Ordinanza 10540/2023
Fondo di garanzia per le vittime della strada – Onere probatorio del danneggiato
In tema di intervento del Fondo di garanzia per le vittime della strada (ex art. 283, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 209 del 2005) al fine di garantire il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli soggetti ad obbligo assicurativo nei casi di sinistro cagionato da veicolo non identificato, spetta comunque al danneggiato, per regola generale, l’onere di provare il fatto generatore del danno (che il sinistro è stato cagionato dal veicolo inidentificato) e, cioè, dimostrare le modalità del sinistro stesso e la sua attribuibilità alla condotta dolosa o colposa, esclusiva o concorrente, del conducente dell’altro mezzo e, inoltre, che tale veicolo è rimasto sconosciuto.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 19-4-2023, n. 10540 (CED Cassazione 2023)
Art. 2697 cc (Onere della prova)
Rilevato che:
1. (OMISSIS) convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di
Milano, Assicurazioni Generali S.p.A., quale impresa designata dal
Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, al fine di ottenere il
risarcimento dei danni derivanti dal sinistro stradale che l’aveva
visto coinvolto nel 2010.
Espose l’attore che, mentre era alla guida del proprio motoveicolo,
era stato tamponato da un veicolo non identificato che, in un
tentativo di sorpasso, lo aveva urtato facendolo cadere.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 5136/2017, rigettò la
domanda attorea, ritenendo non sufficientemente provata la
ricostruzione della dinamica del sinistro, in quanto nessuno dei
testimoni indicati dal (OMISSIS), sentiti dai Carabinieri
nell’immediatezza del medesimo sinistro, aveva fornito elementi
tali da far supporre che lo stesso fosse stato causato dalla condotta
di un veicolo non identificato.
2. La sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano,
con la sentenza n. 3332/2019, depositata il 26 luglio 2019.
La Corte territoriale ha rigettato la richiesta di c.t.u. cinematica, già
respinta dal giudice di primo grado, affermando che la consulenza
tecnica d’ufficio poteva essere disposta solo nel caso di contrasto
sulle dinamiche del sinistro, ma non per provare fatti meramente
allegati e non provati da parte attrice (nel caso di specie, il
tamponamento che avrebbe provocato la caduta del (OMISSIS)).
Nel merito, i Giudici di secondo grado hanno condiviso le
valutazioni del Tribunale, evidenziando che i soggetti sentiti a
sommarie informazioni nell’immediatezza dei fatti si erano limitati a
chiarire le dinamiche successive al tamponamento (caduta del
motociclo del (OMISSIS) sul lato sinistro, invasione dell’opposta corsia
e urto con l’autocarro), ma nessuno di loro aveva dichiarato di aver
visto il tamponamento, di aver notato autovetture allontanarsi o
comunque condotte avventate da parte di altri veicoli, né
precedenti né successive al sinistro.
Evidenziava anche che nessun conducente dei veicoli che
viaggiavano in coda al (OMISSIS), tra cui quello condotto da Morbi,
che lo seguiva qualche metro di distanza, aveva notato una
manovra brusca di un autoveicolo, poi allontanatosi.
Secondo la Corte d’appello, nessun rilievo avrebbero i segni di
danneggiamento presenti sul lato destro del portapacchi posteriore
del motociclo del (OMISSIS), non essendovi alcun elemento concreto
che provi la loro connessione con un tamponamento e potendo
detti danni essere conseguenza di altro episodio.
La Corte d’appello di Milano ha quindi condannato il (OMISSIS) al
rimborso delle spese di lite del secondo grado di giudizio.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base
di otto motivi, il signor (OMISSIS).
3.1. Resiste con controricorso la Generali Italia S.p.A.
Considerato che:
4.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la
“illegittimità della sentenza ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 283 n. 1 lett. a) D. Lgs.
209/05”, in quanto la Corte d’appello avrebbe rigettato la domanda
risarcitoria valorizzando erroneamente il fatto che nessuno dei
soggetti sentiti dai Carabinieri avesse notato autovetture
allontanarsi, e che il PM aveva chiesto l’archiviazione del
procedimento penale.
