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Art. 979 cc – Durata dell’usufrutto

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Durata dell’usufrutto

Art. 979 codice civile

Durata

La durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario.

L’usufrutto costituito a favore di una persona giuridica non può durare più di trent’anni.


 

Giurisprudenza:

Condominio – Diritto reale d’uso istituito in favore di una persona giuridica

In tema di condominio il diritto reale d’uso istituito in favore di una persona giuridica, a mente degli artt. 1026 e 979 c.c., non può superare il trentennio. Né può ipotizzarsi la costituzione di un uso reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un … continua a leggereCassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 9-1-2020, n. 193

 

Redditi di impresa

In tema di redditi d’impresa, caso di cessione di diritto di usufrutto su terreni marmiferi da parte dell’usufruttuario ad una società ai sensi dell’art. 980 c.c., il corrispettivo riconosciuto all’usufruttuario non è reddito di impresa – realizzandosi, questo, solo in caso di cessione dello sfruttamento della cava, e cioè di trasferimento, dietro corrispettivo, dell’attività di sfruttamento senza trasferimento di proprietà del bene o di diritto di godimento su di esso – ma costituisce reddito diverso, ex art. 81 (ora 67) comma 1, lett. h), d.P.R. n. 917 del 1986, comportando il conferimento al cessionario delle facoltà di uso e di godimento della cosa senza trasferimento del diritto, e non ostando a tale inquadramento la previsione di una durata superiore a quella fissata dall’art. 979 c.c., dovendosi applicare il principio di conservazione del contratto deducibile dagli artt. 1419, comma 1, e 1424 c.c. Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Ordinanza 4-12-2019, n. 31642

 

Usufrutto acquistato da entrambi i coniugi

L’usufrutto acquistato da entrambi i coniugi permane, nella sua interezza e senza quota, nella comunione legale fra loro esistente fino allo scioglimento della stessa, allorquando cade in comunione ordinaria fra i medesimi coniugi, che divengono contitolari di tale diritto, ciascuno per la propria quota, fino alla sua naturale estinzione. Tuttavia, ove la cessazione della comunione legale avvenga per effetto del decesso di uno dei coniugi, la quota di usufrutto spettante a quest’ultimo si estingue, non potendo avere … continua a leggereCassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 28 dicembre 2018, n. 33546

 

Pluralità di usufruttuari – Trasmissibilità del diritto

A norma degli artt. 979 e 980 c.c. la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario o, qualora sia concesso “pro quota” ad una pluralità di soggetti (e in assenza di usufrutto congiuntivo, che comporta l’accrescimento a favore dei superstiti), quella di ciascuno di essi per la quota attribuita; l’usufruttuario, peraltro, con atto “inter vivos”, può cedere il suo diritto (o la quota a lui spettante) per un certo tempo o per tutta la sua durata, sicché, in tale evenienza, il diritto limitato di godimento è suscettibile di … continua a leggereCassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 4 maggio 2016, n. 8911

 

Riserva di usufrutto

Il donante che si sia riservato l’usufrutto ex art. 796 c.c. non può trasmetterlo “mortis causa”, poiché esso si estingue con la morte del titolare a norma dell’art. 979 c.c.; nella diversa ipotesi del legato di usufrutto, il testatore ha la piena proprietà al tempo dell’apertura della successione, sicché può legare l’usufrutto, scindendolo dalla … continua a leggereCassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 14 ottobre 2015, n. 20788

 

Diritto d’uso

Ai sensi dell’art. 1026 cod. civ., si applica al diritto d’uso, non essendovi ragione di incompatibilità, la disposizione relativa all’usufrutto di cui all’art. 979 cod. civ., secondo il quale la durata di questo non può … continua a leggereCassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 12 ottobre 2012, n. 17491

 

Usufrutto perpetuo 

L’istituto dell’usufrutto perpetuo di cui al codice civile del 1865 non è più previsto dal codice civile vigente, il cui art. 979, secondo comma, stabilisce che l’usufrutto non può avere una durata maggiore di trent’anni se costituito a favore di una persona giuridica; pertanto – poiché l’art. 252 disp. att. cod. civ. dispone che, quando per l’esercizio di un diritto o per la prescrizione o per l’usucapione il codice stabilisce un termine più breve di quello fissato dalle leggi anteriori, il nuovo termine si applichi anche all’esercizio dei diritti sorti anteriormente, con decorrenze diverse a seconda del … continua a leggereCassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 12 maggio 2011, n. 10453

 

Per decidere se ricorra la possibilità di conversione del contratto nullo, ai sensi dell’articolo 1424 cod. civ., deve procedersi ad una duplice indagine, l’una rivolta ad accertare la obiettiva sussistenza di un rapporto di continenza tra il negozio nullo e quello che dovrebbe sostituirlo e l’altra implicante un apprezzamento di fatto sull’intento negoziale dei contraenti, riservato al giudice di merito, diretta a stabilire se la volontà che indusse le parti a stipulare il contratto nullo possa ritenersi orientata anche verso gli effetti del contratto diverso. (Nella fattispecie, riguardante la cessione in uso perpetuo di posti auto all’interno di un condominio, convenuta tra due società di capitali, la S. C. ha ritenuto difettare di motivazione la sentenza di appello, per avere affermato che la durata del diritto d’uso andava ricondotta a quella massima di trent’anni dell’usufrutto a favore di persona giuridica, senza porsi il problema se le parti avessero o meno voluto tale diverso contratto. — Cass. II, sent. 6004 del 5-3-2008

 

A norma degli artt. 979 e 980 cod. civ. la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario, il quale, peraltro, può cedere il suo diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata. La temporaneità del diritto, pertanto, esclude che esso possa formare oggetto di disposizione testamentaria o ricadere nell’ambito di una successione mortis causa; tuttavia, una volta che l’usufrutto sia stato ceduto per atto «inter vivos», esso, fino alla morte dell’originario e primo usufruttuario, si rende suscettibile di successione «mortis causa» ove l’originario cessionario deceda prima del cedente, e, se il cessionario in questione non ne abbia disposto per atto di ultima volontà, esso si trasmette per legge agli eredi dello stesso (ed è suscettibile di successive trasmissioni «mortis causa»), non essendosi estinto e continuando a far parte del patrimonio relitto fino alla sua estinzione per morte del primo usufruttuario. — Cass. II, sent. 4376 del 27-3-2002

 

La «appartenenza» allo Stato di un edificio destinato a sede di pubblico ufficio, al fine dell’inclusione del bene nel patrimonio indisponibile, a norma dell’art. 826 cod. civ., e della conseguente impossibilità di sottrarre il medesimo a detta destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che riguardano tale patrimonio indisponibile, deve riconoscersi non soltanto in relazione alla titolarità di un vero e proprio diritto dominicale, ma anche per effetto di un diritto reale, quale il diritto d’uso, che sia ugualmente idoneo ad assicurare la suddetta funzione dell’immobile. — Cass. 11-7-81, n. 4509

 

Poiché a norma dell’art. 979 cod. civ. la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario, al coniuge superstite di quest’ultimo non può ritenersi trasferito tale diritto che non è compreso nella massa ereditaria per essersi estinto con la morte del de cuius. — Cass. 11-7-79, n. 3988

 

Ai sensi della norma inderogabile dell’art. 979 cod. civ. vigente, corrispondente all’art. 515 cod. civ. 1865, la durata dell’usufrutto, non può eccedere la vita dell’usufruttuario. — Cass. 12-10-65, n. 2119

 

Il divieto dell’usufrutto successivo, ricollegandosi a quello della sostituzione fedecommissaria, è di ordine pubblico, giacché si coordina anche esso all’esigenza di evitare che siano frapposti ostacoli alla libera circolazione dei beni, mediante l’imposizione di vincoli di durata assai lunga o indeterminata. Tale divieto trova applicazione anche rispetto ai diritti di uso e di abitazione, in quanto l’art. 1026 cod. civ. richiama espressamente e senza alcuna discriminazione, le norme in tema di usufrutto, tra le quali si inquadra anche l’art. 698 cod. civ., ed in quanto la ratio di questo ricorre anche per i diritti di uso e di abitazione. — Cass. 14-5-62, n. 1024

 

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