Ordinanza 10178/2023
Trasporto aereo – Ritardo o inadempimento nell’esecuzione del trasporto aereo – Presunzione di responsabilità a carico del vettore – Onere della prova
In tema di trasporto internazionale, la Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 introduce una presunzione di responsabilità del vettore aereo, per ritardo o inadempimento nell’esecuzione del trasporto, che il vettore può superare solo se egli dimostri di non essere riuscito ad impedire l’evento, nonostante l’adozione di ogni misura idonea a garantire la puntuale esecuzione del trasporto.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 17-4-2023, n. 10178 (CED Cassazione 2023)
Art. 1218 cc (Responsabilità del debitore)
Art. 2697 cc (Onere della prova)
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio davanti al
Giudice di Pace di Bologna la (OMISSIS) chiedendone —
per quanto ancora in questa sede interessa — la condanna al
risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo di oltre ventiquattro
ore del volo Mosca/Bologna, quale seconda tratta del viaggio di
ritorno dalle Maldive. Esposero infatti che, giunti allo scalo intermedio
dell’aeroporto di Sheremetyevo intorno alle ore 17 del 4 gennaio
2018, erano rimasti ivi bloccati per tutto il pomeriggio per essere poi
collocati a spese del vettore aereo presso il Novotel, rimanendovi fino
alla mattina successiva, con obbligo di permanenza all’interno delle
camere e divieto di usufruire dei servizi dell’hotel. In tale contesto, la
convenuta aveva fornito esclusivamente un cestino di alimenti e
bevande per la colazione del 5 gennaio 2018 e aveva provveduto ad
imbarcarli per Bologna solo nel pomeriggio di tale data.
Con sentenza n. 919/2019 l’adito giudice, in accoglimento della
domanda, condannò la convenuta compagnia aerea al pagamento, in
favore degli attori, della somma di € 616,00 ognuno, di cui € 600,00
per compensazione pecuniaria ex art. 7 Reg. CE n. 261/04 ed € 16,00
come ricevuta delle voci di spesa per alimenti e bevande.
2. Tale decisione è stata confermata, sia pure con diversa
motivazione, dal Tribunale di Bologna.
Il giudice a quo ha, infatti, ritenuto che alla fattispecie non
fossero applicabili né la Convenzione di Montreal del 1999 (in quanto
mai ratificata dalla Federazione Russa), né il regolamento CE n.
261/04, non facendo parte dell’UE la Federazione Russa, ma
occorresse piuttosto fare applicazione della Convenzione di Varsavia
del 1929, la quale prevede, all’art. 19, la responsabilità del vettore
per il caso di ritardo nel trasporto, dettando un limite massimo del
danno risarcibile (art. 22) senza determinare, però, i criteri utili per la
liquidazione e rinviando a tal fine alla legge nazionale del giudice.
Ha nondimeno ritenuto che, stante il comprovato inadempimento
imputabile ad (OMISSIS), spettasse a parte appellata il risarcimento sia
del danno patrimoniale, rappresentato dal comprovato esborso di
danaro per l’acquisto di alimenti e bevande presso l’aeroporto di
Sheremetyevo, sia di quello non patrimoniale, per i gravi disagi
causati, in quanto conseguenti a comportamento lesivo dei diritti
tutelati dagli artt. 13 e 15 Cost., equitativamente liquidato nella
somma, già riconosciuta dal primo giudice, di € 600 per ciascuno
degli attori.
3. Avverso tale decisione (OMISSIS) ha proposto
ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resistono gli
intimati, depositando controricorso.
4. La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi
dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento
all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione
dell’art. 2002 cod. civ., in relazione agli artt. 1678, 1681 e 1341
cod. civ., per avere il giudice d’appello rigettato la reiterata
eccezione circa l’esistenza, nelle condizioni generali di contratto, di
una clausola che escludeva dagli obblighi contrattuali il rispetto
delle «tempistiche indicate negli orari», sul rilievo della mancata
produzione dell’integrale contratto di trasporto alla quale non
poteva supplire il riferimento alle condizioni pubblicate sul sito della
compagnia poiché riflettenti le condizioni attuali e non quelle
vigenti al momento dell’acquisto dei titoli di viaggio.
