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Cassazione Civile 11478/2021 – Accettazione tacita di eredità

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Ordinanza 11478/2021

Accettazione tacita di eredità

L’accettazione tacita di eredità può essere desunta dal comportamento del chiamato che ponga in essere atti che non abbiano solo natura meramente fiscale, quale la denuncia di successione, ma che siano, al contempo, fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell’imposta, ma anche dal punto di vista civile, per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi.

Cassazione Civile, Sezione 6-2, Ordinanza 30-04-2021, n. 11478   (CED Cassazione 2021)

 

 

FATTI I CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Ga. Ca. chiamava in giudizio Pa. An., al fine di fare accertare che la convenuta era erede del coniuge Sa. Lu., avendone accettato l’eredità. Spiegava che l’interesse a tale accertamento si giustificava perché aveva proceduto esecutivamente nei confronti della convenuta su immobile a lei pervenuto per successione del coniuge.

Occorreva perciò, al fine di procedere nella espropriazione, assolvere all’esigenza di trascrivere l’acquisto a titolo di erede ai fini della continuità.

Il tribunale accertava sia una fattispecie di accettazione tacita, in dipendenza del fatto che la chiamata aveva non solo presentato la dichiarazione di successione, ma curato anche la voltura catastale del ben, sia la fattispecie di accettazione legale ex art. 485 c.c.

Contro la sentenza proponeva appello Pa. An., denunciando in primo luogo il vizio di ultra-petizione della sentenza di primo grado, nella parte in cui il tribunale aveva ravvisato la fattispecie acquisitiva dell’eredità ex art. 485 c.p.c.; in secondo luogo deduceva che la voltura catastale non poteva dar luogo di per sé all’accettazione tacita dell’eredità.

La corte d’appello riconosceva che, nell’attribuire alla voltura catastale il significato di accettazione tacita, il tribunale aveva deciso in conformità alla giurisprudenza della Suprema corte; rigettava pertanto il relativo motivo d’appello, ritenendo assorbita la censura del vizio processuale.

Per la cassazione della sentenza Pa. An. ha proposto ricorso affidato a un unico motivo, con il quale si denuncia la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 476 c.c. La corte d’appello avrebbe dovuto decidere sul vizio processuale, perché la voltura catastale non implica necessariamente accettazione tacita, occorrendo al riguardo l’indagine richiesta dall’art. 476 c.c., che nella specie non è stata fatta.

Ga. Ca. ha resistito con controricorso.

La causa è stata fissata dinanzi alla Sesta Sezione civile della Suprema corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza del ricorso.

Il ricorso è infondato.

Costituisce orientamento consolidato che l’accettazione tacita dell’eredità può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, inidonea di per sé a comprovare un’accettazione tacita dell’eredità (Cass. n. 178/1996; n. 5463/1988; n. 5688/1988), ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale. Infatti, in tal caso l’atto (voltura catastale) rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell’imposta, ma anche dal punto di vista civile per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi. Soltanto chi intenda accettare l’eredità, in effetti, assume l’onere di effettuare la voltura catastale e di attuare il passaggio della proprietà dal de cuius a sé stesso (Cass. n. 7075/1999; n. 5226/2002; n. 10796/2009).

Consegue da quanto sopra che il convincimento del giudice di secondo grado circa, la configurabilità, nella specie, di una accettazione tacita dell’eredità del Sa. da parte della chiamata Pa. An., desunta dal comportamento complessivo di tale chiamata che, oltre alla denuncia di successione, aveva anche proceduto ad effettuare la voltura catastale, non è illogico né affetto da vizi giuridici.

Cass. n. 32770 del 2018, richiamata dalla ricorrente nel ricorso, non afferma alcun principio in contrasto con il consolidato orientamento sopra richiamato, che annovera la voltura catastale nell’ampia casistica giurisprudenziale in cui è riconosciuta la ricorrenza di un’accettazione tacita. La pronuncia chiarisce che la voltura catastale non integra incondizionatamente “gli estremi di un’accettazione tacita dell’eredità efficace ad ampio spettro soggettivo”. In questo senso essa si coordina piuttosto con il principio, già affermato da questa Corte, che l’accettazione tacita di eredità – pur potendo avvenire attraverso negotiorum gestio, cui segua la successiva ratifica del chiamato, o per mezzo del conferimento di una delega o dello svolgimento di attività procuratoria – può tuttavia desumersi soltanto da un comportamento del successibile e non di altri, sicché non ricorre ove solo l’altro chiamato all’eredità, in assenza di elementi dai quali desumere il conferimento di una delega o la successiva ratifica del suo operato, abbia fatto richiesta di voltura catastale di un immobile del de cuius (Cass. n. 8980/2017).

In conclusione, i rilievi della corte d’appello, là dove si afferma che il positivo riscontro della sussistenza di una fattispecie di accettazione tacita, comportante l’acquisto dell’eredità da parte della chiamata, aveva carattere assorbente rispetto alla denuncia del vizio processuale della sentenza di primo grado, sono del tutto corretti. Infatti, il riconoscimento del (supposto) vizio della sentenza di primo grado, in presenza della autonoma e concorrente ratio decidendi, di per sé sufficiente a giustificare la decisione (Cass. n. 4259/2015: n. 3386/2011), non avrebbe potuto comunque condurre all’accoglimento del gravame (cfr. n. 1078/2003).

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con addebito delle spese del giudizio di legittimità.

Ci sono le condizioni per dare atto ex art. 13, comma 1 -quater d.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto”.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nell’importo di € , 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 9 dicembre 2020.