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Cassazione Civile 11383/2016 – Procedimento di cassazione – Comunicazioni dei provvedimenti tramite deposito in cancelleria

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Sentenza 11383/2016

Procedimento di cassazione – Comunicazioni dei provvedimenti tramite deposito in cancelleria – Presupposti – Fattispecie anteriore alla disciplina sulle comunicazioni telematiche obbligatorie ex art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, conv. in l. n. 221 del 2012

Nel procedimento di cassazione, ai sensi degli artt. 136 e 366 c.p.c., in virtù di un’interpretazione orientata all’effettività del diritto di difesa e alla ragionevole durata del processo, il cancelliere può eseguire la comunicazione dei provvedimenti tramite deposito in cancelleria (sempre che il difensore non abbia eletto domicilio in Roma) solo se non è andata a buon fine la trasmissione a mezzo posta elettronica certificata, né quella via fax. (Fattispecie anteriore alla disciplina sulle comunicazioni telematiche obbligatorie ex art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, conv. in l. n. 221 del 2012, divenuta operativa riguardo al procedimento di cassazione dal 15 febbraio 2016 per effetto di d.m. 19 gennaio 2016).

Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 31 maggio 2016, n. 11383  (CED Cassazione 2016)

Art. 366 cpc (Contenuto del ricorso per cassazione)

 

 

 FATTI DI CAUSA

  1. – Su ricorso della (OMISSIS) s.r.l., il 3 giugno 2003 il Tribunale di Sassari ha ingiunto a (OMISSIS) – titolare dell’impresa individuale ” (OMISSIS)” – il pagamento di Euro 33.466,11, oltre accessori, quale saldo di una fornitura di macchinari.

(OMISSIS), con citazione notificata il 2 settembre 2003, ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo, sollevando eccezione di inadempimento per vizi della merce e avanzando una domanda di esatto adempimento del contratto e di risarcimento dei danni per Euro 159.253,90.

Il Tribunale di Sassari, con sentenza n. 579 del 2006, ha respinto l’opposizione. Ha osservato il primo giudice: che tra le parti era stata convenuta una compravendita di macchinari, non di un impianto completo; che i macchinari erano stati consegnati nella data indicata in contratto; che sebbene in effetti vi fosse la prova in atti che la certificazione della caldaia, predisposta dalla produttrice ditta (OMISSIS), era errata con riguardo alla indicazione dei bar di pressione, tuttavia tale circostanza non aveva inciso sulla funzionalità della caldaia stessa, comunque trovata a norma nella seconda ispezione, e non aveva avuto incidenza rispetto alla data di inizio dell’attività da parte del (OMISSIS); che, infine, non vi era prova nè della esistenza degli ulteriori vizi dei macchinari nè della tempestività della loro denuncia.

  1. – La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha respinto l’impugnazione con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 30 dicembre 2011.
  2. – Per la cassazione della sentenza d’appello il (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 14-20 febbraio 2013, articolato su due motivi: il primo, per violazione o falsa applicazione dell’articolo 2697 cod. civ. e vizio motivazionale sull’esclusione dell’invocato risarcimento, pure in presenza di inadempimento della venditrice; il secondo, per violazione dell’articolo 112 c.p.c. e vizio motivazionale sulla domanda di risarcimento del danno.

L’intimata (OMISSIS) s.r.l. non ha depositato controricorso.

  1. – Con ordinanza interlocutoria n. 23318 del 31 ottobre 2014, la 6-3 Sezione – riscontrata la nullità della notificazione del ricorso alla (OMISSIS) s.r.l., poichè eseguita direttamente alla parte, presso la sua sede legale, ancorchè la resistente fosse costituita nel giudizio innanzi alla Corte d’appello tramite un difensore – ha ordinato al ricorrente la rinnovazione della notificazione del ricorso alla controparte, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza.
  2. – Con successiva ordinanza interlocutoria n. 20478 del 12 ottobre 2015, la medesima Sezione ha osservato che il ricorrente ha effettivamente rinnovato la notifica del ricorso per cassazione nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione – già (OMISSIS) s.r.l. – con atto notificato all’avv. (OMISSIS) (del foro di Sassari) il 14 luglio 2015 e con altro atto, spedito per la notifica a mezzo posta il 13 luglio 2015, alla “già (OMISSIS) s.r.l.”, ricevuto poi il 15 luglio 2015.

