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Art. 809 cc – Norme sulle donazioni applicabili ad altri atti di liberalità

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Articolo 809 codice civile

Norme sulle donazioni applicabili ad altri atti di liberalità

Le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’articolo 769, sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine e per sopravvenienza di figli nonché a quelle sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari.

Questa disposizione non si applica alle liberalità previste dal secondo comma dell’articolo 770 e a quelle che a norma dell’articolo 742 non sono soggette a collazione.


 

Giurisprudenza:

Acquisto di immobile per quote uguali effettuato da conviventi “more uxorio” – Maggior contributo dell’uno rispetto a quello dell’altro mediate diretto versamento al creditore – Presunzione di liberalità – In caso di acquisto “pro indiviso” di un immobile effettuato da due conviventi “more uxorio”, il maggior apporto di uno dei due co-acquirenti nella corresponsione, direttamente a mani del creditore, degli acconti e delle rate del mutuo, deve presumersi avvenuto, per la parte eccedente la sua quota, a titolo di liberalità nei confronti dell’altro, avente giustificazione nella stessa situazione di convivenza, sicché esso si configura quale donazione indiretta effettuata mediante negozio, quello dell’adempimento del terzo per spirito di liberalità, per il quale non è richiesta la forma scritta. Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 14-7-2021, n. 20062

 

Dazione di denaro effettuata all’unico scopo di acquisto di un immobile da parte del destinatario – La donazione indiretta si identifica con ogni negozio che, pur non avendo la forma della donazione, sia mosso da un fine di liberalità e abbia l’effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario, sicché l’intenzione di donare emerge solo in via indiretta dal rigoroso esame di tutte le circostanze del singolo caso, nei limiti in cui siano tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la donazione indiretta fosse dimostrata dalla dazione di denaro effettuata all’unico scopo di acquisto di un immobile da parte del destinatario, non potendo trarsi conferma dell'”animus donandi” dalla sola dichiarazione, resa dall'”accipiens”, che il corrispettivo della compravendita era stato pagato dai genitori dell’ex coniuge). Cassazione Civile, Sezione 2, Ordinanza 21-5-2020, n. 9379

 

Accordo con il quale una parte si obbliga a tenere indenne l’altra da ogni pretesa fiscale – L’accordo con il quale una parte si obbliga a tenere indenne l’altra da ogni pretesa fiscale (nella specie, relativa ad un immobile assegnato in forza di un accordo divisorio) ha natura di accollo interno, rilevante esclusivamente tra i privati stipulanti e non verso l’Amministrazione finanziaria, non avendo effetto sull’individuazione del soggetto passivo, sul rapporto fra contribuente e P.A. o sul potere impositivo di quest’ultima. Esso è, pertanto, valido e la controversia che lo riguarda è devoluta alla giurisdizione ordinaria. Tale accordo, diversamente dall’intesa che trasferisca l’onere dell’imposta, regolandone i presupposti in modo difforme dalla legge, non è nullo in quanto non viola il divieto, prescritto dall’art. 27 del d.P.R. n. 643 del 1972, di patti dispositivi del tributo, atteso che si limita a ripartirne le conseguenze economiche, senza incidere sull’obbligazione originaria o porre in essere una successione nel lato passivo della medesima (come si evince dall’art. 8 della l. n. 212 del 2000, che prevede come l’obbligazione tributaria possa estinguersi mediante accollo non liberatorio). Inoltre, il negozio in esame è legittimo perché comunque dotato di una causa, ancorché variabile, e, non essendo riconducibile allo schema della donazione diretta (ma, eventualmente, di quella indiretta, ove non vi sia uno scambio con un corrispettivo), non deve neppure rispettare i requisiti di forma per essa stabiliti. – Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 21 febbraio 2020, n. 4589

 

Pagamento di un debito altrui e rinuncia all’azione di regresso –  La donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità – e non già dal mezzo giuridico impiegato, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento – e consiste in atti o negozi la cui combinazione produce l’effetto di un’attribuzione patrimoniale gratuita, come nel caso del pagamento di un debito altrui con rinuncia all’azione di regresso, a nulla rilevando l’esistenza di un interesse del “solvens” all’adempimento. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Ordinanza 18 settembre 2019, n. 23260

 

 

