Sentenza 10983/2023
Responsabilità civile da cose in custodia – Locazione di immobile – Incendio – Danni arrecati a terzi – Responsabilità del proprietario o del conduttore – Criterio di ripartizione
In tema di danni da cose in custodia, poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all’evento lesivo, al proprietario dell’immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati dagli accessori e dalle altre parti dell’immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità. (Nella specie, con riferimento alla caduta dalla passerella del palco di un cine-teatro – occorsa, a causa di un improvviso “black-out” elettrico, a un tecnico incaricato di effettuare le riprese video di un evento culturale, mentre eseguiva un sopralluogo -, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che aveva ritenuto configurabile la responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al conduttore, sul presupposto che tanto il palco quanto l’impianto elettrico costituissero parti dell’immobile acquisite alla sua disponibilità).
Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 26-4-2023, n. 10983 (CED Cassazione 2023)
Art. 2051 cc (Danno cagionato da cosa in custodia)
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza 7 giugno 2019, n. 1165, la Corte di appello di
Palermo, in riforma della sentenza n.1192 del 2016 del Tribunale di
Agrigento, ha accolto la domanda risarcitoria proposta, ai sensi
dell’art.2051 cod. civ., da (OMISSIS) nei
confronti di (OMISSIS), conduttore del locale adibìto a cine-teatro di
proprietà della (OMISSIS) s.r.l., per i danni alla persona da lui subìti
in conseguenza dell’incidente verificatosi nella mattinata del 23 ottobre
2005, allorché egli, mentre, in qualità di incaricato dal Comune di
(OMISSIS) di provvedere alle riprese video di un evento culturale che si
sarebbe svolto nel pomeriggio, stava eseguendo un sopralluogo nel
predetto locale in funzione del posizionamento delle telecamere e dello
svolgimento delle altre attività preliminari all’esecuzione dell’incarico,
aveva perduto l’equilibrio a causa della situazione di buio assoluto
improvvisamente determinatasi per un black-out elettrico non seguìto
dalla accensione delle luci di emergenza, ed era quindi rovinosamente
caduto dalla passerella del palco del cine-teatro, da un’altezza di circa
due metri, riportando plurime fratture e trauma cranico commotivo, da
cui erano residuati postumi invalidanti e ipoacusia.
La Corte territoriale ha, invece, rigettato la medesima domanda
risarcitoria proposta nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. e del
Comune di (OMISSIS), sul rilievo che la relazione custodiale con la res
che aveva cagionato il danno era configurabile unicamente in capo
all’(OMISSIS), cui era stata trasferita la detenzione del locale sulla base di
un contratto di locazione da lui stipulato con la predetta società, non
anche in capo a quest’ultima (la quale, in quanto proprietaria locatrice,
avrebbe risposto solo dei danni derivanti da vizi strutturali
dell’immobile), né in capo al Comune di (OMISSIS) (a cui il locale sarebbe
stato affidato, per lo svolgimento dell’evento culturale, solo nel
pomeriggio del 23 ottobre 2005).
La Corte di merito, liquidato il danno sulla scorta delle risultanze
della consulenza medico-legale espletata ed applicate le Tabelle del
Tribunale di Milano, ha dunque condannato (OMISSIS) a pagare a
(OMISSIS), a titolo di risarcimento, la somma
di Euro 47.569,15, oltre interessi, nonché a rimborsargli le spese del
doppio grado di giudizio concernenti il loro rapporto processuale.
Il giudice di appello, infine, ha condannato la
(OMISSIS) a tenere indenne (OMISSIS) di quanto
sarebbe stato tenuto a corrispondere al danneggiato, in accoglimento
della domanda di garanzia da quegli proposta sul fondamento del
contratto di assicurazione tra loro stipulato con riferimento
all’immobile.
2. Avverso la sentenza della Corte panormita propone ricorso per
cassazione (OMISSIS) sulla base di sei motivi.
Rispondono con distinti controricorsi la società (OMISSIS) s.r.l.
e la (OMISSIS).
Non svolgono difese gli intimati (OMISSIS) e Comune di (OMISSIS).
Fissata la pubblica udienza, il ricorso è stato trattato in camera di
consiglio, ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge n. 137
del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020 (norma la
cui operatività è stata prorogata dall’art.8, comma 8, del decreto-legge
29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge
24 febbraio 2023, n. 14), senza l’intervento del Procuratore Generale
e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto
richiesta di discussione orale.
Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Corrado Mistri, ha
depositato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del sesto
motivo del ricorso, con declaratoria di parziale inammissibilità dello
stesso e con rigetto degli altri motivi.
Il ricorrente e la controricorrente (OMISSIS) hanno depositato memorie
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art.360 n. 3
cod. proc. civ., la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2051 cod.
civ., «anche in combinato disposto con l’art.1576 cod. civ.».
Il ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere
accertato la sussistenza del rapporto custodiale (e la conseguente
responsabilità ex art.2051 cod. civ. per il danno cagionato dalla res
custodita) anche in capo alla società (OMISSIS) s.r.l., quale
proprietaria locatrice del locale ove si era verificato l’incidente.
Osserva che, in base all’orientamento della giurisprudenza di
legittimità, il proprietario dell’immobile risponde dei pregiudizi arrecati
a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui
conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul
conduttore la responsabilità per i pregiudizi derivanti dalle altre parti
dell’immobile, acquisite nella sua disponibilità.
Sostiene che, nel caso di specie, in mancanza della prova liberatoria
richiesta al custode dall’art.2051 cod. civ., l’evento che aveva causato
la sua perdita di equilibrio e la conseguente caduta dalla passerella del
palco del cine-teatro (ovverosia l’improvviso black-out elettrico non
seguìto da contestuale accensione delle luci di emergenza) avrebbe
potuto imputarsi tanto ad un difetto di manutenzione ordinaria quanto
ad un difetto di manutenzione straordinaria, per modo che avrebbe
dovuto presumersi una responsabilità solidale del proprietario e del
conduttore.
Conclude che, alla luce dell’indebito omesso accertamento della
responsabilità della (OMISSIS) s.r.l., dovrebbe ritenersi sussistente
anche il diritto alla ripetizione delle somme da lui pagate a titolo di
spese dei due gradi di giudizio concernenti il rapporto processuale
intercorso con la predetta società, illegittimamente poste a suo carico
dal giudice del merito.
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte di appello, accertato il nesso causale tra il danno
lamentato dall’attore e la res in custodia (ed esclusa la sussistenza del
caso fortuito liberatorio), quanto all’individuazione del soggetto titolare
del potere di custodia (nonché, quindi, responsabile del danno
cagionato dalla cosa, ai sensi dell’art.2051 cod. civ.), ha fatto
applicazione del principio, reiteratamente affermato da questa Corte
con orientamento consolidato, secondo il quale, quando i danni sono
originati da un bene immobile condotto in locazione, sussiste la
responsabilità del proprietario ove detti danni siano derivati da vizio
strutturale del bene, che investa le mura o gli impianti ivi conglobati,
di cui conserva la custodia anche dopo la locazione; al contrario, il
conduttore, il quale si presume essere stato immesso in queste
condizioni nella disponibilità della res locata, risponde dei pregiudizi
provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell’immobile, che
sono acquisiti alla sua disponibilità (Cass. 27/10/2015, n. 21788; Cass.
09/06/2016, n. 11815; Cass. 04/11//2019, n.28228; Cass. 26/11/2019, n. 30729).
Nel caso di specie, La Corte territoriale, avuto riguardo alla
circostanza di fatto – non controversa e comunque oggetto di
accertamento di merito insindacabile – che il danno era stato originato,
in seguito ad un guasto elettrico, da una caduta dal palco del cineteatro, ha
correttamente escluso, in applicazione dell’illustrato principio, la responsabilità della (OMISSIS) s.r.l..
Tanto il palco («il cui utilizzo rientra[va] certamente negli scopi del
contratto di locazione funzionale proprio allo sfruttamento commerciale
del sito»: p.4 della sentenza impugnata), quanto l’impianto elettrico
(la cui funzionalità era necessaria ai fini del predetto sfruttamento)
costituivano, infatti, parti dell’immobile senz’altro acquisite alla
disponibilità del conduttore, il quale aveva dunque assunto in esclusiva
la veste di custode della res dannosa.
Il primo motivo di ricorso, pertanto, va rigettato.
2. Con il secondo motivo viene denunciato, ai sensi dell’art.360 n.
5, cod. proc. civ., «omesso esame del danno da ipoacusia all’orecchio
destro patito dal ricorrente, fatto decisivo per il giudizio oggetto di
discussione tra le parti».