Il Collegio ha poi rilevato che, pur non essendo rituale la notificazione al procuratore già costituito nei gradi precedenti, essendo decorso più di un anno dalla pubblicazione dell’impugnata sentenza, la seconda notificazione deve ritenersi operata all’effettivo destinatario, considerato che dalla documentazione allegata alla prova della notifica risulta che la (OMISSIS) s.r.l. ha così cambiato la sua denominazione, dalla precedente (OMISSIS) s.r.l., in data 24 febbraio 2012.

È divenuta allora decisiva – si osserva nell’ordinanza interlocutoria – la valutazione della tempestività della rinnovazione della notifica, da operarsi in relazione alla data della prima valida comunicazione della richiamata ordinanza interlocutoria del 31 ottobre 2014.

Tale comunicazione al difensore del ricorrente si è avuta, una prima volta, presso la cancelleria della Corte di cassazione in data 11 novembre 2014, in dipendenza della mancata elezione di domicilio in Roma e non avendo in ricorso il ricorrente dichiarato espressamente di volere ricevere le comunicazioni anche al numero di telefax ivi indicato, che si è limitato a riportare sic et simpliciter; una seconda volta, a mezzo telefax in data 13 aprile 2015.

Pertanto, secondo l’ordinanza interlocutoria si prospetta la seguente alternativa: il ricorso è inammissibile per mancato rispetto dell’ordine di integrazione, essendo decorsi inutilmente novanta giorni, se si fa riferimento alla prima comunicazione, da ritenere valida ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 2; al contrario, il ricorso è ammissibile (quanto al rispetto dell’ordine di integrazione del contraddittorio), se si prende in considerazione soltanto la comunicazione a mezzo telefax, alla quale ha fatto seguito, nel termine assegnato, la rinnovazione della notificazione.

L’ordinanza interlocutoria rileva che, in materia di comunicazioni di cancelleria, vi è un contrasto tra le pronunce della Corte: da una parte si è sostenuto che è sufficiente la sola comunicazione in cancelleria ad esclusione dei mezzi alternativi (posta elettronica o, in mancanza, telefax) previsti per le comunicazioni del cancelliere e le notificazioni tra avvocati; dall’altra (sia pure con riferimento alla relazione ex articolo 380-bis c.p.c., comma 2), si è negata la validità della sola comunicazione in cancelleria, quando nel ricorso sia stato indicato l’indirizzo di posta elettronica od il numero di fax, ovvero sia stato chiesto l’invio a mezzo lettera raccomandata ex articolo 135 disp. att. c.p.c..

Di qui la rimessione alle Sezioni Unite della questione se gli atti preparatori dell’adunanza in camera di consiglio, i provvedimenti interlocutori ad essa seguiti nonchè le relazioni ex articolo 380-bis c.p.c., nel caso in cui la parte non abbia eletto domicilio in Roma, debbano essere comunicati o notificati in via esclusiva in cancelleria, ai sensi dall’articolo 366 c.p.c., comma 2, anche quando nel ricorso (o nel controricorso) sia stato indicato il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. – Il caso all’esame delle Sezioni Unite concerne la valutazione della tempestività della rinnovazione della notificazione del ricorso per cassazione alla parte intimata, rinnovazione ordinata dalla Corte per la riscontrata nullità della prima notificazione effettuata dal ricorrente.

L’ordinanza interlocutoria della Sesta Sezione che ha disposto l’incombente della rinnovazione ha fissato al ricorrente il termine perentorio di novanta giorni dalla comunicazione della medesima ordinanza.

Non avendo il ricorrente eletto domicilio in Roma, ma avendo indicato il proprio numero di fax, la comunicazione dell’ordinanza è stata effettuata, in data 11 novembre 2014, presso la cancelleria della Corte di cassazione e, successivamente, il 13 aprile 2015, a mezzo fax.

La rinnovazione della notificazione non rispetta il termine perentorio (e il ricorso è inammissibile) se si deve avere riguardo alla prima comunicazione, ritenendo cioè valida, e idonea a far decorrere il termine, quella eseguita presso la cancelleria di questa Corte, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 2. Viceversa lo rispetta (con conseguente ammissibilità del ricorso) se si deve fare riferimento soltanto alla comunicazione successiva avvenuta a mezzo fax.

