Sentenza 11424/2016
Trasferimento della servitù in luogo diverso condizioni – Individuazione di altro luogo per l’esercizio della servitù
In tema di trasferimento di servitù prediale, il proprietario del fondo servente, formulata l’offerta anteriormente all’instaurazione, pure se da parte sua, del giudizio, ha anche in corso di lite il diritto potestativo, ai sensi dell’art. 1068, comma 2, c.c., di specificarla ulteriormente e, all’occorrenza, di conformarla agli esiti della consulenza tecnica d’ufficio disposta al precipuo scopo di individuare un luogo egualmente comodo per l’esercizio della servitù.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 1 giugno 2016, n. 11424 (CED Cassazione 2016)
Art. 1068 cc (Trasferimento della servitù in luogo diverso)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto in data 16.10.2000 (OMISSIS) ed (OMISSIS) citavano a comparire dinanzi al tribunale di Chieti – sezione distaccata di Ortona – (OMISSIS).
Esponevano che, già proprietari di un terreno agricolo in (OMISSIS), avevano con atto in data 26.8.2000 acquistato il terreno limitrofo, sul quale insisteva una servitù di passaggio in favore del vicino terreno agricolo di proprietà della convenuta; che il tracciato della servitù impediva di raccordare il vigneto esistente sul terreno già di loro proprietà con quello da impiantare nel terreno successivamente acquistato; che avevano invano offerto ai sensi dell’articolo 1068 c.c., comma 2, alla controparte il trasferimento della servitù di passaggio sul quarto lato del terreno di nuova acquisizione, trasferimento che avrebbe comportato una riduzione del percorso senza aggravio di pendenza e senza alcuna riduzione di larghezza, sì da risultar “più conveniente anche per il fondo dominante” (così ricorso, pag. 2).
Chiedevano che l’adito giudice facesse luogo al trasferimento della servitù e condannasse la convenuta al risarcimento del danno.
Costituitasi, (OMISSIS) instava per il rigetto dell’avversa domanda; esperiva inoltre, in via subordinata, in ipotesi di accoglimento dell’avversa istanza, domanda riconvenzionale, onde ottenere la condanna degli attori al risarcimento dei danni “per gli inconvenienti e disagi derivanti dal nuovo tracciato” (così ricorso, pag. 4).
Disposta ed espletata c.t.u., il giudice adito con sentenza n. 16/2004 accoglieva unicamente la domanda principale degli attori, rigettava ogni ulteriore pretesa e compensava integralmente le spese di lite.
Interponeva appello (OMISSIS).
Resistevano (OMISSIS) ed (OMISSIS); esperivano altresì appello incidentale.
Con sentenza n. 637 dei 30.3/12.7.2011 la corte d’appello de L’Aquila accoglieva il gravame principale, respingeva il gravame incidentale e, per l’effetto, rigettava la domanda esperita in prime cure da (OMISSIS) ed (OMISSIS), condannava gli appellati a rimborsare all’appellante le spese del doppio grado nonchè a farsi carico delle spese di c.t.u..
Esplicitava la corte distrettuale che, “secondo quanto si è potuto accertare nel corso del giudizio di primo grado, il luogo indicato dai Di Virgilio per il trasferimento della servitù di passaggio non soddisfa il requisito della eguale comodità di esercizio per la (OMISSIS)” (così sentenza d’appello, pag. 6); che, invero, con la relazione depositata in data 5.7.2002 il consulente d’ufficio aveva “evidenziato che, per rendere utilizzabile ed egualmente comodo il tracciato proposto dagli attori, è necessario eseguire alcuni lavori di completamento, consistenti nell’ampliamento dell’imbocco della nuova strada (…), al fine di consentire una comoda manovra di immissione, specie con mezzi agricoli forniti di rimorchio, e nella eliminazione dei paletti del capanneto, posti trasversalmente (…), i quali si protaggono in aggetto e rendono pericoloso il transito con mezzi meccanici” (così sentenza d’appello, pagg. 6 – 7); che, pertanto, in assenza di uno dei presupposti indefettibili postulati dall’articolo 1068 c.c., comma 2, la proposta di trasferimento della servitù era stata legittimamente rifiutata dalla (OMISSIS).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS) ed (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.
(OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese da attribuirsi al difensore anticipatario.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo i ricorrenti deducono “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1068 e 2908 c.c., nonchè dei principi in ordine all’efficacia ex nunc delle sentenze costitutive. Illogicità, omessa motivazione per mancato apprezzamento delle risultanze processuali. Ultrapetizione (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5)” (così ricorso, pag. 10).
Adducono che la statuizione impugnata, in contrasto con la natura costitutiva della sentenza ex articolo 1068 c.c., comma 2 e, dunque, con la sua attitudine a spiegare i suoi effetti ex nunc, “sostiene che il Giudice deve verificare la sussistenza dei presupposti per il trasferimento della servitù in relazione alla sola proposta formulata dal titolare del fondo servente al titolare del fondo dominante prima dell’instaurazione del giudizio, senza poter tener conto di eventuali scostamenti, rispetto alla stessa proposta, suggeriti dall’istruttoria compiuta in corso di causa” (così ricorso, pag. 10).
