Ordinanza 11212/2019
Risarcimento del danno non patrimoniale – Ricorso alla prova presuntiva del danno
Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza gravata che aveva ritenuto insussistente o, comunque, pienamente ristorato con il riconoscimento del danno biologico proprio, il danno cosiddetto parentale patito dalla ricorrente per le lesioni subite dal convivente a seguito di un sinistro, omettendo di considerare l’entità non lieve delle lesioni personali riportate dal danneggiato, quantificate al 79%, e la relativa incidenza sull’ambito dinamico-relazionale della stessa ricorrente).
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 24 aprile 2019, n. 11212 (CED Cassazione 2019)
Articolo 2043 c.c. annotato con la giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
Adito da (OMISSIS) il Tribunale di Milano condannò (OMISSIS) S.p.a. e (OMISSIS) al pagamento di Euro 22.000,00 a titolo di danno biologico per effetto della situazione venutasi a creare a seguito dell’incidente occorso al convivente, poi marito, della (OMISSIS), (OMISSIS).
La Corte di appello territoriale confermò la decisione del primo giudice ritenendo non esservi lesione del rapporto parentale suscettibile di valutazione in termini di compensazione mediante posta risarcitoria, atteso che il (OMISSIS) era macroleso ma comunque conservava una sua autonomia, potendo guidare un’auto (sebbene modificata), procreare e lavorare.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano ricorre per cassazione con quattro motivi (OMISSIS).
Resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.a.
(OMISSIS) è rimasto intimato.
La ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale.
Non sono pervenute conclusioni dal Procuratore Generale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo censura la sentenza d’appello ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli articoli 1223, 1226, 2043, 2056 e 2959 c.c., articoli 29 e 30 Cost. per avere la Corte territoriale affermato che il risarcimento del danno in favore della (OMISSIS) sulla base della consulenza tecnica di ufficio, e del relativo accertamento del solo danno biologico, era interamente satisfattivo.
Il secondo motivo fa valere ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 vizi in relazione agli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., articoli 2697 e 2721 c.c. e segg., per avere i giudici del merito ritenuto irrilevanti le prove testimoniali dedotte ai fini della dimostrazione del danno patito dalla (OMISSIS).
Il terzo mezzo impugna la sentenza della Corte di Milano ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per erronea applicazione del ragionamento logico-presuntivo ed in relazione al giudizio di causalità giuridica, con riferimento al danno da lesione del rapporto parentale.
Il quarto motivo è fatto valere sulla base dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., 2043, 2697 e 2721 e segg. c.c. per violazione dello schema legale della presunzione semplice per avere ritenuto l’irrilevanza della prova orale ai fini della dimostrazione della cd. perdita di chance.
Il primo motivo del ricorso è fondato, per quanto di seguito esposto.
È incontroverso che (OMISSIS) e (OMISSIS) convivessero prima del matrimonio.
La sentenza del Tribunale di Milano aveva riconosciuto in favore di (OMISSIS) il risarcimento del danno biologico subito per effetto della situazione venutasi a creare a seguito dei gravi postumi riportati dal suo compagno, successivamente coniuge, (OMISSIS), liquidandolo, sulla base della consulenza tecnica di ufficio espletata in corso di causa sulla base dell’otto per cento e quindi, in complessivi Euro 22.024,00
La sentenza d’appello in questa sede impugnata ha affermato, alla pag. 4, che “…in sede di c.t.u. espletata in primo grado sulla persona dell’attrice non è stata riconosciuta alcuna lesione della specifica capacità di lavoro sulla medesima, e quindi non può esserle riconosciuto alcun ristoro per questo titolo, neppure essendo allegato e provato il relativo danno”.
Nel prosieguo la motivazione della sentenza d’appello afferma, alla pag. 6: “Ad avviso di questo Collegio, tuttavia, l’innegabile sconvolgimento della vita di coppia provocato dal sinistro di cui fu vittima (OMISSIS) non assurge a una gravità tale da integrare quella lesione del rapporto parentale contemplata nelle tabelle dell’Osservatorio quale pregiudizio suscettibile di ristoro. Quest’ultimo pregiudizio, infatti, riguarda le situazioni in cui un componente del nucleo familiare si trovi in condizioni di salute così gravemente compromesse da ledere in modo estremamente pesante il rapporto parentale, e deriva dall’esigenza di offrire effettiva tutela ai congiunti del macroleso” e, in conclusione, la pronuncia in scrutinio afferma che “è più che verosimile che la vita dell’appellante sia oggi priva di quella serenità che la caratterizzava prima del sinistro, tanto da aver comportato un pregiudizio nella sua sfera psichica, pregiudizio che però – rileva questo Collegio – risulta essere stato completamente ristorato con il riconoscimento del danno biologico”.
Le dette affermazioni, tenuto conto del riscontrato grado di invalidità di (OMISSIS) convivente, all’epoca dell’incidente, e poi coniuge della (OMISSIS), non sono logiche, in quanto (OMISSIS) è risultato, circostanza incontestata, affetto da postumi del settantanove per cento e la motivazione della Corte territoriale non valuta in alcun modo se detta elevata percentuale di postumi permanenti abbia avuto incidenza sull’ambito dinamico-relazionale della (OMISSIS), limitandosi ad affermare che circostanze quali la possibilità di continuare a guidare l’auto, lavorare e di procreare (avendo la coppia (OMISSIS)- (OMISSIS) procreato un figlio dopo l’incidente occorso all’uomo) sarebbero di per sè elidenti di qualsivoglia pregiudizio nella sfera psichica della (OMISSIS), o, quantomeno, sarebbero interamente ristorante dal riconoscimento del danno biologico proprio, in misura pari all’otto per cento.
La motivazione offerta dalla sentenza in scrutinio non soddisfa i requisiti di accertamento e valutazione in tema di danno cd. parentale di recente ribaditi da questa Corte, in fattispecie di danno parentale e con riferimento ad ipotesi in cui le vittime cd. secondarie allegavano pregiudizi derivanti dal peggioramento della loro situazione a seguito delle gravi lesioni riportate da loro stretto congiunto (Cass. n. 23469 del 28/09/2018): “In tema di risarcimento del danno non patrimoniale, in assenza di lesione alla salute, ogni vulnus arrecato ad altro valore costituzionalmente tutelato va valutato ed accertato, all’esito di compiuta istruttoria, in assenza di qualsiasi automatismo, sotto il duplice aspetto risarcibile sia della sofferenza morale che della privazione, ovvero diminuzione o modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal danneggiato, cui va attribuita una somma che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito sotto entrambi i profili, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche.” e (Cass. n. 02788 del 31/01/2019, che ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto non provato il danno non patrimoniale patito dal marito per le lesioni subite dalla moglie a seguito di un intervento chirurgico, senza considerare in particolare, l’entità non lieve delle lesioni personali riportate dalla danneggiata, quantificate al trenta per cento, in conseguenza delle quali le era stato riconosciuto un danno alla vita di relazione, in specie sessuale): “Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta.”.
Il primo motivo di ricorso è, pertanto, accolto.
L’accoglimento del primo mezzo comporta assorbimento dei restanti.
La sentenza impugnata è, pertanto, cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà a deciderla sulla base di quanto statuito.
Al giudice del rinvio è demandato di provvedere anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1, deve darsi atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione che provvederà anche sulle spese di questo grado di giudizio.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 21 febbraio 2019.