Ordinanza 11241/2022
Opposizione all’esecuzione – Chiusura anticipata del processo esecutivo – Provvedimenti conseguenti del giudice dell’esecuzione
Quando il giudice dell’esecuzione, in seguito ad un’opposizione ex art. 615 c.p.c., rileva, anche d’ufficio, i presupposti per una chiusura anticipata del processo esecutivo, deve – sentite le parti – dichiarare improseguibile l’esecuzione forzata e disporre la liberazione dei beni (a meno che non sia già intervenuta l’aggiudicazione o l’assegnazione) e, nell’espropriazione immobiliare, ordinare la cancellazione della trascrizione del pignoramento, nonché provvedere, ex art. 632 c.p.c., sulle spese dell’esecuzione in favore del debitore (se assistito con difesa tecnica), mentre i costi del processo esecutivo restano automaticamente a carico del creditore ex art. 95 c.p.c.; lo stesso giudice non può, invece, pronunciarsi sull’eventuale istanza di sospensione del processo esecutivo, dato che la sua chiusura rende superflua ogni statuizione a riguardo, ma è comunque tenuto a fissare il termine perentorio per introdurre il giudizio di merito, che non risente della disposta chiusura della procedura.
Chiusura anticipata (cd. “estinzione atipica”) del processo esecutivo – Reclamo – Inammissibilità – Opposizione agli atti esecutivi
È inammissibile il reclamo ex art. 630 c.p.c. per impugnare il provvedimento di chiusura anticipata (cd. “estinzione atipica”) del processo esecutivo, il quale è assoggettato esclusivamente al rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.; la predetta inammissibilità non è suscettibile di sanatoria, né il reclamo può essere riqualificato in opposizione agli atti esecutivi, sia per l’impossibilità di attribuire alla domanda una qualificazione diversa da quella espressamente voluta dalla parte, sia per la destinazione dell’atto al collegio (anziché al giudice dell’esecuzione), sia per la struttura necessariamente bifasica dell’opposizione ex art. 617 c.p.c..
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 6-4-2022, n. 11241 (CED Cassazione 2022)
Art. 615 cpc (Opposizione all’esecuzione) – Giurisprudenza
Art. 617 cpc (Opposizione agli atti esecutivi) – Giurisprudenza
Art. 624 cpc (Sospensione per opposizione all’esecuzione) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1. Nella procedura esecutiva promossa nei confronti della (OMISSIS) S.r.l. la creditrice (OMISSIS), sulla scorta di un’ordinanza del Tribunale di Vicenza resa all’esito di un giudizio sommario di cognizione, aveva pignorato – in data 12-13/10/2017 – i crediti vantati dalla debitrice nei confronti della (OMISSIS) S.r.l..
2. La Corte d’appello di Venezia, con decreto del 10/10/2017, poi confermato il 30/10/2017, aveva sospeso l’efficacia esecutiva del titolo azionato dalla (OMISSIS).
3. La (OMISSIS) proponeva, dunque, opposizione all’esecuzione domandando la declaratoria di inefficacia del pignoramento, in quanto compiuto dopo la sospensione dell’esecutorietà del titolo; la (OMISSIS) contestava tale domanda sostenendo che la sospensione fosse subordinata alla notifica del decreto, avvenuta soltanto il 16/10/2017.
4. Il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza dell’8-9/5/2018, osservava che il creditore era privo di un efficace titolo esecutivo al momento del pignoramento, in quanto l’effetto sospensivo si era prodotto col deposito in cancelleria del decreto della Corte d’appello, e – pur dando termine per l’introduzione del giudizio di merito – definiva il processo di esecuzione dichiarando inefficace l’atto di pignoramento e liberando dal vincolo le somme pignorate.
5. La (OMISSIS) qualificava la predetta ordinanza quale provvedimento di estinzione “tipica” della procedura e, il 29/5/2018, proponeva reclamo a norma dell’art. 630 c.p.c., mezzo del quale la (OMISSIS) eccepiva l’inammissibilità.
6. Il Tribunale di Vicenza, con ordinanza del 17/9/2018, accoglieva il reclamo e disponeva la sospensione del processo esecutivo, assegnando un termine di 30 giorni per introdurre il giudizio di merito; riteneva il giudice di primo grado che fosse illegittimo il provvedimento di chiusura adottato dal giudice dell’esecuzione (che si sarebbe dovuto limitare a sospendere cautelarmente la procedura), sicchè riformava la pronuncia di inefficacia del pignoramento e di liberazione del terzo pignorato.
7. La (OMISSIS) impugnava la decisione con appello ex art. 130 disp. att. c.p.c.; reiterava l’eccezione di inammissibilità del reclamo, in quanto proposto avverso un provvedimento di chiusura anticipata, non già di estinzione del processo.
