qualificarsi «sale and lease back», considerandosi irrilevante la circostanza che la vendita di un macchinario non era stata contestuale alla locazione, poiché, in concreto, non era intercorso un tempo «considerevole» e che, comunque, ai fini di cui all’art. 2744 cod. civ., non era da apprezzarsi come rilevante la presenza o l’assenza di contestualità tra i due contratti, essendo necessaria la ravvisabilità di un nesso funzionale che rendesse manifesto l’intento negoziale complessivo delle parti). — Cass. III, sent. 2285 del 2-2-2006

 

Lease back – Il contratto di «sale and lease back» si configura secondo uno schema negoziale, socialmente tipico (in quanto frequentemente applicato, sia in Italia che all’estero, nella pratica degli affari), caratterizzato da una specificità tanto di struttura quanto di funzione (e, quindi, da originalità e autonomia rispetto ai «tipi» negoziali codificati), e concretamente attuato attraverso il collegamento tra un contratto di vendita di un proprio bene di natura strumentale da parte di un’impresa (o di un lavoratore autonomo) ad una società di finanziamento che, a sua volta, lo concede contestualmente in «leasing» all’alienante il quale corrisponde, dal suo canto, un canone di utilizzazione con facoltà, alla scadenza del contratto, di riacquistarne la proprietà esercitando un diritto di opzione per un predeterminato prezzo. Manca, pertanto, nella fattispecie negoziale «de qua» quella trilateralità propria del leasing, potendo essere due (e soltanto due) i soggetti dell’operazione finanziaria (e, conseguentemente, le parti del contratto), in quanto l’imprenditore assume la duplice veste del fornitore-venditore e dell’utilizzatore, secondo un procedimento non diverso da quello dell’antico costituto possessorio. Ne consegue che il negozio di sale and lease back viola la «ratio» del divieto del patto commissorio, al pari di qualunque altra fattispecie di collegamento negoziale, sol che (e tutte le volte che) il debitore, allo scopo di garantire al creditore l’adempimento dell’obbligazione, trasferisca a garanzia del creditore stesso un proprio bene riservandosi la possibilità di riacquistarne il diritto dominicale all’esito dell’adempimento dell’obbligazione, senza, peraltro, prevedere alcuna facoltà, in caso di inadempimento, di recuperare l’eventuale eccedenza di valore del bene rispetto all’ammontare del credito, con un adattamento funzionale dello scopo di garanzia del tutto incompatibile con la struttura e la «ratio» del contratto di compravendita, mentre l’esistenza di una concreta causa negoziale di scambio (che può riguardare, o meno, tanto il «sale and lease back» quanto lo stesso leasing finanziario) esclude in radice la configurabilità del patto vietato (nell’affermare il principio di diritto che precede la Corte Suprema ha, con riferimento alla fattispecie concreta, ritenuto l’esistenza di un patto commissorio celato sotto le vesti del leasing finanziario, con esclusione della fattispecie del sale and lease back — pur predicata dalla corte di merito — atteso il carattere trilatero del contratto stipulato dalle parti e rilevata altresì l’indiscutibile esistenza di un collegamento negoziale tra gli atti di compravendita, fideiussione, accensione di ipoteca e locazione finanziaria nella specie intervenuti). — Cass. III, sent. 1273 del 21-1-2005

 

Gli artt. 1963 e 2744 cod. civ., che sanciscono il divieto del patto commissorio, postulano che il trasferimento — ovvero il procedimento indiretto della promessa di trasferimento al creditore, cui l’indicato divieto è estensibile per identità di «ratio» — della proprietà della cosa che ha formato oggetto di ipoteca, di pegno o di anticresi, sia condizionato sospensivamente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché, qualora il trasferimento o la promessa di trasferimento vengano, invece, pattuiti puramente e semplicemente allo scopo non già di garantire l’adempimento di un’altra obbligazione con riguardo all’eventualità, non ancora verificatasi, che essa rimanga inadempiuta, ma di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza, non sono configurabili le condizioni richieste dalle citate norme per l’operatività del divieto da esse previsto. (Nella specie la S.C. ha cassato per difetto di motivazione la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza del patto commissorio senza indagare la condotta delle parti in occasione della stipula dei contratti e successivamente alla stessa). — Cass. III, sent. 19950 del 6-10-2004

 