3. Il secondo motivo è strettamente connesso col (e va pertanto
esaminato congiuntamente al) terzo motivo, con il quale viene
denunciato, sempre ai sensi dell’art.360 n.5 cod. proc. civ., «omesso
esame delle doglianze dell’appellante circa l’incongrua valutazione
degli altri danni biologici patiti dal sig. Marchese Ragona, fatto decisivo
per il giudizio oggetto di discussione tra le parti».
In primo luogo, il ricorrente sostiene che il consulente tecnico – le
cui conclusioni sono state poste a fondamento della liquidazione del
risarcimento operata dalla Corte di appello –, pur dando atto della
presenza di una ipoacusia destra quale conseguenza dell’incidente
occorsogli presso i locali della (OMISSIS) s.r.l., avrebbe
indebitamente omesso la quantificazione del relativo danno,
sull’erroneo rilievo che il deficit uditivo monolaterale non sarebbe
valutabile sul piano medico-legale.
In secondo luogo, il ricorrente lamenta che nella valutazione degli
esiti degli altri eventi lesivi conseguiti alla caduta (il trauma cranico
commotivo emorragico, la frattura della clavicola, la frattura
vertebrale), lo stesso consulente tecnico avrebbe immotivatamente
riconosciuto la percentuale tabellare minima, omettendo di considerare
i postumi concreti invalidanti di tali pregiudizi (persistente cefalea,
limitazioni articolari della spalla, limitazioni del rachide lombare,
deambulazione oscillante) che avrebbero giustificato l’aumento di uno
o più punti percentuali per ognuno di essi.
Sulla base di tali doglianze, il ricorrente conclude che avuto
riguardo al non valutato danno conseguente all’ipoacusia e agli
aumenti percentuali spettanti per gli esiti degli altri eventi traumatici,
il danno biologico permanente complessivamente conseguito al sinistro
avrebbe dovuto essere quantificato nella misura del 30 per cento,
anziché nella minor misura del 12 per cento, rispetto alla quale la Corte
di appello ha operato la liquidazione della somma dovuta a titolo di
risarcimento.
3.1. Il secondo e il terzo motivo sono manifestamente inammissibili.
Il “fatto” di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso
esame, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc.
civ., come modificato dall’art. 54 del decreto-legge n. 83 del 2012,
convertito dalla legge n. 134 del 2012, deve essere un fatto storico
vero e proprio, avente carattere di fatto principale, ex art. 2697 cod.
civ. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o di
fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto
principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell’essere
“decisivo” (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito
diverso della controversia) e dall’aver formato oggetto di “discussione”
tra le parti (Cass. Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053; Cass. 29/10/2018,
n. 27415; Cass. 08/09/2016, n. 17761).
In tale ambito non è di per sé inquadrabile la consulenza tecnica
d’ufficio, potendo rilevare, ai fini della deduzione del novellato mezzo
di ricorso, soltanto, eventualmente, il fatto storico, oggettivo e
decisivo, che sia stato oggetto di discussione e sia stato fatto valere
dalla parte interessata attraverso le critiche rivolte all’elaborato del
perito ma non già la critica, in sé e per sé, alla consulenza tecnica
recepita dal giudice, la quale si risolve, invece, nell’enunciazione di
mere argomentazioni difensive contro un elemento istruttorio (Cass.
26/07/2017, n. 18391; Cass. 24/06/2020, n. 12387; Cass.
16/03/2022, n. 8584).
Nel caso di specie, le osservazioni critiche rivolte dalla parte
all’elaborato del consulente d’ufficio sono state respinte dalla Corte di
merito, la quale, dopo aver dato atto del carattere coerente, lineare ed
esaustivo della relazione peritale (la quale aveva tenuto conto di tutti
gli esiti del sinistro, riconducibili alla pluralità di fratture, al trauma
cranico commotivo emorragico e alla ipoacusia all’orecchio destro),
nonché della valutazione del danno in essa compiuta, ha osservato che
alle contestazioni del ricorrente era stata data congrua e logica
risposta, coerente con la documentazione sanitaria e con la situazione
emersa in sede di visita, anche avuto riguardo al tempo trascorso dal
sinistro e alla conseguente stabilizzazione del quadro clinico (cfr. pp. 7
e 8 della sentenza impugnata).