Quanto al primo aspetto, il ricorrente afferma che la fuga del
responsabile dell’incidente non è elemento costitutivo della
fattispecie prevista dall’art. 283 del D.Lgs. 209/2005, in quanto
tale norma, ai fini del sorgere dell’obbligazione a carico dell’impresa
designata, richiede solo che il veicolo coinvolto e responsabile per
qualsiasi ragione non sia stato identificato.
Quanto al secondo aspetto, la Corte d’appello avrebbe frainteso la
richiesta di archiviazione, che il PM avrebbe formulato in quanto nel
fatto di reato non era stata ravvisata la responsabilità penale di
nessun soggetto determinato (e non di nessun soggetto in
assoluto).
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la “illegittimità
della sentenza ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 283 n. 1 lett. a) D.Lgs. 209/05”.
Secondo costante giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’azione
nei confronti dell’impresa designata ex art. 283 n. 1 lett. a) D.Lgs.
209/05, la prova del fatto che il sinistro sia verificato per condotta
dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo, non
identificabile in forza di circostanze obiettive, potrebbe essere
fornita anche sulla base di mere tracce ambientali o dichiarazioni
orali. Al fine di evitare frodi assicurative, sarebbe richiesta anche la
verifica delle condizioni piscofisiche del danneggiato e la prova della
compatibilità delle lesioni con la dinamica dell’incidente.
La Corte milanese, pur affermando di aver considerato il quadro
probatorio emerso in giudizio, valutandolo complessivamente,
avrebbe in realtà concluso per la mancata prova dell’avvenuto
tamponamento senza nemmeno considerare le condizioni
psicofisiche del (OMISSIS) all’atto dell’incidente, nonché senza
considerare la piena compatibilità tra le lesioni riportate e la
dinamica allegata dell’incidente, comprovata dalla relazione del
consulente di parte (il quale aveva concluso che le lesioni riportate
erano causalmente riconducibili al solo sinistro e non a qualche
evento patologico avvenuto in concomitanza allo stesso).
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la “illegittimità della
sentenza ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 2696, 2727 e 2729 c.c. e 40 e 41 c.p.”, in
quanto la Corte d’appello, nel rigettare la domanda risarcitoria per
mancanza di prova, avrebbe fatto applicazione del criterio del “oltre
ogni ragionevole dubbio”, non applicabile in materia di
responsabilità civile.
Il Giudice di merito, qualora l’evento dannoso sia teoricamente
ascrivibile a più cause, solo alcune delle quali implicanti una
responsabilità civile, non può rigettare la domanda di risarcimento
per il solo fatto che le possibili cause siano più di una, ma deve
accertare in concreto quale tra le varie possibili cause appare la più
probabile, escludendo ipotesi alternative pur possibili dotati di
razionalità, ma prive di qualsiasi elemento di riscontro nelle
risultanze processuali disponibili e quindi meramente ipotetiche.
La Corte d’appello non si sarebbe attenuta al suddetto principio,
limitandosi a prendere in considerazione qualche dato istruttorio,
pretendendo una prova del nesso causale secondo lo standard
penalistico del “aldilà di ogni ragionevole dubbio” e non procedendo
a verificare, alla luce di tutti gli elementi disponibili nel caso
concreto, la più probabile tra le possibili cause alternative
dell’evento dannoso.
4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la “nullità della
sentenza ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. in relazione agli artt. 2697
c.c., 61 e 191 c.p.c. e comunque in relazione all’art. 132 n. 4
c.p.c.”, per aver la Corte d’appello ritenuto non provata la
circostanza del tamponamento da parte di un veicolo non
identificato che seguiva il (OMISSIS) sulla stessa corsia di marcia,
senza disporre una ctu ai fini dell’accertamento della dinamica del
sinistro.
Tale accertamento richiederebbe, infatti, particolari conoscenze
tecniche di cui la Corte d’appello non sarebbe stata in possesso.
