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Art. 36 cc – Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute

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Articolo 36 codice civile

Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciute

L’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati.

Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, è conferita la presidenza o la direzione.


 

Giurisprudenza:

 

Consorzi di urbanizzazione – I consorzi di urbanizzazione, quali aggregazioni di persone fisiche o giuridiche preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi, sono figure atipiche disciplinate principalmente dagli accordi tra le parti espressi nello statuto e, solo sussidiariamente, dalla normativa in tema di associazioni non riconosciute e di comunione. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in punto di proroga della durata del … continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 6-1 civile, Ordinanza 9 ottobre 2019, n. 25394

 

Organi legittimati ad esprimere la volontà dell’ente – Permanenza in carica – In tema di associazioni non riconosciute, gli organi legittimati ad esprimere la volontà dell’ente permangono in carica, in applicazione analogica dell’art. 2385 c.c. e salvo che sia diversamente stabilito dallo statuto o dall’assemblea, fino alla sostituzione dei loro componenti, dovendosi presumere che tale “perpetuatio” sia conforme all’interesse dei membri di dette associazioni perché volta a consentire il normale funzionamento delle stesse. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il soggetto al quale era stato conferito il potere di agire in giudizio in nome di un’associazione sindacale non decadesse automaticamente dall’incarico … continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 30 settembre 2019, n. 24214

 

Esclusione dell’associato per gravi motivi – La norma dettata dall’art. 24 c.c., secondo cui gli organi associativi possono deliberare l’esclusione dell’associato per gravi motivi, è applicabile anche alle associazioni non riconosciute, ed implica che il giudice davanti al quale sia proposta l’impugnazione della deliberazione di esclusione abbia il potere-dovere di valutare se si tratti di fatti gravi e non di scarsa importanza, cioè se si sia avverata in concreto una delle ipotesi previste dalla legge e dall’atto costitutivo per la risoluzione del singolo rapporto associativo, prescindendo dall’opportunità intrinseca della deliberazione stessa. (Nella specie la S.C. ha ritenuto contraddittoria e perciò meramente apparente la decisione della corte di merito, che aveva annullato la delibera di esclusione dell’associato a causa della genericità delle contestazioni mossegli, pur riportando che esse consistevano, tra l’altro, nell’aver amministrato, in qualità di legale rappresentante dell’associazione, con contrarietà all’interesse generale, omettendo di fornire chiarimenti sulla tenuta dei conti, e nell’aver trascurato, malgrado i richiami del Presidente, i propri doveri di procuratore dell’associazione, non fornendo alcuna … continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 16 settembre 2019, n. 22986

 

Atto di accertamento emesso nei confronti di un’associazione sportiva non riconosciuta – Notificata al rappresentante legale – Qualora l’atto di accertamento sia stato emesso nei confronti di un’associazione sportiva non riconosciuta, la cartella esattoriale è legittimamente notificata al rappresentante legale della stessa anche in mancanza della previa emissione e notifica di un autonomo atto impositivo a detto rappresentante, in qualità di coobbligato solidale, poiché il diritto di difesa del medesimo è garantito dalla possibilità di contestare la pretesa originaria, impugnando, unitamente all’atto notificato, anche quelli presupposti, la cui notificazione risulti irregolare o sia stata del tutto omessa. – Corte di Cassazione, Sezione Tributaria civile, Sentenza 24 luglio 2019, n. 19982

 

Scioglimento di un’associazione non riconosciuta verificatosi nelle more del giudizio di primo grado – Lo scioglimento di un’associazione non riconosciuta, verificatosi nelle more del giudizio di primo grado, non ne determina l’automatica perdita della capacità di stare in giudizio permanendo in vita l’associazione, quale centro di imputazione di effetti giuridici in relazione a tutti i rapporti ad essa facenti capo e non ancora esauriti (cd. principio di “ultrattività” dell’associazione disciolta) tramite i precedenti titolari degli organi esponenziali in carica alla data di scioglimento, operanti in regime di “prorogatio”. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto legittimato il legale rappresentante, in carica al momento dello scioglimento dell’associazione professionale, a rappresentarla in giudizio). – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 27 novembre 2018, n. 30606

 

Studio professionale associato – Lo studio professionale associato, quantunque privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, dotati di capacità di stare in giudizio in persona dei loro componenti o di chi ne abbia la legale rappresentanza secondo l’art. 36 c.c.. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 10 aprile 2018, n. 8768

 

Gruppo parlamentare – Prosecuzione di quello della precedente legislatura – Responsabilità – A norma dei regolamenti parlamentari, il gruppo parlamentare è costituito all’inizio di ogni legislatura e non può, quindi, ritenersi continuazione o prosecuzione di un gruppo della precedente legislatura, con la cui fine si verifica la sua estinzione, sicché va escluso ogni fenomeno di successione nel debito in capo al diverso soggetto venuto ad esistenza successivamente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza della corte di appello, che aveva escluso la responsabilità di un gruppo parlamentare per le obbligazioni, quale datore di … continua a leggereCorte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 4 gennaio 2018, n. 92

 

I consorzi di urbanizzazione – consistenti in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche, preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi – sono figure atipiche, nelle quali i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità, sicché il giudice, nell’individuare la disciplina applicabile, deve avere riguardo, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga, alla normativa delle associazioni o della comunione; ne consegue che, qualora lo statuto preveda la cessazione dell’appartenenza al consorzio per l’intervenuta alienazione del diritto reale ed il subingresso dell’acquirente nei diritti e negli obblighi dell’alienante, il nuovo proprietario subentra nel debito per le quote consortili, che è obbligazione “propter rem”, senza necessità della dichiarazione di recesso o della delibera di esclusione prescritte dall’art. 24 c.c. in materia di associazioni. Cass. 9568/2017

 

Legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti – L’art. 36 c.c. stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, sicché, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato – cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici – rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 26 luglio 2016, n. 15417

 

Responsabilità personale e solidale a carico di colui che agisce in nome e per conto di un gruppo parlamentare – La responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38, secondo comma, cod. civ. a carico di colui che agisce in nome e per conto di un gruppo parlamentare, il quale, a norma dell’art. 14 del regolamento della Camera dei deputati, si costituisce all’inizio di ogni legislatura, cessa al termine della stessa ed ha natura di associazione non riconosciuta ai sensi dell’art. 36 cod. civ., non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori tra questa e i terzi. – Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 6 giugno 2014, n. 12817

 

Domanda di ammissione al passivo fallimentare da parte dello studio associato. La proposizione della domanda per ottenere l’ammissione al passivo fallimentare da parte di uno studio associato lascia presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionale, e, dunque, l’inesistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio di cui all’art. 2751-bis, n. 2, c.c., salva l’allegazione e la prova della cessione del credito della prestazione professionale svolta personalmente dal singolo associato. Cass. 2.7.2012, n. 11052

 

Clausole vessatorie. Lo statuto e l’atto costitutivo di un’associazione costituiscono espressione di autonomia negoziale e sono regolati dai principi generali del negozio giuridico, salve le deroghe imposte da particolari caratteri propri del contratto di associazione. Ne consegue che non può configurarsi, nei rapporti associativi la presenza di un contraente più debole, meritevole della particolare tutela prevista per le clausole vessatorie, presupponendo, al contrario, la partecipazione ad un’associazione una comunanza di interessi e di risorse, finalizzati al raggiungimento degli scopi previsti dall’atto costitutivo, in funzione dei quali sono utilizzati tutti i mezzi disponibili. Cass. 8.4.2010, n. 8372

 

Alle associazioni non riconosciute non si applicano analogicamente le norme dettate per lo scioglimento delle associazioni riconosciute e, pertanto, le prime possono procedere alle attività di liquidazione tramite i rappresentanti in carica alla data di scioglimento, in regime di “prorogatio”; l’eventuale nomina dei liquidatori da parte dell’Autorità giudiziaria, non indispensabile ma comunque non vietata, comporta peraltro che questi ultimi sono legittimati a rappresentare l’ente in vece e luogo degli amministratori prorogati. Cass. III, sent. 5738 del 10-3-2009

 

Le associazioni locali facenti capo ad un’associazione nazionale (nella specie, la federazione provinciale di un partito politico) non sono articolazioni organiche di quest’ultima, con mera rilevanza interna, ma soggetti autonomi dotati di legittimazione negoziale e processuale, onde la legittimazione a resistere nella controversia riguardante la nomina e la revoca dei relativi organi spetta non già all’associazione nazionale, ma a quella locale, cui è astrattamente riferibile la titolarità della situazione soggettiva controversa. Cass. I, sent. 17028 del 23-6-2008

 

In tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità dell’ente sussiste, ai sensi dell’art. 38, primo comma, cod. civ., per le obbligazioni ed i rapporti assunti dai soggetti che ne sono rappresentanti di diritto ed anche di fatto e che,spendendo la ragione sociale, determinano con i loro atti ed in concreto l’oggetto sociale, a prescindere dalle possibili indicazioni formali; ne consegue che tale regola, di carattere generale, si applica anche ai debiti tributari. Cass. 16344 del 17-6-2008

 

Allorquando il giudice è chiamato ad accertare la risoluzione del contratto, non in via incidentale e strumentale rispetto allo invocato risarcimento del danno, ma perché gli è richiesta sul punto un’autonoma pronuncia con efficacia di giudicato, la risoluzione integra l’oggetto di una domanda distinta da quella risarcitoria e le due pretese debbono essere cumulate, a norma dell’art. 10 cod. proc. civ., ai fini della competenza per valore. Cass. 967 del 17-1-2007

 

Lo studio professionale associato, quantunque privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi (quali le società personali, le associazioni non riconosciute, i condomini edilizi, i consorzi con attività esterna e i gruppi europei di interesse economico di cui anche i liberi professionisti possono essere membri) cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, perciò dotati di capacità di stare in giudizio in persona dei loro componenti o di chi ne abbia la legale rappresentanza secondo l’art. 36 cod. civ.. Alla stregua di tale principio, l’avvicendamento di persone diverse, quali rappresentanti dell’associazione professionale, non importa la sostituzione di soggetti diversi nella titolarità dei rapporti facenti capo all’associazione medesima, tenendosi peraltro conto del fatto che l’esternazione del potere rappresentativo può avvenire anche senza espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato, purché vi sia un comportamento del mandatario che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente la circostanza che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto sono destinati a prodursi direttamente e, in proposito, il relativo accertamento costituisce compito devoluto al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e da errori di diritto. (Nella specie, la S.C., sulla scorta dei principi affermati, ha confermato la sentenza impugnata che, in relazione ad una domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto locativo, aveva ritenuto che, malgrado l’alternarsi di soggetti diversi nella posizione di rappresentanza dell’associazione professionale conduttrice, quest’ultima avesse comunque conservato la qualità di effettiva parte locataria, come originariamente rivestita, con la conseguenza che non poteva ravvisarsi alcuna cessione del contratto e, dunque, il lamentato inadempimento, anche in ordine al dedotto mancato pagamento dei canoni, in quanto lo stesso era stato respinto dalla medesima locatrice ricorrente, la quale aveva la consapevolezza che il rapporto di locazione si era costituito a vantaggio dell’associazione professionale, rimasta identica pur nel mutamento delle persone che, rappresentandola, ne avevano curato nel tempo gli interessi). Cass. 8853 del 13-4-2007

