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Cassazione Civile 10319/2016 – Delibera regionale di cartolarizzazione immobiliare  – Natura di atto politico – Esclusione

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Sentenza 10319/2016

Delibera regionale di cartolarizzazione immobiliare  – Natura di atto politico – Esclusione

Non ha natura di atto politico quello che, seppur emesso nell’esercizio di ampia discrezionalità, è vincolato a un fine desumibile dal sistema normativo, sicché non si sottrae alla giurisdizione contabile la delibera della giunta regionale che non preveda una soglia minima di prezzo in un’operazione di cartolarizzazione immobiliare. (Principio affermato ai sensi dell’art.360 bis, comma 1, n. 1, c.p.c.).

Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 19 maggio 2016, n. 10319 (CED Cassazione 2016)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 3/4/2014 la Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale centrale, respinti quelli in via incidentale spiegati dal sig. (OMISSIS), in parziale accoglimento dei gravami interposti dalla Procura regionale per il Friuli Venezia Giulia e in conseguente parziale riforma delle pronunzie Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia n. 268 del 14/12/2011 e n. 32/2012 del 19/1/2012, ha condannato il sig. (OMISSIS) ed altri al pagamento in favore della Regione Friuli Venezia Giulia di somma a titolo di responsabilità contabile, per avere – quali componenti della Giunta regionale – partecipato all’adozione di una delibera che in violazione della normativa regionale e dei principi costituzionali di buon andamento e di imparzialità della P.A. non ha disposto la fissazione di una soglia minima del prezzo di vendita di due immobili regionali, cagionando il danno erariale corrispondente alla differenza tra quest’ultima e il prezzo di aggiudicazione dei medesimi.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l'(OMISSIS) propone ora ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la Procura Generale presso la Corte dei Conti.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario”.

Si duole non essersi nell’impugnata sentenza dal giudice contabile considerato che “la Regione Friuli Venezia Giulia aveva trasferito la proprietà dei due immobili oggetto della contestazione alla società (OMISSIS), da lei (rectius, essa) non “dominata” e questa, a sua volta, aveva incaricato di porre in essere la procedura per addivenire alla alienazione alla Società (OMISSIS), all’epoca anch’essa non riconducibile allo schema delle società in house e, perciò, estranea alla Regione”.

Lamenta che l'”ipotetico danno si sarebbe dunque verificato a livello delle due società, le quali, dopo il trasferimento della proprietà degli immobili alla (OMISSIS) s.r.l., hanno gestito direttamente ed autonomamente l’alienazione degli stessi. Cioè ad un livello nel quale non esiste giurisdizione della Corte dei Conti, bensì del giudice ordinario, poichè… nè la società (OMISSIS) nè la società (OMISSIS) sono, o quantomeno erano all’epoca, società regionali in house”. A tale stregua, “se… l’ipotetico danno si è verificato a livello della società di cartolarizzazione e della società di gestione incaricata di porre in essere le procedure di alienazione, è del tutto da escludere che il ricorrente dott. (OMISSIS) e gli altri membri della Giunta Regionale che concorsero all’adozione della delibera regionale n. 721/2004 possano venire “coinvolti” in un presunto danno erariale causato alla Regione Friuli Venezia Giulia”, essendo “del tutto estranei a quanto accaduto a “livello di cartolarizzazione”, dove, anche nell’ipotesi che un danno si sia verificato, non è prospettabile, come invece è stato fatto, la giurisdizione della Corte dei Conti, bensì quella del giudice ordinario”.

Il motivo è inammissibile.

La questione relativa alla circostanza che l’odierno ricorrente ed altri membri della Giunta regionale sarebbero del tutto estranei alla vicenda della cartolarizzazione degli immobili de quibus, in quanto posta in essere da due società private, essendo all’epoca le stesse non (ancora) in house (la società (OMISSIS) s.r.l. in quanto partecipata dalla Regione solo al 49%, e pertanto in via minoritaria; la società (OMISSIS) essendo in house dal febbraio 2012), risulta non essere stata posta nel giudizio di merito e fatta valere dall’odierno ricorrente per la prima volta in questa sede di legittimità.

Va al riguardo osservato che allorquando in 1 grado la giurisdizione risulti affermata, tanto più se come nella specie in modo espresso, l’appellante (anche incidentale) è tenuto a specificare i fatti che deduce a sostegno dell’eccezione di giurisdizione, a fortiori se, come nel caso, attenga a circostanza di fatto rimessa all’accertamento del giudice, quale la sussistenza dei presupposti per la qualificazione di una società come in house.

Orbene un tanto non è nel caso in esame avvenuto, la sentenza impugnata facendo riferimento esclusivamente alla questione relativa alla dedotta natura politica della deliberazione di Giunta in argomento.