8. Con la sentenza n. 726 del 27/2/2019, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’impugnazione, compensando le spese: la Corte territoriale, per quanto qui rileva, reputava tempestivo il reclamo nonostante il rifiuto dell’atto, inoltrato telematicamente, dovuto al mancato “agganciamento” al fascicolo della procedura; aggiungeva poi che la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, anche se intervenuta prima dell’inizio della procedura, non determina l’automatica inefficacia del pignoramento ciononostante compiuto, nè la chiusura del processo esecutivo; confermava, dunque, la correttezza della pronuncia del Tribunale di Vicenza che – in riforma di un provvedimento del giudice dell’esecuzione, esorbitante dai poteri attribuitigli nella fase endoesecutiva dell’opposizione – aveva accolto il reclamo; infine, rilevava che l’ordinanza con cui si dichiarava “definito il giudizio” poteva essere interpretata come declaratoria di estinzione del processo, giustificandosi così la proposizione del reclamo ex art. 630 c.p.c..
9. Avverso la suddetta sentenza la (OMISSIS) S.r.l. proponeva ricorso per cassazione (basato su un unico motivo), al quale resisteva con controricorso la (OMISSIS). Le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, si rileva che non ha partecipato al giudizio (neanche nel grado precedente) il terzo pignorato (OMISSIS) S.r.l., litisconsorte necessario (in proposito, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13533 del 18/05/2021, Rv. 661412-01).
La non integrità del contraddittorio derivante dalla pretermissione del terzo pignorato determina un vizio rilevabile d’ufficio anche per la prima volta in sede di legittimità e comporta, di regola, la cassazione della decisione impugnata con rinvio al giudice di merito.
Tuttavia, il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) impone al giudice di evitare soluzioni che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra le quali si deve includere anche una pronuncia di rimessione al giudice di merito per sentir pronunciare in quella sede la declaratoria di inammissibilità del mezzo di impugnazione (il reclamo ex art. 630 c.p.c.) esperito dalla (OMISSIS); tale statuizione si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, in quanto non giustificate dall’esigenza di garantire, nel rispetto del contraddittorio, l’esercizio del diritto di difesa e di assicurare la partecipazione di tutti gli interessati, incluso il litisconsorte pretermesso, ad un processo il cui esito è idoneo a produrre effetti nella loro sfera giuridica (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 37847 del 01/12/2021, Rv. 663431-01).
2. La (OMISSIS) deduce (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione dell’art. 484 c.p.c., art. 615 c.p.c., comma 2, art. 617 c.p.c., art. 630 c.p.c., comma 3, per avere i giudici di merito respinto l’eccezione di inammissibilità del reclamo ex art. 630 c.p.c., proposto avverso un’ordinanza che, inequivocabilmente, non dichiarava l’estinzione del processo esecutivo, bensì espressamente lo definiva con un provvedimento di chiusura anticipata della procedura, peraltro liberando il terzo pignorato. Nella tesi della ricorrente sarebbe dunque erronea la qualificazione del provvedimento del giudice dell’esecuzione fornita dalla Corte d’appello, che ha invece confermato la decisione del Tribunale di accogliere il reclamo ex art. 630 c.p.c..
3. La censura è fondata.
4. Il provvedimento del giudice dell’esecuzione di Vicenza che dichiarava inefficace l’atto di pignoramento e chiudeva il processo esecutivo, peraltro esplicitamente disponendo la liberazione del terzo, non può essere considerato quale provvedimento di estinzione “tipica”.
Infatti, come già statuito da questa Corte, “Nei casi in cui il giudice dell’esecuzione, esercitando il potere officioso, dichiari l’improcedibilità (o l’estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione) della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via nè sommaria nè provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, è impugnabile esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.; diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta perciò pendente, è impugnabile con reclamo ai sensi dell’art. 624 c.p.c.. Al fine di distinguere tra le due ipotesi, deve ritenersi decisivo indice della natura definitiva del provvedimento la circostanza che, con esso, sia disposta (espressamente o, quanto meno, implicitamente, ma inequivocabilmente) la liberazione dei beni pignorati” (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 15605 del 22/06/2017, Rv. 644810-01).
è evidente, dunque, che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di Vicenza dovesse essere qualificata come provvedimento di chiusura anticipata (altrimenti detta improseguibilità o improcedibilità o, con definizione anodina, “estinzione atipica”) del processo esecutivo, la quale contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di primo grado – non è soltanto quella che si verifica quando il processo esecutivo ha già raggiunto il suo scopo attraverso il pagamento integrale dei creditori.
5. Non incide sulla qualificazione del provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione la previa proposizione, da parte del debitore esecu-tato (nel caso de quo, da (OMISSIS)), di un’opposizione all’esecuzione fondata proprio sulla inefficacia del titolo esecutivo azionato.