 

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora un’associazione non riconosciuta si sia estinta per incorporazione in un’altra associazione non riconosciuta, sono legittimi la verifica eseguita nei confronti della prima associazione ed in presenza del suo legale rappresentante, nonché gli atti impositivi successivamente emessi sulla base di tale verifica nei confronti della medesima associazione, in persona del predetto rappresentante, ed a quest’ultimo notificati. Lo scioglimento di un’associazione non riconosciuta e la sua confluenza con altra o in altra associazione non riconosciuta non dà infatti luogo ad una successione a titolo universale dell’organismo nato dall’unificazione, o di quello di confluenza, nei rapporti dell’associazione estinta, non configurandosi tale operazione come una fusione o un’incorporazione nel senso tecnico di cui all’art. 2501 cod. civ., in quanto l’estraneità di tali enti al regime di pubblicità nel registro delle imprese esclude la possibilità di dar corso agli adempimenti inderogabilmente prescritti dalla predetta disposizione ai fini della salvaguardia delle ragioni dei terzi. Cass.  5746 del 12-3-2007

 

È affetto da nullità assoluta e insanabile l’atto di citazione notificato al collegio dei liquidatori del concordato preventivo in quanto diretto ad un ente inesistente del tutto privo di soggettività giuridica autonoma rispetto a quella dei suoi componenti. L’accertamento della predetta nullità in sede di legittimità comporta la cassazione della sentenza senza rinvio, attesa la radicale inidoneità dell’atto all’instaurazione del giudizio e l’inapplicabilità del principio della conversione della nullità della sentenza in motivo di gravame. Cass. 17060 del 3-8-2007

 

Nel caso di costituzione da parte di un Comune di un ente per manifestazioni teatrali , la natura pubblica del primo non è sufficiente ad attribuire natura pubblicistica al secondo e neppure rileva — per escludere la natura privata — che esso persegua finalità non di lucro, mentre, al di là della varianti di ciascuna figura, i caratteri distintivi dell’ente pubblico sono da rinvenirsi, più che nei fini di pubblico interesse da esso perseguiti, nello speciale regime giuridico che li contraddistingue e nell’inserimento istituzionale, variamente atteggiato, delle persone giuridiche pubbliche nell’organizzazione della P.A. come organismi ausiliari per il raggiungimento di finalità di interesse generale, con conse-guente collocazione delle medesime in una posizione giu-ridica implicante, da un lato, l’attribuzione di poteri e prerogative analoghi a quelli dello Stato e degli enti territoriali e, dall’altro, l’assoggettamento ad un si-stema di controlli inversamente proporzionale all’autonomia dell’ente, ma in ogni caso di un certo grado di intensità, nonché di ingerenza nella gestione dell’ente. Cass. 16600 del 26-7-2007

 

Ogni ente si immedesima nell’organo cui la legge o lo statuto conferisce la rappresentanza, sicché un diverso organo dell’ente, privo del potere processuale, non é legittimato a stare in giudizio per l’ente stesso. In particolare,in tema di associazioni non riconosciute, nel cui ambito vanno compresi anche i partiti politici, la legittimazione processuale spetta a chi é conferita la presidenza o la direzione, secondo gli accordi degli associati, come disposto dall’art. 36 cod. civ. (Nel caso di specie, in applicazione del riportato principio, la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva dichiarato l’improponibilità dell’opposizione proposta da persona che non era né il presidente né altra persona qualificata dagli atti di autonomia interna dell’ente (Partito Democratico della Sinistra) come soggetto cui era attribuita la presidenza o la direzione del partito ai sensi dell’art. 36 cod. civ.). Cass. 17921 del 23-8-2007

 

I consorzi di urbanizzazione (enti di diritto privato, costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interessi, si aggregano fra loro allo scopo di soddisfarli mediante un’organizzazione sovraordinata), finalizzati alla sistemazione ed al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi, costituiscono figure atipiche, le quali, essendo caratterizzate dall’esistenza di una stabile organizzazione di soggetti, funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute. E siccome fonte primaria della disciplina di siffatti consorzi, specie per quel che riguarda l’ordinamento interno e l’amministrazione, è l’accordo delle parti sancito nell’atto costitutivo, nessun ostacolo giuridico è ravvisabile negli artt. 1105 e 1136 cod. civ., dettati dal codice civile in tema di comunione e condominio di edifici, a che l’atto costitutivo contenga clausole limitative del diritto di voto del consorziato (nella specie, escludenti da tale diritto il consorziato in mora nel pagamento dei contributi o che a tal riguardo abbia liti pendenti col consorzio), giacché tali clausole si muovono in uno spazio di autonomia negoziale liberamente praticabile, rispetto al quale le citate disposizioni del codice civile potrebbero, al più, venire invocate in via suppletiva, al fine di colmare eventuali lacune della regolamentazione pattizia. (Enunciando tale principio, la Corte ha altresì escluso che siffatte clausole collidano con l’art. 18 della Costituzione, o siano invalide perché prevedenti una condizione potestativa rimessa all’arbitrio del consorzio). Cass. 2877 del 9-2-2007

 

Un comitato può essere costituito da un ente pubblico non economico, ancorché manchi di autonomia nell’attività di raccolta dei fondi da impiegare per il raggiungimento dello scopo, posto che ciò che caratterizza un tal tipo di ente sono il fatto del suo costituirsi per uno dei fini indicati dall’art. 39 cod. civ. e la esistenza di un fondo con cui perseguire detto fine, e non certo l’attività di raccolta dei fondi stessi. Conseguentemente, anche in tal caso, esso ha — pur privo di personalità giuridica — la titolarità piena e diretta dei rapporti patrimoniali relativi sia a beni mobili che immobili, e quindi risponde delle obbligazioni assunte dai suoi rappresentanti. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in applicazione del principio soprariportato, aveva ravvisato la sussistenza dei requisiti minimi per la costituzione di un comitato, negli articoli dello statuto che indicavano la finalità dell’ente, consistente nel promuovere manifestazioni drammatiche e culturali e che individuavano i fondi nei contributi annui degli associati ed in particolare del Comune). Cass. 14453 del 22-6-2006

 

Il consorzio costituito tra proprietari di immobili per la manutenzione di strade ed opere comuni realizzate a seguito dell’attuazione di un piano di lottizzazione costituisce una figura atipica e, quindi, il rapporto consortile è disciplinato anzitutto dalle pattuizioni contenute nell’atto costitutivo e nello statuto del consorzio; soltanto qualora in tali atti manchi una disciplina specifica sono applicabili le disposizioni più confacenti alla regolamentazione degli interessi coinvolti dalla controversia che, nel caso in cui il consorzio abbia ad oggetto la gestione dei beni e dei servizi comuni di una zona residenziale, devono individuarsi nelle norme concernenti il condominio, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 1118, secondo comma, cod. civ., il consorziato non può, rinunziando al diritto sui beni in comune, sottrarsi al contributo alle spese per la loro conservazione. Cass. 286 del 10-1-2005

 

Poiché i consorzi fra proprietari per la gestione delle parti e dei servizi comuni , pur essendo assimilabili al condominio, conservano la loro natura d’associazioni non riconosciute, costituite e rette sulla base pattizia dello statuto con carattere vincolante e preminente nella regolamentazione dei rapporti fra i consorziati, non sono automaticamente applicabili al consorzio tutte le regole del condominio, ivi comprese quelle pubblicistiche sulla competenza per territorio, relativamente alle controversie tra soci e consorzio per il recupero delle quote. Pertanto, essendo la sede dell’associazione non riconosciuta, ai fini della competenza, stabilita in coincidenza con il luogo dove la stessa svolge continuativamente la propria attività (art. 19 secondo comma cod. civ.), non è applicabile l’art. 23 cod. proc. civ., giacché la previsione del foro esclusivo per la cause fra condomini (applicabile, per costante giurisprudenza di legittimità, anche a quelle tra condominio e condomini) è giustificata dalla mancanza e dall’estrema variabilità della sede del condominio.  Cass. 2960 del 14-2-2005

 

In tema di consorzi volontari costituiti fra proprietari, qualora i contributi dovuti dal consorziato non si riferiscano alla gestione delle parti comuni, la relativa obbligazione non rientra fra quelle che, gravando sul condominio, trovano la loro fonte di prova nei bilanci condominiali, derivando la stessa dalla prestazione di servizi di natura contrattuale resi in favore del consorziato di cui deve essere fornita la prova. Cass. 6665 del 30-3-2005

 

In tema di giudizio secondo equità, qualora il giudice di pace abbia ritenuto non necessaria l’adozione della forma scritta per l’adesione ad un consorzio fra proprietari d’immobili, mentre è inammissibile — stante la natura del procedimento — la censura relativa alla disapplicazione delle norme sostanziali relative all’obbligatorietà (o meno) della partecipazione al consorzio de quo e alla forma dell’adesione ad esso, neppure è configurabile la violazione dei principi informatori della materia (Corte Cost. 206 del 2004), giacché la costituzione dei consorzi tra proprietari d’immobili in zone residenziali, a differenza dei consorzi tra imprenditori per il coordinamento e la produzione degli scambi, non necessita dell’adozione di forme solenni, a meno che non sia conferito il godimento di beni immobili o di diritti reali immobiliari per un tempo eccedente il novennio o per un tempo indeterminato, onde, a maggior ragione, non può essere richiesta la forma scritta per l’adesione ad essi. Cass. 2960 del 14-2-2005

 

I consorzi di urbanizzazione (enti di diritto privato, costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interessi, si aggregano fra loro allo scopo di soddisfarli mediante un’organizzazione sovraordinata), preordinati alla sistemazione e al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi assai complessi ed onerosi, costituiscono figure atipiche che, per essere caratterizzate dall’esistenza di una stabile organizzazione di soggetti funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute. Il problema della normativa ad essi applicabile va, peraltro, risolto alla luce della considerazione che, accanto all’innegabile connotato associativo, essi si caratterizzano anche per un forte profilo di realità — in quanto il singolo associato, inserendosi, al momento dell’acquisto dell’immobile, nel sodalizio, onde beneficiare dei vantaggi offertigli, assume una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni, legittimamente qualificabili in termini di «obligationes propter rem» con riferimento non solo alla gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria —, sicché, insoddisfacenti risultando tanto le teorie che propugnano l’applicazione generalizzata delle norme sulle associazioni, quanto quelle che propendono per il ricorso alle sole disposizioni in tema di comunione e condominio, è d’uopo rivolgere l’attenzione, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, soltanto ove questo nulla disponga al riguardo, passare all’individuazione della normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati dalla controversia. Cass. 28492 del 22-12-2005