Cessione di una quota societaria mediante un’apparente vendita – Non ricorre il vizio del negozio di donazione per difetto della forma pubblica quando intervenga la cessione di una quota societaria mediante un’apparente vendita, ma in realtà a titolo gratuito, potendo piuttosto ricorrere un’ipotesi di donazione indiretta, che però non esige requisiti formali; nella donazione indiretta, infatti, la liberalità si opera, anziché attraverso il negozio tipico di donazione, mediante il compimento di un atto che, pur conservando la forma e la causa ad esso propria, realizza in via mediata l’effetto dell’arricchimento del destinatario, sicché l’intenzione di donare non emerge in via diretta dall’atto utilizzato bensì, in via indiretta, dall’esame delle circostanze del caso concreto. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Ordinanza 5 agosto 2019, n. 20888

 

Trust inter vivos con effetti post mortem – Il “trust inter vivos”, con effetti “post mortem”, deve essere qualificato come donazione indiretta, rientrante, in quanto tale, nella categoria delle liberalità non donative ai sensi dell’art. 809 c.c., poiché l’attribuzione ai beneficiari del patrimonio che ne costituisce la dotazione avviene per atto del “trustee”, cui il disponente aveva trasferito la proprietà, sicché l’avvenuta fuoriuscita del “trust fund” dal patrimonio di quest’ultimo quando era ancora in vita esclude la natura “mortis causa” dell’operazione, nella quale l’evento morte rappresenta mero termine o condizione dell’attribuzione, senza penetrare nella giustificazione causale della stessa. – Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Ordinanza 12 luglio 2019, n. 18831

 

Rinuncia a un diritto fatta allo scopo di avvantaggiare un terzo – La rinuncia a un diritto, se fatta allo scopo di avvantaggiare un terzo, può importare donazione indiretta, purché fra donazione e arricchimento sussista un nesso di causalità diretta. (Nella specie, la S.C. ha escluso che la rinuncia del “de cuius” a sottoscrivere la quota di aumento del capitale sociale di una s.r.l., seguita dalla concomitante sottoscrizione, da parte del figlio, della quota non sottoscritta dal genitore, costituisse donazione indiretta, atteso che, a seguito della rinuncia del “de cuius”, anche gli altri soci avevano avuto analoga possibilità di sottoscrizione). – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Ordinanza 11 giugno 2019, n. 15666

 

Compravendita di un bene – Pagamento parziale del prezzo con provvista fornita da un terzo – Si ha donazione indiretta di un bene (nella specie, un immobile) anche quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo della relativa compravendita dovuto dal donatario, laddove sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme, dovendo, in tal caso, individuarsi l’oggetto della liberalità, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato pari alla quota di prezzo corrisposta con la provvista fornita dal donante. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Ordinanza 17 aprile 2019, n. 10759

 

Contratti di scambio – Configurabilità quale donazione indiretta –  Nei contratti di scambio, la donazione indiretta è configurabile solo a condizione che le parti abbiano volutamente stabilito un corrispettivo di gran lunga inferiore a quello che sarebbe dovuto, con l’intento, desumibile dalla notevole entità della sproporzione tra il valore reale del bene e la misura del corrispettivo, di arricchire la parte acquirente per la parte eccedente quanto pattuito. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 19 marzo 2019, n. 7681

 

Atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito che risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari – L’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito che risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari, può essere qualificato come donazione indiretta solo quando sia verificata l’esistenza dell'”animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della detta cointestazione, altro scopo che quello della liberalità. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Ordinanza 28 febbraio 2018, n. 4682

 

Donazione tipica ad esecuzione indiretta – Trasferimento attraverso un ordine di bancogiro del disponente di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario – In tema di atti di liberalità, il trasferimento, attraverso un ordine di bancogiro del disponente, di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta, soggetta alla forma dell’atto pubblico, salvo che sia di modico valore, poiché realizzato non tramite un’operazione triangolare di intermediazione giuridica, ma mediante un’intermediazione gestoria dell’ente creditizio. Infatti, l’operazione bancaria tra il donante ed il donatario costituisce mero adempimento di un distinto accordo negoziale fra loro concluso e ad essa rimasto esterno, il quale solo realizza il passaggio immediato di valori da un patrimonio all’altro, e tale circostanza esclude la configurabilità di un contratto in favore di terzo, considerato che il patrimonio della banca rappresenta una “zona di transito” tra l’ordinante ed il destinatario, non direttamente coinvolta nel processo attributivo, e che il beneficiario non acquista alcun diritto verso l’istituto di credito in seguito al contratto intercorso fra quest’ultimo e l’ordinante. Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 27-7-2017, n. 18725

 