  1. – L’interrogativo che si pone è se, in mancanza di elezione del domicilio in Roma da parte del ricorrente, persista la validità esclusiva della comunicazione in cancelleria, prevista dall’articolo 366 c.p.c., comma 2, del provvedimento interlocutorio, pronunciato in udienza pubblica o nell’adunanza in camera di consiglio ovvero adottato a seguito di queste, che fissa termini perentori al destinatario della comunicazione, e tanto alla stregua delle innovazioni introdotte dall’attuale ultimo comma del medesimo articolo 366, sostituito dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, articolo 25, comma 1, lettera i), n. 2), con richiamo all’articolo 136 c.p.c., commi 2 e 3, una volta che in ricorso (o in controricorso) sia stato anche soltanto indicato il numero di fax.
  2. – Per ragioni di completezza sistematica, l’ordinanza di rimessione ha posto in realtà un quesito più generale, che eccede il caso da risolvere.

La maggiore ampiezza del quesito sollevato prende le mosse dal rilievo che, anche nel procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, sono previsti taluni casi in cui il cancelliere deve curare, secondo le norme generali del libro I del codice di procedura civile, una comunicazione dei provvedimenti adottati dalla Corte, e altri casi, invece, in cui è imposta, sempre ad iniziativa del cancelliere, la notificazione del provvedimento.

Oggetto della comunicazione del cancelliere sono: le ordinanze interlocutorie pronunciate fuori dell’udienza o della camera di consiglio (secondo le previsioni generali dell’articolo134 c.p.c., comma 2, e articolo 176 c.p.c., comma 2) e (in base alla giurisprudenza di questa Corte: Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26278) le ordinanze pronunciate in udienza pubblica o in sede di adunanza camerale in assenza delle parti costituite rappresentate dai rispettivi difensori; il decreto del presidente che fissa la data dell’udienza pubblica (articolo 377 c.p.c., comma 2); il decreto del presidente che dichiara l’estinzione del giudizio per rinuncia (articolo 391 c.p.c., comma 3); il testo integrale della sentenza (articolo 133 c.p.c., comma 2; ohm, anteriormente alle modifiche apportate dal Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90, articolo 45, comma 1, lettera b, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, il solo dispositivo della sentenza).

Ma il codice di procedura civile prevede anche la notificazione di altri atti, su iniziativa del cancelliere, ai difensori delle parti: così l’articolo 380-bis, in tema di rito camerale dinanzi all’apposita sezione, con riguardo al decreto del presidente di fissazione dell’adunanza della Corte e alla relazione depositata in cancelleria dal consigliere relatore; e l’articolo 380-ter, con riferimento alle conclusioni scritte del pubblico ministero e al decreto del presidente che fissa l’adunanza in camera di consiglio nei procedimenti in tema di regolamento di giurisdizione o di competenza.

Secondo l’ordinanza che ha sollevato il contrasto, “la preminenza della comunicazione con il mezzo diretto, quale la posta elettronica o il fax, potrebbe privare di valore – ma anche di qualsiasi utilità – la comunicazione tradizionale presso la cancelleria, tuttora invalsa sia per le relazioni ex articolo 380-bis c.p.c. che per le ordinanze interlocutorie conseguenti; e, quanto meno, per quelle, tra queste, da cui dipende l’attivazione di oneri processuali in senso tecnico per una delle parti, la preminenza del mezzo diretto (con irrilevanza, cioè, di quello della comunicazione in cancelleria) assume un rilievo decisivo ai fini dell’esercizio del diritto di difesa di questa, a prescindere dalle positive ricadute organizzative sul lavoro di cancelleria all’atto della scelta del mezzo di propalazione della notizia dell’avvenuto deposito di quell’atto”.

  1. – Al quesito rimesso alle Sezioni Unite la giurisprudenza di questa Corte ha dato sinora risposte non convergenti.

4.1. – Un primo indirizzo ritiene che, in tema di avvisi al difensore, la previsione dell’articolo 366 c.p.c., u.c., che consente l’uso del fax e della posta elettronica quali strumenti idonei di comunicazione, sia limitata alle sole comunicazioni della cancelleria e alle notificazioni tra i difensori di cui agli articoli 372 e 390 c.p.c. (rispettivamente in tema di produzione di documenti e di rinuncia) e non sia suscettibile di interpretazione estensiva. La conseguenza che se ne trae è che detta previsione non sarebbe applicabile all’avviso di adunanza camerale al difensore del ricorrente che non abbia eletto domicilio in Roma, il quale è destinatario della notificazione (e non di comunicazione) da parte della cancelleria, effettuata mediante deposito dell’avviso della cancelleria della Corte di cassazione, senza che assuma rilievo la circostanza che il difensore abbia dichiarato di avvalersi degli strumenti di cui all’articolo 366 c.p.c., u.c..