 

Nel giudizio di opposizione alla ordinanza-ingiunzione di pagamento di sanzione amministrativa, la ritualità nella notifica del verbale di violazione, trattandosi di un atto del procedimento amministrativo, è oggetto di accertamento di fatto riservato al giudice di merito e, perciò, non censurabile in cassazione, se sorretto da motivazione sufficiente ed immune da vizi logici e giuridici, in riferimento alle norme applicabili alla notifica stessa. Pertanto, in caso di notifica del verbale di contestazione della sanzione amministrativa irrogata in danno di una «ditta individuale», e cioè di una persona fisica in relazione all’attività svolta nell’esercizio di una impresa individuale, notifica che deve essere effettuata non già ai sensi dell’art. 145 cod. proc. civ. — il quale riguarda le persone giuridiche, le società non aventi personalità giuridica, le associazioni non riconosciute e i comitati di cui agli artt. 36 e seguenti cod.civ. — , ma ai sensi degli artt. 138 e seguenti cod. proc. civ., è in riferimento alla normativa applicabile che va accertata la regolarità della notificazione, e motivato in modo logicamente e giuridicamente congruo il relativo apprezzamento. Cass. 1092 del 19-1-2005

 

La norma dettata dall’art. 24 cod. civ. — secondo cui gli organi associativi possono deliberare l’esclusione dell’associato per gravi motivi — è applicabile anche alle associazioni non riconosciute, ed implica che il giudice davanti al quale sia proposta l’impugnazione della deliberazione di esclusione abbia il potere-dovere di valutare se si tratti di fatti gravi e non di scarsa importanza, cioè se si sia avverata in concreto una delle ipotesi previste dalla legge e dall’atto costitutivo per la risoluzione del singolo rapporto associativo, prescindendo dall’opportunità intrinseca della deliberazione stessa. — Cass. 18186 del 9-9-2004

 

In tema di procura alle liti rilasciata da persona giuridica, la procura con firma illeggibile di soggetto che si qualifichi, nella stessa procura o nel contesto dell’atto cui questa accede, come legale rappresentante di persona giuridica privata, si presume validamente rilasciata dalla persona fisica investita, secondo lo statuto, del necessario potere rappresentativo, e spetta alla controparte non semplicemente dedurre l’illeggibilità della firma, ma contestare, con valide e specifiche ragioni e prove, che la firma sia quella del soggetto cui compete la rappresentanza processuale della persona giuridica, atteso che il principio del giusto processo, come introdotto dal novellato art. 111, primo comma, Cost. impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte ovvero comunque ispirate ad un formalismo funzionale non già alla tutela dell’interesse della controparte ma piuttosto a frustrare lo scopo stesso del processo, che è quello di consentire che si pervenga ad una decisione di merito. — Cass. 10963 del 9-6-2004

 

Non vi è carenza di legittimazione attiva qualora il ricorso per cassazione venga proposto da una associazione politica recante una denominazione diversa rispetto a quella che aveva nei giudizi di merito, qualora sia noto che non si tratti di una nuova e diversa associazione politica, ma di una diversa denominazione della precedente associazione. (Nella specie, la S.C. ha rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione attiva della associazione politica PDS, ritenendo che si trattasse della medesima associazione già parte nelle fasi di merito con la denominazione di PCI). — Cass. 11349 del 17-6-2004

 

I consorzi di urbanizzazione (enti di diritto privato, costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interessi, si aggregano fra loro allo scopo di soddisfarli mediante un’organizzazione sovraordinata), preordinati (come nella specie) alla sistemazione ed al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi assai complessi ed onerosi, costituiscono figure atipiche che, per essere caratterizzate dall’esistenza di una stabile organizzazione di soggetti funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute. Il problema della normativa ad essi applicabile va, peraltro, risolto alla luce della considerazione che, accanto all’innegabile connotato associativo, essi si caratterizzano anche per un forte profilo di realità – in quanto il singolo associato, inserendosi, al momento dell’acquisto dell’immobile, nel sodalizio, onde beneficiare dei vantaggi offertigli, assume una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente comuni, legittimamente qualificabili in termini di «obligationes propter rem» con riferimento non solo alla gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria -, sicché, insoddisfacenti risultando tanto le teorie che propugnano l’applicazione generalizzata delle norme sulle associazioni, quanto quelle che propendono per il ricorso alle sole disposizioni in tema di comunione e condominio, è d’uopo rivolgere l’attenzione, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, soltanto ove questo nulla disponga al riguardo, passare all’individuazione della normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati dalla controversia. Ne consegue che, qualora (come nella specie) si verta in tema di consorzi di urbanizzazione finalizzati alla costruzione, manutenzione e ripristino di opere stradali, nonché di quelle per la distribuzione dell’acqua e dell’energia elettrica (svolgendo, ancora, tutte le altre attività comunque utili al comprensorio), va esclusa ogni possibilità di recesso degli associati – se non per effetto di trasmissione a terzi del diritto di proprietà immobiliare – tutte le volte in cui lo statuto disponga, espressamente o implicitamente, in tal senso, senza che ciò violi il principio costituzionale di cui all’art.18 della Carta fondamentale (poiché anche il recesso rientra, in astratto, tra i modi di esercizio della libertà di cui al detto articolo), atteso che, in tal caso, non tanto si tratta di accertare se i consorziati siano o meno liberi di recedere dalla struttura comune, quanto di stabilire se gli stessi possano sottrarsi ai propri doveri verso il consorzio pur restando proprietari degli immobili di loro pertinenza. — Cass. I, sent. 4125 del 21-3-2003

 

I fondi speciali per la previdenza e l’assistenza costituiti nell’ambito della previsione dell’art. 2117 cod. civ., con la contribuzione sia del datore di lavoro che dei lavoratori, o anche del solo datore di lavoro, ove non abbiano ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica, sono assoggettati alla disciplina comune dettata per le associazioni non riconosciute. Essi sono pertanto soggetti giuridici che, ancorché privi di personalità, costituiscono centri di imputazione di rapporti giuridici con altri soggetti dell’ordinamento, compreso tra di essi il datore di lavoro che assume l’obbligo di contribuzione. Ne consegue che l’obbligo di prestazione previdenziale o assistenziale grava sul fondo o cassa e non sul datore di lavoro. — Cass. Sez. L, sent. 7755 del 17-5-2003

 

Affinché, ai sensi dell’art. 38 cod. civ., possa operare il riferimento all’associazione non riconosciuta della dichiarazione negoziale resa da chi abbia agito in nome e per conto della stessa, con conseguente obbligazione principale dell’associazione patrimonialmente responsabile con il fondo comune e obbligazione solidale, senza beneficio di escussione, di chi abbia agito per l’associazione, è necessario che quest’ultimo sia effettivamente abilitato a spendere il nome dell’associazione, o secondo lo schema tipico della rappresentanza, o secondo lo schema dell’immedesimazione organica ex art. 36 cod. civ., fermo restando che l’associazione può assentirne l’operato anche con comportamenti concludenti, così ratificando l’attività negoziale posta in essere. In mancanza di tali presupposti, il «falsus procurator» non impegna l’associazione ma è responsabile direttamente nei confronti dell’altro contraente secondo l’art. 1398 cod. civ., non prevedendo l’art. 38 cod. civ. alcuna deroga all’art. 1398 cit. — Cass. Sez. L, sent. 11772 del 2-8-2003

 

Le disposizioni in materia di condominio possono legittimamente ritenersi applicabili al consorzio costituito tra proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, pur appartenendo indiscutibilmente il consorzio alla categoria delle associazioni, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti, ed assumendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie. Salvo che la legge o lo statuto richiedano la forma espressa o addirittura quella scritta, la volontà di partecipare alla costituzione del consorzio o di aderire al consorzio già costituito può essere manifestata anche tacitamente e desumersi da presunzioni o fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio oppure l’utilizzazione in concreto dei servizi posti a disposizione dei consorziati. Solo la partecipazione al consorzio può determinare l’obbligazione di versare la quota stabilita dagli organi statutariamente competenti, legittimando la pretesa di pagamento. (In applicazione di tali principi, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata, che, essendosi formato il giudicato in ordine alla insussistenza di una volontà della parte di partecipare al Consorzio manifestata tacitamente, era incorsa nel vizio di extrapetizione affermando che la parte stessa, acquistando l’immobile, aveva assunto due obbligazioni collegate da rapporto di strumentalità, aventi ad oggetto, l’una, la partecipazione alle spese comuni e, l’altra, l’adesione al consorzio). — Cass. III, sent. 1277 del 29-1-2003

 

In tema di associazioni non riconosciute, stabilire se una struttura organizzativa locale che fa capo ad un’associazione avente carattere nazionale costituisca un organo di quest’ultima, ovvero sia invece, a sua volta, un’associazione munita di autonoma legittimazione negoziale e processuale, configura una questione che non attiene alla «legittimatio ad causam» – esaminabile quest’ultima dal giudice d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio – bensì alla titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto in giudizio, che involge un accertamento di fatto, da condurre sulla scorta dello statuto dell’associazione, che attiene al merito della lite e non può essere sollevata, per la prima volta, in sede di legittimità. — Cass. III, sent. 16076 del 15-11-2002

 

In tema di rapporto di lavoro con un’associazione sindacale dotata di articolazioni territoriali, per individuare il titolare del rapporto controverso non è sufficiente fare riferimento alle disposizioni statutarie ma deve farsi ricorso al principio dell’effettività; infatti, non è sufficiente l’astratta previsione dello statuto a configurare nelle le strutture territoriali delle associazioni non riconosciute un centro d’interessi autonomo e distinto dalla struttura nazionale, essendo necessari autonomia patrimoniale e organizzazione propria; anche quando ricorrano tali condizioni, un rapporto di lavoro svolto in ambito locale può far capo alla struttura nazionale se questa è l’effettiva beneficiaria delle prestazioni e dalla stessa provengano ordini e direttive (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito secondo cui controparte del rapporto di lavoro svolto dal ricorrente nell’ambito della segreteria regionale era la struttura nazionale del sindacato, che dava disposizioni e direttive e corrispondeva la retribuzione). — Cass. Sez. L, sent. 4316 del 24-3-2001

 

