Sentenza 10930/2022
Rappresentanza processuale del minore – Autorizzazione del giudice tutelare – Proposizione di appello in nome e per conto del minore avverso una sentenza resa in un giudizio in cui il minore soccombente era convenuto
In tema di rappresentanza processuale del minore, l’autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320 c.c. è necessaria per promuovere giudizi relativi ad atti di amministrazione straordinaria, che possono cioè arrecare pregiudizio o diminuzione del patrimonio e non anche per gli atti diretti al miglioramento e alla conservazione dei beni che fanno già parte del patrimonio del soggetto incapace. Ne consegue che si atteggia ad atto di ordinaria amministrazione, per il quale non è necessaria la predetta autorizzazione, l’assunzione di una posizione processuale assimilabile a quella di un convenuto, come la proposizione di un atto di appello per contrastare la sentenza di primo grado che abbia accolto la domanda dell’attore di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 c.c., trattandosi di un atto di difesa diretto a resistere all’azione avversaria.
Appello – Citazione di appello – Motivi – Specificità specificità dei motivi di appello – Difetto – Conseguenze
L’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi di appello, imposto dall’art. 342 c.p.c., determina l’inammissibilità dell’impugnazione e costituisce un limite alla possibilità stessa per il giudice di appello di rilevare d’ufficio questioni attinenti al merito della regiudicanda, che non può essere rimossa da una specificazione dei motivi che avvenga, in corso di causa, con la comparsa conclusionale, neanche se con essa si prospetti una questione che sarebbe rilevabile d’ufficio dal giudice. (Nel caso di specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte d’appello che, pur avendo rilevato l’inammissibilità dell’impugnazione per difetto di specificità dei motivi, aveva esaminato la questione della nullità della sentenza di primo grado per la mancata preventiva acquisizione del certificato di destinazione urbanistica del terreno promesso in vendita, oggetto della domanda di esecuzione in forma specifica del relativo contratto preliminare).
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 5-4-2022, n. 10930 (CED Cassazione 2022)
Art. 2932 cc (Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto) – Giurisprudenza
Art. 75 cpc (Capacità processuale) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1. – (OMISSIS), con atto notificato il 29 settembre 2004, ha citato in giudizio, quali eredi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente prima moglie e figli di prime nozze di (OMISSIS), nonchè (OMISSIS) e (OMISSIS), seconda moglie e figlia di seconde nozze del medesimo (OMISSIS), al fine di ottenere il trasferimento ex art. 2932 c.c., di un terreno sito in (OMISSIS), dal de cuius e dalla predetta prima moglie promessogli in vendita con scrittura privata del 15 giugno 1999.
I convenuti sono rimasti contumaci.
L’adito Tribunale di Napoli ha deciso la causa con sentenza in data 6 novembre 2010, con cui ha accolto la domanda e dichiarato il trasferimento in favore di (OMISSIS) dell’appezzamento di terreno della superficie complessiva di are 16,51, riportato in catasto in ditta (OMISSIS) al foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS), frutteto, classe terza, rendita catastale Euro 17,91.
Con la sentenza il primo giudice ha condannato i convenuti, in solido fra loro, al pagamento delle spese di lite.
2. – Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello (OMISSIS), in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà genitoriale sulla figlia (OMISSIS).
Si sono costituiti gli appellati (OMISSIS) ed (OMISSIS); sono rimasti contumaci gli altri.
3. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 25 luglio 2016, la Corte d’appello di Napoli ha accolto il gravame per quanto di ragione e per l’effetto, in riforma dell’impugnata pronuncia, ha rigettato la domanda ex art. 2932 c.c., proposta da (OMISSIS), ordinando al conservatore la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale eseguita e regolando le spese del giudizio.
3.1. – La Corte d’appello ha rilevato che in comparsa conclusionale l’appellante ha specificato le ragioni della dedotta nullità della sentenza di primo grado per mancata preventiva acquisizione della certificazione di destinazione urbanistica del bene che ne è oggetto ed ha sottolineato che tale rilievo, sebbene esposto per la prima volta solo in comparsa conclusionale, è ammissibile poichè relativo a un motivo di nullità rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, potendo tale rilievo essere contrastato dalla controparte con la memoria di replica.
La Corte distrettuale ha ritenuto fondata l’eccezione di nullità, alla luce del principio secondo cui la disposizione della L. n. 47 del 1985, art. 18, comma 2, che sancisce la nullità degli atti tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni, quando ad essi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata, comporta l’esigenza di allegazione del detto certificato per la stipulazione del contratto definitivo o per la sentenza di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo. Pertanto, poichè la sentenza emessa a norma dell’art. 2932 c.c., postula l’accertamento dei requisiti di validità del contratto non concluso, incombe sull’attore l’onere di provare la sussistenza delle condizioni richieste per un valido trasferimento, producendo il certificato in parola. La domanda di trasferimento, secondo la Corte d’appello, non può trovare accoglimento in mancanza della certificazione di destinazione urbanistica. Di qui l’accoglimento dell’appello, con conseguente rigetto della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre proposta dal (OMISSIS), non avendo l’attore adempiuto all’onere di allegazione del certificato di destinazione urbanistica.
4. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 febbraio 2017, sulla base di sette motivi.
Hanno resistito, con controricorso, (OMISSIS) e (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sono rimasti intimati.
5. – Fissato all’udienza pubblica del 2 marzo 2022, il ricorso è stato tuttavia trattato in Camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal Decreto Legge n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
6. – Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che il ricorso venga accolto quanto al primo motivo o, subordinatamente, quanto al secondo motivo, assorbiti o inammissibili gli altri.
Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorrente ha premesso alla esposizione delle censure l’indicazione di un “motivo preliminare rilevabile d’ufficio”, deducendo la violazione degli artt. 75, 78, 83, 102 e 347 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte d’appello omesso di verificare la nullità o inesistenza della costituzione in appello di (OMISSIS). Al riguardo, il ricorrente deduce che in giudizio è stata evocata, tra gli altri, (OMISSIS), rimasta contumace in primo grado. (OMISSIS), avvocato, ha proposto appello in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore (OMISSIS). La (OMISSIS) non avrebbe esplicitato la costituzione in giudizio anche quale difensore di (OMISSIS), minorenne. Nella fattispecie, al momento della costituzione in giudizio era ipotizzabile, secondo il ricorrente, un conflitto di interessi tra la (OMISSIS) e la minore, dovendosi gestire un’eredità partecipata da madre e figlia con necessità di adottare scelte che le potevano risultare dannose. Infatti, la scelta sostanziale di non onorare l’obbligo di trasferire l’immobile e di non produrre la necessaria documentazione avrebbe arrecato danni al promissario acquirente, il quale ha incardinato altro giudizio per conseguirne il risarcimento anche contro (OMISSIS), oggi maggiorenne.
1.1. – La sollecitazione del ricorrente a rilevare d’ufficio la nullità o la inesistenza della costituzione in appello di (OMISSIS) deve essere disattesa.
L’atto di appello è stato proposto “dall’Avv. (OMISSIS)… in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore (OMISSIS)”.
Stante la costituzione in proprio e nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia minore (OMISSIS), l’appellante (OMISSIS), rivestendo anche la qualifica di avvocato, si è inequivocabilmente costituita anche come difensore della figlia minore, ben potendo – come puntualmente ha osservato il pubblico ministero nelle conclusioni scritte – cumulare le due qualifiche senza alcuna necessità del formale conferimento a se stessa della procura alle liti.
Inoltre, la minore non aveva necessità, per proporre appello avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda avversaria di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, di una autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320 c.c..
Invero, in tema di rappresentanza processuale del minore, l’autorizzazione del giudice tutelare ex art. 320 c.c., è necessaria per promuovere giudizi relativi ad atti di amministrazione straordinaria, che possono cioè arrecare pregiudizio o diminuzione del patrimonio, e non anche per gli atti diretti al miglioramento e alla conservazione dei beni che fanno già parte del patrimonio del soggetto incapace (Cass., Sez. II, 19 gennaio 2012, n. 743). Ne consegue che si atteggia ad atto di ordinaria amministrazione, per il quale non è necessaria la predetta autorizzazione, l’assunzione di una posizione processuale assimilabile a quella di un convenuto, come la proposizione di un atto di appello per contrastare la sentenza di primo grado che abbia accolto la domanda dell’attore di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 c.c., trattandosi di un atto di difesa diretto a resistere all’azione avversaria.
Deve altresì escludersi l’ipotizzato conflitto di interessi tra la madre e la figlia, non essendo le due posizioni fra loro incompatibili, neppure potenzialmente. Il dedotto conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale va escluso anche in concreto, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti nella causa, in considerazione dell’attività processuale effettivamente svolta dalla madre in favore della figlia, la quale tra l’altro, raggiunta la maggiore età, ha resistito, con il controricorso presentato insieme alla madre, all’impugnazione della controparte.
2. – Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c., per avere il giudice d’appello omesso di rilevare l’inammissibilità del gravame. Dalla semplice lettura dell’atto di appello emergerebbe che la (OMISSIS) ha censurato la sentenza di primo grado per motivazioni a tal punto generiche da non consentire nemmeno la verifica della riferibilità all’oggetto della causa ed in ogni caso per questioni che non attengono alla rilevata mancanza della certificazione di destinazione urbanistica. L’appello difetterebbe, ad avviso del ricorrente, di specifici motivi di impugnazione.
