Articolo 981 codice civile
Contenuto del diritto di usufrutto
L’usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica.
Egli può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare, fermi i limiti stabiliti in questo capo.
Giurisprudenza:
Nuda proprietà – Disciplina desunta dalle norme in tema di proprietà e di quelle in tema di usufrutto – Il codice civile non conosce la c.d. “nuda proprietà” come diritto distinto dalla proprietà: i suoi tratti contenutistici sono desunti, infatti, dal combinato disposto delle norme in tema di proprietà e di quelle in tema di usufrutto, ossia in via di mera sottrazione, dal contenuto del primo, dei poteri e delle facoltà che formano il contenuto del secondo; il concetto è dunque di origine dottrinale e serve solo a descrivere la situazione della proprietà gravata da usufrutto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva disposto la decadenza dall’assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica della ricorrente, che aveva … continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 14-4-2023, n. 10017
Facoltà di rinunziare al legato – Preclusione della rinunzia all’acquisto – Fattispecie relativa al legato di usufrutto – La facoltà di rinunziare al legato, ai sensi dell’art. 649 cod. civ., è preclusa quando il legatario abbia compiuto atti di esercizio del diritto oggetto del legato, manifestando una volontà incompatibile con la volontà dismissiva, come nel caso in cui il legatario di usufrutto, godendo del bene e consumandone i … continua a leggere ► Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 10 settembre 2013, n. 20711
Qualora con la domanda di divisione si chieda lo scioglimento della comunione non ereditaria avente ad oggetto la contitolarità della nuda proprietà, l’usufruttuario «pro quota» dell’immobile non è parte necessaria del giudizio, atteso che l’usufrutto e la nuda proprietà, costituendo diritti reali diversi, danno luogo — ove spettino a più persone — a un concorso di «iura in re aliena» sul medesimo bene e non anche ad una comunione in senso proprio, configurabile in presenza della contitolarità del medesimo diritto reale (1100 cd. civ.) ed alla quale è correlato il giudizio di divisione, che è volto alla trasformazione del diritto ad una quota ideale (della proprietà o di altro diritto reale limitato) in un diritto esclusivo (di proprietà o di altro diritto reale limitato) su beni individuali; né, d’altra parte, l’art. 784 cod. civ. prefigura la sussistenza di un litisconsorzio necessario nei confronti dell’usufruttuario «pro quota», atteso che, nel giudizio di divisione, l’usufruttuario stesso, il quale abbia acquistato il diritto in base a un negozio trascritto in data anteriore alla trascrizione della domanda di divisione, può essere chiamato in giudizio, ai sensi dell’art. 1113 comma terzo cod. civ. in relazione all’art. 106 cod. proc. civ., perché la sentenza abbia effetto nei suoi confronti. — Cass. II, sent. 27412 del 13-12-2005
In tema di interpretazione del testamento, al fine di stabilire se sia stata prevista l’attribuzione separata e simultanea a soggetti diversi della nuda proprietà e dell’usufrutto dei beni ereditari ovvero se sia configurabile la sostituzione fedecommissaria di colui che, essendo stato designato erede universale, sia obbligato — in virtù di una duplice chiamata secondo un ordine successivo — a conservare e restituire alla propria morte i beni a favore del sostituito, al quale viene trasmesso il medesimo diritto attribuito all’istituito, l’indagine non può limitarsi a valorizzare esclusivamente l’espressione «vita natural durante» usata dal testatore con riferimento alla disposizione a favore di uno dei soggetti onorati; infatti, la durata della vita del beneficiario assume rilievo sia nel caso in cui sia attribuito il diritto di usufrutto, sia nell’ipotesi in cui venga conferito il diritto di proprietà piena a favore dell’istituito nella sostituzione fedecommissaria, atteso che la durata della vita dell’usufruttuario costituisce la misura temporale del diritto reale conferito ed è al termine della vita dell’onorato che diventa operante la chiamata dei sostituiti nella sostituzione fedecommissaria. — Cass. II, sent. 15130 del 18-7-2005
Il possesso è tutelato dall’ordinamento giuridico con le azioni di reintegrazione e di manutenzione, previste dagli artt. 1168 e 1170 cod. civ., per garantire, nell’interesse collettivo, il diritto soggettivo alla sua conservazione contro gli atti di spoglio violento o clandestino e di molestia e per evitare turbamento della pace sociale, a prescindere dalla esistenza di un titolo giustificativo, essendo considerato di per sé un valore meritevole di tutela; e poiché, ai sensi dell’art. 1146 cod. civ., il possesso continua, con effetto dall’apertura della successione, nell’erede, quest’ultimo, alla morte del possessore, è legittimato a promuovere dette azioni. A tal fine, è sufficiente che l’erede provi la propria qualità di successore universale, non richiedendosi la dimostrazione dell’esistenza di un titolo che autorizzi ad esercitare il potere di fatto sulla cosa. Inoltre, costituendo il possesso, ai sensi dell’art. 1140 cod. civ., un potere di fatto che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio non solo della proprietà, ma di ogni altro diritto reale, l’erede di chi possedeva la cosa come usufruttuario è legittimato ad esperire i rimedi apprestati dall’ordinamento contro chiunque compia atti di spoglio o di turbativa e anche nei confronti della persona divenuta piena proprietaria del bene per effetto dell’estinzione del diritto di usufrutto di cui era titolare il defunto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la legittimazione degli eredi del soggetto che possedeva un immobile a titolo di usufrutto a promuovere l’azione di reintegrazione nei confronti di chi era divento pieno ed esclusivo proprietario del bene con l’estinzione dell’usufrutto). — Cass. II, sent. 8075 del 22-5-2003
