Roma, Via Valadier 44 (00193)
o6.6878241
avv.fabiocirulli@libero.it

Cassazione Civile 10686/2023 – Danni riportati da veicolo a seguito di sinistro stradale – Risarcimento in forma specifica – Eccessiva onerosità – Valutazione – Entità dei costi e locupletazione del danneggiato

Richiedi un preventivo

Ordinanza 10686/2023

Danni riportati da veicolo a seguito di sinistro stradale – Risarcimento in forma specifica – Eccessiva onerosità – Valutazione – Entità dei costi e locupletazione del danneggiato

Ai fini dell’applicazione dell’art. 2058, comma 2, c.c., la verifica relativa all’eccessiva onerosità non può basarsi soltanto sull’entità dei costi, dovendosi valutare, altresì, se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato; laddove, peraltro, il danneggiato decida – com’è suo diritto – di procedere alla riparazione anziché alla sostituzione del mezzo danneggiato, non risulta giustificato, traducendosi in una indebita locupletazione per il responsabile, il mancato riconoscimento di tutte le voci di danno che competerebbero in caso di rottamazione e sostituzione del veicolo.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 20-4-2023, n. 10686   (CED Cassazione 2023)

Art. 2058 cc (Risarcimento in forma specifica)

 

 

Rilevato che:

con distinti atti di citazione, (OMISSIS) e (OMISSIS) –
rispettivamente, conducente e proprietaria di una vettura Alfa 156 –
agirono per il risarcimento dei danni riportati a causa di un incidente
stradale avvenuto il 10.9.2014, che imputavano ad esclusiva
responsabilità del conducente di un’autovettura Fiat Idea di proprietà
della Società (OMISSIS) s.n.c. e assicurata
presso la (OMISSIS) Assicurazioni; dedussero che, provenendo dall’opposta
direzione di marcia, la Fiat Idea aveva urtato il mezzo in cui
viaggiavano gli attori che, superato un incrocio, aveva appena
completato la manovra di immissione nella strada in cui
sopraggiungeva l’altro veicolo; assunsero che l’incidente era stato
determinato dalla velocità eccessiva dell’auto investitrice, che aveva
invaso la corsia percorsa dall’autovettura Alfa 156; richiesero, il
(OMISSIS), il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alle
lesioni riportate e, la (OMISSIS), il risarcimento dei danni materiali subiti
dalla vettura;

riunite le due cause, il Giudice di Pace di Brindisi accolse
parzialmente le domande, affermando la paritaria responsabilità
concorsuale dei due conducenti e condannando la (OMISSIS) al pagamento di
3.680,50 euro in favore della (OMISSIS) e di 1.338,42 euro in favore del
(OMISSIS), il tutto oltre accessori e rimborso delle spese di lite;

pronunciando sull’appello della (OMISSIS), il Tribunale ha riformato
parzialmente la sentenza di primo grado e, per un verso, ha accertato
un maggiore concorso di responsabilità (del 60%) a carico del
conducente della Fiat Idea, mentre, per altro verso, ha ridotto gli
importi risarcitori a 2.144,04 euro in favore della (OMISSIS) (dichiarando
di voler effettuare una liquidazione per equivalente in luogo di quella
in forma specifica compiuta dal primo giudice) e in 981,14 euro in
favore del (OMISSIS), oltre -per entrambi- interessi e rivalutazione; ha
inoltre condannato gli appellati a restituire alla compagnia le somme
percepite in eccesso e ha compensato integralmente le spese di lite;
la (OMISSIS) e il (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione,
affidandosi a quattro motivi; ad esso ha resistito, con controricorso, la
(OMISSIS) Assicurazioni s.p.a.;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1.
c.p.c..