La fattispecie del collegamento negoziale è configurabile anche quando i singoli atti siano stipulati tra soggetti diversi, purché essi risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, onde consentire il raggiungimento dello scopo divisato dalle parti. (Nell’affermare il principio di diritto che precede la S.C. ha ritenuto che, con riferimento ad un contratto preliminare e ad un successivo contratto definitivo di compravendita di un bene di proprietà di un soggetto diverso dal debitore — nella specie, la moglie, — fosse legittimamente predicabile, in astratto, un collegamento negoziale tra atti che, pur restando apparentemente autonomi e leciti, purtuttavia erano potenzialmente idonei ad atteggiarsi come forma di garanzia reale atipica per il pagamento della somma dovuta dal debitore, marito della promettente venditrice, il bene della quale veniva trasferito al creditore sotto condizione e in conseguenza del mancato adempimento, il tutto in violazione del disposto dell’art. 2744 cod. civ. la S.C. ha, peraltro, nella specie, escluso, in fatto, la sussistenza di tale fattispecie). — Cass. II, sent. 18655 del 16-9-2004

 

Lease back – Il contratto di «sale and lease back» configura un’operazione negoziale complessa, che non può ritenersi necessariamente preordinata alla fraudolenta elusione del divieto stabilito dall’art. 2744, cod. civ.; quest’ultimo scopo può infatti ritenersi realizzato qualora, per le circostanze del caso concreto — difficoltà economiche dell’impresa venditrice, che giustificano il sospetto di un approfittamento della sua condizione di debolezza, sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente — l’operazione riveli una finalità in contrasto con il divieto dell’art. 2744, cod. civ., dovendo tuttavia escludersi che possa assurgere ad indice della illiceità del contratto l’asserito carattere «simbolico» del prezzo di opzione, se lo stesso sia stato determinato nell’osservanza di una norma. (Nella specie, la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto indice della illiceità del contratto la fissazione del prezzo di opzione nella misura dell’1% del valore di acquisto, omettendo di considerare che al contratto era applicabile, «ratione temporis», l’art. 83, d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, recante il t.u. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, che fissava in detta misura il prezzo di opzione per il riacquisto). — Cass. III, sent. 15178 del 6-8-2004

 

Lease back – Il contratto di sale and lease back si configura come una operazione negoziale complessa consistente nell’alienazione, da parte di un imprenditore, di un bene strumentale — di norma funzionale ad un determinato assetto produttivo e non agevolmente ricollocabile sul mercato — allo scopo di acquisire una liquidità immediata e di osservare al tempo stesso l’uso del bene, con la facoltà di riacquistarne la proprietà al termine del rapporto. All’interno di tale operazione la vendita ha scopo di leasing e non di garanzia e non si pone in violazione del divieto del patto commissorio, a meno che lo scopo di garanzia non assurga a causa del contratto, qualora risulti da dati sintomatici e obiettivi che la vendita, nel quadro del rapporto volto a fornire liquidità all’impresa alienante, sia stata utilizzata per rafforzare la posizione del creditore — finanziatore, che tenti di acquisirne la differenza di valore, abusando della debolezza del debitore. — Cass. III, sent. 13580 del 21-7-2004

 

Perché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie anche ai fini della nullità dell’intero procedimento negoziale per illiceità del motivo o della causa ai sensi degli artt. 1344 e 1345 cod. civ., è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico fra i negozi, che il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti, pur se non manifestato in forma espressa, di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il collegamento ed il coordinamento di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, non essendo sufficiente che quel fine sia perseguito da una delle parti all’insaputa e senza la partecipazione dell’altra. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, tra gli altri motivi per non aver verificato, in una causa in cui si chiedeva dichiararsi la nullità di due contratti di vendita ed uno successivo di leasing per violazione del divieto di patto commissorio per non aver adeguatamente valutato la sussistenza o meno di un collegamento negoziale secondo gli indici indicati). — Cass. III, sent. 13580 del 21-7-2004

 