Trattasi dunque di causa petendi dedotta inammissibilmente per la prima volta in sede di legittimità.

Con il 2 motivo il ricorrente denunzia “carenza di giurisdizione per invasione della sfera di competenza riservata alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Violazione L. n. 20 del 1994, art. 1, commi 1 e 1 ter”.

Si duole non essersi dal giudice contabile considerato che “la Delib. Giunta Regionale 26 marzo 2004, n. 721 con la quale la Giunta dava mera attuazione alle previsioni della Legge Regionale n. 3 del 2002, art. 1”, sicchè “rispondeva… ad una precisa scelta legislativa – quindi non sindacabile dal giudice contabile – la sottrazione della valorizzazione dei beni e della rivendita di questi alle regole generali in tema di alienazione di beni individuali appartenenti al patrimonio regionale, con conseguente insindacabilità della fattispecie da parte del giudice contabile”, trattandosi di atti di natura politica.

Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di porre in rilievo, facendo specifico richiamo anche a recenti pronunzie della Corte Costituzionale, la nozione di atto politico risulta attualmente intesa in senso decisamente restrittivo, con limitazione entro rigorosi margini delle aree sottratte al sindacato giurisdizionale (v. Cass., Sez. Un., 14/5/2014, n. 10416, ove si fa richiamo a Corte Cost. n. 81 del 2012 e a Corte Cost. n. 339 del 2007; Cass., Sez. Un., 28/6/2013, n. 16305).

L’area della immunità giurisdizionale risulta pertanto esclusa allorquando l’atto sia vincolato ad un fine desumibile dal sistema normativo, anche se si tratti di atto emesso nell’esercizio di ampia discrezionalità cfr. Cass., Sez. Un., 19/10/2011, n. 21581. Cfr. altresì Cass., Sez. Un., 14/5/2014, n. 10416, ove si è in particolare esclusa la natura politica di atti posti in essere nell’ambito della procedura culminata nell’adozione di una Delib. della Giunta regionale, ravvisandosi non trattarsi di attività esplicativa di funzioni legislative con conseguente esclusione della sussistenza di spazi di insindacabilità risalenti ad atti (“politici”) totalmente discrezionali.

Con specifico riferimento alla tematica della “cartolarizzazione” degli immobili appartenenti allo Stato e agli enti pubblici disciplinata dal Decreto Legge n. 351 del 2001 (conv. in L. n. 410 del 2001), si è da queste Sezioni Unite posto in particolare in rilievo come essa sia compresa nel più vasto ambito delle “procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici”, indicato come possibile oggetto dei “giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa” dalla L. n. 1034 del 1971, art. 23 bis introdotto dalla L. n. 205 del 2000, art. 4 senza che ciò implichi che la cognizione di tutte le controversie relative sia riservata al giudice amministrativo, atteso che la disposizione non contiene norme sulla giurisdizione, e perciò non modifica i normali criteri di riparto, limitandosi a dettare particolari regole di procedura per giudizi che già competevano a quel giudice (v. Cass., Sez. Un., 12/3/2007, n. 5593).

Orbene, dei suindicati principi la Corte dei Conti ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione.

In particolare là dove, nel confermare l’infondatezza dell’eccepito difetto di giurisdizione già ravvisata dal giudice di prime cure in ragione dell’inconfigurabilità della delibera de qua quale atto politico, stante l’insussistenza di “alcuna libertà nell’individuazione degli interessi e dei fini pubblici che caratterizza gli atti politici”, ha posto in rilievo che “la Legge Regionale n. 51 del 1971 fissa dei principi generali in merito a qualsiasi tipo di dismissione di immobili di proprietà regionali, a prescindere dal contesto in cui tali vendite vengono effettuate. Trattasi di una norma di salvaguardia degli interessi pubblici che potrebbero essere pregiudicati da operazioni disinvolte che non tengano conto dei valori reali di mercato degli immobili oggetto di cessione e conducano a svendite particolarmente vantaggiose per i privati a scapito del pubblico erario. Tale norma, di carattere generale, e finalizzata a tutelare un interesse primario, doveva applicarsi anche per le cessioni attraverso il sistema delle cartolarizzazioni”.

Essendosi nell’operata verifica il giudice contabile mantenuto nell’ambito di valutazione della legittimità – in rapporto a parametri normativi definiti – dell’azione amministrativa, deve a tale stregua escludersi che abbia nella specie superato i limiti della propria giurisdizione (cfr., con riferimento a differenti ipotesi, Cass., Sez. Un., 7/11/2013, n. 25037; Cass., Sez. Un., 9/11/2011, n. 23302).

All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.

Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese, stante la natura di parte soltanto in senso formale del controricorrente Procuratore Generale rappresentante il Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti, e non avendo gli altri intimati svolto attività difensiva.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2016