Considerato che:

con il primo motivo («violazione e/o falsa applicazione degli artt.
2058, 2727 e 2729 c.c. e degli artt. 1223, 1225, 1226 c.c.» nonché
«manifesta illogicità della motivazione in relazione a fatto discusso e
decisivo e/o in relazione all’art. 360 c.p.c. co. 1 n. 5 e dunque per
omesso esame di un fatto decisivo»), si censura la sentenza impugnata
per avere ritenuto di liquidare il danno alla vettura per equivalente (in
relazione al valore ante sinistro del mezzo) e non in forma specifica (in
relazione al costo delle riparazioni effettuate), rilevandosi che il
risarcimento per equivalente «può essere usato come criterio di
liquidazione del danno soltanto quando vi può essere locupletazione
per il danneggiato e nelle ipotesi di particolare difficultas prestandi del
debitore»; si aggiunge che, anche a voler considerare eccessivamente
oneroso il risarcimento in forma specifica, il Tribunale avrebbe dovuto
considerare i costi necessari per la sostituzione del veicolo incidentato
(spese di rottamazione, spese per nuova immatricolazione, bollo non
goduto, fermo recupero analogo mezzo), mentre non avrebbe potuto
escludere il risarcimento in forma specifica e, al tempo stesso,
parametrare il danno per equivalente al solo valore ante sinistro del
mezzo per il fatto che la (OMISSIS) aveva preferito procedere alla
riparazione;

il motivo è fondato;

la disposizione dell’art. 2058 c.c. prevede che il danneggiato possa
chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in
parte possibile (1° co.), consentendo tuttavia al giudice di disporre che
il risarcimento avvenga solo per equivalente se la reintegrazione in
forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore; ciò
significa che, in relazione al danno subito da un veicolo, nel primo caso
la somma dovuta è calcolata sui costi necessari per la riparazione,
mentre nel secondo è riferita alla differenza fra il valore del bene
integro (ossia nel suo stato ante sinistro) e quello del bene danneggiato
(cfr. Cass. n. 5993/1997 e Cass. n. 27546/2017), ovvero nella
«differenza fra il valore commerciale del veicolo prima dell’incidente e
la somma ricavabile dalla vendita di esso, nelle condizioni in cui si è
venuto a trovare dopo l’incidente, con l’aggiunta ulteriore della somma
occorrente per le spese di immatricolazione e accessori del veicolo
sostitutivo di quello danneggiato» (Cass. n. 4035/1975);

le due modalità di liquidazione si pongono, fra loro, in un rapporto
di regola ed eccezione, nel senso che la reintegrazione in forma
specifica (che vale a ripristinare la situazione patrimoniale lesa
mediante la riparazione del bene) costituisce la modalità ordinaria, che
può tuttavia essere derogata dal giudice -con valutazione rimessa al
suo prudente apprezzamento (“può disporre”)- in favore del
risarcimento per equivalente, laddove la reintegrazione in forma
specifica risulti eccessivamente onerosa per la parte obbligata;
quanto all’eccessiva onerosità, la giurisprudenza di legittimità l’ha
ritenuta ricorrente «allorquando il costo delle riparazioni superi
notevolmente il valore di mercato del veicolo» (Cass. n. 2402/1998,
Cass. n. 21012/2010 e Cass. n. 10196/2022), non mancando di
rilevare che, se la somma occorrente per la reintegrazione in forma
specifica «supera notevolmente il valore di mercato dell’auto, da una
parte essa risulta eccessivamente onerosa per il debitore danneggiante
e dall’altra finisce per costituire una locupletazione del danneggiato»
(Cass. n. 24718/2013, in motivazione, a pag. 5);

ritiene il Collegio che, nel bilanciamento fra l’esigenza di
reintegrare il danneggiato nella situazione antecedente al sinistro e
quella di non gravare il danneggiante di un costo eccessivo, l’eventuale
locupletazione per il danneggiato costituisca un elemento idoneo a
orientare il giudice nella scelta della modalità liquidatoria e, al tempo
stesso, un dato sintomatico della correttezza dell’applicazione dell’art.
2058, 2° co. c.c.;