In tema di procedimento civile, nel giudizio di «negatoria servitutis» promosso dall’enfiteuta nei confronti del proprietario confinante, il nudo proprietario non è litisconsorte necessario, non essendo al riguardo nemmeno configurabile l’applicazione analogica dell’art. 1102, secondo comma, cod. civ. (che, nel riconoscere all’usufruttuario legittimazione attiva all’esperimento dell’azione confessoria e della negatoria servitutis, prescrive la chiamata in causa del proprietario), attesi i rigorosi limiti entro i quali è consentito farvi ricorso ai sensi dell’art. 12 delle preleggi nonché avuto riguardo alle caratteristiche proprie delle facoltà inerenti al diritto di usufrutto, ben più ristrette rispetto a quelle contenute nel diritto di enfiteusi: mentre infatti la previsione dell’art. 1012, secondo comma, cod. civ. trova, nella parte in cui dispone la necessaria partecipazione al giudizio del proprietario, la sua specifica «ratio» nella limitatezza e nella temporaneità del diritto di usufrutto, di guisa che il proprietario viene tutelato nel suo specifico interesse ad accertare l’inesistenza di diritti di terzi sul suo immobile in funzione del pieno godimento di esso alla cessazione dell’usufrutto medesimo, tale esigenza viceversa non ricorre relativamente all’enfiteuta, in ragione degli ampi poteri del medesimo sul bene, che si estendono sino alla disposizione del diritto di enfiteusi e al diritto potestativo di affrancazione dell’immobile. — Cass. II, sent. 12169 del 12-8-2002
L’usufruttuario ha un’autonoma legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. per il risarcimento del danno cagionato da un terzo al bene oggetto del suo diritto (nel caso di specie l’usufruttuario lamentava fatti integranti una riduzione del suo diritto di godimento, consistenti nel crollo del muro di contenimento del fabbricato in usufrutto). — Cass. III, sent. 10733 del 11-8-2000
L’usufruttuario, che esegue (o che consenta siano eseguite) opere che alterino l’originaria destinazione dell’immobile oggetto del suo diritto, si rende inadempiente all’obbligazione di godere della cosa usando della diligenza del buon padre di famiglia e, essendo tenuto a risarcire il danno che ne derivi al nudo proprietario, può essere condannato al risarcimento del danno in forma specifica e, perciò al ripristino delle precedenti condizioni dell’immobile. — Cass. Sez. Un. 14-2-95, n. 1571
L’usufruttuario, quale titolare del diritto di godimento sul bene, è attivamente legittimato in ordine all’azione tendente al rilascio di un immobile, sia se fondata su un rapporto contrattuale, quale quello derivante dalla locazione o dal comodato, sia se basata sulla occupazione senza titolo dell’immobile stesso. — Cass. 25-7-81, n. 4806
Poiché l’usufruttuario deve rispettare la destinazione della cosa di cui ha il godimento e delle sue pertinenze, lo stesso può alienare le scorte purché la vendita sia funzionalmente diretta ad un incremento della produzione. Viola, pertanto, tale obbligo l’usufruttuario che venda le scorte trattenendone il ricavato. — Cass. 21-10-80, n. 5651
In relazione al concetto di «destinazione economica» della cosa, che l’usufruttuario deve rispettare, quale limite al suo diritto di godimento della cosa stessa, posto dall’art. 981 comma primo cod. civ., deve aversi riguardo non alla funzione a cui la cosa sarebbe oggettivamente idonea, secondo i criteri della comune vita sociale bensì alla funzione a cui la cosa era adibita in concreto in precedenza dal pieno proprietario. In ogni caso, quello di cui occorre tener conto non è il regime giuridico della cosa, che può essere anche variato (così ad esempio l’usufruttuario può dare in locazione l’immobile che l’originario pieno proprietario abitava personalmente), bensì lo sfruttamento utilitario assegnato alla cosa, che non può essere di regola mutato. Ciò posto, salvo il caso di particolari divieti contenuti nell’atto costitutivo dell’usufrutto ed idonei essi stessi a determinare una particolare destinazione economica della cosa e salvo che specifiche limitazioni non siano imposte dalla particolare natura di essa, deve ritenersi che, come non è dato al nudo proprietario di interferire negli accordi tra l’usufruttuario ed il terzo circa l’uso o il godimento della cosa, allo stesso modo non è richiesto il consenso del nudo proprietario per rendere a lui opponibili quegli accordi, a tanto provvedendo direttamente la legge con la disposizione dell’art. 999 cod. civ. — Cass. 19-6-62, n. 1550