Atteso che il divieto del patto commissorio, posto dall’art. 2744 cod. civ., va interpretato non secondo un criterio formalistico e strettamente letterale, ma secondo un criterio ermeneutico e funzionale, finalizzato ad una più efficace tutela del debitore e ad assicurare la «par condicio creditorum», in tal modo contrastando l’attuazione di strumenti di garanzia diversi da quelli legali, il patto commissorio — con la conseguente sanzione di nullità — è ravvisabile anche rispetto a più negozi tra loro collegati, qualora scaturisca un assetto di interessi complessivo tale da far ritenere che il meccanismo negoziale attraverso il quale deve compiersi il trasferimento di un bene del creditore sia effettivamente collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, ad uno scopo di garanzia, a prescindere dalla natura meramente obbligatoria, o traslativa, o reale del contratto, ovvero dal momento temporale in cui l’effetto traslativo sia destinato a verificarsi, nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e, persino, dalla identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti, sempre che tra le diverse pattuizioni sia ravvisabile un rapporto di interdipendenza e le stesse risultino funzionalmente preordinate allo scopo finale di garanzia. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso in linea di principio la possibilità di ravvisare un collegamento negoziale tra il «preliminare» ed il «definitivo» stipulati fra oggetti diversi, senza analizzare in concreto se tali negozi potessero avere una comune funzione strumentale e teleologica di garanzia). — Cass. II, sent. 9466 del 19-5-2004

 

Il divieto di patto commissorio, sancito dall’art. 2744 cod. civ., si estende a qualsiasi negozio che venga impiegato per conseguire il risultato concreto — vietato dall’ordinamento — dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito ,e può pertanto configurarsi un patto commissorio anche ogni qual volta il debitore sia comunque costretto al trasferimento di un suo bene al creditore a tacitazione dell’obbligazione (nel caso di specie, la S.C. ha escluso la configurabilità di un patto commissorio nel caso in cui l’acquirente,assuntore di un concordato fallimentare, aveva acquistato la proprietà dei beni di un fallito a seguito del decreto di trasferimento del giudice delegato, e successivamente si era accordato con il fallito per retrocedergli la proprietà di una villa dietro versamento di una somma a conguaglio del valore effettivo del bene, non essendo configurabile nel caso di specie alcun trasferimento di proprietà a scopo di garanzia e nessuna coazione sulla volontà del debitore). — Cass. III, sent. 8411 del 27-5-2003

 

Qualora il lavoratore abbia ceduto, a garanzia di un finanziamento ricevuto, il proprio futuro credito per trattamento di fine rapporto, va escluso che la cessione integri un’ipotesi di frode alla legge, consistente nella violazione del divieto del patto commissorio relativo al credito suddetto, essendo legittima cessione del credito anche a fine di garanzia e non essendo estensibile in via analogica, oltre le alienazioni di diritti reali e la costituzione di ipoteca e di pegni anche di crediti, la disciplina di cui all’art. 2744 cod. civ., costituente norma di natura eccezionale. — Cass. Sez. L, sent. 4930 del 1-4-2003

 

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, anche quando sia previsto il trasferimento effettivo del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia (piuttosto che per una causa di scambio) nell’ambito della quale il versamento del denaro, da parte del compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una posizione di garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o non l’obbligo di restituire le somme ricevute, atteso che la predetta vendita, in quanto caratterizzata dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio, piuttosto che dalla causa di scambio propria della vendita. Pur non integrando direttamente un patto commissorio vietato dall’art. 2744 cod. civ., costituisce un mezzo per eludere tale norma imperativa ed esprime perciò una causa illecita che rende applicabile all’intero contratto la sanzione dell’art. 1344 cod. civ.. — Cass. II, sent. 9900 del 20-7-2001

 

Gli artt. 1963 e 2744 cod. civ., che sanciscono il divieto del patto commissorio, postulano che il trasferimento — ovvero il procedimento indiretto della promessa di trasferimento al creditore, cui l’indicato divieto è estensibile per identità di «ratio» — della proprietà della cosa che ha formato oggetto di ipoteca, di pegno o di anticresi, sia condizionato sospensivamente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché, qualora il trasferimento o la promessa di trasferimento vengano, invece, pattuiti puramente e semplicemente allo scopo non già di garantire l’adempimento di un’altra obbligazione con riguardo all’eventualità, non ancora verificatasi, che essa rimanga inadempiuta, ma di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza, non sono configurabili le condizioni richieste dalle citate norme per l’operatività del divieto da esse previsto. — Cass. III, sent. 7585 del 5-6-2001

 

In tema di patto commissorio, la sanzione della nullità, prevista dalla norma di cui all’art. 2744 cod. civ., riguarda il solo patto commissorio stipulato a latere dell’obbligazione restitutoria (con conseguente inefficacia del trasferimento del bene oggetto della stipulazione, ex art. 2744 cit.) e non anche detta obbligazione restitutoria, che resta del tutto valida indipendentemente dalle sorti del patto accessorio vietato. — Cass. 25-5-2000, n. 6864