invero, va considerato che il danneggiato può avere serie ed
apprezzabili ragioni per preferire la riparazione alla sostituzione del
veicolo danneggiato (ad es., perché gli risulta più agevole la guida di
un mezzo cui è abituato o perché vi sono difficoltà di reperirne uno con
caratteristiche similari sul mercato o perché vuole sottrarsi ai tempi
della ricerca di un veicolo equipollente e ai rischi di un usato che
potrebbe rivelarsi non affidabile) e che una piena soddisfazione delle
sue ragioni risarcitorie può comportare un costo anche notevolmente
superiore a quello della sostituzione;

per altro verso, al debitore non può essere imposta sempre e
comunque (a qualunque costo) la reintegrazione in forma specifica,
dato che l’obbligo risarcitorio deve essere comunque parametrato a
elementi oggettivi e che, pur tenendo conto dell’interesse del
danneggiato al ripristino del bene e della possibilità che i costi di tale
ripristino si discostino anche in misura sensibile dal valore di scambio
del bene, non può consentirsi che al danneggiato venga riconosciuto
più di quanto necessario per elidere il pregiudizio subìto (ostandovi il
principio -sotteso all’intero sistema della responsabilità civile- secondo
cui il risarcimento deve essere integrale, ma non può eccedere la
misura del danno e comportare un arricchimento per il danneggiato);

come si è visto, la giurisprudenza di legittimità ha individuato il
punto di equilibrio delle contrapposte esigenze facendo riferimento alla
necessità che il costo delle riparazioni non superi “notevolmente” il
valore di mercato del veicolo danneggiato; si tratta di un criterio che
si presta a tutelare adeguatamente la posizione dell’obbligato rispetto
ad eccessi liquidatori, ma non anche a tener conto della necessità di
non sacrificare specifiche esigenze del danneggiato a veder ripristinato
il proprio mezzo; esigenze che -come detto- debbono trovare tutela
nella misura in cui risultino idonee a realizzare la migliore soddisfazione
del danneggiato e, al tempo stesso, non ne comportino una indebita
locupletazione;

in tale ottica, deve dunque ritenersi che, ai fini
dell’applicazione dell’art. 2058, 2° co. c.c., la verifica di
eccessiva onerosità non possa basarsi soltanto sull’entità dei
costi, ma debba anche valutare se la reintegrazione in forma
specifica comporti o meno una locupletazione per il
danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è
propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a
una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato
del bene danneggiato;

tanto ritenuto, risulta fondata la censura della (OMISSIS) laddove ha
lamentato che il Tribunale non ha considerato se la reintegrazione in
forma specifica determinasse una locupletazione per il danneggiato,
essendosi limitato a rilevare che la riparazione comportava il
pagamento, a carico dei danneggianti, di «una somma pari quasi al
doppio del valore del veicolo», senza nulla dire circa il fatto che la
riparazione comportasse un aumento di valore del veicolo rispetto a
quello ante sinistro;

la sentenza va pertanto cassata sul punto, con rinvio al giudice di
appello;