Osserva al riguardo la ricorrente che la clausola in questione era
stata riportata testualmente nell’atto di citazione e non aveva
incontrato alcun dissenso o contestazione da parte degli attori e che
inoltre la stipula dei contratti di trasporto via internet rende
problematica la produzione in giudizio delle condizioni generali in
formato cartaceo.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento
all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art.
1223 cod. civ. «in relazione alla liquidazione di danni patrimoniali
indiretti a fattispecie di inadempimento contrattuale» (così
testualmente nella intestazione).
Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, «non
possono riconnettersi al ritardo aereo le esigenze alimentari degli
attori … in quanto connaturate alle peculiarità dei singoli soggetti a
prescindere dai viaggi aerei».
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art.
360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 1223
e 2059 cod. civ., «in relazione alla liquidazione di danni morali
estranei alla fattispecie di inadempimento contrattuale o comunque
ad essa non direttamente connessi».
Premessa la contestazione della sussistenza o rilevanza delle
circostanze fattuali valorizzate in sentenza, rileva che ai fini del
riconoscimento del diritto al risarcimento non era sufficiente
l’inadempimento né la lesione di diritti costituzionalmente tutelati in
mancanza della «deduzione precisa e puntuale del danno»
conseguente.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, con riferimento
all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. violazione degli
artt. 1226 cod. civ. e 113, comma secondo, cod. proc. civ., per avere
il Tribunale proceduto a liquidazione equitativa del danno in mancanza
dei relativi presupposti.
5. Il primo motivo è inammissibile.
5.1. Con esso in sostanza la ricorrente deduce la violazione delle
norme che regolano la responsabilità contrattuale del vettore aereo
per avere erroneamente rigettato l’eccezione diretta a negare tale
responsabilità sulla base di dedotta clausola contrattuale per difetto
di prova relativa alla sua esistenza.
Questa essendo la prospettazione censoria, appare anzitutto
evidente che, lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, nel
provvedimento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalle
norme di legge richiamate, la ricorrente allega un’erronea
ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a
mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene
all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla
tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in
sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di
motivazione, neppure coinvolgendo, la prospettazione critica,
l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo
dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso,
insistendo propriamente la ricorrente nella prospettazione di una
diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quella operata dal
giudice a quo.
5.2. Pur riguardata la censura in tale diversa prospettiva,
nell’esercizio del potere/dovere di autonoma qualificazione giuridica
del suo contenuto sostanziale (Cass. Sez. U. n. 17931 del
24/07/2013), non potrebbe giungersi a diversa conclusione.
In disparte l’inosservanza degli oneri di specifica indicazione, ex
art. 366 n. 6 cod. proc. civ., degli atti e documenti richiamati,
occorre rilevare che:
─ l’evocazione del principio di non contestazione non risulta
posta a base dell’appello (come avrebbe dovuto essere, posto che
l’inadempimento era stato già ritenuto dal giudice di primo grado) e
costituisce dunque questione nuova non deducibile per la prima volta
in cassazione;
─ in ogni caso tale richiamo non è effettuato nei termini in cui la
giurisprudenza di questa Corte lo richiede («il motivo di ricorso per
cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa
considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla
assenza di contestazioni della controparte su una determinata
circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa
di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in
modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di
contestazioni sul punto»: v. ex aliis Cass. 22/05/2017, n. 12840).
5.3. Il rilievo della difficoltà di documentare le condizioni generali di
contratto stipulato via internet appare privo di significato censorio,
non potendo tale difficoltà, quand’anche effettivamente apprezzabile,
di per sé costituire ragione di deroga della norma sul riparto
dell’onere probatorio.
5.4. Deve peraltro osservarsi, ancora a monte di tali considerazioni,
la non decisività del vizio denunciato.