 

Il mandato irrevocabile a vendere i propri beni, conferito da un mutuatario al mutuante con il precipuo scopo di soddisfare con il ricavato i creditori del primo, non configura un patto commissorio. — Cass. 7-12-99, n. 13708

 

Il divieto di patto commissorio, sancito dall’art. 2744 cod. civ., s’estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore. Anche, quindi, un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene promesso in vendita, qualora la promessa di vendita garantisca la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, sempre che risulti provato il nesso di strumentalità tra i due negozi. — Cass. 23-10-99, n. 11924

 

Qualora si agisca in giudizio per far valere l’illiceità della fattispecie negoziale unitaria costituita dal collegamento tra un contratto di mutuo e una vendita con patto di riscatto con un soggetto diverso dal mutuante la quale dissimuli un patto commissorio, la prova della simulazione della compravendita può essere data anche per testimoni o per presunzioni a norma dell’art. 1417 cod. civ. (Nella specie, l’attore aveva dedotto la divergenza tra il reale intento dei contraenti — di costituire con la compravendita una garanzia al mutuante in ordine alla restituzione della somma mutuata al venditore — e il negozio posto in essere per ottenere tale risultato con la consapevole adesione dell’acquirente, e la S.C. ha annullato la decisione di merito che, sul presupposto che la compravendita immobiliare configurasse una interposizione fittizia, aveva ritenuto necessaria la controdichiarazione scritta). — Cass. 20-7-99, n. 7740

 

Il patto commissorio, vietato dall’art. 2744 cod. civ., è configurabile solo quando il debitore sia costretto al trasferimento di un bene, a tacitazione dell’obbligazione, non anche, pertanto, ove tale trasferimento sia frutto di una scelta, come nel caso in cui venga liberamente concordato quale datio in solutum (art. 1197 cod. civ.), ovvero esprima esercizio di una facoltà che si sia riservata all’atto della costituzione dell’obbligazione medesima (art. 1286 cod. civ.). — Cass. 3-2-99, n. 893

 

Il criterio distintivo tra vendita fiduciaria a scopo di garanzia e vendita dissimulante un mutuo con patto commissorio deve individuarsi nel fatto che nella prima la proprietà si trasferisce, effettivamente ed immediatamente, al compratore il quale può assumere l’impegno, derivante da accordo interno con efficacia meramente obbligatoria, di ritrasferire il bene al venditore se questi estinguerà il debito garantito entro il termine previsto, mentre nella seconda le parti, pur dichiarando formalmente di volere comprare e vendere, concordano in concreto che il creditore-compratore diventerà proprietario soltanto se il debitore-venditore non estinguerà il debito nel termine stabilito, così ponendo in essere una vendita sotto condizione sospensiva. — Cass. 13-5-98, n. 4816

 

Lease back – Il contratto di sale and lease back si configura come un’operazione negoziale complessa, frequentemente applicata nella pratica degli affari poiché risponde all’esigenza degli operatori economici di ottenere, con immediatezza, liquidità, mediante l’alienazione di un bene strumentale — di norma funzionale ad un determinato assetto produttivo e pertanto non agevolmente collocabile sul mercato — conservandone l’uso con la facoltà di riacquistarne la proprietà al termine del rapporto. Tale operazione è caratterizzata da uno schema negoziale tipico nel cui ambito il trasferimento in proprietà del beve all’impresa di leasing rappresenta il necessario presupposto per la concessione del bene in «locazione finanziaria», e non è quindi preordinato «per sua natura» e nel suo fisiologico operare» ad uno scopo di garanzia, né — tanto meno — alla fraudolenta elusione del divieto posto dall’art. 2744 cod. civ. Pertanto, pur dovendosi ammettere che anche il sale and lease back, come qualsiasi altro contratto, può essere impiegato per scopi illeciti e fraudolenti (e, in particolare, a fini di violazione o di elusione del divieto del patto commissorio), deve tuttavia sottolinearsi che tale ultima ipotesi si realizza solo se, per le circostanze del caso concreto (difficoltà economiche dell’impresa venditrice, legittimanti il sospetto di un approfittamento della sua condizione di debolezza; sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente che confermi la validità di tale sospetto), l’operazione si atteggi in modo da perseguire un risultato confliggente con il divieto sancito dall’art. 2744 cod. civ. — Cass. 22-4-98, n. 4095

 