Donazione obnuziale – Incompatibilità con la donazione indiretta – Ai sensi dell’art. 785 c.c., la donazione obnuziale, essendo un negozio formale e tipico caratterizzato dall’espressa menzione, nell’atto pubblico, delle finalità dell’attribuzione patrimoniale eseguita da uno degli sposi o da un terzo in riguardo di un futuro, “determinato”, matrimonio, è incompatibile con l’istituto della donazione indiretta, in cui lo spirito di liberalità viene perseguito mediante il compimento di atti diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c.; infatti, la precisa connotazione della causa negoziale, che deve espressamente risultare dal contesto dell’atto, non può rinvenirsi nell’ambito di una fattispecie indiretta, nella quale la finalità suddetta, ancorché in concreto perseguita, può rilevare solo quale motivo finale degli atti di disposizione patrimoniale fra loro collegati ma non anche quale elemento tipizzante del contratto, chiaramente delineato dal legislatore nei suoi requisiti di forma e di sostanza, in vista del particolare regime di perfezionamento, efficacia e caducazione che lo contraddistingue dalle altre donazioni. – Corte di Cassazione, Sezione 6-2 civile, Ordinanza 7 giugno 2017, n. 14203

 

Acquisto di un immobile con danaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto – Nell’ipotesi di acquisto di un immobile con danaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente intende in tal modo beneficiare, la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario e, quindi, integra – anche ai fini della collazione – donazione indiretta del bene stesso e non del danaro. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 30 maggio 2017, n. 13619

 

Liberalità diverse dalla donazione – Norme non richiamate dall’art. 809 cod. civ. – Inapplicabilità – L’art. 809 cod. civ., nell’indicare quali norme della donazione siano applicabili alle liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione, va interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre disposizioni non espressamente richiamate. Ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 778 cod. civ., che stabilisce i limiti al mandato a donare, al mandato a stipulare un “negotium mixtum cum donatione”. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 16 giugno 2014, n. 13684

 

Donazione indiretta e forma –  Per la validità delle donazioni indirette, cioè di quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall’art. 782 cod. civ., non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ., non richiama l’art. 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione. – Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 5 giugno 2013, n. 14197

 

Cointestazione di buoni postali fruttiferi operata da un genitore per ripartire fra i figli anticipatamente le proprie sostanze – La cointestazione di buoni postali fruttiferi, nella specie operata da un genitore per ripartire fra i figli anticipatamente le proprie sostanze, può configurare, ove sia accertata l’esistenza dell'”animus donandi”, una donazione indiretta, in quanto, attraverso il negozio direttamente concluso con il terzo depositario, la parte che deposita il proprio denaro consegue l’effetto ulteriore di attuare un’attribuzione patrimoniale in favore di colui che ne diventa beneficiario per la corrispondente quota, essendo questi, quale contitolare del titolo nominativo a firma disgiunta, legittimato a fare valere i relativi diritti. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 9 maggio 2013, n. 10991

 

Dichiarazione di assenso del coniuge formalmente non acquirente ma partecipante alla stipula dell’atto di acquisto, relativa all’intestazione personale del bene immobile o mobile registrato all’altro coniuge – Natura ricognitiva e portata confessoria – La dichiarazione di assenso ex art. 179, secondo comma, cod. civ.del coniuge formalmente non acquirente, ma partecipante alla stipula dell’atto di acquisto, relativa all’intestazione personale del bene immobile o mobile registrato all’altro coniuge, può assumere natura ricognitiva e portata confessoria – quale fatto sfavorevole al dichiarante e favorevole all’altra parte – sebbene esclusivamente di presupposti di fatto già esistenti, laddove sia controversa, tra i coniugi stessi, l’inclusione del medesimo bene nella comunione legale. Analoga efficacia in favore del coniuge formalmente acquirente non può, invece, attribuirsi ad una tale dichiarazione nel diverso giudizio fra i coeredi di colui che l’aveva resa, terzi rispetto al suddetto atto, in cui si discuta della configurabilità del menzionato acquisto come una donazione indiretta di quello stesso bene in favore del coniuge da ultimo indicato, nonchè della sussistenza dei presupposti per il suo conferimento nella massa ereditaria del “de cuius”. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva qualificato come donazione indiretta, conseguentemente assoggettandola a collazione, l’acquisito di un immobile successivamente al matrimonio da parte di uno dei coniugi, in relazione al quale era stato provato il diretto versamento del prezzo all’alienante ad opera dell’altro, negando rilievo alla contraria dichiarazione di quest’ultimo contenuta nell’atto di acquisto). – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 9 novembre 2012, n. 19513

 

