Ordinanza 10687/2023
Sinistro stradale – Confessione giudiziale resa dal responsabile del danno non proprietario del veicolo – Valore di prova legale nei confronti del solo confidente
Nel giudizio promosso dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell’assicuratore del responsabile, la confessione giudiziale resa dal conducente non proprietario del veicolo (il quale non è litisconsorte necessario) vincola il solo confitente, con la conseguenza che correttamente il giudice può accogliere la domanda nei suoi confronti, e rigettarla nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile auto.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 20-4-2023, n. 10687 (CED Cassazione 2023)
Art. 2054 cc (Circolazione di veicoli)
Rilevato che:
(OMISSIS) agì per il risarcimento dei danni conseguiti alle
lesioni (frattura del malleolo tibiale e della diafisi peroneale) riportate
al momento in cui era sceso dalla vettura ove era trasportato; vettura
di proprietà della sorella (OMISSIS), assicurata per r.c.a.
presso la Società Cattolica di Assicurazione soc. coop. a r.l. e condotta
da (OMISSIS); dedusse che, a causa della perdita di controllo da
parte del conducente, l’auto si era messa in movimento e lo aveva fatto
cadere a terra;
contumaci il (OMISSIS) e la (OMISSIS), la Società Cattolica contestò la
richiesta, mettendo in dubbio la dinamica dell’infortunio;
il Tribunale di Bari, Sez. Dist. di Altamura accolse la domanda nei
confronti del solo (OMISSIS) (condannandolo al pagamento di 42.430,00
euro a titolo di danno non patrimoniale e di 3.146,80 euro per danno
patrimoniale), rigettandola invece nei confronti della (OMISSIS) e della
compagnia assicuratrice; ritenne che la dichiarazione confessoria resa
dal (OMISSIS) in sede di interpello vincolasse il solo confitente
(consentendone l’affermazione della responsabilità), mentre andava
liberamente apprezzata nei confronti degli altri convenuti; ritenne,
quanto a questi ultimi, che non vi fossero elementi sufficienti per
ritenere dimostrata la verificazione dell’infortunio secondo le modalità
prospettate dall’attore;
la Corte di Appello di Bari ha respinto il gravame proposto dal
(OMISSIS) in punto di affermazione della responsabilità solidale della
proprietaria e dell’assicuratrice del veicolo, mentre ha disposto un
modesto incremento degli importi posti a carico del (OMISSIS);
la Corte ha escluso la valenza probatoria delle dichiarazioni del
teste Comanda, ritenendole contraddittorie; ha evidenziato che,
presentandosi al Pronto Soccorso, il (OMISSIS) aveva imputato il sinistro
a fatto accidentale e non a sinistro stradale, dichiarando che,
scendendo dall’auto, aveva messo “il piede in fallo”; ha rilevato che gli
accertamenti medico-legali eseguiti in corso di causa avevano
evidenziato «le incongruenze delle prospettazioni attoree, specie con
riguardo all’ipotizzato movimento dell’autovettura» e non consentivano
di superare «il dubbio derivante dall’assenza di altre lesioni su altre
parti del corpo del danneggiato, inevitabili o quanto meno fortemente
probabili a seguito del tipo di caduta descritta dall’attore»; ha concluso
che «tali elementi, unitamente alla non proprio tempestiva
presentazione della “denuncia di sinistro”, contribuiscono a rafforzare i
dubbi e le perplessità circa la veridicità della prospettazione attorea, e
comunque non consentono di ritenere provata la verificazione del fatto
dannoso nei confronti della proprietaria e della compagnia assicuratrice
della vettura sulla quale il danneggiato era trasportato»;
ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS), affidandosi a tre
motivi; ha resistito, con controricorso, la sola Cattolica di Assicurazione
– soc. coop. a r.l.;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1.
c.p.c.;
il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
con il primo motivo, il (OMISSIS) denuncia «violazione e falsa
applicazione degli artt. 1681, 2043, 2054 e 2697 c.c. nonché degli artt.
141 e 144 D. Lgs. n. 209/2005 – Omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio […] – Insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia – violazione dell’art. 132
c.p.c. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 2733 c.c. e degli artt.
115 e 116 c.p.c. […] – Nullità della sentenza […]»;
il ricorrente ripercorre e contesta tutti i passaggi motivazionali con
cui la Corte di Appello ha ritenuto di confermare la decisione del
Tribunale in punto di insufficienza della prova della verificazione del
sinistro secondo le modalità prospettate dall’attore; evidenzia che la
prova testimoniale (col teste Comanda) e l’interrogatorio formale reso
dal (OMISSIS) fornivano «elementi probatori tra loro, tutti, concordanti»;
che le annotazioni contenute nel referto del Pronto Soccorso non erano
«in alcun modo atte ad inficiare l’intero impianto probatorio
processuale», non essendo affatto incompatibili con la dinamica
narrata in citazione; che le ulteriori argomentazioni afferenti agli
accertamenti medico-legali apparivano illogiche e contradditorie e che
risultava erronea anche la valutazione della tempistica della denuncia
del sinistro da parte del danneggiato; ribadisce che «le univoche
emergenze istruttorie menzionate avrebbero certo consentito […] di
ritenere provat[i] il fatto storico, il nesso causale e la responsabilità del
conducente, per non aver conformato la propria condotta alle regole di
normale prudenza e perizia, al limite anche solo per aver consentito la
discesa del trasportato dal mezzo in un tratto di strada inidoneo»;
il motivo è inammissibile, in quanto, senza individuare
specificamente errori di diritto in relazione al coacervo di norme
richiamate in rubrica e senza individuare singoli fatti decisivi di cui
sarebbe stato omesso l’esame, prospetta vizi della motivazione (anche
in termini – non più deducibili – di insufficienza e contraddittorietà) e,
addirittura, una nullità della sentenza sulla base della mera
prospettazione di una lettura alternativa delle emergenze processuali;
il tutto in vista di una non consentita rivisitazione del merito della
controversia e di una diversa valutazione (sia singola che coordinata)
delle risultanze probatorie, che viene inammissibilmente sollecitata alla
Corte di legittimità;
col secondo motivo, il ricorrente denuncia «violazione e falsa
applicazione degli artt. 1891, 1411, 1904, 1917, 2049, 2054, 2733 c.c.