2.1. – La censura è fondata.
Secondo la disciplina dell’art. 342 c.p.c., nel testo ratione temporis applicabile, anteriore alla modifica del 2012, la specificità dei motivi di appello esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, ragion per cui alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (Cass., Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28057).
Nella specie, la sentenza di primo grado ha accolto la domanda: a tal fine, ha rilevato che l’attore ha fornito piena prova del suo diritto alla pronuncia; ha descritto la documentazione prodotta (documentazione che, ai sensi dell’art. 215 c.p.c., stante la contumacia dei convenuti, ha ritenuto riconosciuta); ha evidenziato nel dettaglio il contenuto della scrittura privata di promessa di vendita; infine, ha ritenuto sussistente la legittimazione passiva dei convenuti, giacchè la scrittura privata obbligava i promittenti venditori, e quindi gli aventi causa iure hereditatis di (OMISSIS), a stipulare l’atto definitivo di compravendita alle condizioni pattuite.
Nell’atto di appello, la (OMISSIS) ha testualmente dedotto: “La sentenza appellata è ingiusta e carente di motivazione. Pertanto merita la revoca per i seguenti motivi. Preliminarmente si rileva che la volontà contumaciale dei convenuti è stata dettata dall’affidamento degli stessi nel diritto che, da un lato, assicura la certezza dell’indagine su ogni domanda e, dall’altro, sui requisiti delle prove offerte a fondamento della stessa, prescindendo, come da consolidata giurisprudenza, dalla partecipazione attiva – o meno – degli stessi. Tuttavia il Giudicante ha ritenuto che “l’attore ha fornito piena prova dei fatti costitutivi del proprio diritto” poichè la “documentazione prodotta”, si ha per riconosciuta a causa della contumacia dei convenuti e, ha accertato, che il 15 giugno 1999 è stato stipulato un contratto preliminare di vendita immobiliare. La motivazione a fondamento della sentenza di accertamento è priva di percorso logico perchè il Giudicante ha ritenuto ed accertato la validità del contratto preliminare di compravendita immobiliare per la mancata costituzione dei convenuti, senza accertare e dichiarare la validità del citato preliminare. Quindi, tale contratto, seppur carente dei requisiti di legge per realizzare l’obbligazione, è stato ritenuto valido, solo per la tacita ammissione della sua esistenza. Ricordiamo a noi stessi che un contratto – anche preliminare – è soggetto a requisiti rigorosi, a pena di nullità. E tale nullità è rilevabile d’ufficio. Ma, nel caso di specie, non solo tali vizi (che si denunciano) non sono stati esaminati, ma neppure considerati. Il Giudice di primo grado avrebbe dovuto accertare la validità del preliminare, e, solo in seguito, pronunciare sentenza di accertamento del diritto, dichiarativa dello stesso, e costitutivo del diritto di proprietà. Ma ciò non è stato. Per questo motivo la sentenza merita la revoca”.
è evidente che nell’atto di appello così proposto difetta l’esposizione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, difetta, cioè, la critica, adeguata e specifica, della decisione impugnata, in modo tale da consentire alla Corte d’appello di percepire con certezza il contenuto delle doglianze. L’atto di appello è affidato a una apodittica denuncia di ingiustizia della pronuncia di primo grado, a richieste e a deduzioni generiche che non lasciano affatto comprendere sotto quale profilo o per quale ragione il contratto preliminare fosse carente dei requisiti di legge per realizzare l’obbligazione, quali fossero i vizi del contratto e sotto quale aspetto la sentenza fosse carente di motivazione.
La stessa sentenza impugnata riconosce che le richieste e le deduzioni genericamente formulate con l’atto di appello sono inammissibili ai sensi dell’art. 342 c.p.c.. Nondimeno, la Corte di Napoli ritiene di poter dare ingresso alla questione della “dedotta nullità della sentenza di primo grado, per mancata preventiva acquisizione della certificazione di destinazione urbanistica del bene, che ne è oggetto”, sul rilievo che, sebbene si tratti di questione esposta “per la prima volta soltanto in comparsa conclusionale”, essa concerne un motivo di nullità rilevabile in ogni stato e grado del giudizio quando, come nella specie, sia basato su elementi già acquisiti al giudizio.
Sennonchè, così decidendo, la sentenza è incorsa nella denunciata violazione di legge.