Nelle associazioni non riconosciute, le modalità di recesso dell’associato non corrispondono necessariamente alla disciplina dettata al riguardo, per le associazioni riconosciute, dall’art. 24 cod. civ., trattandosi di norma derogabile dalla privata autonomia senza l’adozione di particolari forme. (Nella specie l’avvenuta manifestazione di recesso, espressa verbalmente dall’associato e solo successivamente formalizzata con lettera raccomandata, risultava da una dichiarazione scritta rilasciata all’interessato dal presidente dell’associazione non riconosciuta anteriormente al ricevimento della raccomandata, dichiarazione nella quale era menzionata la qualità di «socio uscente a tutti gli effetti»). — Cass. I, sent. 6554 del 11-5-2001

 

Le disposizioni in materia di condominio — e non quelle in tema di associazioni non riconosciute — possono legittimamente considerarsi applicabili al consorzio costituito tra proprietari d’immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, pur appartenendo indiscutibilmente il consorzio alla categoria delle associazioni, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti, ed assumendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie. — Cass. I, sent. 3665 del 14-3-2001

 

Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro sono tradizionalmente inquadrate tra le associazioni non riconosciute, in considerazione della loro natura di gruppi — di lavoratori o datori di lavoro — organizzati in modo stabile e provvisti di strumenti finanziari e organizzativi adeguati per lo svolgimento di una attività comune di autotutela. In assenza di una legislazione di attuazione dell’art. 39, parte seconda, della Costituzione per la relativa disciplina occorre far riferimento alla normativa dettata dagli artt. 36, 37 e 38 cod. civ. Ne consegue che le suddette associazioni, in base all’art. 36, comma secondo, cod. civ. cit., possono stare in giudizio nelle persone alle quali dal rispettivo statuto è attribuita, secondo l’usuale terminologia, la presidenza o la direzione, salvi restando i principi più volte affermati da questa corte in materia di elementi rilevanti ai fini dell’esistenza di una associazione non riconosciuta con riguardo agli organismi interni (sezioni, rappresentanze sindacali aziendali etc.) delle associazioni stesse ai quali, com’è noto, può essere riconosciuta la possibilità di stare in giudizio autonomamente, sempre per mezzo delle persone indicate nell’art. 36 cit. (Nel caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto sussistente la legittimazione passiva della sezione di altamura della CNA-Confederazione Nazionale Artigianato, in un giudizio promosso per il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato da parte di un aderente che aveva svolto per alcuni anni attività di contabilità in favore della sezione stessa, sul rilievo dell’indubitabilità della presenza di un ente organizzato esistente e operante di fatto e costituente, quindi, un centro autonomo di interessi). — Cass. 6-7-2000, n. 9043

 

Le associazioni locali di un’associazione avente carattere nazionale non sono organi di quest’ultima bensì sue articolazioni periferiche dotate di autonoma legittimazione negoziale e processuale. Ne consegue che tali associazioni locali sono le uniche titolari delle situazioni soggettive sostanziali derivanti dagli atti negoziali da esse posti in essere ed assumono in via esclusiva la qualità di parti nelle relative controversie, mentre l’associazione nazionale non risponde delle obbligazioni contratte dalle associazioni locali, ancorché preordinate al perseguimento di finalità istituzionali comuni. — Cass. 14-3-2000, n. 2952

 

L’esistenza di un’associazione non è condizionata ad alcuna formalità e per la sua costituzione non è quindi necessario né l’atto pubblico, prescritto soltanto per il conseguimento della personalità giuridica e neppure, salvo i casi specificamente disciplinati, l’atto scritto. La circostanza che quest’ultimo sia necessario per procedere alla trascrizione degli acquisti di diritti reali immobiliari, non incide sulla validità di questi ultimi ma solo sulla loro opponibilità a terzi. — Sent. 15-1-2000, n. 410

 

I cosiddetti enti non riconosciuti, quelli, cioè, sprovvisti della personalità giuridica — che ha l’effetto di conferire, in relazione alla disciplina della responsabilità, l’autonomia patrimoniale perfetta —, sono comunque dotati di soggettività giuridica, costituendo soggetti autonomi vuoi sul piano sostanziale, vuoi su quello processuale, con conseguente legittimazione a stare in giudizio, senza che debbano essere rappresentati dai propri associati (o soci, nel caso di società di persone). Tale impostazione deriva da una interpretazione sistematica del diritto civile, che tiene conto, per un verso, dell’art. 2 della Costituzione, che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, per l’altro, dello stesso dato codicistico, avuto riguardo alla nuova formulazione, risultante dalla legge n. 52 del 1985, dell’art. 2659 cod. civ., che comprende anche le associazioni non riconosciute — e le società semplici — tra i soggetti intestatari di beni immobili presso le conservatorie, nonché alla lettura estensiva, per la tutela dei componenti di qualsiasi formazione, dell’art. 24, terzo comma, dello stesso codice, in tema di esclusione degli associati solo per «gravi motivi». — Cass. 16-6-2000, n. 8239

 

Lo statuto e l’atto costitutivo di un’associazione non riconosciuta costituiscono espressione di autonomia negoziale, nell’ambito di un fenomeno (quello associativo) in cui il perseguimento di comuni interessi costituisce oggetto di un impegno contrattualmente assunto dai singoli associati; ne consegue che l’interpretazione dei suddetti atti è soggetta alla disciplina prevista per i contratti e che l’accertamento della volontà degli stipulanti costituisce indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione e violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale. — Corte di Cassazione, Sezione 1, Sentenza 21-6-2000, n. 8435

 

In relazione alle controversie tra privati la carenza di giurisdizione del giudice ordinario non è prospettabile neanche nel caso in cui si ritenga l’inesistenza nell’ordinamento di una norma che riconosca e tuteli la posizione soggettiva dedotta in giudizio, attenendo tale contestazione al fondamento della domanda stessa e non alla giurisdizione. (Fattispecie relativa a controversia sulla validità di delibere adottate da un comitato elettorale di un circolo ricreativo aziendale e degli atti consequenziali, promossa da componenti del circolo contro il circolo stesso, il comitato elettorale ed alcune organizzazioni sindacali). — Cass. Sez. Un. 30-6-99, n. 368

 

Le rappresentanze sindacali aziendali sono costituite per iniziativa dei lavoratori dell’azienda e non delle associazioni sindacali di cui all’art. 19 della legge n. 300 del 1970, hanno una propria soggettività giuridica (rispetto alla quale appare appropriato il riferimento alle norme in materia di associazioni non riconosciute), come si evince dalle varie disposizioni dello statuto dei lavoratori prevedenti una loro legittimazione propria e specifica all’esercizio di diritti e facoltà (artt. 9, 20, 21, 22, 25 e 27); in particolare, esse non sono organi dei sindacati, né comunque sono con gli stessi in una relazione, di immedesimazione organica o di altro tipo, che determini l’imputabilità giuridica degli atti da loro compiuti ai sindacati, con i quali le stesse sono invece in un rapporto, di natura politica, di parziale coincidenza di interessi collettivi e di obiettivi di tutela. Ne consegue che il sindacato, a cui pur, in quest’ultimo senso, la rappresentanza sindacale sia collegata («nell’ambito» del quale, secondo la dizione dell’art. 19, essa sia stata costituita), non può considerarsi passivamente titolare del diritto fatto valere dal datore di lavoro che lamenti un illegittimo esercizio, da parte della rappresentanza sindacale, del diritto di affissione e conseguentemente chieda la rimozione del documento contestato dalla bacheca sindacale. (Nella specie il comunicato affisso dava notizia — secondo il datore di lavoro in termini inesatti e per lui pregiudizievoli — dell’esito di un’azione promossa dal medesimo sindacato poi convenuto in giudizio ai fini della defissione del comunicato). — Cass. 29-12-99, n. 14686

 

La costituzione di un nuovo partito politico da parte di taluni membri dell’originaria formazione, nella permanenza di quest’ultima, non impedita da una eventuale nuova denominazione, si configura giuridicamente come esercizio del diritto di recesso da un’associazione non riconosciuta, che, non comportando per il recedente alcun diritto alla liquidazione di quota, rende del tutto estranei a tale vicenda profili successori fra la vecchia e la nuova associazione. Ne consegue che, evocata la prima nel giudizio di primo grado, il contraddittorio in appello non deve essere integrato nei confronti della seconda, sorta nell’intervallo fra i due giudizi. — Cass. 27-6-98, n. 6393

 

In base ai principi consolidati in riferimento tanto al fenomeno delle cosiddette associazioni di associazioni quanto, in particolare, alle cosiddette articolazioni verticali sindacali, le articolazioni territoriali di categoria di un’associazione sindacale di più alto livello che abbiano autonomia patrimoniale e organizzazione propria devono essere considerate associazioni non riconosciute distinte dalla struttura nazionale. Di qui la duplice conseguenza che esse non solo sono direttamente legittimate a stare in giudizio, ma devono anche essere considerate come autonomi centri di interessi agli effetti previsti dall’art. 11, comma primo (vecchio testo), della legge n. 604 del 1966. (In base alle suddette statuizioni, la S.C. ha considerato contraddittoria la motivazione della sentenza di merito che, nell’esaminare il licenziamento disciplinare di un’impiegata della FAT CISL territoriale di categoria di Parma, dopo aver affermato la esclusiva legittimazione a stare in giudizio di tale associazione ha viceversa dichiarato l’inefficacia del licenziamento, a causa della mancata comunicazione dei motivi, ritenendo che la valutazione del requisito dimensionale di cui all’art. 11 della legge n. 604 del 1966 (vecchio testo) dovesse essere riferita all’intera struttura nazionale della FAT CISL). — Cass. 6-11-98, n. 11223

 

A norma della legge n. 848 del 1929 e del R.D. n. 2262 del 1929, le fabbricerie esistenti nelle chiese cattedrali, dichiarate monumento nazionale, le quali provvedono all’amministrazione del patrimonio e dei redditi delle chiese stesse, nonché alla manutenzione degli edifici, senza ingerenza nei servizi di culto, vanno inquadrate tra le associazioni non riconosciute. Esse, pertanto, pur essendo prive di personalità giuridica, possono, ai sensi dell’art. 37 cod. civ., gestire gli immobili di proprietà della chiesa, dare attuazione a rapporti di locazione che li riguardano, disporre la cessazione di quelli esistenti, e possono stare in giudizio a mezzo di coloro che, secondo l’ordinamento interno dell’ente, ne hanno la rappresentanza. — Cass. 29-1-97, n. 901

 

