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Art. 2950 cc – Prescrizione del diritto del mediatore

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Articolo 2950 codice civile

Prescrizione del diritto del mediatore

Si prescrive in un anno il diritto del mediatore al pagamento della provvigione.


 

Giurisprudenza:

Azione di rivalsa per il recupero dell’iva calcolata sul compenso del mediatore – In tema di mediazione, il termine di prescrizione per l’ottenimento, in sede di rivalsa, della somma dovuta a titolo di IVA decorre dal momento dell’emissione della fattura. Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 29-9-2020, n. 20537

 

Rapporti tra mediazione e procacciamento di affari – In tema di rapporti tra mediazione e procacciamento di affari, costituisce elemento comune a dette figure la prestazione di un’attività di intermediazione diretta a favorire tra terzi la conclusione di un affare, con conseguente applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione, mentre l’elemento distintivo consiste nel fatto che il mediatore è un soggetto imparziale, e nel procacciamento di affari l’attività dell’intermediario è prestata esclusivamente nell’interesse di una delle parti; ne consegue che sono applicabili al procacciatore d’affari, in via analogica, le disposizioni del contratto d’agenzia, ivi comprese quelle in materia di prescrizione del compenso spettante all’agente, diverse da quelle sulla prescrizione del compenso spettante al mediatore. Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 4-9-2020, n. 18489

 

Previsione di un termine di adempimento a favore del debitore – Conseguenze in tema di decorrenza della prescrizione del diritto di credito – Nel caso in cui il termine di adempimento dell’obbligazione sia stabilito, per esplicita volontà delle parti o per presunzione legale ex art. 1184 c.c., a favore del debitore, la prescrizione estintiva del diritto di credito comincia a decorrere solo dopo la scadenza del termine, in quanto, precedentemente, il creditore non può esigere la prestazione dovuta. Cassazione Civile, Sezione 6-2, Ordinanza 25-1-2018, n. 1947

 

Rapporti tra mediazione e procacciamento di affari – In tema di rapporti tra mediazione e contratto atipico di procacciamento di affari, dette figure, pur accomunate dallo svolgimento di un’attività di intermediazione diretta a favorire la conclusione di un affare tra terzi, con conseguente applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione, divergono tra loro in quanto il mediatore presta la propria opera in posizione di imparzialità tra le parti, mentre il procacciatore di affari agisce, al contrario, nell’esclusivo interesse di una di esse, sia pur in virtù di un rapporto di collaborazione privo del carattere della stabilità, con conseguente applicazione analogica, nei confronti dello stesso, delle disposizioni del contratto d’agenzia, ivi comprese quelle in materia di prescrizione del diritto al compenso. Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 20-12-2016, n. 26370

 

Conclusione dell’affare – Nozione – Per “conclusione dell’affare”, dalla quale a norma dell’art. 1755 cod. civ. sorge il diritto alla provvigione del mediatore e con la quale coincide ex art. 2935 il “dies a quo” della relativa prescrizione, deve intendersi il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno, sicché anche la stipulazione di un contratto preliminare è sufficiente a far sorgere tale diritto, sempre che si tratti di contratto definitivo o preliminare validamente concluso e rivestito dei prescritti requisiti e quindi di forma scritta ove richiesta “ad substantiam” (artt. 1350 e 1351 cod. CIV.). Diversamente, per la prova dell’avvenuta conclusione dell’affare, sia al fine di rivendicare il diritto del mediatore alla provvigione, sia al fine di individuare il termine dal quale decorre la prescrizione di tale diritto, non trovano applicazione al riguardo le limitazioni di cui agli artt. 2725 e 2729 cod. civ., in ordine alla prova dei contratti dei quali sia richiesta la forma scritta “ad substantiam o ad probationem “, le quali operano soltanto quando il contratto sia invocato come tale, cioè come fonte di diritti e di obblighi tra le parti contraenti, e non anche quando esso sia dedotto da un terzo, o dalle parti stesse, come fatto storico dal quale pur discendono conseguenze in ordine alla decisione. Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 16-6-1992, n. 7400