Ordinanza 12245/2018
Accertamento dell’IVA – Ammanchi di beni rilevati sulla base di scritture contabili non obbligatorie – Disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto di beni – Applicabilità
In tema di accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, il rilievo di ammanchi di beni sulla base di scritture contabili non obbligatorie esclude l’applicabilità della disciplina dettata dal d.P.R. n. 441 del 1997, in materia di presunzioni di cessione e di acquisto di beni, la quale presuppone che gli ammanchi siano riscontrati a seguito di un inventario fisico dei beni o di un confronto basato su documentazione contabile obbligatoria. Non sono tuttavia inapplicabili le disposizioni generali che consentono la rettifica delle dichiarazioni fiscali anche sulla base di presunzioni semplici dotate dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c., in quanto queste possono essere desunte anche da documentazione contabile non obbligatoria tenuta dal contribuente e rinvenuta dai verificatori o spontaneamente esibita.
Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12245
FATTI DI CAUSA
La spa (OMISSIS) propone ricorso per cassazione con tre motivi nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate nel giudizio introdotto con l’impugnazione dell’avviso di accertamento, ai fini dell’IVA e dell’IRAP per l’anno 2004, con il quale era stata rilevata nella irregolare tenuta della contabilità di magazzino una differenza fra gli acquisti e le vendite, con conseguente evasione di imposta.
Il giudice d’appello riteneva essere stato assolto l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento, per essere stata posta la sodetà contribuente in grado di conoscere la pretesa dell’ufficio nei suoi elementi essenziali, e rideterminava, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica disposta in primo grado, le imposte e le sanzioni dovute.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di mera costituzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la contribuente lamenta la violazione della L. n. 212 del 2000, articolo 7 per avere la Commissione regionale utilizzato i risultati della c.t.u. “per fondare (non solo determinare) la pretesa tributaria”.
Il motivo è infondato, avendo il giudice d’appello valorizzato le risultanze dell’indagine tecnica al solo fine di determinare l’esatto ammontare delle imposte dovute.
Con il secondo motivo si duole della omessa e insufficiente motivazione nonchè della violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 441 del 1997, articolo 4 per non avere la Commissione regionale considerato le censure mosse alla consulenza tecnica d’ufficio, la quale aveva operato la ricostruzione attraverso presunzioni delle cessioni e degli acquisti effettuati dalla società contribuente “in forza della presunzione legale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 441 del 1997, articolo 4, comma 2” (così nella sentenza impugnata), sulla base di un riscontro documentale e non, come richiesto dal detto Decreto del Presidente della Repubblica n. 441 del 1997, articolo 4, mediante “la rilevazione fisica dei beni”.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha infatti chiarito come “in tema di accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, il rilievo di ammanchi di beni sulla base di scritture contabili non obbligatorie (nella specie i prospetti inventariali di magazzino relativi ai depositi di singoli punti vendita appartenenti ad aziende della grande distribuzione, essendo tali prospetti prescritti dal Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articoli 14 e 22, solo per i “magazzini interni centralizzati”) esclude l’applicabilità della disciplina dettata dal Decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441, in materia di presunzioni di cessione e di acquisto di beni, la quale presuppone che gli ammanchi siano riscontrati a seguito di un inventano fisico dei beni o di un confronto basato su documentazione contabile obbligatoria. Non sono tuttavia inapplicabili le disposizioni generali che consentono la rettifica delle dichiarazioni fiscali anche sulla base di presunzioni semplici dotate dei requisiti di cui all’articolo 2729 cod. civ., in quanto queste possono essere desunte anche da documentazione contabile non obbligatoria tenuta dal contribuente e rinvenuta dai verificatori o spontaneamente esibita” (Cass. n. 9628 del 2012).
Con il terzo motivo deduce omessa motivazione nonchè violazione della L. n. 212 del 2000, articolo 12, per non avere l’amministrazione preso in considerazione le osservazioni formulate da essa contribuente sia in sede di accesso della Guardia di finanza, sia in sede di accertamento con adesione.
Il motivo è infondato, posto che “in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente L. n. 212 del 2000, ex articolo 12, comma 7, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo” (Cass. n. 8378 del 2017, n. 3583 del 2016).
In conclusione, il secondo motivo del ricorso deve essere accolto, mentre vanno rigettati il primo ed il terzo motivo, la sentenza impugnata deve essere casata in relazione al motivo accolto, e la causa rinviata, anche per le spese alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta il primo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in differente composizione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Corte di Cassazione, Sezione Tributaria civile