L’adesione ad un’associazione non riconosciuta, presupponendo l’accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell’associazione stessa ed alle regole del suo ordinamento interno, comporta — come espressione del libero estrinsecarsi dell’autonomia privata in ragione dell’espressa previsione dell’art. 24, comma 2, cod. civ., applicabile analogicamente anche alle associazioni non riconosciute, che consente l’assunzione da parte dell’associato dell’obbligo di far parte dell’associazione per un tempo determinato — l’assoggettamento dell’aderente a siffatte regole nel loro complesso e può legittimamente comportare — senza che risulti violata la libertà negativa di associazione, tutelata, al pari della libertà (positiva) di associazione, dall’art. 18 Cost. — il differimento, per un periodo di tempo determinato negozialmente o statutariamente stabilito, dell’efficacia dall’atto di recesso dell’associato e quindi la permanenza dell’associato nell’associazione per tale periodo con conseguente persistenza di tutti gli obblighi associativi (e non solo di quelli di natura finanziaria) anche in presenza del dissenso sopravvenuto dell’associato dagli scopi e dalle modalità operative dell’associazione. Rimane però salva la facoltà di recesso per giusta causa con effetto immediato, come quando venga meno un requisito essenziale per la partecipazione all’associazione, ovvero — nel caso di organizzazioni di tendenza (associazioni su base ideologica, politica o religiosa) — allorché l’associato dissenta dalle finalità dell’associazione, dovendo in tal caso prevalere il diritto (costituzionalmente garantito ed assolutamente non comprimibile ex artt. 2 e 21 Cost.) di manifestare le proprie opinioni e di autodeterminarsi in ordine ad esse, con conseguente cessazione immediata del vincolo associativo, anche se possono persistere vincoli meramente finanziari. — Cass. 14-5-97, n. 4244

 

Le notificazioni agli enti sforniti di personalità giuridica (società di persone, associazioni di fatto, comitati), sono validamente eseguite nel luogo in cui tali enti effettivamente operano in via continuativa, alla stregua del disposto dell’art. 145, comma secondo, cod. proc. civ., il quale richiama l’art. 19, comma secondo, che a detto luogo, fa riferimento ai fini della competenza territoriale. La concreta identificazione di detto luogo è desumibile dalla relazione di notificazione redatta dall’ufficiale giudiziario o, nelle notificazioni a mezzo del servizio postale, dalle attestazioni dell’agente che provvede al recapito, contenute nell’avviso di ricevimento, dovendo la relazione o l’avviso essere considerati idonei a far fede fino a prova contraria in ordine alla indicazione di un determinato luogo come sede del notificando. — Cass. 19-3-96, n. 2288

 

La legittimazione ad agire in giudizio per l’adempimento della disciplina collettiva spetta alla rappresentanza sindacale aziendale nella sua collegialità e non anche a ciascuno dei suoi componenti; la r.s.a., infatti, non è un’associazione alla quale si possa applicare la disposizione di cui all’art. 36 cod. civ. mancando il requisito della pluralità di persone che, secondo un proprio statuto, perseguono autonome e proprie finalità ma costituisce invece, un organo del sindacato munito di poteri di rappresentanza collegiale, al quale, pertanto, non può applicarsi analogicamente la disposizione di cui al primo comma dell’art. 2266 cod. civ. — Cass. 4-12-95, n. 12467

 

L’adesione ad una associazione non riconosciuta si perfeziona con l’incontro delle volontà delle parti per la cui manifestazione non sono richieste forme particolari e perciò nel momento in cui al proponente, autore della richiesta di adesione, perviene l’accettazione dell’associazione, atto del quale il proponente medesimo non può invocare l’invalidità o l’inefficacia per inosservanza, da parte dell’organo associativo competente per legge o per convenzione a deliberare detta accettazione, di eventuali clausole statutarie che di tale organo disciplinano l’attività, atteso che le norme pattizie poste in essere dagli associati tutelano gli interessi di costoro e non anche le posizioni di soggetti estranei all’ente collettivo, quale è appunto il proponente prima che il contratto di adesione sia perfetto ed efficace. — Cass. 22-2-95, n. 1992

 

La natura pubblica degli enti che concorrono a formare un nuovo ente non è sufficiente ad attribuire natura pubblicistica a quest’ultimo, sebbene esso risulti costituito per perseguire anche finalità riguardanti i soggetti che lo compongono; né può ritenersi indicativa della natura pubblica di un’associazione la partecipazione ai suoi organi di rappresentanti dei soggetti pubblici che l’hanno formata. Pertanto, la controversia relativa al rapporto di lavoro alle dipendenze dell’associazione degli ordini professionali (Ordine dei dottori commercialisti della circoscrizione dei tribunali di Perugia e di Orvieto, collegio dei ragionieri della circoscrizione dei tribunali di Perugia e Spoleto, Consiglio provinciale dei consulenti del lavoro della provincia di Perugia), avendo tale associazione (costituita per la gestione di servizi comuni) natura non di ente pubblico ma di associazione (non riconosciuta) di diritto privato, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario. — Cass. Sez. Un. 23-11-93, n. 11541

 

Nei consorzi di urbanizzazione — attraverso i quali i proprietari di terreni situati in aree destinate ad insediamenti industriali, abitativi o turistici, costituendo un rapporto atipico, con aspetti sia associativi che di realità, (derivanti, questi ultimi, dall’osservazione di obblighi propter rem o dalle costituzioni di reciproche servitù), si impegnano a realizzare su detti terreni i servizi, le attrezzature prescritte da strumenti urbanistici —, quando sia pattuita una durata determinata, il consortista, sia che abbia partecipato alla formazione dell’atto costitutivo contenente tale previsione o dello statuto, quale parte originaria del contratto, sia che abbia acquistato la proprietà dei terreni confinanti di altri, divenendo così membro del consorzio, non può recedere da questo senza disporre in favore di terzi — destinati a subentrargli ob rem nel rapporto associativo — del bene che forma oggetto della partecipazione con la sua alienazione nei casi e con le modalità fissate nell’atto costitutivo o nello statuto, anche ove nulla sia al riguardo specificato negli stessi. — Cass. 14-10-92, n.11218

 

Il disposto dell’art. 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, che vieta la costituzione di società le quali abbiano ad oggetto la prestazione di attività professionale, non trova applicazione nel caso in cui la società abbia ad oggetto soltanto la realizzazione e la gestione di mezzi strumentali per l’esercizio di una attività professionale, ancorché protetta (immobili, arredamenti, macchinari, servizi ausiliari), che resti però nettamente separata e distinta dalla organizzazione dei beni di cui si serve, anche sul piano contabile. […]. — Cass. 31-5-92, n. 5656

 

L’adesione ad un’associazione non riconosciuta, presupponendo l’accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell’associazione stessa ed alle regole del suo ordinamento interno, comporta l’assoggettamento dell’aderente a siffatte regole nel loro complesso senza necessità di specifica accettazione, anche se implicanti oneri economici (nella specie, quello concernente il versamento di contributi associativi) o deroghe al disposto dell’art. 24 cod. civ., che è norma derogabile dalla privata autonomia senza l’adozione di speciali forme e con il solo limite derivante dal principio costituzionale della libertà di associazione, il quale implica la nullità di clausole che escludano o rendano oneroso in modo abnorme il recesso. — Cass. 9-5-91, n. 5191

 

Nel caso di associazione sindacale di livello più elevato, formata da associazioni minori, che ne divengano soci, il recesso della singola associazione minore non implica di per sé una modificazione statutaria, e la sua legittimità deve essere riscontrata sulla base delle norme interne della medesima recedente, stabilendo se esse contemplino come essenziale o meno, rispetto ai fini istituzionali, l’adesione all’associazione maggiore. — Cass. 10-4-90, n. 2983

 

In presenza di strutture organizzative complesse dotate di articolazioni locali (p. es. sezioni), la qualificazione di queste ultime come mere strutture interne o come a.u.r. dipende dall’autonoma imputabilità ad esse di rapporti giuridici alla stregua dello statuto. – Cass. 90/2930

 

Gli istituti, le opere e le associazioni religiose, di cui la tavola Valdese (ente ecclesiastico avente personalità giuridica) non abbia chiesto il riconoscimento di siffatta personalità sono regolati dall’ordinamento Valdese quanto ai rapporti con la tavola stessa, mentre nell’ambito dell’ordinamento statale, sono soggetti alle norme che disciplinano le associazioni non riconosciute ed in tal veste possono autonomamente assumere obbligazioni relativamente a rapporti sorti nell’esplicazione della loro attività. Il che non esclude la responsabilità anche della tavola per le medesime obbligazioni allorquando detti istituti, opere o associazioni, costituendo semplici articolazioni, prive di autonomia, di detto ente, della cui struttura fanno parte, abbiano agito come organi gestionali di questo e per il compimento di atti giuridici coerenti con i suoi fini. […] — Cass. 17-3-90, n. 2257

 

Qualora un’associazione o confederazione sindacale di livello più elevato venga costituita da associazioni minori, che ne divengano soci (ed eventualmente facciano acquisire ai propri aderenti la contemporanea qualità di soci anche della formazione maggiore), si deve riconoscere a detta associazione di livello superiore, in difetto di contraria previsione delle norme statutarie, la legittimazione ad insorgere contro il recesso della singola associata, nonché ad impugnarne la relativa deliberazione, ai sensi dell’art. 23 primo comma cod. civ., tenendo conto che tale norma, nell’attribuire il potere d’impugnazione agli «organi dell’ente», si riferisce non solo agli organi deputati all’amministrazione ed alla rappresentanza esterna, ma include tutti quelli muniti di compiti direttivi e di controllo per la realizzazione degli scopi comuni. — Cass. 10-4-90, n. 2983

 

I sindacati — nonostante l’ampia funzione socio-economica connessa alla loro partecipazione, con ruolo consultivo, deliberante ovvero solo gestionale, all’esercizio di vere e proprie funzioni pubbliche — vanno pur sempre inquadrati, a causa della mancata attuazione dell’art. 39 Cost., nella categoria delle associazioni non riconosciute, cosicché essi possono stipulare contratti collettivi vincolanti per i lavoratori solo in virtù del mandato rappresentativo che questi abbiano loro conferito con l’iscrizione all’associazione di categoria. Tale potere di rappresentanza – che per altro non attribuisce la legittimazione a rinunciare a diritti già acquisiti dai singoli lavoratori, ancorchè tali diritti derivino da contratti collettivi precedenti – riguarda soltanto i lavoratori iscritti che siano ancora in attività, salva l’eccezionale ipotesi di sindacato che raggruppi anche lavoratori in quiescenza e, pertanto, si estingue con la cessazione del rapporto associativo determinata dal collocamento a riposo dei lavoratori.  — Cass. 25-6-88, n. 4323

 

L’atto di adesione ad un’associazione non riconosciuta (nella specie, associazione di cacciatori), effettuato sulla base di condizioni generali che siano predisposte dall’associazione medesima e contengano un suo impegno a fornire determinati servizi o vantaggi (nella specie, promessa di stipulazione di polizza assicurativa, a copertura dei danni da infortuni, inserita a stampa sulla tessera sociale), comporta al riguardo di tale impegno l’obbligo contrattuale dell’associazione e pertanto la sua responsabilità in caso d’inadempimento (a prescindere da ogni questione sulla tutela dell’affidamento del nuovo socio, che sarebbe rilevante nel diverso caso in cui mancasse l’insorgenza del vincolo negoziale). — Cass. 27-5-88, n. 3638

