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Cassazione Civile 11171/2016 – Accertamento tributario – Raddoppio dei termini per l’accertamento tributario  

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Ordinanza 11171/2016

Accertamento tributario – Raddoppio dei termini per l’accertamento tributario  

In tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011.

Cassazione Civile, Sezione 6, Ordinanza 30 maggio 2016, n. 11171  (CED Cassazione 2016)

 

 

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato ad unico motivo, nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. (che resiste con controricorso) per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – nella controversia concernente l’impugnazione dell’avviso di accertamento per IRES, IVA ed IRAP relative all’anno di imposta 2006 – aveva confermato la decisione di primo grado favorevole alla contribuente.

In particolare, il Giudice di appello, nel rigettare il gravame proposto dall’Agenzia delle Entrate, rilevava che l’Ufficio, non avendo prodotto copia della denuncia penale, aveva impedito la verifica della sussistenza dei presupposti per il cosiddetto “raddoppio dei termini”, ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000.

A seguito di deposito di relazione ex articolo 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Preliminarmente va rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente.

In atti, infatti, risulta ritualmente depositata copia della sentenza impugnata con la relativa notificazione.

Con l’unico motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 43, Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3 e dell’articolo 331 c.p.p., laddove il Giudice di appello aveva confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato (già statuito dal primo Giudice), sulla base dell’erroneo presupposto che lo stesso fosse stato emesso tardivamente, rendendo inapplicabile del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 43; mentre gli elementi obiettivi tali da rendere obbligatoria la denuncia penale per i reati previsti dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, emergevano, con evidente chiarezza, dallo stesso processo verbale di constatazione e dalla motivazione dell’avviso di accertamento.

La censura è fondata. Ai fini del raddoppio dei termini in questione, per come disposto dal Decreto Legge n. 223 del 2006, articolo 37, comma 24, convertito nella L. n. 248 del 2006, che ha modificato del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 43, comma 3 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 57, comma 2 bis (nei testi applicabili ratione temporis), non è necessaria l’effettiva presentazione della denuncia (nè tanto meno la produzione di questa in giudizio).

Come, infatti, statuito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 247/2011), l’unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicchè “il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale” ed “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento”.

Nel caso in esame, il Giudice di appello, ritenendo non documentati l’effettivo inoltro della denuncia penale e l’avvio dell’azione penale, circostanze queste non necessarie ai fini che qui ci occupano, ha omesso di compiere l’accertamento, nel concreto richiestogli, delle condizioni legittimanti l’eventuale raddoppio dei termini di decadenza dall’azione accertatrice.

Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio, anche per il regolamento delle spese processuali, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese processuali, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione.