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Art. 980 cc – Cessione dell’usufrutto

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Articolo 980 codice civile

Cessione dell’usufrutto

L’usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo.

La cessione deve essere notificata al proprietario; finché non sia stata notificata, l’usufruttuario è solidalmente obbligato con il cessionario verso il proprietario.


 

Giurisprudenza:

A norma degli artt. 979 e 980 c.c. la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario o, qualora sia concesso “pro quota” ad una pluralità di soggetti (e in assenza di usufrutto congiuntivo, che comporta l’accrescimento a favore dei superstiti), quella di ciascuno di essi per la quota attribuita; l’usufruttuario, peraltro, con atto “inter vivos”, può cedere il suo diritto (o la quota a lui spettante) per un certo tempo o per tutta la sua durata, sicché, in tale evenienza, il diritto limitato di godimento è suscettibile di successione “mortis causa” ove il cessionario deceda prima del cedente, perdurando fino a quando rimanga in vita quest’ultimo. Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 4 maggio 2016, n. 8911

 

A norma degli artt. 979 e 980 cod. civ. la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario, il quale, peraltro, può cedere il suo diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata. La temporaneità del diritto, pertanto, esclude che esso possa formare oggetto di disposizione testamentaria o ricadere nell’ambito di una successione mortis causa; tuttavia, una volta che l’usufrutto sia stato ceduto per atto «inter vivos», esso, fino alla morte dell’originario e primo usufruttuario, si rende suscettibile di successione «mortis causa» ove l’originario cessionario deceda prima del cedente, e, se il cessionario in questione non ne abbia disposto per atto di ultima volontà, esso si trasmette per legge agli eredi dello stesso (ed è suscettibile di successive trasmissioni «mortis causa»), non essendosi estinto e continuando a far parte del patrimonio relitto fino alla sua estinzione per morte del primo usufruttuario. – Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 27 marzo 2002, n. 4376

 

L’usufruttuario può cedere temporaneamente l’esercizio del suo diritto, conferendo al cessionario tutti i poteri inerenti e caratterizzanti il suo diritto reale, ma non il solo godimento di tale diritto, mediante un contratto di locazione che, ai sensi dell’art. 1571 cod. civ., può avere oggetto solo un cosa mobile o immobile. — Cass. 27-10-92, n. 11687

 

Allorché il titolare del diritto di nuda proprietà di un bene trasferisca tale diritto a terzi (a titolo gratuito od oneroso), lo stesso non ha l’obbligo di consegnare la cosa all’acquirente, perché appartenendo la disponibilità materiale della stessa all’usufruttuario, egli non è giuridicamente e sostanzialmente in grado di effettuare detta consegna. Pertanto, se alla morte dell’usufruttuario taluno, per fatto proprio successivo al trasferimento della nuda proprietà, accampi diritti sulla cosa, è il cessionario ed attuale proprietario che deve ricorrere all’azione giudiziale per respingere l’attentato che ne deriva alla sua proprietà ed eventualmente per ottenere il rilascio del bene da chi senza titolo lo detenga, senza che il venditore della nuda proprietà gli debba alcuna garanzia per circostanze o situazioni temporalmente e oggettivamente avulse al diritto da lui trasferito. — Cass. 3-2-92, n. 1136

 

Mentre non è configurabile la cessione temporanea del diritto di usufrutto a favore del nudo proprietario, in quanto ciò comporta la estinzione per consolidazione ai sensi dell’art. 1014 n. 2 cod. civ., senza possibilità che, allo spirare del pattuito termine della cessione, si verifichi la reviviscenza dell’usufrutto ormai estinto, è ben possibile, invece, la cessione temporanea dell’esercizio del diritto di usufrutto, poiché esso comporta il conferimento al cessionario delle sole facoltà di uso e di godimento della cosa, senza trasferimento del diritto, dando luogo ad un rapporto obbligatorio costituito dall’impegno del cedente (che conserva la titolarità dell’usufrutto) di lasciare esercitare al cessionario tutti i poteri inerenti a tale diritto che, pur presentando delle affinità, si distingue dall’affitto di fondo rustico, sicché è da escludere, trattandosi di un negozio atipico, l’assoggettabilità del rapporto al regime vincolistico previsto per i contratti di affitto di fondo rustico le cui norme, stante il loro carattere cogente, non sono suscettibili di interpretazione analogica. — Cass. 8-1-81, n. 172

 

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