Il patto commissorio, vietato dall’art. 2744 cod. civ. è configurabile solo quando il debitore sia costretto al trasferimento di un suo bene a tacitazione dell’obbligazione e non anche quando tale trasferimento sia invece frutto di una lecita scelta, come nel caso nel quale esso sia stato dai contraenti liberamente concordato quale datio in solutum (art. 1197 cod. civ.) ovvero esprima l’esercizio di una facoltà precostituita al tempo della nascita dell’obbligazione medesima ex art. 1286 cod. civ. — Cass. 6-11-96, n. 9675

 

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, anche quando sia previsto il trasferimento effettivo del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia (piuttosto che per una causa di scambio) nell’ambito della quale il versamento del danaro, da parte del compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una posizione di garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o non l’obbligo di restituire le somme ricevute, atteso che la predetta vendita, in quanto caratterizzata dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio, piuttosto che dalla causa di scambio propria della vendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio vietato dall’art. 2744 cod. civ., costituisce un mezzo per eludere tale norma imperativa ed esprime, perciò, una causa illecita che rende applicabile, all’intero contratto, la sanzione dell’art. 1344 cod. civ. — Cass. 4-3-96, n. 1657

 

Con riferimento al divieto del patto commissorio, posto che qualunque negozio sia stato posto in essere, anche se astrattamente lecito, nondimeno è colpito da nullità, perché in frode alla legge, quando le parti abbiano voluto conseguire i risultati proibiti dalla norma di cui all’art. 2744 cod. civ., è nulla la vendita con patto di riscatto con esclusiva finalità di garanzia. — Cass. 28-9-94, n. 7890

 

Posto che il patto commissorio va definito come l’accordo con cui il debitore destina in proprietà definitiva al proprio creditore, a soddisfo parziale o totale del proprio debito, un bene in garanzia per l’ipotesi di propria inadempienza, senza alcuna previsione di stima del suo valore in base ai valori correnti in quel momento, sia con riferimento ad un debito che viene assunto contemporaneamente alla stipula dell’accordo, sia in relazione ad un debito precedentemente sorto, che venga prorogato, è nulla, poiché se anche non integra direttamente la previsione di cui all’art. 2744 cod. civ., costituisce comunque un mezzo per conseguire il risultato vietato da tale norma, la vendita ad effetti traslativi immediati, che, conclusa a garanzia di un debito preesistente del venditore e per un prezzo ad esso corrispondente, sia sottoposta alla condizione risarcitoria dalla successiva alienazione dello stesso bene ad un terzo per un maggiore prezzo con il conseguente pagamento del debito ed il trattenimento dell’eventuale supero da parte dell’originario alienante. — Cass. 27-9-94, n. 7882

 

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita stipulata fra il debitore ed il creditore nell’intento di costituire una garanzia con l’attribuzione irrevocabile del bene al creditore in caso di inadempienza del debitore, pur non integrando direttamente un patto commissorio di cui all’art. 2744 cod. civ., configura un mezzo per eludere tale norma imperativa e, quindi, esprime una causa illecita che comporta l’ammissibilità della prova testimoniale anche inter partes ai sensi dell’art. 1417 cod. civ. — Cass. 27-9-94, n. 7878

 

Il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 cod. civ. si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento giuridico, dell’illecita coercizione del debitore da parte del creditore. Pertanto, anche una procura a vendere un immobile rilasciata dal mutuatario al mutuante contestualmente alla stipulazione del mutuo può integrare un patto commissorio vietato, sempreché essa sia funzionalmente connessa con il mutuo, nel senso che la mancata restituzione della somma mutuata determini la vendita del bene e l’acquisizione del corrispettivo al creditore. (Nella specie, la S.C. nell’enunciare il principio di cui in massima ha confermato la decisione di merito la quale aveva escluso che il rilascio di una procura a vendere l’immobile ipotecato fosse correlata all’inadempimento del mutuatario, perché la facoltà di alienare a terzi l’immobile era stata conferita al creditore prima del sorgere del mutuo). — Cass. 1-6-93, n. 6112

 

Il divieto del patto commissorio, di cui agli artt. 1963 e 2744 cod. civ., mira a salvaguardare da un lato l’interesse del debitore, sottraendolo alla coazione morale del proprio creditore, dall’altro l’interesse degli altri creditori, i quali verrebbero pregiudicati dalla sottrazione di un bene alla garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 cod. civ., al di fuori delle cause legittime di prelazione di cui all’art. 2741, e, pertanto, è estensibile ai negozi con cui le parti, al di fuori dell’anticresi o della dazione di pegno o di ipoteca, abbiano attribuito al trasferimento della proprietà di un bene una funzione di garanzia del soddisfacimento di una preesistente obbligazione, solo se si tratti di obbligazione dello stesso alienante, non di un terzo. — Cass. 12-2-93, n. 1787