Questo orientamento è stato espresso dalla ordinanza 15 maggio 2012, n. 7625. Era in discussione un’impugnazione per revocazione di un’ordinanza che aveva definito il ricorso con cassazione e decisione nel merito in esito ad un procedimento camerale, impugnazione con la quale la ricorrente lamentava, come errore di fatto revocatorio, che la cancelleria avesse proceduto alla notificazione cartacea in cancelleria del decreto di fissazione dell’adunanza e della relazione ex articolo 380-bis c.p.c., nonostante il difensore, nel controricorso, avesse chiesto di ricevere le comunicazioni di cancelleria a mezzo fax o tramite e-mail, dichiarando i relativi numero e indirizzo. La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha fatto leva sulle seguenti argomentazioni:

“dal combinato disposto degli articoli 366 e 377 c.p.c. si desume che, in difetto di elezione di domicilio in Roma da parte del ricorrente per cassazione, la comunicazione dell’avviso di udienza al difensore dello stesso va effettuata mediante tempestiva consegna dell’avviso medesimo presso la cancelleria della Corte di cassazione, così realizzandosi compiutamente il diritto di difesa della parte”;

la previsione dell’articolo 366 c.p.c., u.c., come novellato dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 5, comma 1, nel prevedere l’idoneità degli strumenti del fax e della posta elettronica a costituire un’adeguata forma di comunicazione di atti difensivi, in considerazione dei progressi compiuti dalla tecnica di trasmissione e delle garanzie inerenti”, “è limitata alle fattispecie specifiche di comunicazione indicate dalla stessa norma, insuscettibile di interpretazione estensiva”;

“nell’ipotesi in cui il difensore della parte abbia dichiarato di volersi avvalere degli strumenti previsti dall’indicato ultimo comma dell’articolo 366, simile opzione non può valere per le notificazioni di cancelleria”.

4.2. – L’altro orientamento ritiene invece che, se il ricorrente ha indicato in ricorso l’indirizzo di posta elettronica certificata, il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte e la relazione di cui all’articolo 380-bis c.p.c., comma 2, devono essergli notificati a mezzo posta elettronica, ovvero, Ove non sia possibile, a mezzo telefax, risultando dunque irrituale la notificazione fatta presso la cancelleria della Corte di cassazione.

Questo principio è stato espresso dall’ordinanza 18 marzo 2013, n. 6752.

Esso è stato ribadito, in un caso di comunicazione a cura del cancelliere, dalla sentenza 27 ottobre 2015, n. 21892, la quale ha affermato che, a seguito delle recenti modifiche dell’articolo 366 c.p.c., introdotte dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, articolo 25, nell’ipotesi di trasferimento del domiciliata-rio non comunicato alla cancelleria della Corte di cassazione, l’avviso di fissazione dell’udienza va comunicato al difensore della parte, in via prioritaria, a mezzo posta elettronica certificata e, qualora ciò non sia possibile, mediante telefax (essendo sufficiente a far considerare la comunicazione avvenuta l’attestato del cancelliere da cui risulti che il messaggio è stato trasmesso al numero di fax corrispondente a quello del destinatario), potendosi ricorrere alla comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria soltanto quando le comunicazioni a mezzo posta elettronica o per fax non siano andate a buon fine.

  1. – Il contrasto si colloca nel contesto di una evoluzione del quadro normativo concernente le comunicazioni di cancelleria, dovuta allo sviluppo tecnologico e alla crescente diffusione di nuove forme di comunicazione.

Secondo il testo originario dell’articolo 366 c.p.c., comma 2, “se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione”.