I giudici di secondo grado, in particolare, avrebbero rigettato
l’istanza del ricorrente volta ad ottenere la nomina di un ctu sulla
base di una motivazione oggettivamente apodittica, senza chiarire
quale sarebbe stata la dinamica del sinistro alternativa a quella
dedotta dal (OMISSIS), senza argomentare su basi tecnico-scientifiche
e logiche, e ignorando fatti oggettivi e notori (quali la facilità di
alterazione dell’equilibrio di un motociclo se urtato da dietro),
nonché profili esaminati dal perito di parte del (OMISSIS) (la disamina
della velocità dei mezzi coinvolti, la tipologia del moto assunto dagli
stessi mezzi, la loro posizione sulla carreggiata, le tracce rimaste
sui mezzi e sulla sede stradale, le condizioni della strada, del
traffico e meteorologiche), che portavano ad escludere che la
caduta fosse avvenuta per la condotta imprudente del danneggiato.
4.5. Con il quinto motivo, si censura la “illegittimità della sentenza
ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti”, consistente nel fatto notorio della particolare instabilità delle
motociclette, tale per cui sarebbe sufficiente un urto o un contratto
da tergo di lieve entità per determinare la perdita di equilibrio e la
caduta del guidatore.
La Corte d’appello avrebbe omesso di considerare tale fatto
notorio, su cui pure il ricorrente aveva posto l’accenno nei propri
scritti difensivi, limitandosi ad escludere la prova del
tamponamento sulla base di un sommario esame dei danni
materiali rinvenuti sula parte posteriore della motocicletta del
(OMISSIS).
4.6. Con il sesto motivo, si censura la “illegittimità della sentenza
ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione
degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. sotto il profilo della errata
sussunzione di circostanze di causa nei requisiti di gravità,
precisione e concordanza, nonché per essersi la Corte territoriale
limitata a negare valore indiziario ai diversi elementi acquisiti in
giudizio, senza accertarne la loro capacità di assumere rilievo in tal
senso ove valutati nella loro sintesi”.
I giudici dell’appello avrebbe escluso in via indiziaria la tesi del
tamponamento, ponendo alla base del ragionamento presuntivo
circostanze prive dei requisiti di gravità e precisione (ovvero il fatto
che i soggetti che avevano rilasciato dichiarazioni nell’immediatezza
dei fatti non avessero menzionato la fuga di veicoli, il fatto che
nessuno dei conducenti che viaggiavano in coda avessero
dichiarato di aver osservato veicoli che compivano brusche
manovre, il fatto che i danni sul motociclo potessero essere
conseguenza di altro episodio, il fatto che il procedimento penale
contro ignoti fosse stato archiviato).
La Corte, al contrario, avrebbe negato valore indiziario a diversi
elementi di fatto, acquisiti in giudizio, che, ove considerati nel loro
insieme e non sulla base di una valutazione atomistica, avrebbero
dimostrato la non sostenibilità della tesi del malore, del guasto del
mezzo, dello slittamento su strada ovvero della caduta per insidia
stradale e, avrebbero invece portato a ritenere possibile quella del
tamponamento. In particolare, tali elementi sarebbero costituiti:
dal fatto che al momento del sinistro erano presenti sulla stessa
corsia di marcia del (OMISSIS) altre autovetture in movimento; dal
fatto che, secondo il consulente di parte, le tracce di frenata
rilevate dai Carabinieri non sarebbero state da attribuire alla moto
del ricorrente; dal fatto che al momento del sinistro non pioveva,
che la sede stradale era risultata asciutta, priva di buche o altri
difetti; dal fatto che la documentazione medica prodotta in giudizio
escludeva che al momento del sinistro il (OMISSIS) avesse subito un
evento patologico improvviso comportante la perdita dei sensi; dal
fatto che il ricorrente non era risultato sotto l’effetto di sostanze
stupefacenti, psicotrope o alcoliche; dal fatto che il (OMISSIS)
nell’immediatezza del sinistro aveva assunto una condotta guida
prudente e rispettosa del limite di velocità in vigore, come
confermato dai soggetti ascoltati dai carabinieri, oltre che dal
consulente tecnico di parte; dal fatto che, dopo il contatto da
dietro, il (OMISSIS) era caduto nell’altra corsia di marcia (circostanza
che confermava il fatto che il conducente del veicolo non
identificato avesse proseguito dritto).