Ed infatti, quand’anche provata, la clausola in questione sarebbe
comunque da considerare nulla e priva di effetto ai sensi dell’art. 23,
primo comma, della Convenzione di Varsavia del 1929, come detto
applicabile alla fattispecie, ai sensi del quale «ogni clausola tendente
a esonerare il vettore dalla sua responsabilità od a stabilire un limite
inferiore a quello fissato nella presente Convenzione, è nulla e di
nessun effetto; la nullità di questa clausola non ha però per
conseguenza la nullità del contratto, il quale resta soggetto alle
disposizioni della presente Convenzione».
5.5. Mette conto al riguardo rammentare che, ai sensi dell’art. 19
della citata Convenzione «il vettore è responsabile del danno
derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o
merci», e che inoltre, ai sensi del successivo art. 20, «il vettore non è
responsabile se prova che egli ed i suoi preposti hanno preso tutte
le misure necessarie per evitare il danno o che era loro impossibile
di prenderle».
La Convenzione, pertanto, introduce una presunzione di
responsabilità del vettore aereo, superabile solamente offrendo la
prova liberatoria dell’imprevedibilità del danno, tale che non era
ragionevole ex ante adottare delle misure idonee ad evitarne
l’avveramento, ovvero dell’oggettiva impossibilità di adottarle.
In sostanza, l’esenzione del vettore aereo gioca sul piano del
caso fortuito o della forza maggiore.
In base a queste disposizioni deve quindi concludersi che la
responsabilità del vettore può essere esclusa solo se egli dimostri di
non essere riuscito ad impedire l’evento nonostante l’adozione di
ogni misura idonea a garantire la puntuale esecuzione del
trasporto.
La presunzione di responsabilità del vettore opera, com’è ovvio,
sul piano dell’imputabilità dell’inadempimento, ai sensi dell’art.
1218 cod. civ., non su quello della prova oggettiva dello stesso.
L’assenza di una norma speciale impone di far riferimento ai
criteri ordinari di riparto dell’onere della prova, di cui all’art. 2697
cod. civ., e alla giurisprudenza di questa Corte stratificatasi, con
plurime pronunce dal noto arresto di Cass. Sez. U. n. 13533 del
30/10/2001.
Costituisce, infatti, oramai vero e proprio ius receptum il
principio di diritto secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento
di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione
contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per
l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale)
del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla
mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della
controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della
prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto
adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento
dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante
sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento
(per violazione di doveri accessori, come quello di informazione,
ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per
difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una
volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto
adempimento (Cass. Sez. U. n. 13533 del 2001, cit.; v. anche Cass.
n. 826 del 20/01/2015; n. 15659 del 15/07/2011 e, con specifico
riferimento ai danni da inesatto adempimento del contratto di
trasporto aereo, Cass. n. 1584 del 23/01/2018).
6. Il secondo motivo è del pari inammissibile.
In sede di legittimità è censurabile soltanto l’eventuale errore
compiuto dal giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in
base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto
illecito ed evento (ad es., la regola della certezza invece che quella
della ragionevole probabilità); per contro, l’eventuale errore
nell’individuazione delle conseguenze fattuali che sono derivate
dall’illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una
valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità
(Cass. n. 4439 del 25/02/2014)
È stato in tal senso ulteriormente e condivisibilmente chiarito che il
«nesso causale è fattore costitutivo dell’illecito e poiché i presupposti
di fatto di un certo evento non dipendono quasi mai da una causa
soltanto, è compito del giudice selezionare solo quelli giuridicamente
rilevanti al suo accadimento», soggiungendosi che tale operazione
«può essere vista sotto due prospettive: quello della corretta scelta
del criterio di selezione; quello delle conseguenze tratte dal criterio
scelto in concreto». Orbene, mentre la «scelta del criterio di selezione
può dar luogo ad un problema di violazione di norme giuridiche
sostanziali, deducibile nel giudizio di cassazione come error in
iudicando, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. civ.», le
«conseguenze del criterio di scelta, invece, se correttamente
motivate, non possono formare oggetto del sindacato di legittimità,
perché si risolvono in un accertamento di fatto, altrimenti detto
della causalità di fatto» (così, in motivazione, Cass. 07/12/2005, n.