Questa disposizione – che riproduceva, per la Corte di cassazione, la regola, prevista per i restanti uffici giudiziari italiani, dal Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 82, comma 2 – aveva natura di norma di carattere generale, sebbene, nel regolare le conseguenze della mancata elezione di domicilio in Roma, si limitasse a considerare le notificazioni, senza nulla dire a proposito delle comunicazioni. La giurisprudenza ha infatti chiarito, con il sostegno della dottrina, che la lettera apparentemente limitativa non precludeva all’interprete di ritenere le comunicazioni sottoposte alla medesima regola alle quale erano assoggettate le comunicazioni, tanto più che uno dei modi in cui l’articolo 136 c.p.c. prevede che il cancelliere possa eseguire le comunicazioni è proprio quello di far recapitare il relativo biglietto a mezzo di ufficiale giudiziario (in tal caso trovando applicazione tutte le norme dettate in materia di notificazioni). E, d’altra parte, la possibilità, prefigurata dall’articolo 136 c.p.c., comma 2, della consegna del biglietto di cancelleria direttamente al destinatario, che ne rilascia ricevuta, appariva, nel procedimento innanzi alla Corte di cassazione, un’ipotesi davvero di scuola. Il diritto vivente è quindi giunto a ritenere il suddetto comma 2 dell’articolo 366 norma atta a regolare, in mancanza di altre disposizioni di carattere particolare, non solo le notificazioni del controricorso e dell’eventuale ricorso incidentale, ma tutte le notificazioni e comunicazioni da farsi agli avvocati delle parti nel giudizio di cassazione (Sez. Un., 1 dicembre 1988, n. 739; Sez. Un., 14 giugno 1999, n. 92).

Peraltro, il rigore delle conseguenze della mancata elezione del domicilio in Roma era attenuato dall’articolo 135 disp. att. c.p.c., il quale, nel testo sostituito dalla L. 7 febbraio 1979, n. 59, articolo 4, prevede la possibilità per gli avvocati non residenti a Roma, i quali ne abbiano fatto richiesta all’atto del deposito del ricorso o del controricorso, di ricevere in copia, mediante lettera raccomandata con tassa a carico del destinatario, l’avviso dell’udienza di discussione e il dispositivo della sentenza della Corte.

Dopo essere rimasta immutata per lungo tempo, la disciplina delle comunicazioni e delle notificazioni nel giudizio di cassazione ha subito, di recente, modifiche di rilievo.

Il Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 5, novellando l’articolo 366 c.p.c., vi ha introdotto un quarto comma, a tenore del quale “Le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori di cui agli articoli 372 e 390 possono essere fatte al numero di fax o all’indirizzo di posta elettronica indicato in ricorso dal difensore che così dichiara di volerle ricevere, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. Si applicano le disposizioni richiamate dall’articolo 176, comma 2”. Successivamente, la L. 12 novembre 2011, n. 183, articolo 25, con effetto dal 1 febbraio 2012, per un verso ha novellato il comma 2 del citato articolo 366, stabilendo l’onere per il difensore in cassazione di indicare “l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine”; per l’altro verso ha sostituito il quarto comma della stessa disposizione, prevedendo che “Le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori di cui agli articoli 372 e 390 sono effettuate ai sensi dell’articolo 136, commi 2 e 3” (norma, quest’ultima, che contempla come modalità normale delle comunicazioni, accanto alla consegna diretta, la trasmissione del biglietto di cancelleria a mezzo posta elettronica certificata, “nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici”, e che, soltanto qualora nessuna delle due modalità sia concretamente utilizzabile, prevede che, salvo che la legge disponga altrimenti, il biglietto venga trasmesso a mezzo fax, o sia rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica).

E, soprattutto, è divenuta da ultimo operativa, il 15 febbraio 2016, a seguito dell’emanazione del decreto del Ministero della giustizia 19 gennaio 2016 che ha accertato la funzionalità dei servizi di comunicazione limitatamente alle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili della Corte di cassazione, la disciplina dettata dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16, convertito, con modificazioni, nella L. 17 dicembre 2012, n. 221: con la conseguenza che, a partire da quella data, nei procedimenti civili di cassazione “le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici” (comma 4), rimanendo salva la possibilità di eseguire le comunicazioni e le notificazioni “mediante deposito in cancelleria” se non sia possibile ricorrere alla posta elettronica certificata “per cause imputabili al destinatario” (comma 6), e rendendosi applicabile la disciplina dell’articolo 136, comma 3, e degli articoli 137 c.p.c. e ss. “quando non è possibile procedere ai sensi del comma 4 per causa non imputabile al destinatario” (comma 8).