Il secondo e il terzo motivo di ricorso per cassazione sono pertanto
inammissibili, in quanto essi, attraverso la critica alle valutazioni e
conclusioni peritali recepite dalla sentenza impugnata, per un verso,
tendono a suscitare dalla Corte di legittimità un accertamento di merito
alternativo a quello compiuto dalla Corte di appello (e ad essa
insindacabilmente riservato); per altro verso, nel censurare la
motivazione con la quale lo stesso giudice del merito ha recepito le
conclusioni peritali, si traducono nella surrettizia veicolazione di un
vizio motivazionale non più deducibile alla stregua del medesimo
art.360 n. 5 cod. proc. civ. (da ultimo, in termini, Cass. 02/03/2023,
n. 6322).
4. Con il quarto motivo viene denunciata la «violazione e falsa
applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (principio della corrispondenza
tra il chiesto e il pronunciato) e dell’art. 113 [recte: 115] cod. proc.
civ. ( …”il giudice deve porre a fondamento della decisione … i fatti non
specificamente contestati”) circa la “personalizzazione” del danno».
5. Il quarto motivo è strettamente connesso col (e va pertanto
esaminato congiuntamente al) quinto motivo, con il quale, « sempre in
relazione alla “personalizzazione” del danno», viene denunciato
«l’omesso esame delle circostanze rilevate dall’appellante al riguardo,
fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti».
Il ricorrente, pur riconoscendo la corretta applicazione, da parte
della Corte di appello, dei riferimenti tabellari elaborati dal Tribunale di
Milano per il 2018 ai fini della liquidazione del danno (sebbene con
riferimento ad un danno biologico indebitamente stimato nella ridotta
misura del 12 per cento, anziché in quella del 30 per cento, che sarebbe
risultata da una adeguata valutazione degli esiti di tutte le lesioni
sofferte), si duole che il giudice del merito non abbia tenuto conto delle
circostanze di fatto che avrebbero giustificato una personalizzazione
del ristoro al fine di adeguarlo alla peculiarità del caso concreto e alle
effettive condizioni del danneggiato.
Tali circostanze, che sarebbero state debitamente allegate nel
giudizio di merito e non contestate dalle controparti, consisterebbero
nel fatto che egli, in quanto vedovo e senza familiari conviventi, da un
lato, sarebbe costretto a svolgere da solo le attività domestiche, rese
difficoltose dai postumi dei pregiudizi fisici conseguiti all’incidente;
dall’altro lato, avrebbe avuto, dall’ipoacusia, «un’incidenza maggiore
rispetto alla normalità, stante la difficoltà e la mancanza di prontezza
a sentire i segnali audio dei mezzi di comunicazione con terzi (telefono,
citofono), nonché il disagio relazionale che la suddetta mancanza di
udito comporta» (p. 18 del ricorso).
5.1. Anche il quarto e il quinto motivo sono inammissibili, atteso
che il ricorrente, pur prospettando una omessa pronuncia da parte del
giudice del merito – e dunque, postulando che esso giudice fosse stato
investito di una domanda autonomamente apprezzabile in ordine alla
“personalizzazione” del danno –, non indica specificamente l’atto
difensivo e/o il verbale di udienza nei quali i fatti posti a fondamento
di tale domanda (di cui si afferma, tra l’altro, la non contestazione ad
opera delle controparti) erano stati debitamente allegati, onde
consentire a questa Corte la verifica della effettività dell’allegazione,
nonché della ritualità e tempestività delle questioni prospettatevi.
Al contrario, i motivi in esame si limitano a dedurre, del tutto
genericamente, che lo «lo stato di vedovanza e solitudine [era] stato
ripetutamente evidenziato dal medesimo odierno ricorrente nei propri
atti difensivi a sostegno della propria richiesta di “personalizzazione”
del danno» (pp. 19 e 20 del ricorso).
Essi motivi sono dunque inammissibili, poiché, non essendo il vizio
di omessa pronuncia rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale
giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli
atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di
autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di
inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non
essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo
alla verifica degli stessi (in tal senso, recentemente, Cass. 14/10/2021,
n. 28072; in precedenza, tra le altre, Cass. 04/07/2014, n. 15367).