Adducono, viceversa, che se si prospetta la necessità di apportare dei miglioramenti al “nuovo esercizio proposto, al fine di renderlo egualmente comodo rispetto al vecchio esercizio, il Giudice deve disporre il trasferimento con la prescrizione di tali migliorie, specie se è lo stesso attore a farle proprie” (così ricorso, pag. 11).
Adducono, in particolare, che essi ricorrenti, in primo grado, in sede di precisazione delle conclusioni, si erano fatti espressamente carico delle prescrizioni previste dal consulente tecnico d’ufficio a pagina 9, ai punti A) e B), della sua relazione; che del resto “non si pone alcun problema a condizionare la pronuncia giudiziale di trasferimento della servitù a prescrizioni attinenti le sue modalità di realizzazione, (…) poichè in moltissimi casi la stessa pronuncia (…) implica una fase successiva nella quale dovrà essere costruito – realizzato il nuovo esercizio della servitù sulla base delle indicazioni fornite dal Giudice” (così ricorso, pagg. 12 – 13).
Adducono in ogni caso che “le prescrizioni suggerite nella c.t.u. non sono necessarie a rendere ugualmente comodo il nuovo passaggio alternativo rispetto al precedente, ma addirittura a renderlo di gran lunga più comodo” (così ricorso, pag. 15).
Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento nei termini che seguono.
Si premette, siccome questa Corte spiega da tempo risalente, che il 2 co. dell’articolo 1068 c.c., pone due condizioni obiettive per il trasferimento dell’esercizio della servitù su iniziativa del proprietario del fondo servente: la prima, alternativa, che l’originario esercizio sia divenuto più gravoso ovvero impedisca al proprietario del fondo servente di fare lavori, riparazioni o miglioramenti; la seconda, che sia offerto un luogo egualmente comodo per l’esercizio della servitù (cfr. Cass. 19.10.1957, n. 3983).
Si premette altresì in ordine alla seconda condizione – limitatamente alla quale essenzialmente si controverte (“anche ove si dovesse ritenere che gli odierni appellati abbiano dimostrato che la stradina carrabile in terra su cui insiste la servitù di passaggio oggetto della richiesta di trasferimento impedisce il miglioramento delle colture e l’esecuzione dei lavori di livellamento e raccordo tra le porzioni (…)”: così sentenza d’appello, pag. 6) – che l’articolo1068 c.c., comma 2, prefigura a vantaggio del proprietario del fondo servente un vero e proprio diritto potestativo (cfr. a tal specifico riguardo Cass. 13.10.2004, n. 20204), diritto, evidentemente, destinato ad esplicarsi in ipotesi di mancato accordo con il proprietario del fondo dominante ed, eventualmente, (cioè qualora ne sia riconosciuto il buon fondamento) idoneo a giustificare l’adozione di una statuizione costitutiva (siccome, del resto, riconosce pur la corte di merito; cfr. in ogni caso al riguardo Cass. 21.10.1965, n. 2160), ossia di una pronuncia atta a produrre nella sfera patrimoniale del proprietario del fondo dominante una modificazione incidente sul contenuto del suo diritto, modificazione altrimenti preclusa ai sensi dell’articolo 1068 c.c., comma 1.
Nel quadro testè descritto si rappresenta che questa Corte di legittimità ha, sì, affermato che a norma dell’art 1068 c.c., il proprietario del fondo servente non può rivolgersi al giudice per ottenere il trasferimento della servitù in un luogo diverso del fondo prima di aver fatto l’offerta di un altro luogo di esercizio (cfr. Cass. 27.10.1995, n. 11198; Cass. 6.11.1978, n. 5038). Ed ha, sì, soggiunto che il trasferimento della servitù in un luogo diverso per l’accresciuta gravosità dell’esercizio nel luogo originariamente fissato, postula che il proprietario del fondo servente fornisca la preventiva e dettagliata dimostrazione della eguale comodità per l’esercizio della servitù del luogo diverso offerto al proprietario del fondo dominante (cfr. Cass. 11.5.1994, n. 4579; Cass. 8.9.1970, n. 1310).
Tuttavia, quanto meno in talune delle stesse occasioni testè menzionate (il riferimento è a Cass. 11198/1995 e Cass. n. 5038/1978; si veda anche Cass. n. 20204/2004) questo Giudice del diritto ha opinato nel senso che, qualora sia il proprietario del fondo dominante a convenire in giudizio il proprietario del fondo servente per pretese violazioni delle disposizioni contenute nell’articolo 1068 c.c., l’offerta di un luogo diverso di esercizio della servitù può essere fatta in sede giudiziale, restando al giudice il compito di stabilire se ricorrano o meno le condizioni di legge per lo spostamento del luogo di esercizio della servitù.