4.7. Con il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, si censura la
“illegittimità della sentenza ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. per
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.” o, in
subordine, la “nullità della sentenza ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c in
relazione all’art. 112 c.p.c.”, per avere la Corte d’appello omesso di
pronunciarsi sul motivo di appello concernente la regolamentazione
delle spese di primo grado e sulla domanda di compensazione di
quelle di secondo grado.
Il (OMISSIS) aveva chiesto la riforma della sentenza sul punto
evidenziando che il giudice di prime cure, erroneamente, non aveva
tenuto conto della sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni,
consistenti nella peculiarità della vicenda, nella particolare difficoltà
della situazione di fatto oggetto del giudizio, nella non facile
ricostruzione del sinistro, nella completa inesistenza di precedenti
di merito e legittimità in tema di tamponamento da tergo causato
da veicoli non identificati.
5.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile poiché non attiene
alla ratio decidendi della sentenza, fondata sulla mancanza di prova
del coinvolgimento nella causazione del sinistro di un veicolo
rimasto non identificato.
Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, infatti, la Corte
d’appello non ha rigettato la domanda perché non era stata provata
la fuga del veicolo non identificato, ma si è limitata a rilevare che la
dinamica del sinistro prospettata dal ricorrente non trovava
conferme nelle dichiarazioni dei soggetti ascoltati dai Carabinieri.
5.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto,
attraverso la apparenza dell’errore di diritto, i ricorrenti
introducono la richiesta di una nuova valutazione del materiale
probatorio già esaminato dalla Corte d’appello.
Anche riqualificando il vizio di legittimità dedotto come vizio di
error facti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il motivo si palesa
egualmente inammissibile, in quanto va incontro alla preclusione
disposta dall’art. 348 ter c.p.c., comma 4 e 5, ricorrendo l’ipotesi di
«doppia conforme» non solo quando la decisione di secondo grado
è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche
quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa,
senza che a ciò osti il fatto che il giudice di appello abbia aggiunto
argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già
assunta dal primo giudice.
In ogni caso, le circostanze asseritamente pretermesse dalla Corte
d’appello (le condizioni psicofisiche del (OMISSIS) al momento
dell’incidente e le conclusioni del perito di parte secondo cui le
lesioni riportate dal ricorrente erano riconducibili al solo sinistro e
non ad un malore avvenuto in concomitanza dello stesso sinistro)
risultano prive di decisività al fine di dimostrare il coinvolgimento di
un altro veicolo nella causazione del sinistro.
5.3. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’appello ha escluso la verosimiglianza della ricostruzione
dell’incidente come prospettata dal ricorrente non sulla base di una
ricostruzione alternativa ritenuta più plausibile, ma evidenziando
che gli elementi probatori allegati dal (OMISSIS) a fondamento della
propria domanda non erano in grado di chiarire le concrete
modalità del sinistro e l’effettivo coinvolgimento e la responsabilità
di un altro veicolo, rimasto non indentificato.
La decisione sul punto appare sorretta da adeguata motivazione,
ed è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui
“l’intervento del Fondo di G.V.S. previsto dall’art. 19 della L. n. 990
del 1969 al fine di consentire il risarcimento dei danni causati dalla
circolazione dei veicoli per i quali vi è obbligo di assicurazione, nei
casi di sinistro cagionati da veicolo non identificato, veicolo non
coperto da assicurazione o veicolo assicurato presso compagnia in
stato di liquidazione coatta, non incide sulla regola generale per cui
il danneggiato deve provare il fatto generatore del danno; ne
consegue che il danneggiato il quale promuova richiesta di
risarcimento nei confronti del Fondo di garanzia, sul presupposto
che il sinistro sia stato cagionato da veicolo non identificato, deve,
in primo luogo, provare le modalità del sinistro e l’attribuibilità dello
stesso alla condotta dolosa o colposa (esclusiva o concorrente) del
conducente di altro veicolo e, in secondo luogo, provare anche che
tale veicolo è rimasto sconosciuto” (Cass. civ. sent. n. 5892/2016).