  1. – La sopravvenuta piena operatività nei procedimenti civili di cassazione della disciplina sulle comunicazioni e notificazioni telematiche obbligatorie recata dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16, con la previsione di un’omogenea forma di trasmissione degli atti da comunicare e di quelli da notificare a cura del cancelliere, ha fatto perdere attualità al quesito – più ampio rispetto a quello ritagliato sul caso da risolvere – rimesso dal Collegio della 6-3 Sezione civile: se cioè, prima di essa, vi fossero, o non vi fossero, per gli atti da notificare a cura del cancelliere, modalità e sequenze identiche a quelle contemplate per gli atti da comunicare.

Difatti, la fattispecie all’esame di queste Sezioni Unite riguarda – come si è detto – la ritualità della trasmissione di un’ordinanza interlocutoria che, all’esito dell’adunanza in camera di consiglio, ha posto a carico del ricorrente l’incombente della rinnovazione della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di cassazione e ha fissato a tale scopo il termine perentorio di novanta giorni: concerne, quindi, un caso soggetto al regime della comunicazione.

Il contrasto segnalato, riguarda, invece, un atto – il decreto del presidente che fissa l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con la relazione del consigliere relatore ex articolo380-bis c.p.c. – da notificare a cura del cancelliere.

È soltanto con riferimento ai provvedimenti da notificare a cura del cancelliere che si è posto, in passato, il problema se, in caso di mancata elezione di domicilio in Roma da parte del ricorrente o del controricorrente, fosse senz’altro legittima la notifica effettuata mediante deposito nella cancelleria della Corte di cassazione o se assumesse rilievo la circostanza che il difensore avesse dichiarato di avvalersi degli strumenti del fax o della posta elettronica.

Questo problema è stato risolto, con effetto dal 15 febbraio 2016, per via legislativa. Dettando una disciplina omogenea per le comunicazioni e le notificazioni degli atti processuali a cura del cancelliere attraverso il ricorso alla PEC trasmessa dal cancelliere all’indirizzo digitale del difensore, il legislatore ha inteso, non soltanto semplificare le modalità di trasmissione, ma anche soddisfare l’esigenza di assicurare alle parti una effettiva conoscenza degli atti processuali del processo, tenendo conto del rilievo che, oramai, sia la comunicazione che la notificazione a cura del cancelliere hanno assunto il medesimo contenuto di conoscenza diretta al destinatario, essendo prevista, anche in caso di comunicazione, la trasmissione dell’atto processuale nel suo “testo integrale” (così l’articolo 45 disp. att. c.p.c., comma 2, come novellato dal citato Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16, comma 3).

Diventa, pertanto, inutile l’intervento nomofilattico di queste Sezioni Unite sul più ampio quesito rimesso con l’ordinanza interlocutoria: esso sarebbe privo di rilevanza rispetto al caso da risolvere e si tradurrebbe in un mero obiter, privo di una reale capacità orientativa e coerenziatrice per il futuro.

  1. – Concentrando, quindi, l’esame sulla questione nei limiti segnati dall’utilità della decisione rispetto al caso, il Collegio ritiene che essa debba essere risolta affermando il principio di diritto secondo cui, nel giudizio di cassazione, secondo la disciplina, applicabile ratione temporis, antecedente all’operatività del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16, per i provvedimenti dei quali il cancelliere deve curare la comunicazione, solo quando nè la trasmissione del biglietto di cancelleria a mezzo posta elettronica certificata e neppure quella eseguita via fax siano andate a buon fine, è possibile procedere – e sempre che il difensore non abbia eletto domicilio in Roma – alla notificazione mediante deposito in cancelleria.

7.1. – Si tratta di un esito al quale conducono, in senso convergente, la lettera delle disposizioni del codice ed esigenze di interpretazione costituzionalmente orientata.

Sul piano letterale, il combinato disposto degli articoli 366 e 136 c.p.c. quest’ultimo espressamente richiamato, nei suoi commi 2 e 3, dall’articolo 366, comma 4 – mostra chiaramente che il regime delle comunicazioni è contrassegnato dalla necessità di ricorrere, prima alla posta elettronica certificata, poi al telefax e, infine, alla rimessione del biglietto all’ufficiale giudiziario per la notifica, la quale avverrà, ove il ricorrente o il controricorrente non abbia eletto domicilio in Roma, con il deposito presso la cancelleria. La comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria – che nel sistema originario del codice scattava per effetto della mancata elezione di domicilio in Roma – è divenuta, a seguito delle intervenute modifiche normative, modalità ancor più residuale e sussidiaria, essendo nel disegno normativo prioritaria la comunicazione per via telematica o elettronica.