 

In materia di estinzione delle associazioni non riconosciute, mancando una normativa giuridica specifica, deve farsi ricorso, in assenza di una diversa volontà espressa degli associati, alle disposizioni che regolano casi analoghi per le associazioni riconosciute (artt. 27, 29 e 30 cod. civ.), secondo cui dopo lo scioglimento dell’associazione non potranno compiersi nuove operazioni e dovrà procedersi alla liquidazione, con la possibilità di avvalersi a detti effetti, in via analogica e con gli opportuni limiti e adattamenti del caso, delle disposizioni di cui agli artt. 11-21 disp. att. cod. civ. Conseguentemente, l’estinzione della associazione non riconosciuta non determina l’automatico venir meno dei contratti di locazione e di sublocazione dalla medesima stipulati, i quali rimangono pendenti in attesa di assetto e definizione nel corso della liquidazione. — Cass. 11-5-77, n. 1838, rv. 385567 (contra: alle associazioni non riconosciute — le quali, pur prive di personalità giuridica, individuano un autonomo centro di imputazione di interessi, secondo la normativa posta dagli artt. 36, 37 e 38 cod. civ., e quindi costituiscono, sotto tale profilo, distinti soggetti a personalità giuridica limitata — non trova applicazione, in via analogica, la speciale disciplina contemplata dall’art. 30 cod. civ. e dagli artt. da 11 a 21 disp. att. cod. civ. per la liquidazione del patrimonio delle persone giuridiche, atteso che tale particolare procedura (per la quale l’art. 16 cit. richiama, in quanto applicabili, talune disposizioni dettate, dalla legge fallimentare, per la liquidazione coatta amministrativa, tra cui il divieto di azioni esecutive individuali) presuppone un sistema di pubblicità legale, quale il registro delle persone giuridiche, su cui vanno annotate le decisioni del liquidatore e che giustifica la previsione di termini di decadenza per le opposizioni dei creditori con decorrenza dalle annotazioni. […]. — Cass. 7-7-87, n. 5925

 

A norma dell’art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815 sono validi, sempre che non contengano clausole contrastanti con le prescrizioni dalla stessa norma fissate in ordine alla denominazione dell’«ufficio» e all’indicazione dei nomi e dei titoli professionali dei singoli associati, gli accordi conclusi, da professionisti legittimati, per l’esercizio congiunto di professioni cosiddette protette (il cui esercizio richiede un titolo specifico di abilitazione ed un’apposita autorizzazione), al fine della ripartizione di spese e compensi. Per la validità dell’accordo (riguardante, nella specie, l’attività legale) è necessario, inoltre, che sia rispettato il principio della personalità della prestazione professionale, nel senso che l’associante rimane l’unico creditore del compenso) nei confronti del cliente, stabilendo l’impostazione e la linea dello svolgimento dell’opera, dirigendo ed organizzando il lavoro degli altri associati, i quali assumono la veste di sostituti o di ausiliari ai sensi dell’art. 2232 cod. civ., ossia di collaboratori tecnici. Tali accordi costituiscono contratti di associazione sui generis, autonomi e diversi da quelli regolati dall’art. 2549 cod. civ. (associazione in partecipazione). — Cass. 12-3-87, n. 2555

 

Il rivestire una carica elettiva nell’ambito di un’associazione sindacale non esclude la possibilità del contemporaneo instaurarsi, fra quest’ultima e l’eletto, di un rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che tale rapporto, quand’anche il relativo contratto sia annullabile ai sensi dell’art. 1395 c.c. per contrasto con una disposizione statuaria, produce effetto ai sensi dell’art. 2126 c.c. per il tempo in cui ha avuto esecuzione. – Cass. 86/2355

 

La cassa edile di mutualità ed assistenza — prevista dalla contrattazione collettiva per i dipendenti di imprese edili — costituisce un ente di fatto, dotato di autonomia ed idoneo ad essere titolare di rapporti giuridici propri, distinto dai soggetti che ad essa hanno dato vita e da coloro (datori di lavoro e lavoratori) ai quali sono destinati i servizi e le prestazioni che ne costituiscono gli scopi; pertanto essa ha la capacità processuale di stare in giudizio in persona dell’organo (presidente) che ne ha per statuto la rappresentanza legale. – Cass. 6-3-86, n. 1502

 

L’associazione non riconosciuta, inquadrabile nello schema dell’art. 36 cod. civ., si configura come un ente collettivo costituente un centro autonomo di interessi fornito di un patrimonio distinto da quello dei singoli soci e, se pur priva di personalità giuridica, rappresenta comunque un soggetto di diritto, disciplinato dagli accordi stipulati dagli associati, la cui esistenza e contenuto possono essere provati anche per testi, richiedendosi la forma scritta solo limitatamente alle pattuizioni che conferiscono il godimento di beni immobili o di altri diritti immobiliari per un tempo eccedente i nove anni od indeterminato, ai sensi dell’art. 1350, n. 9 cod. civ. – Cass. 14-4-86, n. 2601

 

La clausola compromissoria dello statuto di una società, che devolva alla cognizione di un collegio di probiviri la soluzione di determinate controversie fra la società medesima ed il socio, riservando la nomina dei membri di detto collegio all’assemblea, ma senza richiedere l’unanimità, né comunque il voto favorevole di detto socio, è nulla, e come tale inidonea a sottrarre quelle controversie all’autorità giudiziaria, atteso che, tanto nel caso di arbitrato rituale, quanto in quello di arbitrato libero, sussiste l’indefettibile esigenza che gli arbitri vengano designati con il concorso della volontà di entrambi i contendenti, e non siano quindi espressione delle determinazioni di una soltanto delle parti. — Cass. 7-6-85, n. 3394

 

L’art. 23 cod. civ. riserva soltanto agli organi dell’ente, agli associati ed al pubblico ministero l’azione di annullabilità delle delibere assembleari, escludendone la legittimazione per i meri dipendenti dell’ente. Tale disciplina è applicabile, oltre che alle associazioni riconosciute, anche a quelle non riconosciute. — Cass. 8-2-85, n. 1035

 

Il potere rappresentativo delle associazioni sindacali nel giudizio per la repressione della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 della legge, n. 300 del 1970 spetta alle persone fisiche investite delle cariche cui tale potere è attribuito alla stregua degli statuti delle associazioni stesse, con la conseguenza che la successione di persone fisiche diverse nella titolarità di dette cariche, nel corso delle varie fasi del giudizio, non incide sulla legittimazione processuale di tali persone. — Cass. 4-5-84, n. 2720

 

Le disposizioni dello statuto di un partito politico, le quali devolvano ad apposite commissioni le controversie sull’osservanza dello statuto medesimo, al fine del contemperamento dei contrapposti interessi secondo criteri interni di opportunità e convenienza, integrano un compromesso per arbitrato irrituale o libero, in considerazione della natura negoziale delle disposizioni stesse, correlata alla qualità di associazioni di fatto dei partiti politici, nonché della loro finalità di deferire alle suddette commissioni una manifestazione di volontà sostitutiva di quella dei contendenti, e non una decisione di tipo giurisdizionale in applicazione di norme di diritto o di criteri di equità. […] Cass. Sez. Un. 17-11-84, n. 5837

 

L’art. 2603, comma primo, cod. civ., che prevede la forma scritta, a pena di nullità, per il contratto di consorzio, si riferisce ai consorzi tra imprenditori per il coordinamento della produzione e degli scambi e, pertanto, non è applicabile al consorzio costituito tra proprietari d’immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, il quale, non rientrando in nessuna delle categorie tipiche disciplinate dal codice o dalle leggi speciali, configura un’associazione non riconosciuta, che costituita sul presupposto di un’obiettiva coincidenza di determinati bisogni o interessi ed allo scopo di provvedere con organizzazione comune al loro migliore soddisfacimento è regolata dagli accordi degli associati e dagli artt. 36 e seguenti cod. civ., nonché da ogni altra norma applicabile alle associazioni prive di personalità giuridica. Ne consegue che, per quanto riguarda i requisiti di forma dell’atto costitutivo di tale associazione, la necessità, per legge, della forma scritta (atto pubblico o scrittura privata) sussiste, ai sensi dell’art. 1350 n. 9 cod. civ., solo quando sia conferito il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato. — Cass. 18-7-84, n. 4199

 

Ai fini della formazione della volontà propria delle associazioni non riconosciute — fra le quali sono da ricomprendere i fondi di previdenza e assistenza costituiti, con contributi dei lavoratori e del datore di lavoro, nell’ambito della previsione dell’art. 2117 cod. civ. e privi di personalità giuridica — sebbene valga il principio maggioritario nelle deliberazioni, è necessario che tutti i portatori del diritto di voto o, in genere, di partecipare al procedimento per la formazione suddetta, siano stati formalmente convocati dai competenti organi dell’ente ed avvertiti degli argomenti sui quali questi deve manifestare la sua volontà, e, in mancanza di ciò, la deliberazione va ritenuta non semplicemente invalida, ma giuridicamente inesistente. — Cass. 22-4-82, n. 2492

 

I fondi speciali per la previdenza e l’assistenza costituiti nello ambito della previsione dell’art. 2117 cod. civ. (nella specie, il fondo di previdenza integrativo per il personale del «credito industriale sardo»), con la contribuzione sia del datore di lavoro che dei lavoratori, ove non abbiano ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica, sono assoggettati alla disciplina comune dettata per le associazioni non riconosciute, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 37 cod. civ., è vietata, finché l’associazione duri, la divisione del fondo comune, come pure la restituzione della quota in caso di recesso e che l’estinzione dell’associazione non può conseguire ad una molteplicità di recessi se non nel caso in cui venga correlativamente meno l’idoneità del patrimonio dell’ente ad essere destinato a soddisfazione dei suoi fini. — Cass. 22-4-82, n. 2492

 

L’interpretazione delle clausole statutarie di un’associazione non riconosciuta è riservata al giudice del merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione aderente ai criteri legali di ermeneutica contrattuale, dettati dagli artt. 1362 e segg. cod. civ., ed immune da vizi. […] — Cass. 7-12-82, n. 6683

 