 

Il collegamento fra negozi è configurabile anche quando siano stipulati tra soggetti diversi, purché essi risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi ed interdipendenti, al fine di un più completo ed equilibrato regolamento degli interessi. (Nella specie, nell’affermare il principio di cui in massima la S.C. ha confermato la sentenza dei giudici del merito, i quali avevano ritenuto stipulati a scopo di garanzia della somma mutuata e dissimulanti un patto commissorio in violazione del divieto di cui all’art. 2744 cod. civ., due contratti preliminari di compravendita, nel secondo dei quali figurava come promissario acquirente un altro soggetto in aggiunta a quello che aveva partecipato al precedente negozio). — Cass. 30-10-91, n. 11638

 

La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, stipulata fra il debitore ed il creditore, la quale risponda all’intento delle parti di costituire una garanzia, con l’attribuzione irrevocabile del bene al creditore solo in caso di inadempienza del debitore, è nulla anche quando implichi un trasferimento effettivo della proprietà (con condizione risolutiva), atteso che, pur non integrando direttamente il patto commissorio, previsto e vietato dall’art. 2744 cod. civ., configura mezzo per eludere tale norma imperativa, e, quindi, esprime una causa illecita, che rende applicabile la sanzione dell’art. 1344 cod. civ. — Cass. Sez. Un. 3-4-89, n. 1611

 

Il divieto del patto commissorio ex art. 2744 cod. civ. opera, nel caso di coesistenza di una vendita con un mutuo, solo se risulti che i due negozi siano stati concepiti in una reciproca interdipendenza, tale da rendere manifesto l’intento delle parti di costituire attraverso la vendita una garanzia reale per il mutuante nel senso che la mancata restituzione entro un dato termine della somma mutuata determini il trapasso definito ed irrevocabile del bene al creditore, non avendo rilevanza che la definitiva attribuzione della proprietà al mutuante si realizzi, sempre in base alla mancata restituzione della somma nel termine fissato, con il consolidamento irreversibile degli effetti traslativi già soltanto in via provvisoria anticipati o con l’irrevocabile prodursi di tali effetti. — Cass. 18-5-88, n. 3462

 

La vendita dissimulante un mutuo con patto commissorio, nullo ai sensi dell’art. 2744 cod. civ., riguarda l’ipotesi in cui le parti, pur dichiarando formalmente di voler vendere ed acquistare, concordano in sostanza che il creditore-acquirente diventerà proprietario solo se il debitore-alienante non estinguerà il debito nel termine pattuito. Pertanto, tale figura non ricorre allorché sia stata conclusa una vendita effettiva, con immediato passaggio della proprietà dal venditore all’acquirente, pure se quest’ultimo si sia obbligato a ritrasferire la proprietà al venditore stesso una volta estinto il debito (pactum de retrovendendo), atteso che si è in presenza di un negozio indiretto, che esclude la simulazione, in quanto il mezzo giuridico adoperato (contratto di vendita) è realmente voluto, sia pure come mezzo per raggiungere lo scopo di garanzia inerente a detto patto. — Cass. 8-5-84, n. 2795

 

Il divieto del patto commissorio è istituito a presidio di un interesse generale che coincide con l’interesse del contraente debole a non subire la coartazione dell’altro nel momento in cui il mutuo viene erogato o prorogato, o in cui viene concessa dal creditore una qualsiasi diversa agevolazione, ed esso pertanto opera, con la conseguente sanzione di nullità, nella fase di costituzione e di attuazione del mutuo, con riferimento a patti coevi o successivi al contratto, e non in relazione ad accordi intervenuti fra le parti dopo la scadenza dell’obbligo del mutuatario di restituire al mutuante le somme ricevute in prestito; in questa fase, infatti, il debitore è libero di disporre dei propri beni, come è libero, in generale, di cederli ai creditori a soddisfazione delle loro ragioni, e nulla, pertanto, gli impedisce di alienare l’oggetto del pegno a tacitazione del debito rimasto insoluto, salva la possibilità di avvalersi delle ordinarie azioni contrattuali accordate dall’ordinamento per rimuovere gli effetti delle pressioni, delle suggestioni, delle sopraffazioni di cui, in tale fase, possa essere stato vittima. — Cass. 18-4-84, n. 2544

