Ordinanza 1121/2022
Opposizione a decreto ingiuntivo – Declinatoria di competenza territoriale ad opera del giudice dell’opposizione – Conseguenze
La sentenza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dichiara l’incompetenza territoriale non comporta anche la declinatoria della competenza funzionale a decidere sull’opposizione ma contiene necessariamente, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità e di revoca del decreto stesso, sicché quello che trasmigra innanzi al giudice “ad quem” non è più una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, bensì un ordinario giudizio di cognizione concernente l’accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio. In tale giudizio riassunto è, pertanto, ammissibile l’istanza di autorizzazione alla chiamata del terzo, seppur non avanzata in precedenza, potendo la riassunzione cumulare in sé anche la funzione introduttiva di un nuovo giudizio e non traducendosi ciò in una violazione del contraddittorio, in quanto il chiamato non resta assoggettato alle preclusioni e alle decadenze eventualmente già maturate nella precedente fase del giudizio.
Cassazione Civile, Sezione 6-1, Ordinanza 14-1-2022, n. 1121 (CED Cassazione 2022)
Art. 645 cpc (Opposizione a decreto ingiuntivo) – Giurisprudenza
Art. 38 cpc (Incompetenza) – Giurisprudenza
Art. 50 cpc (Riassunzione della causa) – Giurisprudenza
RILEVATO
che con sentenza dell’11 agosto 2005 il Tribunale di Torino dichiaro’ la propria incompetenza per territorio in ordine all’opposizione proposta dal Consorzio (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo n. 30377/04, emesso il 20 gennaio 2004, con cui, su ricorso dell’ (OMISSIS) S.p.a., in qualità di capogruppo del Raggruppamento Temporaneo d’Imprese costituito con la (OMISSIS) S.p.a., la (OMISSIS) – (OMISSIS) S.r.l. e l’impresa (OMISSIS), era stato intimato all’opponente il pagamento della somma di Euro 947.812, 75, oltre interessi, a titolo di corrispettivo dei lavori di costruzione della tratta autostradale (OMISSIS), lotto (OMISSIS), affidati alle ricorrenti con contratto di appalto del 4 luglio 1998;
che il giudizio fu riassunto dall’ (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Messina, dichiarato competente, il quale, dopo aver autorizzato la chiamata in causa della (OMISSIS) S.p.a., su istanza del Consorzio, con sentenza del 25 gennaio 2017 accolse la domanda, condannando il Consorzio al pagamento della somma richiesta con il ricorso per decreto ingiuntivo e la Banca alla rivalsa in favore del Consorzio;
che l’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) S.p.a., in qualità di avente causa della (OMISSIS), è stata accolta dalla Corte d’appello di Messina, che con sentenza del 1 ottobre 2020 ha dichiarato inammissibile, in quanto tardiva, la domanda di rivalsa, dichiarando altresi’ inammissibile l’appello incidentale proposto dal Consorzio;
che avverso la predetta sentenza il Consorzio ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, al quale hanno resistito con controricorsi la Banca (OMISSIS) e la (OMISSIS) – (OMISSIS) S.p.a. (già (OMISSIS));
che la Banca (OMISSIS) ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che con il primo motivo d’impugnazione il Consorzio denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 50 c.p.c. e dell’art. 167 c.p.c., comma 3, dell’art. 125 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, pur avendo ritenuto ammissibile la proposizione di domande nuove con l’atto di riassunzione, ha reputato tardiva la chiamata in causa della Banca, in tal modo negando la predetta facoltà alla parte convenuta, senza peraltro considerare che la dichiarazione d’incompetenza era stata pronunciata in limine litis, con la conseguenza che non potevano ritenersi maturate le preclusioni endoprocessuali, operanti esclusivamente in sede di riassunzione;
che con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 Cost., sostenendo che la dichiarazione d’inammissibilità della chiamata in causa si pone in contrasto con i principi di economia dei mezzi processuali e di ragionevole durata del processo, in quanto determina un’inutile proliferazione di giudizi, con conseguente spreco di attività processuali;
che non meritano accoglimento le eccezioni d’inammissibilità dell’impugnazione, sollevate dalla difesa della Banca in relazione all’asserito difetto di autosufficienza e specificità del ricorso ed alla conformità della sentenza impugnata ad un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità;
che, ai fini dell’osservanza del principio di autosufficienza del ricorso, è infatti necessario che l’atto contenga tutti gli elementi necessari a porre il Giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto e di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (cfr. Cass., Sez. I, 31/07/2017, n. 19018; Cass., Sez. VI, 3/02/2015, n. 1926);
che il rispetto del principio di specificità esige invece per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonchè l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia (cfr. Cass., Sez., lav., 18/08/2020, n. 17224; Cass., Sez. III, 19/08/2009, n. 18421);
che i predetti canoni risultano adeguatamente soddisfatti dal ricorso in esame, nel quale l’illustrazione dei motivi è accompagnata dalla trascrizione delle argomentazioni svolte dalla Corte d’appello a fondamento della ritenuta inammissibilità della chiamata in causa, il cui confronto con le ragioni addotte a sostegno dell’impugnazione, anche alla luce della ricostruzione della vicenda processuale contenuta nella narrativa del ricorso, consente d’individuare senza incertezze la questione sottoposta all’esame di questa Corte e di comprendere immediatamente il contenuto delle doglianze sollevate;
che anche le ragioni dell’impugnazione appaiono chiaramente esplicitate, sostanziandosi nel richiamo al medesimo orientamento giurisprudenziale citato a sostegno della decisione impugnata, del quale il ricorrente fa valere l’inesatta applicazione, in relazione all’asserita erroneità delle conseguenze che la Corte d’appello ha ritenuto di dover trarre dai principi enunciati dal Giudice di legittimità, ed al contrasto delle conclusioni cui è pervenuta con i principi del giusto processo;
che l’ammissibilità dell’impugnazione non puo’ essere esclusa neppure in relazione all’asserita conformità della decisione impugnata alla giurisprudenza di legittimità, non risultando sufficiente, a tal fine, che il giudice di merito abbia risolto le questioni giuridiche affrontate mediante l’applicazione di principi di diritto enunciati da questa Corte, ma occorrendo che anche le conseguenze che ne ha tratto appaiano logicamente e giuridicamente congruenti con i predetti principi, nonchè coerenti con il quadro normativo e giurisprudenziale in cui gli stessi si inseriscono;
che irrilevante, ai fini dell’ammissibilità delle censure, risulta infine la circostanza che il primo motivo, pur riflettendo la violazione di norme processuali, sia stato proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 anzichè n. 4 ed il secondo abbia ad oggetto direttamente la violazione dell’art. 111 Cost., non rivestendo la rubrica portata vincolante ai fini della qualificazione del vizio denunciato, chiaramente desumibile dalle argomentazioni svolte (cfr. Cass., Sez. V, 23/05/2018, n. 12690; 3/08/2012, n. 14026), il cui riferimento agl’istituti disciplinati dalle altre norme indicate consente agevolmente di individuare in queste ultime l’oggetto della violazione attraverso cui si è consumata la dedotta lesione dei principi del giusto processo;
che i motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, sono fondati;
che, a fondamento della decisione, la Corte territoriale ha correttamente richiamato il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in caso di riassunzione del giudizio ai sensi dell’art. 50 c.p.c., a seguito di una pronuncia di incompetenza, è ammissibile la proposizione di una domanda nuova in aggiunta a quella originaria, dal momento che la particolare funzione dell’istituto della riassunzione, consistente nella conservazione degli effetti sostanziali della litispendenza, non è di ostacolo a che il relativo atto cumuli in sè la domanda introduttiva di un nuovo giudizio, a condizione che sia rispettato il contraddittorio, tanto piu’ che, ove la nuova domanda fosse ritenuta inammissibile, la necessità di introdurre, per questa ultima, un nuovo giudizio, da riunire al precedente, si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (cfr. Cass., Sez. III, 8/01/2016, n. 132; 10/07/2014, n. 15753; Cass., Sez. II, 5/01/2011, n. 223);
che la predetta facoltà è stata riconosciuta non solo all’attore, ma anche al convenuto, in ossequio al principio della parità dei diritti delle parti, con la conseguente affermazione dell’ammissibilità di una domanda riconvenzionale proposta per la prima volta in sede di riassunzione (cfr. Cass., Sez. III, 18/01/ 2006, n. 821), e con la precisazione che, limitatamente al diverso petitum ed alla diversa causa petendi della domanda nuova, l’atto di riassunzione viene a configurarsi a tutti gli effetti come atto introduttivo di un nuovo giudizio, rispetto al quale non possono ritenersi operanti gli effetti endoprocessuali che discendono dalla translatio (cfr. Cass., Sez. lav., 22/07/2016, n. 15223; Cass., Sez. III, 17/05/2005, n. 10335);
che i predetti principi devono ritenersi applicabili anche alla chiamata in causa del terzo, la quale, pur comportando l’estensione del contraddittorio ad un soggetto diverso dalle parti originarie, nei confronti del quale viene proposta una domanda nuova, ancorchè connessa a quella principale, e provocando dunque un ampliamento non solo oggettivo, ma anche soggettivo del giudizio, non si traduce in una violazione delle garanzie difensive del chiamato, in quanto quest’ultimo, facendo ingresso per la prima volta nel giudizio soltanto a seguito della riassunzione, non resta assoggettato alle preclusioni e alle decadenze eventualmente determinatesi tra le parti originarie nella precedente fase del giudizio;
che la chiamata del terzo deve ritenersi ammissibile anche nel caso in cui, come nella specie, la riassunzione abbia avuto ad oggetto un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, dal momento che, come ripetutamente affermato da questa Corte, la sentenza con cui il giudice dell’opposizione abbia dichiarato l’incompetenza territoriale di quello che ha emesso il decreto non comporta la declinatoria della competenza funzionale ed inderogabile di quest’ultimo a decidere sull’opposizione, ma contiene, ancorchè implicita, la declaratoria di invalidità del decreto ingiuntivo, con la conseguenza che la tempestiva riassunzione del giudizio dinanzi al giudice dichiarato competente non puo’ essere riferita alla causa di opposizione al decreto, che ormai non esiste piu’, ma costituisce un nuovo atto di impulso di un ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto la medesima domanda proposta con il ricorso in sede monitoria (cfr. Cass., Sez. I, Cass., 5/05/2016, n. 9022; 26/01/2016, n. 1372; Cass., Sez. II, 9/11/2004, n. 21297), nel quale le parti possono dunque esercitare tutte le facoltà difensive loro riconosciute;
che nel caso in esame, d’altronde, la trattazione vera e propria del giudizio ha avuto inizio, anche tra le parti originarie, soltanto a seguito della riassunzione dinanzi al Tribunale di Messina, essendo stata l’incompetenza dichiarata dal Tribunale di Torino ancor prima della fissazione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 5, nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, con la conseguenza che il terzo chiamato è stato messo in condizione di poter liberamente dispiegare le proprie difese;
che la sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’accoglimento delle censure proposte dal ricorrente, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Messina, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 18/11/2021