Difatti, se il giudice dell’esecuzione, investito di un’opposizione ex art. 615 c.p.c., rileva d’ufficio (o, eventualmente, su istanza della parte ex art. 486 c.p.c.) i presupposti per una chiusura anticipata del processo esecutivo (ad esempio, per la carenza o l’inefficacia o la caducazione dell’indispensabile titolo esecutivo), deve – sentite le parti – dichiarare improcedibile (o improseguibile) il processo esecutivo e disporre la liberazione dei beni (a meno che non sia già intervenuta l’aggiudicazione o l’assegnazione, stante il disposto dell’art. 187-bis disp. att. c.p.c.) e, nell’espropriazione immobiliare, la cancellazione della trascrizione del pignoramento, nonchè provvedere, ex art. 632 c.p.c., sulle spese dell’esecuzione in favore del debitore (se assistito con difesa tecnica), mentre i costi del processo esecutivo restano automaticamente a carico del creditore ex art. 95 c.p.c.; quanto alla proposta opposizione ex art. 615 c.p.c., poi, il medesimo giudice non può pronunciarsi sull’eventuale istanza di sospensione del processo esecutivo, dato che la sua chiusura rende superflua ogni statuizione a riguardo, ma è comunque tenuto a fissare il termine perentorio per introdurre il giudizio di merito (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22503 del 27/10/2011, Rv. 620241-01), il quale ultimo non risente della disposta chiusura della procedura esecutiva (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1353 del 31/01/2012, Rv. 621377-01).
6. Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, il provvedimento di chiusura anticipata (o improcedibilità o improseguibilità) – qualificazione che inequivocabilmente deve attribuirsi al provvedimento del giudice dell’esecuzione di Vicenza – non può essere impugnato col reclamo ex art. 630 c.p.c., nè tantomeno col ricorso straordinario per cassazione (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 24775 del 20/11/2014, Rv. 633270-01), in quanto esso è assoggettato al solo rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.: “In caso di declaratoria di estinzione del processo esecutivo in ipotesi diverse da quelle tipizzate dal codice, è inammissibile il reclamo ai sensi dell’art. 630 c.p.c., e ciò anche quando il provvedimento da impugnare indichi la necessità di tale rimedio” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25421 del 12/11/2013, Rv. 629122-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8404 del 29/04/2020, Rv. 657602-01).
7. A tale univoco orientamento si deve aggiungere che l’improponibilità del reclamo ex art. 630 c.p.c., avverso il provvedimento di chiusura anticipata non è suscettibile di sanatoria mediante conversione in opposizione agli atti esecutivi.
Sebbene una tesi dottrinale abbia prospettato la possibilità, per il collegio del reclamo, di trasformare la domanda in opposizione agli atti esecutivi e di rimettere (anche in sede di decisione) la causa davanti al giudice monocratico per la pronuncia sul merito, contro tale soluzione militano l’univoca definizione del mezzo impiegato come reclamo e, soprattutto, la destinazione dell’atto al collegio, anzichè al giudice dell’esecuzione il quale, stante l’indefettibile bifasicità dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. (in proposito, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25170 del 11/10/2018, Rv. 651161-02), deve essere necessariamente (oltre che tempestivamente) investito dell’atto di opposizione.
Su tali elementi, di per sè tali da precludere la riqualificazione del reclamo ex art. 630 c.p.c., erroneamente proposto in un’opposizione agli atti esecutivi, si è peraltro fondata la precedente decisione di questa stessa Sezione – Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25421 del 12/11/2013 – con cui si è affermata (in fattispecie analoga) la rilevabilità ex officio dell’inammissibilità ab origine del predetto reclamo e anche l’impossibilità di una “riqualificazione della domanda originaria (con attribuzione ad essa di una qualificazione diversa da quella espressamente voluta dalla parte ed indicata dal giudice di primo grado)”, concludendo così per la “cassazione senza rinvio della sentenza di secondo, ma anche di quella di primo grado, perchè il processo non poteva iniziare con il reclamo, nè proseguire con la disamina nel merito della domanda” (che era stata erroneamente riqualificata dalla Corte territoriale).
8. In conclusione, dalla constatata inammissibilità originaria del reclamo ex art. 630 c.p.c., esperito dalla (OMISSIS) avverso il provvedimento di chiusura anticipata dell’esecuzione deriva che il processo non poteva essere iniziato, nè proseguito: perciò, in accoglimento del ricorso, a norma dell’art. 382 c.p.c., comma 3, secondo periodo, devono cassarsi senza rinvio le pronunce di primo grado (del Tribunale di Vicenza in composizione collegiale) e d’appello (della Corte di Venezia).
9. Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 2, si provvede anche sulle spese dei gradi di merito, oltre che su quelle del giudizio di legittimità; dette spese sono liquidate a favore della (OMISSIS) nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte;
accoglie il ricorso;
cassa senza rinvio le pronunce del Tribunale di Vicenza e della Corte d’appello di Venezia seguite al reclamo proposto il 29/5/2018 da (OMISSIS);
condanna la (OMISSIS) a rifondere ad (OMISSIS) le spese del giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 (oltre a CPA, IVA e rimborso spese forfettarie) per il primo grado, in Euro 3.800,00 (oltre a CPA, IVA e rimborso spese forfettarie) per l’appello e in Euro 5.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi (oltre ad accessori di legge) per il giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 1° febbraio 2022.