 

Il fatto che il debitore, verificatosi l’inadempimento, abbia alienato i beni gravati da pegno ad una società controllata dal creditore non manifesta l’esistenza di un patto commissorio né ha, di per sé, l’effetto di eludere il divieto di esso, in mancanza di prove circa l’esistenza di un’interposizione, fittizia o reale, di persona fra il creditore ed il terzo acquirente, data l’autonomia soggettiva della società compratrice rispetto al socio creditore, il quale non acquista, né in proprio, né per interposta persona, né in forma diretta né in forma indiretta, la proprietà delle cose costituite a garanzia del suo credito, realizzandosi con la cessione soltanto un risultato economico favorevole al creditore, quale socio dell’acquirente, ma non un evento giuridicamente apprezzabile per ritenere violato il divieto di trasferire l’oggetto del pegno al creditore stesso, o ad una persona a lui interposta, in seguito al verificarsi della condizione del mancato adempimento di restituire la somma ricevuta in prestito. — Cass. 18-4-84, n. 2544

 

Ai fini dell’accertamento dell’invalidità del patto commissorio come non rileva la mancata prefissione di un termine (o la sua mancata dimostrazione) stante la sussistenza dei mezzi ex lege (art. 1183 cod. civ.) per l’esigibilità della prestazione, così non assume rilievo il difetto di prova circa l’importo della somma oggetto del mutuo garantito, non incidendo siffatta incertezza sulla sussistenza del debito che è l’unico elemento richiesto per la configurabilità del patto commissorio. — Cass. 3-6-83, n. 3800

 

Il divieto formulato in termini generici dall’art. 2744 cod. civ. concerne anche il caso di patto commissorio avente ad oggetto immobili di proprietà di terzi, i quali assumono nel patto commissorio occulto la figura di venditori a garanzia del debito di altri. — Cass. 3-6-83, n. 3800

 

In tema di anticresi, la prevista rinnovabilità del rapporto dopo il primo decennio e l’effettiva sua prosecuzione oltre la durata massima stabilita dall’art. 1962 cod. civ., nonché l’esistenza di un patto commissorio, non incidono sullo schema legale del contratto né ad esso si propaga l’invalidità di quelle clausole. — Cass. 12-3-83, n. 1866

 

Gli artt. 1963 e 2744 cod. civ. che sanciscono il divieto del patto commissorio, postulano che il trasferimento al creditore — ovvero il procedimento indiretto della promessa di trasferimento al creditore, a cui l’indicato divieto è estensibile per identità di ratio — della proprietà della cosa, che ha formato oggetto di ipoteca, di pegno o di anticresi, sia condizionato sospensivamente al verificarsi dell’evento futuro ed incerto del mancato pagamento del debito, sicché, qualora il trasferimento o la promessa di trasferimento vengano invece pattuiti puramente e semplicemente allo scopo, non già di garantire l’adempimento di un’altra obbligazione con riguardo all’eventualità non ancora verificatasi, che essa rimanga inadempiuta, ma di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare quindi il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza, non sono configurabili le condizioni richieste dalle citate norme per l’operatività del divieto da esse previsto relativamente ai patti commissori. — Cass. 12-11-82, n. 6005

 

Nell’ipotesi di vendita stipulata con patto di riscatto, ove sopravvenga il fallimento del venditore, restando acquisito al fallimento il rapporto commutativo generato dal contratto, resta del pari nell’esclusiva competenza degli organi fallimentari la disponibilità del rapporto sia con l’esercizio del diritto di riscatto, sia con la eventuale richiesta giudiziale di accertamento della simulazione relativa della vendita per dissimulazione di un patto commissorio (vietato a norma dell’art. 2744 cod. civ.), con la conseguenza che il mancato esercizio di tali attività — da parte degli organi fallimentari — comporta scelta da parte degli stessi dell’acquisizione del rapporto nella sua apparente genesi contrattuale senza esercizio del relativo diritto di riscatto e correlativamente l’incapacità del venditore fallito di esercitare tale diritto ed in via processuale — rilevabile anche d’ufficio — di richiedere quello accertamento e di impugnare l’eventuale sentenza al riguardo intervenuta. — Cass. 7-5-81, n. 2991

 