Sul piano dell’interpretazione costituzionalmente orientata, occorre osservare che l’introduzione di una modalità di comunicazione particolarmente rapida ed economica – la trasmissione del biglietto di cancelleria a mezzo posta elettronica certificata o a mezzo telefax – mira non soltanto a soddisfare un’esigenza di semplificazione e di risparmio di tempi e di attività negli adempimenti di cancelleria, al fine di raggiungere l’obiettivo della ragionevole durata del processo. Essa concorre anche ad un significativo miglioramento delle garanzie di informazione, funzionali all’esercizio effettivo del diritto di difesa, perchè attribuisce al difensore della parte il diritto di ricevere un’informazione diretta dei provvedimenti comunicati dalla cancelleria, anche se non ha eletto domicilio in Roma (Sez. Un., 24 giugno 2011, n. 13908). Siffatta finalità sarebbe frustrata se l’interprete non ne traesse le dovute conseguenze sul piano applicativo, non riconoscendo l’esistenza di un rapporto di subordinazione della forma di comunicazione che si realizza con il deposito nella sede della domiciliazione presuntiva rispetto alle forme di comunicazione miranti, appunto, a rendere possibile, nell’attuale contesto normativo e tecnologico, un’informazione diretta.

Una conferma dell’esistenza di questa scala di priorità si trae dalla sentenza della Corte costituzionale n. 365 del 2010, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 22, commi 4 e 5, nella parte in cui non prevedeva, a richiesta dell’opponente, che avesse dichiarato la residenza o eletto domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito, modi di notificazione ammessi a questo fine dalle norme statali vigenti, alternativi al deposito presso la cancelleria; nonchè dalla sentenza delle Sezioni Unite 20 giugno 2012, n. 10143, con cui questa Corte – dopo avere evidenziato il progressivo favor dell’ordinamento verso modalità semplificate di notificazione e comunicazione degli atti, consentite dalla implementazione dei mezzi tecnologici del processo civile, e, in quest’ambito, il ruolo residuale assunto dalla prescrizione della domiciliazione presuntiva in cancelleria – ha sottolineato come, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli articoli 125 e 366 c.p.c., apportate dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, articolo 25, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’articolo 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’articolo 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

  1. – È pertanto invalida, e inidonea a far decorrere il termine perentorio, la comunicazione effettuata mediante deposito in cancelleria del provvedimento interlocutorio adottato dalla Corte fuori dell’udienza o dell’adunanza camerale con cui si ordina alla parte la rinnovazione della notifica del ricorso, a meno che si sia fatto luogo, preventivamente, al tentativo di trasmissione del biglietto di cancelleria a mezzo fax, sempre che il difensore abbia indicato il proprio numero in un atto difensivo (Sez. 1, 5 febbraio 2014, n. 2561; Sez. 1, 27 ottobre 2015, n. 21892, cit.), e questo non abbia avuto effetto per causa imputabile all’apparecchio del destinatario.
  2. – Applicando l’enunciato principio di diritto, nel caso di specie deve escludersi la tardività della rinnovazione della notificazione del ricorso eseguita dal ricorrente (OMISSIS) a partire dal 13 luglio 2015, dovendo il termine perentorio fissato per l’adempimento computarsi – non dalla prima comunicazione dell’ordinanza interlocutoria avvenuta mediante deposito in cancelleria l’11 novembre 2014, essendo questa invalida, ma – dalla successiva comunicazione a mezzo telefax, effettuata dall’ufficio in data 13 aprile 2015.
  3. – Devono ora esaminarsi i motivi del ricorso.
  4. – Con il primo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 cod. civ. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5) si deduce che la motivazione sarebbe viziata perchè, una volta che il (OMISSIS) aveva fornito la prova del ritardo della prestazione da parte della società Primo, “nessun’altra prova era necessaria poichè fu proprio il ritardo dovuto ai vizi presenti sui beni oggetto della compravendita e quindi alle differenze tra il materiale venduto e quello ordinato” che impedì all’acquirente “di ottenere le dovute autorizzazioni amministrative”. “Le autorizzazioni sanitarie” – si afferma – “sono subordinate proprio alla presenza della certificazione ISPESL”. Anche la motivazione circa “la mancanza di prova del nesso causale tra il mancato avvio della produzione ed una data programmata” rappresenterebbe, ad avviso del ricorrente, “un’illogica e contraddittoria motivazione perchè la data programmata non poteva che essere quella più prossima alla fine dei lavori”. Sarebbe altresì illogica “la determinazione del periodo di inattività e di ritardo”.

Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’articolo 112 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5). Il ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia omesso di pronunciare sulla domanda, ribadita nell’atto di gravame, di risarcimento del danno originato dall’inadempimento contrattuale. A tale riguardo, il ricorrente rileva che il semplice inadempimento del contratto dà “origine ad un danno che potrà avere una liquidazione esclusivamente in via equitativa ex articolo 1226 cod. civ., diverso ed autonomo rispetto a quello patrimoniale derivante dal non aver potuto intraprendere tempestivamente la produzione di formaggio per il quale i macchinari erano stati acquistati”.

11.1. – I due motivi – che possono essere esaminati congiuntamente, stante la stretta connessione – sono infondati.

Non è pertinente, in primo luogo, il richiamo all’articolo 2697 cod. civ., posto che la violazione o la falsa applicazione di questo precetto è configurabile soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata non abbia assolto tale onere, in questo caso avendosi soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova (Sez. 3, 5 settembre 2006, n. 19064; Sez. 3, 17 giugno 2013, n. 15107; Sez. 5, 30 dicembre 2015, n. 26110). Ed è proprio tale ultimo aspetto a venire in gioco nella specie: il ricorrente si duole in realtà della “illogicità della ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale che non ha tenuto in debito conto di circostanze provate in giudizio, fornendo così un’illogica motivazione alla sentenza” (così, nella sintesi conclusiva del motivo, a pag. 11 del ricorso).

Neppure sussiste il dedotto vizio motivazionale.

Nel confermare la sentenza di primo grado, la Corte d’appello ha escluso la pretesa risarcitoria del (OMISSIS), non avendo ritenuto raggiunta la prova della sussistenza di un diretto nesso causale “tra il mancato avvio della produzione ad una data programmata, peraltro mai indicata, e le manchevolezze che pure presentava la caldaia” prima dell’invio della certificazione corretta e dell’occorrente per la taratura della valvola di sicurezza. A tale conclusione la Corte territoriale è giunta sul rilievo che l’opponente “avrebbe dovuto dimostrare, in modo puntuale, che l’attività aziendale non ha avuto inizio in data prossima al 10 gennaio 2002 solo ed esclusivamente per le deficienze riscontrate nella caldaia acquistata dalla (OMISSIS), prova che tuttavia non ha mai offerto in giudizio”: poichè l’attività del (OMISSIS) era di nuovo avvio, “al fine di poter stabilire che la stessa abbia subito ritardi rispetto ad una, peraltro non dimostrata, data programmata di inizio attività, il (OMISSIS) avrebbe dovuto provare in causa che già al gennaio 2002 aveva a disposizione locali idonei ad autorizzati ed un impianto produttivo completo in tutte le componenti non acquistate dalla società (OMISSIS)”, e “avrebbe pure dovuto dimostrare che aveva quanto meno in corso contratti per l’acquisto della materia prima dagli allevatori, o da terzi, e di avere a disposizione il personale necessario per la produzione”. Sicchè, “anche a voler ritenere che l’appellata abbia completato la sua prestazione in data prossima al 24 febbraio 2002”, “nessuna conseguenza tale ritardo ha avuto nell’avvio della produzione”.

Si è di fronte ad un apprezzamento in punto di fatto, argomentato sulla base delle allegazioni delle parti e delle acquisizioni probatorie e privo di mende logiche e giuridiche. Il ricorrente, pur lamentando formalmente un decisivo difetto di motivazione, tende, in realtà, ad una (non ammissibile in sede di legittimità) richiesta di rivisitazione del merito della regiudicanda.

E neppure sussiste il vizio di omessa pronuncia. Dal tenore logico-giuridico complessivo della sentenza si ricava che anche la “richiesta di risarcimento del danno originato dal solo inadempimento contrattuale” è stata esaminata e respinta, avendo la Corte d’appello escluso che l’iniziale irregolarità della fornitura abbia determinato “conseguenze economiche pregiudizievoli”.

  1. – Il ricorso è rigettato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimata spiegato attività difensiva in questa sede.

  1. – Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 13 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.