5.4. Il quarto motivo è infondato.
La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso
proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione
di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di
specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di
indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal
fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente
negata qualora la parte tenda, con essa, a supplire alla deficienza
delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero chieda di
compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o
circostanze non provati (fra le tante cfr. Cass. 15 dicembre 2017,
n. 30218).
Alla luce del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte
del ricorrente, appare corretta la decisione dei giudici del merito di
non disporre una c.t.u. meramente esplorativa, avuto riguardo, da
un lato, al tempo trascorso dall’epoca del sinistro, e, dall’altro, al
carattere meramente esplorativo che una tale indagine avrebbe
assunto, in assenza dei necessari riscontri offerti da parte attrice.
5.5. Il quinto motivo è inammissibile in quanto la censura non
riguarda l’omesso esame di un fatto storico, bensì la valutazione di
deduzioni difensive, non inquadrabile nel paradigma dell’art. 360
c.p.c., n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art.
54 convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (v. ex plurimis, Cass.
Civ., Sez. Un. 07/04/2014, n. 8053 Cass. civ., Sez. II, 14/06/2017,
n. 14802).
5.6. Il sesto motivo è inammissibile, in quanto si risolve nella
richiesta di una nuova valutazione del merito della causa e degli
elementi probatori raccolti nel corso dell’istruttoria.
Al riguardo, si ribadisce che, in tema di procedimento civile, sono
riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del
materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della
concludenza delle prove, la scelta tra le risultanze probatorie di
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la
scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio
convincimento. Il giudice, in tale operazione, è libero di attingere il
proprio convincimento da quelle prove o elementi di prova che
ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è
richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le
allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite
al processo, essendo sufficiente che egli esponga, in maniera
concisa ma logicamente adeguata, gli elementi in fatto ed in diritto
posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a
confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli
argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente
esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter
argomentativo svolto (ex multis, Cass. civ., Sez. II, 25/03/2022, n.
9786).
Diversamente da quanto sostiene il ricorrente, la Corte d’appello
non esclude che il sinistro sia stato originato da un tamponamento
sulla base di un ragionamento presuntivo, ma, al contrario, alla
luce della mancanza di elementi che possano fornire la prova,
anche in via presuntiva, dell’effettivo verificarsi di un
tamponamento.
5.7. Il settimo e l’ottavo motivo di ricorso possono essere
congiuntamente esaminati in quanto sono entrambi volti a
censurare l’omessa pronuncia della Corte territoriale sul motivo di
appello avente ad oggetto la mancata compensazione delle spese
del giudizio di primo grado e sulla richiesta di compensazione delle
spese dell’appello.
I motivi sono infondati.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità “ad integrare gli
estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di
un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato
completamente omesso il provvedimento che si palesa
indispensabile alla soluzione del caso concreto. Ciò non si verifica
quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa
fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica
argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di
rigetto, quando la pretesa avanzata col capo di domanda non
espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione
logico-giuridica della pronuncia” (Cass.sez.1, Ordinanza, 13 ottobre
2017, 24155; Cass.sez.2, Ordinanza, 13 agosto 2018, 20718;
Cass.sez.6-1, Ordinanza, 4 giugno 2019, 15255).
L’integrale conferma della sentenza di primo grado da parte della
Corte d’appello comporta l’implicita reiezione del motivo con cui si
chiedeva la revisione della condanna alle spese.
Allo stesso modo, la pronuncia di condanna del (OMISSIS) a rifondere
alla compagnia assicurativa le spese del giudizio di secondo grado
implica il rigetto della domanda di compensazione formulata dallo
stesso (OMISSIS).
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
7. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30
gennaio 2013, sussistono i presupposti processuali (a tanto
limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U.
20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma
17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater
all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 (e
mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime:
Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive:
Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza
dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto,
per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore
della controricorrente che liquida in complessivi Euro 6.000 oltre
200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a
norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte suprema di Cassazione in data 12 gennaio 2023.