Poiché non è ravvisabile il patto commissorio, nullo ai sensi dell’art. 2744 cod. civ., nella vendita con patto di riscatto, la quale realizza l’immediato trapasso della proprietà e non è incompatibile con la funzione di garanzia alla quale possa essere stata ispirata la finalità negoziale delle parti, qualora venga adoperato lo strumento contrattuale di cui all’art. 1500 cod. civ., la dimostrazione di un intento di garanzia non è idonea a far ritenere l’esistenza di un patto commissorio, il cui presupposto è costituito dalla conseguenza del passaggio di proprietà come effetto differito della insolvenza del mutuatario. — Cass. 14-4-81, n. 2245

 

Il criterio distintivo tra vendita fiduciaria a scopo di garanzia e vendita dissimulante un mutuo con patto commissorio, nullo ai sensi dell’art. 2744 cod. civ. deve individuarsi nel fatto che nella prima la proprietà si trasferisce effettivamente ed immediatamente al creditore, il quale però assume l’impegno, derivante da accordo interno con efficacia meramente obbligatoria, di ritrasferire il bene al venditore se questi estinguerà il debito garantito entro il termine previsto, mentre nella seconda le parti, pur dichiarando formalmente di volere comperare e vendere, concordano in concreto che il creditore-compratore diventerà proprietario soltanto se il debitore-venditore non estinguerà il debito nel termine stabilito, così ponendo in essere una vendita sotto condizione sospensiva. Pertanto, il venditore-debitore, il quale agisce in giudizio deducendo che la vendita conclusa, avente scopo di garanzia, e simulata, dissimulando un mutuo con patto commissorio, ha l’onere di provare che la vendita era sottoposta a condizione sospensiva e tale prova deve essere precisa ed univoca, specialmente quando la vendita con trasferimento immediato della proprietà sulla cosa sia consacrata in un documento. — Cass. 26-1-80, n. 642

 

Il risultato economico e la funzione giuridica dell’ipoteca (o del pegno) con patto commissorio consistono nel trasferimento definitivo della proprietà di un bene determinato, trasferimento che si verifica in correlazione al mancato adempimento da parte del debitore della sua obbligazione. Questi elementi caratteristici ricorrono pienamente nella vendita sottoposta alla condizione sospensiva del mancato pagamento del debito, non rilevando che, quando si tratti di vendita di immobili, il contratto non sia stato trascritto. — Cass. 1-2-74, n. 282

 

Il divieto del patto commissorio, sancito dall’art. 2744 cod. civ., è operante anche al di fuori dei casi di ipoteca e di pegno, espressamente enunciati dal legislatore; esso si estende a qualunque negozio mediante il quale le parti intendano realizzare il fine concreto vietato dalla legge. Il divieto, pertanto, riguarda un risultato — che è ad un tempo giuridico ed economico — e non alcuni determinati mezzi che possono essere adottati per conseguirlo; la nullità di questi atti non deriva quindi dalla loro intrinseca natura, ma è l’effetto — imposto dalla legge — dell’impiego fattone al fine di realizzare il risultato vietato. Non è quindi possibile identificare in astratto una, più o meno ristretta, categoria di atti potenzialmente soggetti alla nullità perché contrastanti con il divieto di patto commissorio, e limitare ad essi l’efficacia di tale divieto, ma si deve riconoscere che tutti indistintamente i negozi ed i contratti possono incorrere nella sanzione di nullità, qualunque ne sia il contenuto, se vengono impiegati per conseguire lo scopo vietato. — Cass. 1-2-74, n. 282

 

La ratio del divieto del patto commissorio consiste nell’intento di impedire che il debitore debba sottostare alla volontà del creditore e, spinto dal bisogno, gli conferisca la facoltà di far propria la cosa data in pegno, in anticresi o ipoteca, sperando di riscattarla in tempo mediante estinzione del mutuo. Tale coazione morale illecita opera, quindi, come nella diversa ipotesi dell’azione generale di rescissione (art. 1448 cod. civ.), al momento della conclusione del negozio, e la differenza tra le due ipotesi consiste nel fatto che, mentre nell’azione generale di rescissione gli effetti si verificano, in ogni caso, al momento della conclusione del negozio, nel patto commissorio gli effetti dannosi sono soltanto eventuali e si verificano, successivamente, solo nel caso di inadempimento da parte del mutuatario all’obbligazione di restituzione della somma presa a mutuo. — Cass. 19-7-67, n. 1848

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