Ordinanza 12461/2023
Locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione – Recesso del conduttore – Gravi motivi
In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, i gravi motivi di cui all’art. 27, l. n. 392 del 1978, devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo; sicché essi non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all’opportunità o meno di continuare ad occupare l’immobile locato, ma devono avere carattere oggettivo ravvisabile anche in un andamento della congiuntura economica – sia favorevole che sfavorevole all’attività dell’impresa – sopravvenuto ed oggettivamente imprevedibile, che, imponendo l’ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, sia tale da rendere particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 9.5.2023, n. 12461 (CED Cassazione 2923)
Art. 27 Legge 392/1978 (Durata delle locazioni)
Ritenuto in fatto
– che (OMISSIS) ricorre, sulla base di quattro motivi,
per la cassazione della sentenza n. 217/22, del 13 gennaio 2022,
della Corte di Appello di Roma, che – accogliendone solo in parte
il gravame esperito, in via incidentale, avverso la sentenza n.
18092/17, del 6 ottobre 2017, del Tribunale di Roma – ha
disposto, all’esito delle dovute compensazioni tra le parti, la
condanna della società (OMISSIS) & Co. S.r.l. (d’ora in poi,
“(OMISSIS)”) a corrispondere all’(OMISSIS) la somma di € 13.008,71 a
titolo di risarcimento danni, rigettando, invece, la domanda, pure
formulata dalla stessa (OMISSIS), di pagamento dei canoni di
locazione fino alla naturale scadenza del contratto corrente “inter
partes”;
– che, in punto di fatto, l’odierna ricorrente riferisce di aver
conseguito, nei confronti della società (OMISSIS), un provvedimento
monitorio – nella sua qualità di già locatrice un immobile destinato
ad uso commerciale – in relazione al mancato pagamento di due
mensilità di canone e di oneri condominiali, per l’importo
complessivo di € 11.610,53;
– che proposta opposizione a decreto ingiuntivo dalla già
conduttrice, società (OMISSIS), la stessa agiva anche in via
riconvenzionale, deducendo nullità del contratto per omessa
registrazione, con consequenziale richiesta di restituzione della
somma – ben maggiore rispetto a quella di cui le era stato
ingiunto il pagamento – pari alle ultime tre annualità del canone
locatizio, richiedendo, inoltre, pure la restituzione del deposito
cauzionale;
– che l’opposta (OMISSIS) proponeva, in via di “reconventio
reconventionis”, sia domanda risarcitoria, in ragione di danni
cagionati all’immobile e di modifiche non autorizzate, sia
domanda di pagamento di ulteriori 23 mensilità del canone di
locazione, a suo dire dovute fino alla scadenza naturale del
contratto, e ciò sul presupposto dell’inefficacia dell’atto di recesso
fatto pervenire dal conduttore, in quanto privo dei requisiti di cui
all’art. 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392;
– che rigettata dal primo giudice l’opposizione e la domanda
riconvenzionale dell’opponente (e dichiarata, invece,
inammissibile quella dell’opposto), in parziale accoglimento del
solo appello incidentale della già locatrice, essendo stato, infatti,
respinto quello principale della società (OMISSIS), la domanda
risarcitoria dell’(OMISSIS) veniva accolta, sebbene per un importo
minore rispetto a quello richiesto;
– che il giudice di seconde cure respingeva, invece, la
domanda relativa al pagamento delle ulteriori 23 mensilità di
canone, ravvisandosi, da parte del giudice di appello, l’esistenza
di idoneo atto di disdetta;
– che avverso la sentenza della Corte capitolina ricorre per
cassazione l’(OMISSIS), sulla base – come detto – di quattro
motivi;
– che il primo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione dell’art.
27 della legge n. 392 del 1978, oltre a vizio di motivazione nella
ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, ovvero
l’assenza dei gravi motivi di recesso;
– che si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che
la comunicazione del 21 novembre 2012 – inoltrata dalla società
(OMISSIS) ad essa (OMISSIS) e con la quale venivano specificate le
ragioni del recesso, già genericamente comunicate con
raccomandata del 30 ottobre 2012 – idonea manifestazione della
volontà di recedere dal contratto di locazione, donde il
conseguente rigetto della domanda della già locatrice, volta a
conseguire il pagamento dei canoni fino alla scadenza naturale del
contratto;
– che errata, inoltre, risulterebbe la sentenza impugnata
allorché ha ritenuto sussistenti i gravi motivi a fondamento del
recesso, non avendo la già conduttrice assolto all’onere della
prova su di essa incombente;
– che il secondo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360,
comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 653 cod. proc. civ., nonché vizio di
motivazione per omessa pronuncia sulle spese processuali della
fase monitoria a seguito del mancato accoglimento
dell’opposizione al decreto ingiuntivo, provvedimento modificato
“in melius”, essendo stata la società (OMISSIS) condannata al
pagamento di una somma maggiore rispetto a quella oggetto
dell’ingiunzione;
– che il terzo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma
1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. – violazione del d.m. 10 marzo 2014,
n. 55, poi d.m. 8 marzo 2018, n. 37, censurando la sentenza
impugnata per illogicità ed erroneità in punto spese di lite, oltre
che per carenza di motivazione, nonché per violazione del
principio della soccombenza anche in relazione al valore della
causa e per violazione dei parametri fissati nelle tabelle;
– che il quarto motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.,
dell’art. 1592 cod. civ., nonché vizio di motivazione in relazione
all’individuazione dei danni rispetto alla relazione peritale a firma
dell’Arch. Marco Tarquini del 5 giugno 2013, non contestata da
controparte;
– che, in questo caso, la ricorrente si duole dell’accoglimento
solo parziale della domanda risarcitoria da essa proposta, avendo
la Corte romana – a suo dire – riduttivamente e arbitrariamente
individuato i danni risarcibili, disattendendo gli accertamenti
tecnici contenuti nella relazione a firma del predetto
professionista, sebbene non contestati da controparte;
– che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, la
società (OMISSIS), chiedendo che la stessa sia dichiarata
inammissibile e, comunque, rigettata;
– che la ricorrente ha depositato memoria;
– che il collegio ha raccomandato la stesura dell’ordinanza in
forma semplificata.