resta assorbito l’ulteriore profilo attinente alla necessità che,
laddove il giudice si avvalga della facoltà di liquidare il danno per
equivalente, vengano rimborsati anche i costi da sostenere in caso di
sostituzione del veicolo (nello specifico: spese di rottamazione, spese
per nuova immatricolazione, bollo non goduto e fermo recupero mezzo
analogo), e ciò anche nel caso in cui il danneggiato scelga di procedere
(assumendosene i maggiori costi) alla riparazione del veicolo;
tuttavia, per completezza di disamina, non può non considerarsi
che, laddove il danneggiato decida -com’è suo diritto- di
procedere alla riparazione anziché alla sostituzione del mezzo
danneggiato, non risulta giustificato (perché si tradurrebbe in
una indebita locupletazione per il responsabile) il mancato
riconoscimento di tutte le voci di danno che competerebbero in
caso di rottamazione e sostituzione del veicolo; invero, a fronte
di un danno accertato, l’opzione del giudice in favore del criterio
liquidativo per equivalente deve necessariamente comportare il
riconoscimento di tutte le voci di danno che sarebbero spettate al
danneggiato se non avesse scelto di riparare il mezzo e, quindi, anche
di costi che non siano stati effettivamente sostenuti, ma che sono
necessariamente da considerare nell’ambito di una liquidazione per
equivalente che, per essere tale, deve comprendere tutti gli importi
occorrenti per elidere il danno mediante la sostituzione del veicolo
danneggiato; non si tratta, a ben vedere, di liquidare danni non
verificatisi, ma di utilizzare in modo coerente, in relazione al danno
cristallizzatosi al momento del sinistro, la tecnica liquidatoria prescelta;
tecnica che risulta comunque tale da comportare, per l’obbligato, un
esborso inferiore a quello cui sarebbe stato tenuto in caso di
risarcimento in forma specifica; in tal modo pervenendosi a tutelare il
danneggiante rispetto ad esborsi eccessivi conseguenti a scelte del
danneggiato, senza tuttavia riconoscergli una locupletazione per il fatto
che il danneggiato abbia preferito riparare il mezzo (e senza “punire”
quest’ultimo per il fatto di avere compiuto tale legittima scelta, come
avverrebbe se gli si riconoscesse meno di quanto avrebbe ricevuto se
avesse rottamato l’auto);

col secondo motivo, si deduce «violazione dell’art. 2909 c.c.
(giudicato interno sul punto), dell’art. 112 cod. proc. civ. nonché […]
violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 115 e 116 cod. proc.
civ.», lamentandosi che il Tribunale ha effettuato una «”imprudente”
riliquidazione di tutte le voci di danno non patrimoniale subito da
(OMISSIS) Egidio, nonostante la domanda in appello fosse limitata alla
restituzione della somma liquidata a titolo di danno morale poiché non
provato»;

il motivo è fondato;

per quanto emerge dalla sentenza impugnata e dal ricorso (e non
contestato dalla controricorrente), il motivo di appello concerneva
esclusivamente la somma di euro 500,00 liquidata a titolo di danno
morale (così qualificato in ricorso) o di danno non patrimoniale
personalizzato (come lo qualifica la sentenza); il Tribunale ha ritenuto
di non dover riconoscere alcun risarcimento per danno morale (e, sul
punto, non v’è impugnazione), ma ha anche riliquidato in diminuzione
il danno “biologico” (permanente e temporaneo), dichiarando di aderire
alla valutazione del consulente della compagnia; così facendo, ha
liquidato un importo complessivo di 981,14 euro, che è inferiore a
quello (di 1.306,10 euro) che sarebbe risultato applicando alla
liquidazione effettuata dal primo giudice la decurtazione di 500,00 euro
e rapportando l’importo ottenuto alla percentuale di concorso del 60%;
in tal modo, il giudice di appello è effettivamente incorso in vizio
di ultrapetizione, non essendosi limitato ad accogliere il motivo di
gravame formulato dalla (OMISSIS) in relazione alla posizione del (OMISSIS),
ma riformando la sentenza di primo grado anche per una parte che non
era stata oggetto di censura;

anche in relazione al secondo motivo, la sentenza va dunque
cassata, con rinvio al Tribunale;

restano assorbiti il terzo e il quarto motivo, concernenti –
rispettivamente- la compensazione delle spese di lite disposta dal
giudice di appello e la implicita esclusione del rimborso delle spese
stragiudiziali (che il primo giudice aveva riconosciuto in sede di
liquidazione delle spese di lite), in quanto la complessiva liquidazione
delle spese dovrà nuovamente essere effettuata all’esito del giudizio di
rinvio;

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, dichiarando
assorbiti il terzo e il quarto; cassa in relazione e rinvia, anche per le
spese di legittimità, al Tribunale di Brindisi, in persona di altro
magistrato.

Roma, 23.1.2023