Compravendita con riserva di nomina dell’acquirente – La donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento, ivi compresi più negozi tra loro collegati, come nel caso in cui un soggetto, stipulato un contratto di compravendita, paghi o si impegni a pagare il relativo prezzo e, essendosene riservata la facoltà nel momento della conclusione del contratto, provveda ad effettuare la dichiarazione di nomina, sostituendo a sé, come destinatario degli effetti negoziali, il beneficiario della liberalità, così consentendo a quest’ultimo di rendersi acquirente del bene ed intestatario dello stesso. Né la configurabilità della donazione indiretta è impedita dalla circostanza che la compravendita sia stata stipulata con riserva della proprietà in favore del venditore fino al pagamento dell’ultima rata di prezzo, giacché quel che rileva è che lo stipulante abbia pagato, in unica soluzione o a rate, il corrispettivo, oppure abbia messo a disposizione del beneficiario i mezzi per il relativo pagamento. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 29 febbraio 2012, n. 3134

 

Negotium mixtum cum donatione – Forma – Nel “negotium mixtum cum donatione”, la causa del contratto ha natura onerosa ma il negozio commutativo stipulato tra i contraenti ha lo scopo di raggiungere per via indiretta, attraverso la voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello tra i contraenti che riceve la prestazione di maggior valore realizzandosi così una donazione indiretta. Per la validità di tale “negotium” non é necessaria la forma della donazione ma quella prescritta per lo schema negoziale effettivamente adottato dalle parti, sia perché l’art. 809 cod. civ., nel sancire l’applicabilità delle norme sulle donazioni agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ., non richiama l’art. 782 cod. civ., che prescrive la forma dell’atto pubblico per la donazione, sia perché, essendo la norma appena richiamata volta a tutelare il donante, essa, a differenza delle norme che tutelano i terzi, non può essere estesa a quei negozi che perseguono l’intento di liberalità con schemi negoziali previsti per il raggiungimento di finalità diverse. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 3 novembre 2009, n. 23297

 

Atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito che risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari – La possibilità che costituisca donazione indiretta l’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito – qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari può essere qualificato come donazione indiretta solo quando sia verificata l’esistenza dell'”animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 12 novembre 2008, n. 26983

 

Ai fini della configurabilità della donazione indiretta d’immobile, è necessario che il denaro venga corrisposto dal donante al donatario allo specifico scopo dell’acquisto del bene o mediante il versamento diretto dell’importo all’alienante o mediante la previsione della destinazione della somma donata al trasferimento immobiliare. Non ricorre, pertanto, tale fattispecie quando il danaro costituisca il bene di cui il donante ha inteso beneficiare il donatario e il successivo reimpiego sia rimasto estraneo alla previsione del donante. (Nel caso di specie la Suprema Corte ha stabilito che la mera elargizione di somme di danaro mediante assegni circolari, non potesse qualificarsi donazione indiretta ed ha invalido il negozio concluso per il difetto di forma solenne). — Cass. II, sent. 26746 del 6-11-2008

 

Nel cosiddetto «negotium mixtun cum donatione» la causa del contratto ha natura onerosa ma il negozio commutativo stipulato dai contraenti ha la finalità di raggiungere, per via indiretta, attraverso la voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore. Pertanto, realizza una donazione indiretta, per la quale è sufficiente la forma prescritta per il tipo di negozio adottato dalle parti e non è necessaria quella prevista per la donazione diretta, il contratto preliminare con cui, allo scopo di arricchire il promissario acquirente, il promittente venditore consapevolmente si obblighi a vendere l’immobile per un prezzo pari al valore catastale. — Cass. II, sent. 1955 del 30-1-2007

 

Ai sensi dell’art. 785 cod.civ. la donazione obnuziale, essendo un negozio formale e tipico caratterizzato dall’espressa menzione nell’atto pubblico delle finalità dell’attribuzione patrimoniale, eseguita da uno degli sposi o da un terzo in riguardo di un futuro, «determinato», matrimonio, è incompatibile con l’istituto della donazione indiretta, in cui lo spirito di liberalità viene perseguito mediante il compimento di atti diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ.; infatti, la precisa connotazione della causa negoziale, che deve espressamente risultare dal contesto dell’atto, non può rinvenirsi nell’ambito di una fattispecie indiretta, nella quale la finalità suddetta, ancorché in concreto perseguita, può rilevare solo quale motivo finale degli atti di disposizione patrimoniale fra loro collegati ma non anche quale elemento tipizzante del contratto, chiaramente delineato dal legislatore nei suoi requisiti di forma e di sostanza, in vista del particolare regime di perfezionamento, efficacia e caducazione che lo contraddistingue dalle altre donazioni. — Cass. II, sent. 15873 del 12-7-2006

 