5.2. Al di là del rilievo di inammissibilità, per ragioni di completezza
può comunque osservarsi, ad abundantiam, che il quarto e il quinto
motivo sarebbero stati anche infondati, avuto riguardo al consolidato
principio – reiteratamente affermato da questa Corte – secondo il quale
la misura “standard” del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio
equitativo uniforme adottato negli uffici giudiziari di merito (nella
specie, le Tabelle milanesi) può essere incrementata dal giudice, con
motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di
conseguenze anomale o del tutto peculiari (tempestivamente allegate
e provate dal danneggiato), mentre le conseguenze ordinariamente
derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della
stessa età (quali, nella specie, le dedotte difficoltà nel compimento
delle quotidiane attività domestiche o le difficoltà relazionali
conseguenti all’ipoacusia) non giustificano alcuna “personalizzazione”
in aumento (tra le altre, Cass. 30/10/2018, n. 27482; Cass.
11/11/2019, n. 28988; Cass. 04/03/2021, n. 5865).
6. Con il sesto motivo viene denunciata la violazione dell’art. 91
cod. proc. civ..
Il ricorrente deduce che l’ammontare dei compensi liquidatigli dalla
sentenza impugnata a titolo di spese per il doppio grado di merito,
concernenti il rapporto processuale intercorso con il convenuto
soccombente, (OMISSIS) (pari ad Euro 4.700,00 al netto degli
esborsi), sarebbe inferiore al limite minimo previsto nei parametri
tabellari per la liquidazione dei compensi per la professione forense,
stabiliti dal d.m. n.55 del 2014, aggiornati con il d.m. n. 37 del 2018,
avuto riguardo al valore della controversia.
6.1. Questo motivo è fondato.
Avuto riguardo al criterio del decisum (Cass. 22/03/2022, n. 9237)
– e tenuto conto, quindi, dello scaglione da Euro 26.001 a Euro 52.000,
in base al d.m. n. 55 del 2014, applicabile ratione temporis – alla parte
vittoriosa sarebbe spettato, per il primo grado, un compenso variabile
da un minino di Euro 3.972 ad un massimo di Euro 13.402 (medio:
Euro 7.254); per il secondo grado, un compenso variabile da un minimo
di Euro 5.338 ad un massimo di Euro 17.707 (medio: Euro 9.515).
Secondo un orientamento ripetutamente espresso da questa Corte
– a cui il Collegio intende dare continuità –, in tema di liquidazione delle
spese processuali, ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del
potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo,
non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a
parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa
allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente
gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano
controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di
questo (Cass.10/05/2019, n. 12537; Cass. 13/07/2021, n. 19989).
Nel caso di specie, la statuizione sulle spese del rapporto
processuale tra il Marchese Ragona e l’(OMISSIS), emessa dalla Corte di
appello, è illegittima perché non risulta giustificato lo scostamento al
disotto del limite minimo liquidabile.
Il sesto motivo di ricorso deve dunque essere accolto.
7. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto.
Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa
Corte può decidere la causa nel merito, statuendo che l’importo oggetto
della condanna nelle spese processuali, emessa a carico di (OMISSIS)
e in favore di (OMISSIS) con la sentenza
impugnata, va liquidato nella misura di Euro 7.254,00 per il primo
grado di giudizio e nella misura di Euro 9.515,00 per il grado di appello,
ferma la somma già liquidata nella predetta sentenza a titolo di esborsi,
nonché gli accessori ivi pure riconosciuti.
Deve aggiungersi che da tali importi deve essere detratto quello di
Euro 8.157,00 della cui corresponsione da parte della
(OMISSIS) è stato dato debitamente atto in ricorso.
8. Avuto riguardo all’esito della controversia, le spese del giudizio
di cassazione possono essere integralmente compensate tra il
ricorrente e le parti controricorrenti, mentre non vi è luogo a
provvedere su quelle relative ai rapporti processuali facenti capo alle
parti restate intimate, che non hanno svolto difese in sede di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigetta il primo e
dichiara inammissibili il secondo, il terzo, il quarto e il quinto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e,
decidendo nel merito, statuisce che l’importo oggetto della condanna
nelle spese processuali, emessa a carico di (OMISSIS) e in favore di
(OMISSIS) con la sentenza impugnata, va
liquidato nella misura di Euro 7.254,00 per il primo grado di giudizio e
nella misura di Euro 9.515,00 per il grado di appello, ferma la somma
già liquidata nella predetta sentenza a titolo di esborsi nonché gli
accessori ivi pure riconosciuti.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il
30 marzo 2023.