Nonostante la disposizione contenuta nell’art. 36 cod. civ. secondo cui le associazioni non riconosciute sono regolate dagli accordi degli associati, queste si modellano, in virtù di un principio generale e costante, secondo una struttura organizzativa che non può prescindere dall’esistenza, accanto agli organi esecutivo e rappresentativo, di un organo deliberante (assemblea) formato di tutti i membri o associati, con la conseguenza che a fare ritenere l’inesistenza in concreto di tale organo non è sufficiente l’eventuale silenzio al riguardo dell’atto costitutivo, dal momento che a tale silenzio sopperiscono le norme che disciplinano le persone giuridiche in genere e le associazioni riconosciute in particolare (artt. 20 e 21 cod. civ.), a meno che la mancanza dell’organo assembleare dipenda da una precisa volontà di sopprimerlo in sede di modifiche apportate allo statuto originario dell’associazione non riconosciuta. In tal caso, però, qualora si accerti che la trasformazione sia stata deliberata da organi dell’associazione non riconosciuta, dei quali venga fondatamente contestata la legittimità rappresentativa e risulti che la delibera di trasformazione non è mai stata approvata dall’assemblea, deve ritenersi la giuridica inesistenza della nuova associazione, il cui ordinamento, per difetto di presupposti essenziali richiesti dalla legge, si ponga in aperto contrasto con questa. — Cass. 3-11-81, n. 5791

 

L’associazione non riconosciuta, anche se sfornita di personalità giuridica, è tuttavia considerata dall’ordinamento come centro di imputazione di interessi, di situazioni e di rapporti giuridici e, quindi, come soggetto di diritti distinto dagli associati, essendo dotata di una propria organizzazione interna ed esterna, di un proprio patrimonio costituito dal fondo comune, e di una propria capacità sostanziale e processuale, esplicata mediante persone fisiche che agiscono in base al principio dell’immedesimazione organica, e non in base a un rapporto di rappresentanza volontaria degli associati. Ne consegue che il difetto di legittimazione processuale della associazione non riconosciuta — alla stregua di qualsiasi soggetto di diritti — è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, inerendo alla valida costituzione del rapporto processuale e alla regolare instaurazione del contraddittorio, salvo il limite della formazione del giudicato. — Cass. 21-6-79, n. 3448

 

La violazione delle norme statutarie relative alle competenze assegnate ai singoli organi di un’associazione non riconosciuta, può dar luogo ad un’annullabilità degli atti giuridici compiuti, che può essere fatta valere soltanto dall’associazione stessa. […] — Cass. 20-9-78, n. 4240

 

L’art. 24 terzo comma cod. civ., il quale, in tema di associazioni riconosciute, consente, da una parte, la possibilità di esclusione dell’associato, con delibera assembleare, per gravi motivi, e, d’altra parte, riconosce all’associato escluso il diritto di ricorrere all’autorità giudiziaria entro sei mesi dalla notificazione della delibera medesima, attua un contemperamento fra contrapposti interessi, che si ricollega alle esigenze di ordine generale di tutelare i diritti del singolo nell’ambito dell’associazione, e, al contempo, il diritto dell’associazione a non rimanere esposta, oltre limiti ragionevoli, a possibilità di annullamento delle proprie delibere. Pertanto, tale norma, ed in particolare il termine semestrale di decadenza per l’azione giudiziaria contro l’esclusione dell’associato, deve ritenersi integralmente applicabile, nel pieno rispetto dei principi fissati dall’art. 2 della Costituzione, sulla garanzia dei diritti dell’individuo come singolo e nelle formazioni sociali, anche nelle associazioni non riconosciute, salva diversa previsione convenzionale, in considerazione della affinità fra i due tipi di associazione e della ricorrenza, in entrambi, della necessità di regolamentazione dell’indicato contrasto di interessi. — Cass. 3-4-78, n. 1498

 

In materia di estinzione deve farsi ricorso, in assenza di una diversa volontà espressa dagli associati, alle disposizioni che regolano casi analoghi per le associazioni riconosciute e cioè agli artt. 27, 29 e 30 c.c.. Cass. 11.5.77, n. 1838

 

Nel silenzio della legge sulla possibilità di trasformare una associazione non riconosciuta in una società fornita di personalità giuridica, deve ritenersi lecita ed operante la clausola statutaria che consenta e regoli detta trasformazione, ove ciò avvenga nel rispetto dei diritti degli associati e nella compatibilità fra lo scopo dell’associazione ed il fine proprio del tipo di società prescelto. […] — Cass. 7-3-77, n. 925

 

Nell’interpretare la delibera assembleare di un ente associativo (nella specie, associazione non riconosciuta), al giudice del merito è consentito di superare o di prescindere dalla lettera delle espressioni usate solo quando queste non siano di per sé idonee ad evidenziare la volontà dell’assemblea, non anche, pertanto, nel caso in cui la delibera stessa abbia un contenuto ed un fine inequivoci, in quanto tipicamente ed espressamente previsti dalla legge (nella specie, scioglimento dell’ente), e rispetto ai quali rimane irrilevante, ed inopponibile nei rapporti esterni, ogni intenzione non esteriorizzata ed obiettivata nella lettera del verbale dell’assemblea. — Cass. 7-3-77, n. 925

 

Le organizzazioni sindacali costituiscono, nell’attuale struttura dell’ordinamento, delle associazioni non riconosciute, con la conseguenza che l’accertamento della loro esistenza comporta non già l’indagine su documenti che abbiano efficacia costitutiva della personalità, bensì la rilevazione in fatto della concreta attività che viene svolta nel campo di interessi che è proprio di questo tipo di associazioni. Parimenti, l’accertamento dei poteri rappresentativi delle persone fisiche che agiscono per le stesse organizzazioni sono da collegarsi agli accordi degli associati, che non debbono necessariamente risultare da atto scritto (forma non prevista dalla legge), e possono quindi essere desunti, in via presuntiva, da elementi che abbiano i dovuti caratteri di univocità. — Cass. 3-11-76, n. 3993

 

L’associazione non riconosciuta, ancorché sfornita di personalità giuridica, è considerata dall’ordinamento come centro di imputazione di situazioni giuridiche, e, quindi, come soggetto di diritto distinto dagli associati. Essa ha un proprio patrimonio, costituito dal fondo comune, una propria capacità sostanziale e processuale, che esplica attraverso persone fisiche legate da rapporto organico e non di mera rappresentanza volontaria degli associati, una propria organizzazione, interna ed esterna, regolata dai patti dell’accordo associativo, o, in difetto, ove non incompatibili, dalle norme disciplinanti le associazioni riconosciute e le società, quali elementi integrativi di quei patti. — Cass., 16-11-76, n. 4252

 

Le delibere dell’assemblea dell’associazione non riconosciuta, ancorchè riguardanti atti dispositivi del fondo comune, non sono necessariamente condizionate all’unanimità dei consensi, dovendosi ritenere applicabili, qualora difetti una espressa previsione contraria negli accordi associativi, i principi maggioritari dettati dalla legge per le delibere delle associazioni riconosciute e delle società. Cass. 16-11-76, n. 4252

 

Gli essenziali caratteri distintivi fra comunione ed associazione non riconosciuta vanno ravvisati nelle circostanze che la prima sorge per il solo fatto del verificarsi della comproprietà su uno stesso bene, si articola in un raggruppamento di persone esclusivamente rivolto al godimento del bene medesimo, è regolata da rapporti di forze fra i singoli partecipanti strettamente collegati all’entità delle relative quote, mentre la seconda nasce per effetto della volontà degli associati, tende, con propria organizzazione, al perseguimento di finalità trascendenti gli interessi del singolo, utilizza i beni comuni quali mero strumento per il raggiungimento di scopi, rispetto ai quali non è configurabile una quota dell’associato come misura della sua partecipazione alla vita del gruppo. — Cass. 16-11-76, n. 4252

 

La costituzione di un’associazione non riconosciuta, cosi come la successiva adesione all’associazione medesima, non è soggetta per legge ad alcuna forma particolare, la quale, pertanto, può essere prescritta solo in forza di espresso accordo degli associati. — Cass. 30-10-75, n. 3693

 

Gli accordi tra i partecipanti ad un’associazione non riconosciuta non trovano limitazioni diverse da quelle fissate dall’art. 1322 cod. civ. per l’autonomia contrattuale in genere; nulla osta, pertanto, a che il presidente di un’associazione non riconosciuta abbia, per clausola dell’atto costitutivo o dello statuto, il potere di tutelare, anche giudizialmente, i diritti individuali degli associati. — Cass. 30-10-75, n. 3693

 

Le modificazioni dello statuto di un’associazione non riconosciuta, salvo che l’atto costitutivo preveda la totalità dei consensi, possono essere adottate con delibera assembleare presa a maggioranza, fermo restando il diritto dei dissenzienti di recedere dall’associazione. — Cass. 30-10-75, n. 3693

 

Non può ritenersi, in principio, che la clausola statuaria che obbliga il socio recedente al pagamento dei contributi sociali per l’anno in corso e per quello successivo contrasti con la disciplina dei contratti associativi né con quella generale dei contratti. Ove ne ricorrano i presupposti, può soltanto chiedersene la modificazione per ridurla ad equità ex art. 1468. – Cass. 75/2128

 

La legittimazione processuale delle associazioni non riconosciute spetta, per l’art 36 cod. civ., a coloro ai quali è conferita la presidenza o la direzione secondo le deliberazioni adottate dal consiglio di amministrazione, regolarmente inserite nei relativi verbali, anche senza il rispetto delle forme di pubblicità previste dall’art. 34 cod. civ. per le persone giuridiche. — Cass. 9-3-73, n. 654

 

La norma dettata dall’art. 24 cod. civ. secondo cui gli organi associativi possono deliberare la esclusione dell’associato per gravi motivi, per fatti cioè che risultano incompatibili con la permanenza dell’associato stesso nell’associazione, è applicabile anche alle associazioni non riconosciute. — Cass. 2-3-73, n. 579

 

Il giudice di merito, adito per la invalidazione di una deliberazione di esclusione di un associato, può e deve valutare, ex art. 1455 cod. civ., ove si tratti di fatti imputabili a titolo di dolo o di colpa, se essi siano gravi e di non scarsa importanza, ma non può sindacare l’opportunità intrinseca della deliberazione di esclusione, dovendosi limitare ad accertare se si e verificato uno dei fatti previsti dalla legge o dall’atto costitutivo come cause dell’esclusione stessa. — Cass. 2-3-73, n. 579

 

Poiché l’atto costitutivo del rapporto associativo riproduce la situazione caratteristica dei contratti sinallagmatici, qualora un associato non adempia agli obblighi che intervengono nel sinallagma (obbligo di contributo e divieto di compiere atti che contraddicono agli scopi e agli interessi associativi) l’associazione, in alternativa con il rimedio previsto dall’art. 24, terzo comma, cod. civ., può chiedere giudizialmente, in applicazione dell’art 1453 cod. civ., la risoluzione del rapporto associativo nei riguardi dell’inadempiente, sempre che dell’inadempimento sussista la gravità sufficiente a norma dell’art. 1455 cod. civ. — Cass. 2-3-73, n. 579

 