Infatti, l’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi, imposto dall’art. 342 c.p.c., integra una nullità che determina l’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente effetto del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, soltanto l’atto conforme alle prescrizioni di cui alla citata disposizione essendo idoneo a impedire la decadenza dall’impugnazione (Cass., Sez. Un., 29 gennaio 2000, n. 16). Ne deriva che l’inammissibilità della impugnazione discendente dal difetto di specificità dei motivi di gravame, costituendo un limite alla possibilità stessa per il giudice di appello di rilevare d’ufficio questioni attinenti al merito della regiudicanda, non può essere rimossa dalla specificazione dei motivi che avvenga, in corso di causa, con la comparsa conclusionale, neppure se con essa si prospetti una questione la mancanza del certificato di destinazione urbanistica del terreno promesso in vendita, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ex art. 30, oggetto della domanda di esecuzione in forma specifica del relativo contratto preliminare – che sarebbe rilevabile d’ufficio dal giudice.
3. – Con i restanti motivi il ricorrente ha prospettato le seguenti doglianze.
Con il secondo motivo il (OMISSIS) ha dedotto la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti in relazione all’art. 101 c.p.c., art. 183 c.p.c., comma 4 e art. 384 c.p.c., comma 3, nonchè in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., e all’art. 6 della Convenzione. Osserva il ricorrente che la (OMISSIS) ha prospettato la questione della nullità soltanto nella memoria di replica depositata il 27 giugno 2016, laddove la medesima appellante nell’atto di gravame si era limitata ad eccepire la generica nullità del preliminare o della sentenza di primo grado onde paralizzare l’obbligo di trasferimento del terreno, senza negare la sussistenza dell’obbligo di trasferirlo e senza spiegare da dove derivasse la nullità, non essendovi alcun riferimento alla mancanza del certificato di destinazione urbanistica. Il giudice avrebbe dovuto sottoporre alle parti la questione provocando sul punto il contraddittorio e consentire quelle difese ed allegazioni che ben potevano essere utili per superarla. Se la Corte di appello avesse segnalato alle parti la questione rilevata rimettendo la causa sul ruolo, il (OMISSIS) avrebbe potuto interloquire in merito alla non necessità del certificato di destinazione urbanistica o produrlo a prescindere, giacchè trattasi di documento che ai fini del trasferimento del terreno può essere prodotto anche in corso di causa.
Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, art. 30, con richiesta di decisione previa ammissione della produzione del certificato di destinazione urbanistica o consentendo la possibilità di confermare o integrare la sentenza traslativa ex art. 2932 c.c.. La Corte di merito avrebbe dovuto ammettere la possibilità di conferma della sentenza fino al passaggio in giudicato della stessa o anche in sede di trascrizione, giacchè il citato art. 30, non prevede la nullità assoluta ma una invalidità sanabile, stante la possibilità di una conferma o integrazione dell’atto nullo anche ad opera di una sola delle parti o dei suoi aventi causa.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, art. 30, per avere il giudice del merito omesso di indagare se nella fattispecie concreta fosse ipotizzabile lottizzazione abusiva, non considerando che il trasferimento aveva ad oggetto un’intera particella e non concretizzava lottizzazione. Sarebbe configurabile la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., per aver omesso il giudice d’appello di valutare le risultanze documentali in atti e di acquisire l’evidenza pubblica delle prescrizioni urbanistiche afferenti al terreno di causa.
Con il quinto motivo si deduce violazione degli artt. 100, 163, 342 e 345 c.p.c., ed abuso del diritto.
Con il sesto motivo si prospetta la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e del diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost..
Il settimo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè nel caso di specie la domanda non doveva essere rigettata ma dichiarata nulla.
3.1. – L’esame dei motivi dal secondo al settimo resta assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo.
4. – La sentenza impugnata è cassata senza rinvio perchè l’appello non poteva essere proseguito.
Le spese del giudizio di appello e di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché dal ricorso risulta che il (OMISSIS) è stato ammesso, per il giudizio di cassazione, al patrocinio a spese dello Stato, il pagamento dei compensi deve essere eseguito a favore dello Stato, ai sensi dell’art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002.
Le spese di appello in favore del (OMISSIS) vanno attribuite al procuratore antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa senza rinvio la sentenza impugnata perchè l’appello non poteva essere proseguito.
Condanna (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, al rimborso delle spese processuali sostenute da (OMISSIS), che liquida, per il giudizio di appello, in Euro 3.700, di cui Euro 3.500 per compensi ed Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, e, per il giudizio di cassazione, in Euro 3.700, di cui Euro 3.500 per compensi ed Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Dispone che il pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione sia eseguito a favore dello Stato, essendo il ricorrente (OMISSIS) ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Dispone che le spese di appello in favore del (OMISSIS) siano attribuite al procuratore antistatario. Condanna altresì (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, al rimborso delle spese processuali sostenute, in appello, da (OMISSIS), che liquida in Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per compensi ed Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 2 marzo 2022.