26997, ripresa, del pari, da Cass. n. 1165 del 2020).
In altri termini, «l’errore compiuto dal giudice di merito
nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la
sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento è
censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3, cod. proc. civ., mentre l’eventuale errore
nell’individuazione delle conseguenze che sono derivate dall’illecito,
alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione
di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità, se
adeguatamente motivata» (Cass. 25/02/2014, n. 4439,
10/04/2019, n. 9985).
Nel caso di specie la regola causale applicata in sentenza è quella
della regolarità causale che presiede il nesso di causalità giuridica
che, ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., deve legare l’evento di danno
(nella specie il ritardo di oltre ventiquattro ore del vettore e la
conseguente attesa in aeroporto) alla conseguenza dannosa (nella
specie l’acquisto di alimenti e bevande).
La contestazione sul punto della ricorrente appare del tutto
apodittica e non supportata da alcun riferimento a regole di
comune esperienza. Appartiene piuttosto al novero di tali regole il
collegamento tra forzato trattenimento in un dato luogo e
l’esigenza di far fronte, in tale condizione, alle naturali esigenze di
sostentamento alimentare. È vero che queste sarebbero sussistite
anche nel caso di esatto adempimento dell’obbligazione, ma
diverso sarebbe stato il modo di affrontarle, non limitato e
costretto, anche nei suoi riflessi economici, dalla diversa condizione
determinata dal forzato trattenimento in aeroporto.
Appare dunque evidente che la censura, su tale piano, si risolve
nella inammissibile mera critica della selezione, in punto di fatto, delle
conseguenze dannose, operata dal giudice di merito.
7. Il terzo motivo è infondato.
Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota
sentenza n. 26972 dell’11/11/2008, il danno non patrimoniale è
risarcibile nei soli casi «previsti dalla legge», e cioè, secondo
un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.:
a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come
reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non
patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della
persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza
costituzionale;
b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge
espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche
al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito
trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano
la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al
risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei
soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare
attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali,
rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire
discriminazioni);
c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti
inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in
tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non
patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario
delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma
dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice.
Tuttavia le stesse Sezioni Unite, con la sentenza già richiamata,
hanno pure precisato che il danno non patrimoniale derivante dalla
lesione di diritti inviolabili della persona, come tali
costituzionalmente garantiti, è risarcibile – sulla base di una
interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. –
anche quando non sussiste un fatto-reato, né ricorre alcuna delle
altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei
pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni:
a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia
rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una
abrogazione per via interpretativa dell’art. 2059 c.c., giacché
qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale,
e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre
risarcibile);
b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa
superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di
solidarietà, di cui all’art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le
minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente
scaturenti dalla convivenza);
c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri
disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari,
come quello alla qualità della vita od alla felicità.
Dalla giurisprudenza di legittimità è stato ulteriormente
specificato che il danno non patrimoniale, anche nel caso di lesione
di diritti inviolabili, va debitamente allegato e provato da chi lo
invoca, anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici (cfr. Cass.
Sez. U. n. 33645 del 15/11/2022; v. anche Cass. 13/05/2011, n.
10527; Cass. 21/06/2011, n. 13614).
Nella specie, il Tribunale ha motivato il proprio giudizio positivo
circa la sussistenza di un danno non patrimoniale risarcibile dando
adeguato conto di tutti i predetti requisiti e muovendosi secondo le
esposte coordinate.