L’associazione non riconosciuta realizza una figura intermedia fra la comunione e l’associazione-persona giuridica, ed è configurata come un ente collettivo o centro di interessi, che pur esistendo in fatto risulta tuttavia fornito di una personalità limitata, dato che ad esso, l’ordinamento ricollega diritti ed obblighi che non sono degli associati. Siffatte associazioni costituiscono organizzazioni di persone legate fra loro dal perseguimento di un fine di comune interesse, e sono gli accordi intervenuti fra gli associati ad avere efficacia primaria per quanto attiene all’ordinamento interno, cioè ai rapporti degli associati fra loro. Tali accordi si estrinsecano in veri e propri contratti, in manifestazioni negoziali che, essendo rivolte a scopi leciti, non possono non avere efficacia vincolante fra le parti.  — Cass. 12-10-73, n. 2572

 

Quando le parti pattuiscono di deferire ad uno o più arbitri liberi e irrituali le controversie che possono insorgere relativamente ad un rapporto giuridico tra loro esistente (clausola compromissoria) o ad una controversia già esistente (compromesso) senza alcuna limitazione circa il tipo di negozio che l’arbitro o gli arbitri hanno il potere di formulare, è richiesta la forma scritta ad substantiam quando le controversie, o la controversia, attengono ad un rapporto giuridico, esistente tra le parti che rientra fra quelli elencati nell’art. 1350 cod. civ., mentre è richiesta la forma scritta ad probationem negli altri casi. — Cass. 28-3-72, n. 994

 

Nei partiti politici la carica di segretario è equiparabile a quella di presidente o di direttore delle associazioni non riconosciute, onde al segretario spetta la rappresentanza del partito, ai sensi dell’art. 36 cod. civ. […] — Cass. 13-11-70, n. 2410

 

Le associazioni non riconosciute possono compiere negozi giuridici per mezzo dei loro amministratori ed assumere obbligazioni, che si ripercuotono sul fondo comune, sia nei confronti degli associati che dei terzi. La responsabilità dell’associazione, nei limiti del predetto fondo comune, si estende alle obbligazioni ex delicto nella forma della responsabilità diretta se il fatto illecito sia stato commesso da chi abbia legalmente agito per l’associazione, o della responsabilità indiretta se sia stato commesso da ausiliari nell’esercizio delle incombenze cui erano adibiti. — Cass. 29-3-69, n. 1037

 

Nell’ipotesi in cui una norma dello statuto di un’associazione non riconosciuta attribuisca espressamente al consiglio di amministrazione dell’ente, anziché all’assemblea dei soci, come previsto dal terzo comma dell’art. 24 cod. civ., il potere di esclusione dell’associato per una causa stabilita dallo statuto stesso, la norma stessa è pienamente valida ed operante, trovando il suo fondamento nel preventivo assoggettamento volontario di tutti gli associati e non ostando motivi di ordine pubblico. — Cass. 24-10-69, n. 3490

 

I rapporti costituiti da o per conto dei gruppi con autonomia patrimoniale, non forniti di personalità giuridica, (nella specie, società in nome collettivo irregolare) entrano a costituire un patrimonio separato di cui la legge assicura — in varia guisa ed in relazione alle specifiche finalità di ciascun gruppo — una particolare autonomia. I soggetti membri del gruppo sono considerati e trattati sotto due vesti distinte e contrapposte — uti socii, allorché essi agiscano quali titolari dei rapporti costituenti il patrimonio (autonomo) del gruppo, ed uti singuli, quando agiscano, invece, quali titolari dei rapporti afferenti al loro patrimonio personale. […]. — Cass. 6-6-68, n. 1708

 

In tema di attività degli organi di un ente — sia questo persona giuridica od associazione non riconosciuta non può parlarsi di rappresentanza, a norma degli artt. 1387 e segg. cod. civ., e tanto meno mandato, ai sensi degli artt. 1703 e segg. dello stesso codice, dovendosi ravvisare un rapporto di immedesimazione tra persona giuridica — od ente di fatto a questa assimilato — e persona fisica preposta all’organo parte dell’ente, a mezzo del quale l’ente stesso esprime la sua volontà ed agisce nel campo delle attività concrete. — Cass. 9-7-68, n. 2356

 

Lo statuto può disciplinare le modalità di recesso dei singoli associati e i termini della sua operatività, ma non escludere la facoltà di recesso. – Cass. 68/2895

 

Le associazioni non riconosciute costituiscono un’organizzazione di persone legate tra loro dal perseguimento di un fine di comune interesse. In mancanza di una normativa giuridica più dettagliata, sono gli accordi interni che regolano l’ordinamento e solo in mancanza di una diversa volontà espressa dagli associati è possibile fare ricorso, di volta in volta, in via analogica, alle disposizioni che regolano casi analoghi per le associazioni riconosciute, per le società e anche in tema di comunione, compatibilmente con la struttura di ogni singolo rapporto. Pertanto, esattamente è fatto riferimento all’art. 2504 cod. civ., relativo alla fusione di società, in ipotesi che risulti accertato (con indagine di fatto, che si sottrae a controllo in sede di legittimità, se il relativo apprezzamento è congruamente e logicamente motivato) che due associazioni non riconosciute si sono unificate, dando luogo alla loro estinzione ed alla successione a titolo universale, in tutti i loro rapporti, dell’organismo nato dalla unificazione. — Cass. 14-3-67, n. 583

 

Devono considerarsi atti eccedenti l’ordinaria amministrazione tutti quelli che, lungi dall’avere carattere meramente conservativo o dall’essere preordinati ad accrescere senza rischi la consistenza del patrimonio amministrato o le utilità ad esso inerenti, importano la disposizione o l’alienazione di beni o diritti: tra questi s’inquadrano gli atti comunque suscettibili di diminuire l’entità economica del patrimonio stesso. Sia la costituzione di servitù passive che la rinuncia a servitù attive, incidendo negativamente sulle utilità che possono trarsi dai beni cui le servitù stesse si riferiscono, si riflettono sulla consistenza ed entità economica di essi, e sotto questo aspetto, costituiscono appunto atti di disposizione. Il semplice conferimento dell’incarico di presidente, direttore o amministratore di un’associazione non riconosciuta equivale ad un mandato, ma questo deve presumersi di carattere generale (art. 1708, 2° comma, cod. civ.) salvo che l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente non ricolleghino espressamente all’investitura di tale incarico più ampi poteri di rappresentanza. L’atto (unilaterale) di ricognizione della servitù, previsto dall’art. 634 del cod. civ. 1865, a differenza degli atti ricognitivi contemplati dall’art. 1340 stesso codice e dall’art. 2720 del codice vigente, non aveva una mera funzione probatoria, ma anche e soprattutto una portata sostanziale, giacché in definitiva era destinato a supplire alla mancanza di un titolo costitutivo e si differenziava, perciò, anche dal negozio di accertamento il quale, avendo lo scopo di conferire certezza ad un precedente rapporto o negozio e di vincolare le parti ad attribuire ad esso la portata e gli effetti consensualmente precisati attraverso l’accertamento stesso, presuppone necessariamente la preesistenza di quel rapporto e quindi del titolo idoneo a costituirlo. Sotto questo aspetto il predetto atto (che in sostanza implicava una deroga al principio generale della natura bilaterale del negozio di costituzione delle servitù e che appunto in considerazione di ciò non è stato riprodotto nel codice vigente), produceva effetti che, pur se avevano carattere ricognitivo con riferimento al passato, assumevano carattere dispositivo per il futuro. Le associazioni non riconosciute, a differenza di quelle rivestite di personalità giuridica, non sono configurabili come soggetti autonomi di diritto e non sono, quindi, provviste di capacità giuridica; in conseguenza, sebbene si debba ad esse riconoscere la possibilità di agire giuridicamente e di compiere negozi giuridici per mezzo degli amministratori, la titolarità dei rapporti giuridici costituiti ad opera di costoro, e dei relativi diritti ed obblighi, spetta non già all’associazione, come entità giuridica a se stante, ma al gruppo degli associati, all’uopo considerati uti singuli e lo stesso patrimonio dell’ente, dalla legge denominato fondo comune e costituito dai beni acquistati con i contributi degli associati, pur essendo sottoposto ad un regime particolare (come può desumersi dagli artt. 37 e 38 cod. civ.) che, soprattutto al fine di una più efficace garanzia dei terzi, imprime al patrimonio stesso una certa autonomia, forma pur sempre oggetto di un rapporto di comproprietà, di cui sono partecipi i singoli associati. Da ciò deriva che la legittimazione negoziale degli amministratori s’inquadra nello schema normale della rappresentanza, anziché in quello del rapporto organico e trova la sua fonte, il suo fondamento e i suoi limiti nel mandato ad essi conferito dagli associati, in nome e per conto dei quali l’attività degli amministratori deve considerarsi posta in essere; è, pertanto, evidente che, anche nei confronti dei terzi l’estensione dei poteri degli amministratori va determinata non già alla stregua delle norme che riflettono la rappresentanza organica delle persone giuridiche (art. 19 cod. civ.) bensì in base alle regole generali sul mandato, con l’ulteriore conseguenza che, anche nell’ipotesi di associazioni non riconosciute, è applicabile il principio secondo cui il mandato concepito in termini generali non legittima il mandatario al compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione; gli atti compiuti oltre tali limiti non sono riferibili agli associati e debbono quindi considerarsi insuscettibili di produrre qualsiasi effetto nei loro confronti. — Cass. 26-4-60, n. 927

 

Nelle associazioni non riconosciute la volontà totalitaria ed unanime degli associati può disporre del bene comune, anche in contrasto con apposita norma statutaria, importando una siffatta deliberazione semplice revoca di norma statutaria, la quale rientra nel potere dispositivo della assemblea degli associati, così come vi rientra la facoltà di disporre lo scioglimento dell’associazione o di determinarlo col fatto di cedere a terzi il mezzo indispensabile per il raggiungimento dello scopo comune. — Cass. 4-8-60, n. 2291

 

La riduzione degli associati ad una sola persona importa che l’associazione non riconosciuta debba considerarsi sicuramente estinta, per effetto del definitivo venir meno del rapporto intersoggettivo in cui essa si sostanzia; e quindi deve ritenersi in contrasto con la natura stessa dell’associazione non riconosciuta una clausola contrattuale, la quale preveda che l’associazione possa ad un certo momento ridursi ad un unico membro e continuare tuttavia ad esistere a tempo indeterminato senza l’ammissione di altri membri. — Cass. 14-10-58, n. 3251

 

Elementi caratteristici dell’associazione non riconosciuta come persona giuridica sono: a) il fine che trascende i singoli componenti; b) la organizzazione collettiva; c) la costituzione di un fondo comune, che non è di necessità fisso; d) la mutevolezza dei componenti; e) la rappresentanza conferita ai dirigenti. […]. — Cass. 16-10-54, n. 3823