In tema di atti di liberalità, il «negotium mixtum cum donatione» costituisce una donazione indiretta in quanto, attraverso la utilizzazione della compravendita, si realizza il fine di arricchire il compratore della differenza tra il prezzo pattuito e quello effettivo; pertanto, non è necessaria la forma dell’atto pubblico richiesta per la donazione diretta, essendo, invece, sufficiente la forma dello schema negoziale adottato; poiché, l’art. 809 cod. civ., nel sancire l’applicabilità delle norme sulle donazioni agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ., non richiama l’art. 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione. — Cass. II, sent. 13337 del 7-6-2006

 

Poiché con la donazione indiretta le parti realizzano l’intento di liberalità utilizzando uno schema negoziale avente causa diversa,configura piuttosto una donazione diretta l’accollo interno con cui l’accollante,allo scopo di arricchire la figlia con proprio impoverimento, si sia impegnato nei confronti di quest’ultima a pagare all’Istituto di credito le rate del mutuo bancario dalla medesima contratto,atteso che la liberalità non è un effetto indiretto ma la causa dell’accollo, sicché l’atto — non rivestendo i requisiti di forma prescritti dall’art. 782 cod. civ.- deve ritenersi inidoneo a produrre effetti diversi dalla «soluti retentio»di cui all’art. 2034 cod. civ. — Cass. II, sent. 7507 del 30-3-2006

 

Nell’ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo beneficiare, si configura la donazione indiretta dell’immobile e non del denaro impiegato per l’acquisto;pertanto, in caso di collazione, secondo le previsioni dell’art. 737 cod. civ., il conferimento deve avere ad oggetto l’immobile e non il denaro. — Cass. II, sent. 20638 del 25-10-2005

 

Nel cosiddetto «negotium mixtun cum donatione», la causa del contratto ha natura onerosa, ma il negozio commutativo stipulato dai contraenti ha la finalità di raggiungere, per via indiretta, attraverso la voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò realizzando il negozio posto in essere una fattispecie di donazione indiretta. Ne consegue che la compravendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo non integra, di per sé stessa, un «negotium mixtum cum donatione», essendo, all’uopo, altresì necessario non solo la sussistenza di una sproporzione tra prestazioni, ma anche la significativa entità di tale sproporzione, oltre alla indispensabile consapevolezza, da parte dell’alienante, dell’insufficienza del corrispettivo ricevuto rispetto al valore del bene ceduto, funzionale all’arricchimento di controparte acquirente della differenza tra il valore reale del bene e la minore entità del corrispettivo ricevuto. Incombe poi alla parte che intenda far valere in giudizio la simulazione relativa nella quale si traduce il «negotium mixtum cum donatione» l’onere di provare sia la sussistenza di una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni, sia la consapevolezza di essa e la sua volontaria accettazione da parte dell’alienante in quanto indotto al trasferimento del bene a tali condizioni dall’»animus donandi» nei confronti dell’acquirente. — Cass. II, sent. 19601 del 29-9-2004

 

Per la validità delle donazioni indirette non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ., non richiama l’art. 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione. — Cass. II, sent. 5333 del 16-3-2004

 

La donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito, che è quello di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento, e può essere costituito anche da più negozi tra loro collegati, come nel caso in cui un soggetto, stipulato un preliminare di compravendita di un immobile in veste di promissario acquirente, paghi il relativo prezzo e sostituisca a sé, nella stipulazione del definitivo con il promittente venditore, il destinatario della liberalità, così consentendo a quest’ultimo di rendersi acquirente del bene ed intestatario dello stesso. — Cass. II, sent. 5333 del 16-3-2004

 