nonché degli artt. 141 e 144 Codice delle Assicurazioni Private –
Violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 103, 115, 116, 331 c.p.c.
– Nullità della sentenza […] – Motivazione apparente – Omessa
pronuncia – Violazione dell’art. 132 c.p.c. ovvero in subordine erronea
o insufficiente motivazione»;
premesso che «nei confronti del conducente litisconsorte
facoltativo, sig. (OMISSIS), il Giudice di merito ha ritenuto provato che il
vettura dallo stesso condotta, mentre nei confronti della proprietaria
dello stesso mezzo e dell’assicuratrice per la RC auto, tale prova non
sarebbe stata raggiunta», il ricorrente evidenzia che «due
pronunciamenti di segno palesemente contrario vivono nel mondo del
diritto all’interno della stessa sentenza, a segnare quella che può
definirsi un’intrinseca contraddizione logico-giuridica della sentenza di
appello»; rileva che, «mercé la citazione in giudizio anche del
litisconsorte facoltativo nella persona del conducente dell’automezzo
su cui l’attore era trasportato, si era ormai instaurato un litisconsorzio
necessario c.d. “di diritto processuale”», nel cui ambito
«l’accertamento afferente al rapporto principale avente ad oggetto la
responsabilità civile di entrambi i soggetti convenuti in giudizio
(conducente e proprietario) non può che configurarsi quale
accertamento unitario»; di talché «evidente si staglia, dunque, il
traguardo illegittimo, illogico e contradittorio conseguito dalla sentenza
di prime cure, la quale è pervenuta a conclusioni tra loro opposte
ed inconciliabili riguardo all’accertamento di responsabilità del
conducente e della responsabilità del proprietario del veicolo»;
conclude che «l’accertamento della fondatezza del fatto storico
valevole per il conducente–non proprietario del mezzo su cui era
trasportato» il ricorrente «non potrà che riverberare sulla declaratoria
di responsabilità della proprietaria–non conducente e dell’assicuratore
della responsabilità civile»; chiede, infine che la Corte intervenga «a
correggere quegli orientamenti giurisprudenziali che, in tema di
valutazione della confessione giudiziale resa dal litisconsorte
facoltativo, giungono a consentire l’adozione di sentenze in aperta
violazione di quell’esigenza di unitarietà che consegue all’instaurazione
di un litisconsorzio necessario c.d. di diritto processuale tra assicuratoproprietario del mezzo, conducente non proprietario e assicuratore
della responsabilità civile»;
il motivo è inammissibile e, comunque, infondato;
è inammissibile nella parte in cui denuncia per la prima volta in
cassazione (non deducendo di averlo fatto con i motivi di appello) il
vizio che avrebbe inficiato già la sentenza di primo grado per avere
compiuto una valutazione differenziata della valenza probatoria della
confessione del (OMISSIS) in relazione alla posizione del conducente
(condannato al risarcimento) e a quella degli altri convenuti (rispetto
ai quali non è stata ritenuta provata la responsabilità);
è ulteriormente inammissibile in relazione a tutte quelle norme
richiamate nella rubrica del motivo che non sono attinenti al tema della
sostenuta valenza probatoria uniforme della confessione, rispetto alle
quali è stata omessa qualunque illustrazione circa i termini in cui si
sarebbe concretizzata la loro violazione o la loro falsa applicazione;
è, comunque, infondato nella parte in cui mira a superare
l’orientamento consolidato di legittimità – cui deve darsi continuità –
che, in conformità alla previsione dell’art. 2733, 3° co. c.c., afferma
che «la confessione giudiziale resa dal conducente non proprietario del
veicolo (il quale non è litisconsorte necessario) vincola il solo
confitente, con la conseguenza che il giudice può accogliere la domanda
nei suoi confronti e rigettarla nei confronti dell’assicuratore della r.c.a.»
(Cass. n. 3875/2014; conformi Cass. n. 24187/2014 e Cass.
19327/2017; cfr. anche Cass. n. 8214/2013 e Cass. n. 10304/2007);
il terzo motivo («necessità di procedere ad una nuova
regolamentazione delle spese di lite di tutti i gradi di giudizio») è
inammissibile, in quanto non deduce alcun vizio della sentenza
impugnata, ma evidenzia soltanto la necessità di provvedere a un
nuovo regolamento delle spese di lite a seguito dell’auspicato
accoglimento dei primi due motivi;
alla complessiva inammissibilità del ricorso consegue la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese di lite;
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1
quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 4.270,00
per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al
rimborso degli esborsi (liquidati in euro 200,00) e agli accessori di
legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 23.1.2023