Ha infatti evidenziato che:
─ la compagnia aerea, raggiunto l’aeroporto intermedio di
Sheremetyevo, ha costretto i passeggeri al pernottamento presso il
Novotel, impedendo agli stessi l’imbarco su altro volo di diversa
compagnia per la destinazione di Bologna;
─ l’attesa presso la struttura alberghiera si è protratta dal
pomeriggio del 4.1.2018 al 5.1.2018, arco temporale, in cui i
passeggeri privi di documenti non hanno potuto lasciare la struttura
in cui pernottavano;
─ il vettore, inoltre, ha inibito l’utilizzo dei sevizi che la struttura
alberghiera offriva, imponendo la permanenza all’interno delle camere
e senza la messa a disposizione di alcun sistema di comunicazione
internazionale a favore delle parti attrici;
─ nell’arco delle 24 ore di permanenza all’interno delle camere, è
stato fornito solo un cestino per la colazione, del tutto insufficiente
per un normale consumo di alimenti e bevande giornaliero; peraltro,
la fornitura della colazione è avvenuta senza adeguata assunzione di
informazioni in ordine alla sussistenza di allergie o intolleranze
alimentari da parte dei passeggeri, precludendo così a (OMISSIS) il
consumo della colazione fornita in quanto incompatibile con le proprie
esigenze alimentari;
─ a (OMISSIS) e (OMISSIS), una volta raggiunto l’hotel, non
solo è stata preclusa la possibilità di circolare nella città di
Sheremetyevo, ma è stato, altresì, inibito l’utilizzo delle parti comuni
della struttura alberghiera e dei vari servizi che la stessa offriva; in
sostanza la libertà di movimento degli attori è stata limitata alla sola
camera in cui soggiornavano con privazione di alimenti e bevande;
─ agli stessi è stato, altresì, precluso l’utilizzo di strumenti di
comunicazione con soggetti terzi, avendo la compagnia aerea inibito
l’utilizzo di qualsiasi sistema (tra cui quelli di comunicazione) offerti
dal Novotel.
Attraverso la rappresentazione della gravità del ritardo (in sé
autoevidente, per essersi protratto per oltre ventiquattro ore) e
l’accertamento, in punto di fatto, delle descritte condizioni nelle
quali gli appellati sono stati costretti ad attendere la ripresa del
viaggio ─ accertamento cui la ricorrente muove critiche solo parziali
e comunque meramente in facto e non in iure ─ il Tribunale ha
offerto una valutazione del giudizio circa la configurabilità della
lesione di diritti inviolabili della persona, tutelati dagli artt. 13 e 15
Cost..
Al contempo appare altresì offerta, in tal modo, anche
insindacabile motivazione di una valutazione positiva circa la
consistenza dei pregiudizi di carattere non patrimoniale, tale da
superare la soglia minima di tollerabilità.
8. Mette conto peraltro osservare che, proprio con riferimento al
tema dei danni da inesatto adempimento del contratto di trasporto
aereo, questa Corte ha anche evidenziato la rilevanza, quale
fondamento di risarcibilità anche dei danni non patrimoniali, della
lesione del diritto costituzionalmente tutelato, ex art. 16 Cost.,
della libertà di circolazione (Cass. 15/02/2023, n. 4723, in una
fattispecie di danni derivanti a passeggeri del volo Milano Malpensa
– Nuova Dehli, via Mosca, dal ritardo nella consegna del bagaglio di
due giorni di ritardo rispetto al loro arrivo nel Paese di
destinazione).
La presente fattispecie si presta ampiamente a tale concorrente
prospettiva qualificatoria, non potendosi dubitare che anche il
diritto costituzionalmente tutelato della libertà di circolazione sia
compresso dal trattenimento forzato degli odierni resistenti in
aeroporto e poi in hotel nelle condizioni descritte.
9. Il quarto motivo è altresì infondato.
La motivazione sopra richiamata vale indubbiamente a offrire
elementi concreti atti a dimostrare l’effettiva esistenza di un
apprezzabile pregiudizio di carattere non patrimoniale tale da
giustificare pienamente il ricorso alla liquidazione equitativa, quale
nella specie operata dal Tribunale.
10. Il ricorso deve essere dunque rigettato, con la conseguente
condanna della ricorrente al pagamento, in favore dei
controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore
dei controricorrenti, delle spese processuali, che liquida in Euro 1.500
per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per
cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012,
n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove
dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 marzo 2023.