La donazione diretta del denaro, successivamente impiegato dal beneficiario in un acquisto immobiliare con propria autonoma determinazione (caso in cui oggetto della donazione rimane comunque il denaro) va tenuta distinta dalla dazione del denaro quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto dell’immobile, che integra un’ipotesi di donazione indiretta del bene, fattispecie la cui configurazione non richiede peraltro la necessaria articolazione in attività tipiche da parte del donante (pagamento diretto del prezzo all’alienante, presenza alla stipulazione, sottoscrizione d’un contratto preliminare in nome proprio), necessario e sufficiente al riguardo essendo la prova del collegamento tra elargizione del denaro ed acquisto, e cioè la finalizzazione della dazione del denaro all’acquisto [Nel fare applicazione dei suindicati principi, la S.C. ha ritenuto che integri una fattispecie di donazione indiretta dell’immobile, e non già di donazione diretta del denaro impiegato per il suo acquisto, l’ipotesi caratterizzata dalla dazione del denaro con il precipuo scopo dell’acquisto immobiliare, in ragione del ravvisato collegamento tra l’elargizione del denaro da parte del disponente e l’acquisto del bene immobile da parte del beneficiario, indifferente al riguardo reputando che la prestazione in favore dell’alienante venga effettuata direttamente dal disponente (presente alla stipulazione intercorsa tra acquirente e venditore dell’immobile) ovvero dallo stesso beneficiario (dopo aver ricevuto il denaro dal disponente ed in esecuzione del complesso procedimento da quest’ultimo inteso adottare per ottenere il risultato della liberalità), con o senza stipulazione in nome proprio d’un contratto preliminare con il proprietario dell’immobile. Ed ha, d’altro canto, ritenuto al riguardo non indispensabile, bensì solamente utile «ad abundatiam», desumere (anche) dall’emissione di assegni non trasferibili tratti direttamente all’ordine del venditore la dimostrazione che oggetto dell’«animus donandi» manifestato dal disponente nel caso fossero le quote societarie e non già il denaro, unitamente alla considerazione della concomitanza della relativa dazione sia con l’acquisto di tali quote sia con il separato acquisto di rimanenti quote da parte del coniuge del beneficiario e figlio del disponente (di guisa da consentire agli acquirenti la disponibilità in parti eguali dell’intero capitale sociale, e, a tale stregua, dell’immobile unico cespite societario); la Corte, peraltro, ha ritenuto al riguardo viceversa irrilevante l’accertarsi se il disponente avesse consegnato al beneficiario assegni in bianco ovvero a favore del medesimo intestati, in ragione della raggiunta conclusione che non già il denaro (quale ne fosse la modalità di trasferimento), bensì le quote sociali hanno nel caso costituito l’oggetto della liberalità, la compravendita delle stesse pertanto assumendo mera funzione strumentale per il conseguimento del fine perseguito]. — Cass. II, sent. 3642 del 24-2-2004

 

Il procedimento di qualificazione del contratto consiste in primo luogo nella ricerca ed individuazione della comune volontà dei contraenti; all’interno di questa operazione il «nomen juris» attribuito dalle parti al contratto non assume rilevanza decisiva e non vincola il giudice, specie nel caso in cui si accerti che la qualificazione operata dalle parti si pone in contrasto con il contenuto di una o più clausole contrattuali. (In applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito il quale, a fronte di un contratto qualificato dalle parti come compravendita di un fondo rustico, aveva ritenuto più corretta la qualificazione di esso come «negotium mixtum cum donatione», in considerazione del fatto che era stato pattuito un prezzo di vendita di gran lunga inferiore al valore effettivo del bene). — Cass. III, sent. 5584 del 9-4-2003

 

Per l’esistenza, a favore del proprietario coltivatore diretto del fondo rustico confinante con quello ceduto, del diritto di prelazione, e del correlato diritto di riscatto, per il combinato disposto di cui agli artt. 8, comma primo, della legge 26 maggio 1965 n. 590 e 7, comma secondo, n. 2, della legge 14 agosto 1971 n. 817, è necessario che il trasferimento sia a titolo oneroso, mentre se la compravendita è utilizzata al fine di arricchire il compratore della differenza tra il valore del bene ed il prezzo stabilito, è configurabile un «negotium mixtum cum donatione», che costituisce donazione indiretta, e, pertanto, la predetta disciplina è inapplicabile. — Cass. III, sent. 6711 del 15-5-2001

 

Per la validità delle donazioni indirette, cioè di quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall’art. 782 cod. civ., non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 cod. civ., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ., non richiama l’art. 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione. — Cass. II, sent. 4623 del 29-3-2001

 

Per la validità delle donazioni indirette, cioè di quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall’art. 782 cod. civ., non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità (nella specie, trattavasi di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di danaro depositata presso un istituto di credito appartenuta all’atto della cointestazione ad uno solo dei cointestatari). — Cass. 10-4-1999, n. 3499

 

Per la validità di una donazione indiretta è sufficiente l’osservanza delle prescrizioni di forma richieste per l’atto da cui essa risulta, in quanto l’art. 809 cod. civ., mentre assoggetta le liberalità risultanti da atti diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ. alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni, non richiama l’art. 782 cod. civ., che prescrive l’atto pubblico per la donazione. — Cass. 10-2-97, n. 1214

 

