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Cassazione Civile 11115/2020 – Contratto di assicurazione – Reticenza dell’assicurato

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Ordinanza 11115/2020

  

Contratto di assicurazione – Reticenza dell’assicurato – Condizioni

In tema di contratto di assicurazione, la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento allorché si verifichino simultaneamente tre condizioni: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave; c) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell’assicuratore. L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di tali condizioni, che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto dell’inoperatività della garanzia assicurativa, è a carico dell’assicuratore.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza, 10 giugno 2020,  n. 11115   (CED Cassazione 2020)

Art. 1892 cc (Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

L’avvocato Ma. Am. venne convenuta in giudizio, ai fini del risarcimento dei danni, dalla curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., dalla quale aveva ricevuto mandato professionale per azione revocatoria (nei confronti dell’allora (OMISSIS) S.p.a.) non andata a buon fine proposta al Tribunale di Siracusa, quale giudice competente in quanto la procedura concorsuale era ivi radicata.

L’avvocato Am. chiamò in giudizio, su autorizzazione del Tribunale di Siracusa, la propria assicurazione (As. S.p.a.).

Il Tribunale escluse che sussistessero profili risarcitori con riferimento all’esito della revocatoria, ma li ritenne in ordine al ritardo con cui venne comunicato alla curatela l’esito del giudizio, così da precludere l’appello e condannò l’avvocato Am. alla corresponsione di oltre sessantamila euro, rigettando la richiesta di manleva nei confronti della Compagnia assicuratrice.

L’avvocato Am. ha, dopo la sentenza di primo grado, concluso una transazione con la curatela ed ha impugnato il solo capo di detta sentenza relativo al rigetto della domanda di manleva nei confronti della sua assicurazione.

La Corte di Appello di Catania, con la sentenza n. 01574/2018, ha ritenuto che il contratto di assicurazione originario tra l’avvocato Am. e la Compagnia assicuratrice fosse stato integrato e non nuovamente concluso nel novembre del 2008, con la conseguenza che l’avvocato Am. non poteva essere ritenuta reticente ai sensi dell’art. 1892, comma 1, cod. civ. al momento della conclusione del contratto, risalente al 2003 e ne ha accolto, pertanto, la domanda di garanzia nei confronti dell’As. S.p.a.

Avverso la sentenza d’appello propone ricorso, con atto affidato a quattro motivi, l’As. S.p.a.

Resiste con controricorso l’avvocato Am. .

Il P.G non ha presentato conclusioni.

Le parti non hanno depositato memorie per l’adunanza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Il primo mezzo censura la sentenza d’appello ai sensi dell’art.360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 112 cod. proc. civ. per non avere la Corte d’appello esaminato l’eccezione, proposta in primo grado e rimasta assorbita, di dolo della professionista, nell’adempimento del mandato professionale nella causa di revocatoria fallimentare affidatale dalla curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l.

1.2. L’assunto è infondato: la sentenza di primo grado ha ritenuto inadempiente l’avvocato Am.  in punto di mancata comunicazione alla Curatela Fallimentare, in tempo ‘utile per impugnare, della sentenza di rigetto della domanda di revocatoria fallimentare e la Corte di Appello di Catania, nella sentenza qui in scrutinio, ha recepito detta statuizione, radicando l’evento di danno rilevante nell’omissione, in tempo utile per l’esercizio del potere di impugnazione, della comunicazione dell’esito del giudizio. Sul punto la sentenza d’appello, pur non facendo espresso riferimento alla prospettazione del dolo, ha ribadito il convincimento del Tribunale, rilevando che «…il comportamento difensivo dell’appellante non ha influito sugli esiti del giudizio, la cui responsabilità è da addebitare all’inconsistenza delle prove messe a disposizione della curatela, né sono state fornite dalla compagnia assicurativa prove che possano fare diversamente ritenere.» Il primo motivo è infondato.

  1. Il secondo motivo censura la sentenza d’appello per violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 1892 e 2909 cod. civ. ed assume che il giudice di appello ha errato in quanto ha confuso il rischio assicurato ed il danno civilistico e non ha, quindi, ritenuto rilevante ogni informazione che era stata fornita dall’assicurato all’assicuratore al momento della conclusione del contrato e, quindi, nel caso di specie, trattandosi di contratto stipulato nel maggio del 2003 venivano in rilievo le omissioni informative da parte dell’avvocato Am. relative al suo comportamento processuale nel corso del giudizio di revocatoria fallimentare.

2.1. Il motivo non coglie nel segno: a parte quanto rilevato con riferimento al precedente motivo, dell’ininfluenza del comportamento processuale dell’avvocato Am. sull’esito della lite, negativo per la curatela ed imputato dal Tribunale di Siracusa alla scarsità del materiale probatorio documentale fornito dalla curatela, deve rilevarsi che la sentenza conclusiva del giudizio di revocatoria intervenne nel dicembre del 2003, ossia dopo quasi sette mesi dalla stipula del contratto di assicurazione contro i danni e, come icasticamente osservato dalla Corte territoriale «…pertanto, a quella data, certamente, la Am. non poteva essere a conoscenza degli esiti del giudizio».

Giova evidenziare, altresì, per completezza motivazionale, che la deduzione di un comportamento doloso da parte dell’assicurato impone anche che l’assicuratore deduca in quale modo il proprio consenso sia stato determinato da detto comportamento (Cass. n. 16769 del 21/07/2006 Rv. 591763 – 01): «In tema di contratto di assicurazione, la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento allorché si verifichino simultaneamente tre condizioni: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave; c) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell’assicuratore. L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di tali condizioni, che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto dell’inoperatività della garanzia assicurativa, è a carico dell’assicuratore».

La deduzione del motivo di legittimità è del tutto carente da detto punto di vista.

Il motivo è, inoltre, del tutto manchevole laddove assume che nel novembre 2008 la Am. avrebbe concluso un nuovo contratto di assicurazione, sostitutivo di quello precedente: l’assunto non convince e si scontra con l’esaustiva e logica motivazione della Corte di Appello che ha evidenziato, richiamando correttamente l’art. 1362 cod. civ., come dal comportamento delle parti, consistito nel pagamento, il primo dicembre 2008, della sola somma integrativa di euro trecentoventisei e senza mutamento della la scadenza, che rimase quella, prorogata di un anno, prevista dalla polizza originaria, risultava che le parti avevano deciso di integrare l’originario contratto e non di stipularne uno nuovo e diverso, con la conseguenza che l’unico comportamento della professionista legale del quale doveva essere valutata la correttezza era quello relativo alla stipulazione originaria del contratto di assicurazione, risalente al maggio 2003. Il secondo motivo è infondato.

  1. Il terzo mezzo torna sull’omissione di pronuncia relativamente alla prospettazione difensiva, in appello, relativa alla transazione stipulata dall’avvocato Am. con la curatela del Fallimento della (OMISSIS) S.r.l.

3.1. Il mezzo è inammissibile per un duplice ordine di considerazioni: l’As. S.p.a. non aveva proposto alcun appello incidentale avverso la sentenza di prime cure, nella parte in cui asseritamente ne chiedeva la rivalutazione (ciò risulta implicitamente dalla stessa prospettazione del terzo mezzo, in quanto non vi si fa in alcun modo menzione di un’impugnazione incidentale di merito e richiamando, a pag. 28 del ricorso, le pagg. 25, 26, 27, 28 e 29 della comparsa di costituzione e risposta in appello non si accenna minimamente ad eventuale appello incidentale) e, inoltre, per palese carenza di interesse in quanto il raggiungimento di una transazione da parte dell’assicurato, mediante la quale questi versa una somma inferiore a quella che sarebbe tenuto a versare in forza di un titolo giudiziale è normalmente evento favorevole all’assicuratore Il mezzo, inoltre, richiama, per sostenere la ragione d’impugnazione, un precedente di questa Corte (Cass. n. 03969 del 13/03/2012 Rv. 622051 – 01) non del tutto pertinente e che anzi, nella massima ufficiale (predisposta dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo di questa Corte) lascia propendere, pur nella diversità di fattispecie (nella sentenza massimata non vi era stata alcuna transazione) per una diversa, e sfavorevole alla compagnia assicuratrice, conclusione: «Il terzo chiamato in garanzia impropria, come è legittimato a svolgere le sue difese per contrastare non solo la domanda di manleva, ma anche quella proposta dall’attore principale, così può autonomamente impugnare le statuizioni della sentenza di primo grado relative al rapporto principale, sia pure al solo fine di sottrarsi agli effetti riflessi che la decisione spiega sul rapporto di garanzia».

In breve: la As. S.p.a. avrebbe potuto, e dovuto, interporre impugnazione incidentale, di merito.

Il terzo motivo è, pertanto, inammissibile

  1. Il quarto mezzo censura la sentenza d’appello per mancata statuizione sulla franchigia contrattuale di euro cinquecento.

4.1. Il mezzo è inammissibile, non risultando in alcun modo dove e quando, nelle precedenti fasi del giudizio di merito la questione sia stata posta.

  1. Il ricorso è, pertanto, rigettato.

5.1. Le spese di lite restano regolate dal principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

5.2. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 5.600,00 oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15% oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 17 gennaio 2020.

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