Ebbene, sulla scorta di tal ultimo rilievo non vi è in linea di principio alcun ostacolo, alla stregua della corretta esegesi della locuzione “può offrire” che figura nel testo dell’articolo 1068 c.c., comma 2 (cfr. Cass. 24.10.2007, n. 22348, secondo cui il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (“id est”: del processo di sussunzione), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata), a che, pur al di là dell’ipotesi in cui sia convenuto in giudizio, il proprietario del fondo servente, formulata l’offerta antecedentemente all’instaurazione da parte sua, in qualità di attore, del giudizio, provveda, in esplicazione del suo perdurante diritto potestativo, in corso di lite a “specificarla” ulteriormente e, segnatamente ed all’occorrenza, a “conformarla” agli esiti della consulenza tecnica d’ufficio all’uopo disposta.
E ciò, si badi, tanto più chè la statuizione costitutiva ex articolo1068 c.c., comma 2, è destinata verosimilmente a qualificarsi come “non necessaria” – giacchè tiene luogo dell’accordo che gli interessati ben avrebbero potuto siglare – al pari di quella di cui all’articolo 2932 c.c., sentenza, quest’ultima, che, siccome hanno puntualizzato le sezioni unite di questa Corte, spiega la sua efficacia soltanto ex nunc (cfr. Cass. sez. un. 3.7.1993, n. 7286, ove si soggiunge che, conseguentemente, le condizioni legali dell’azione, siano esse legali o anche soltanto pattizie, quali la eliminazione di una situazione di incompatibilità con la titolarità del bene trasferendo o il deposito della somma pattuita come corrispettivo, devono sussistere anch’esse al momento della detta pronuncia).
In tal guisa va censurata l’affermazione della corte aquilana secondo cui “il giudice non può ordinare la modifica dello stato dei luoghi, ma deve limitarsi ad accertare se il luogo indicato dal proprietario del fondo servente prima della proposizione della domanda giudiziale presentasse o meno il requisito di eguale comodità prescritto dall’articolo 1068 c.c., comma 2, ai fini del legittimo esercizio del diritto potestativo di trasferimento della servitù” (così sentenza d’appello, pag. 7).
Nella medesima guisa, viceversa, va recepito il rilievo dei ricorrenti secondo cui, qualora l’attore abbia fatto propri i miglioramenti indicati dal c.t.u. al “nuovo esercizio proposto, al fine di renderlo egualmente comodo rispetto al vecchio esercizio” (così ricorso, pag. 11), “il Giudice non deve n.d.e.: senz’altro respingere la domanda” (così memoria ex articolo 378 c.p.c., dei ricorrenti, pag. 4).
Beninteso, la corretta esegesi del 1a locuzione “può offrire” di cui al) dell’articolo 1068 c.c., comma 2, riveste concreta rilevanza nel caso di specie, giacchè a riscontro della prospettazione dei ricorrenti – secondo cui, “in sede di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado all’udienza del 16.10.2004, hanno espressamente chiesto il trasferimento della servitù con le precisazioni previste dalla c.t.u. a pag. 9 sub A) e B)” (così ricorso, pag. 11) – soccorre il tenore della loro comparsa conclusionale di prime cure, ove – a pagina 8 – si legge testualmente: “ad ogni modo in sede di precisazione delle conclusioni gli attori hanno accettato gli adattamenti previsti nella c.t.u. (pag. 9) al nuovo tracciato e quindi il predetto allargamento e l’eliminazione dell’aggetto per cm. 30 dei paletti posti trasversalmente nella parte terminale del capanneto”.
Ovviamente vaglierà il giudice di rinvio (dandone conto debitamente) se, all’insegna dell’enunciando principio di diritto, gli adattamenti previsti nella c.t.u. ed accettati da (OMISSIS) ed (OMISSIS) effettivamente “implicano solo dei miglioramenti al nuovo esercizio della servitù da loro proposto” (così ricorso, pag. 11), cioè se effettivamente valgano nel caso de quo agitar ad assicurare il concreto rispetto della “seconda” condizione prefigurata dell’articolo 1068 c.c., comma 2, ovvero che sia stato offerto un luogo egualmente comodo per l’esercizio della servitù.
In dipendenza dell’accoglimento del ricorso, specificamente nel segno della previsione del n. 3) dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, ed in rapporto alla denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1068 c.c., si attende, giusta il disposto dell’articolo384 c.p.c., comma 1, all’enunciazione del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – nei termini che seguono:
alla stregua della corretta esegesi della locuzione “può offrire” che figura dell’articolo 1068 c.c., nel comma 2 e pur al di là dell’ipotesi in cui sia convenuto in giudizio, il proprietario del fondo servente, formulata l’offerta antecedentemente all’instaurazione da parte sua, in veste di attore, del giudizio, ben può provvedere in esplicazione del suo perdurante diritto potestativo, in corso di lite a “specificarla” ulteriormente e, segnatamente ed all’occorrenza, a “conformarla” agli esiti della consulenza tecnica d’ufficio all’uopo disposta, al precipuo scopo di offrire un luogo egualmente comodo per l’esercizio della servitù.
In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza n. 637 dei 30.3/12.7.2011 della corte d’appello de L’Aquila; rinvia alla corte d’appello de L’Aquila in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.