L’art. 809 cod. civ., il quale stabilisce quali norme della donazione sono applicabili alle liberalità che risultino da atti diversi, deve essere interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalità anzidette non si applicano tutte le altre norme da esso non richiamate. Ne consegue che l’art. 778 cod. civ., che detta limiti al mandato a donare, non essendo richiamato dal citato art. 809, non è applicabile al mandato a stipulare un negotium mixtum cum donatione (nella specie, vendita il cui prezzo era stato stabilito in misura notevolmente superiore a quello di mercato). — Cass. 12-11-92, n. 12181

 

Le liberalità risultanti da atti diversi da quelli previsti nell’art. 769 cod. civ. (nella specie, negotium mixtum cum donatione) sono soggette al regime delle donazioni limitatamente alla disciplina della revocazione (art. 800 e ss. cod. civ.) ed a quella della riduzione per reintegrare la quota dei legittimari (art. 555 e ss. cod. civ.), mentre per ciò che attiene al regime formale, si sottraggono al requisito dell’atto pubblico, rimanendo soggette alla forma prescrita per l’atto da cui le liberalità risultano. — Cass. 28-11-88, n. 6416

 

In tema d’imposta di registro, la presunzione di gratuità del trasferimento di immobile fra parenti entro il terzo grado, posta dall’art. 5 del D.Lgs.Lgt. 8 marzo 1945, n. 90, riguarda il caso in cui la controprestazione sia costituita dal pagamento di somme di denaro, e non è estensibile alla diversa ipotesi in cui tale prestazione consista nell’accollo di un debito dell’alienante, tenuto conto che la presunzione medesima ha carattere relativo (a differenza di quella assoluta successivamente introdotta dall’art. 25 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634), che può essere superata dalla prova contraria sulla «provenienza del prezzo pagato», e che non può quindi trovare applicazione quando la preesistente disponibilità non può formare oggetto di dimostrazione perché l’assunzione dell’accollo non presuppone affatto la disponibilità attuale del denaro da parte dell’accollante. — Cass. 28-9-85, n. 4730

 

Nel negotium mixtum cum donatione, che deve rivestire la forma non della donazione ma dello schema negoziale effettivamente adottato dalle parti, la causa del contratto è onerosa, ma il negozio commutativo adottato viene dai contraenti posto in essere per raggiungere in via indiretta, attraverso la voluta sproporzione delle prestazioni corrispettive, una finalità diversa ed ulteriore rispetto a quella di scambio, consistente nell’arricchimento, per mero spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò venendo il negozio posto in essere a realizzare una donazione indiretta (art. 809 cod. civ.). Tale negozio indiretto si realizza nella vendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo che si distingue dal negozio simulato nel quale il contratto apparente non corrisponde alla reale volontà delle parti, le quali, sotto forma di contratto oneroso, intendono invece stipulare un contratto gratuito, per cui la dichiarazione concernente il prezzo non corrisponde alla realtà. — Cass. 9-12-82, n. 6723

 

L’art. 25 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, sulla nuova disciplina dell’imposta di registro, che, modificando l’art. 5 del D.Lgs.Lgt. 8 marzo 1945, n. 90, in tema di presunzione di gratuità dei trasferimenti immobiliari fra parenti entro il terzo grado, ha limitato la presunzione medesima ai parenti in linea retta, trasformandola però da relativa in assoluta, non può trovare applicazione con riguardo ad atti formati sotto il vigore della precedente normativa, ancorché sia ancora pendente una controversia sulla loro qualificazione giuridica e sul conseguente trattamento fiscale, atteso che si tratta di disposizione di natura sostanziale, afferente la disciplina giuridica del fatto generatore del rapporto tributario, per la quale il principio generale della irretroattività della legge non è derogato dalle norme transitorie contenute nell’art. 77 dello stesso decreto. — Cass. 24-6-80, n. 3956

 

Per la validità di una donazione indiretta è sufficiente l’osservanza delle prescrizioni di forma richieste per l’atto da cui essa risulta, in quanto l’art. 809 cod. civ., mentre assoggetta le liberalità risultanti da atti diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ. alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni, lascia integra la disciplina propria di ciascuno di tali atti, compresa quella sulla forma. — Cass. 16-10-76, n. 3526

 

L’art. 809 cod. civ., mentre assoggetta gli «atti diversi» dal contratto di donazione alle stesse norme sulla revocazione e sulla riduzione delle donazioni, lascia integra la disciplina propria di ciascuno di detti atti, compresa quella sulla forma. — Cass. 23-2-73, n. 527

 

Quando il depositante trasferisce il libretto al portatore non utilizza la causa tipica del rapporto con la banca per conseguire un diverso risultato economico, ma pone in essere con un diverso soggetto un altro negozio, quello di trasferimento, realizzabile per una delle tante cause possibili, le quali non sono conseguite come effetto indiretto della trasmissione, ma ne costituiscono direttamente lo scopo. Esclusa in detta fattispecie un’ipotesi di donazione indiretta, non è invocabile la norma dell’art. 809 cod. civ. per ritenere sufficiente la forma propria dell’atto atipico di liberalità. — Cass. 23-2-73, n. 527

 

L’amministrazione finanziaria, nel processo, promosso dal contribuente, di opposizione ad ingiunzione fiscale, ha la veste processuale e sostanziale di parte convenuta. Pertanto, ha diritto di dedurre tutte le ragioni che giustificano la pretesa tributaria e di contestare, anche per motivi diversi da quelli indicati nell’atto di accertamento del tributo, la domanda tendente alla declaratoria di illegittimità di tale atto. […]. — Cass. 23-7-69, n. 2775

 

La presunzione di liberalità, posta dall’art. 5 del D.Lgs.Lgt. 8 marzo 1945, n. 90, secondo cui le trasmissioni di immobili a titolo oneroso fra parenti entro il terzo grado si presumono liberalità e come tali vanno assoggettate all’imposta per gli atti a titolo gratuito, è vinta dalla prova in base a titoli aventi data certa a norma del codice civile, della provenienza del prezzo pagato indicato nell’atto. Non occorre, quindi, la prova della provenienza della somma corrispondente al maggior valore accertato dell’immobile rispetto al prezzo dichiarato. Tale principio è valido sempre che il negozio di compravendita non sia impugnato di simulazione relativa per la parte concernente il maggior valore attribuito all’immobile, posto che il citato art. 5 del decreto del 1945 prende in considerazione anche il negotium mixtum cum donatione, consentendo di applicare alle diverse parti del rapporto relativa aliquota. — Cass. 23-7-69, n. 2775

 

La presunzione prevista dall’art. 5 del D.Lgs.Lgt. 8 marzo 1945, n. 90 (secondo cui le trasmissioni di immobili a titolo oneroso fra parenti entro il terzo grado si presumono liberalità e, come tali, vanno soggette all’imposta relativa quando la provenienza del prezzo pattuito in contratto e pagato non viene dimostrata in base a titoli aventi data certa ai sensi del codice civile) ha soltanto lo scopo di far pagare sopra determinati trasferimenti l’impostazione di donazione — se di ammontare superiore — anziché quella di trasferimento a titolo oneroso, e, quindi, non vale a trasformare la natura del negozio giuridico, da negozio a titolo oneroso a negozio a titolo gratuito di modo che, una volta accertata la provenienza dell’intero prezzo pattuito in contratto, il negozio va considerato, nella sua interezza, a titolo oneroso, a nulla rilevando che, agli effetti dell’imposta di registro, sia accertato, o concordato, un valore venale dell’immobile maggiore dell’anzidetto prezzo, e senza, pertanto, alcuna necessità di indagine, da parte del giudice, in ordine a tale punto. Questo principio vale, però, sempre che il negozio, per la parte concernente il maggior valore dell’immobile, non sia impugnato di simulazione da parte dell’amministrazione finanziaria la quale impugnazione non può essere proposta, in giudizio, anche con la domanda volta a fare dichiarare il negotio mixtum cum donatione. Quando ciò accada, il giudice ha il potere di scendere ad esaminare se il negozio, per la parte relativa al maggior valore dell’immobile rispetto al prezzo dichiarato in contratto, dissimuli, o meno, un atto di liberalità, discendendo tale potere dall’iniziativa della parte, regolarmente esplicata in giudizio. — Cass. 23-4-69, n. 1276

 

L’ampiezza della formula legislativa portata dall’art. 809 cod. civ. (le liberalità se risultano da atti diversi da quelli previsti dall’art. 769) consente di inquadrare nella categoria delle donazioni cosiddette indirette, non solo quelle che possono sicuramente ricondursi allo schema tipico del negozio indiretto, ma anche quelle liberalità che comunque risultino o derivino da negozi diversi (a titolo oneroso). Nella vendita eseguita a prezzo di favore (negotium mixtum cum donatione) vi è certamente un negozio oneroso soggetto alla relativa disciplina, perché il venditore vuole effettivamente vendere per il prezzo fissato (che è vero e non simulato) ed ottenere così la controprestazione, ma, nello stesso tempo, ottiene il risultato di arricchire il compratore della differenza tra il valore della cosa ed il prezzo stabilito, onde non può negarsi che da un negozio del genere «risulti» (come vuole l’art. 809 cod. civ.) un atto di liberalità. — Cass. 22-6-63, n. 1685

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