Considerato in diritto
– che il ricorso va accolto, nei limiti di seguito precisati;
– che il primo motivo non è fondato;
– che la Corte capitolina ha ritenuto la comunicazione di
recesso del 30 ottobre 2012 “palesemente inefficace”, in quanto
“non contenente alcuna motivazione”, affermando che la stessa
fosse stata “integrata”, ma solo con effetto “ex nunc”,
“dall’indicazione successiva dei motivi”, avvenuta il successivo 21
novembre;
– che la sentenza impugnata, pertanto, ha ritenuto valida
manifestazione della volontà del conduttore di recedere dalla
locazione soltanto la seconda comunicazione, senza farne
retroagire gli effetti dalla prima, con ciò mostrando – al di là del
riferimento alla “integrazione” dei due atti, che in apparenza
farebbe supporre che essa abbia inteso “saldare” le due
manifestazioni di volontà, in violazione del principio che esige la
contestualità della manifestazione della volontà di recesso e
dell’enunciazione dei gravi motivi (sulla quale si veda Cass. Sez.
3, sent. 30 giugno 2015, n. 13368, Rv. 635800-01) – di attribuire
efficacia soltanto alla raccomandata del 21 novembre 2012;
– che infondata è anche la censura, sempre, oggetto del primo
motivo di ricorso, con cui si contesta l’idoneità ad integrare i giusti
motivi di quanto dichiarato, appunto, con tale seconda
comunicazione;
– che la già conduttrice ha fatto rifermento “all’aumento
esponenziale del fatturato”, nonché “a scelte imprenditoriali ben
precise connesse all’espansione dell’impresa, ovvero quella di
contemperare la necessità di un maggiore spazio disponibile, con
quella di avere un locale prestigioso e, da ultimo, quella di limitare
e/o non duplicare costi di gestione”;
– che nel dare rilievo a tali motivi, ai sensi ed agli effetti di cui
all’art. 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la Corte capitolina si
è uniformata al principio enunciato da questo giudice di
legittimità, secondo cui i “gravi motivi” di cui alla norma “de qua”
“devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e
sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed essere tali da
rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il
profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo”, sicché,
“essi non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale
valutazione effettuata dal conduttore in ordine all’opportunità o
meno di continuare ad occupare l’immobile locato ma devono
avere carattere oggettivo”, ravvisabile, tuttavia, anche – come
nella specie – in “un andamento della congiuntura economica (sia
favorevole che sfavorevole all’attività dell’impresa), sopravvenuto
ed oggettivamente imprevedibile, che, imponendo l’ampliamento
o la riduzione della struttura aziendale, sia tale da rendere
particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo” (cfr.
Cass. Sez. 3, sent. 30 giugno 2015, n. 13368, Rv. 635800-01);
– che i motivi secondo e terzo – suscettibili di scrutinio
unitario, data la loro connessione, attenendo alla liquidazione
delle spese del giudizio di merito – sono fondati;
– che, in particolare, risultavano dovute all’(OMISSIS) anche le
spese della fase monitoria, giacché in tema di “procedimento di
ingiunzione, la revoca del decreto ingiuntivo in esito al giudizio di
opposizione, non costituisce motivo sufficiente per rendere
irripetibili dal creditore le spese della fase monitoria, occorrendo
aver riguardo, invece, all’esito complessivo del giudizio, sicché la
valutazione della soccombenza dovrà confrontarsi con il risultato
finale della lite anche in relazione a tali spese” (così, da ultimo,
Cass. Sez. 2, sent. 9 agosto 2022, n. 24482, Rv. 665389-01);
– che all’esito delle fasi di merito del giudizio di opposizione,
all’(OMISSIS) è stata riconosciuto – a seguito delle compensazioni
tra il suo credito e quello spettante alla società (OMISSIS) – un
importo maggiore di quello del quale era stato ingiunto, in suo
favore, il pagamento;
– che, inoltre, risulta errata la liquidazione delle spese dei due
gradi di giudizio, quanto ai compensi, non essendosi tenuto conto
del rigetto della domanda riconvenzionale della società (OMISSIS), del
valore di € 109.375 (cfr. Cass. Sez. 3, ord. 29 novembre 2018, n.
30840, Rv. 651861-01);
– che il quarto motivo è inammissibile, dal momento che le
due censure in cui si sostanzia – violazione del principio di non
contestazione e dell’art. 1592 cod. civ. –, a parte il giudizio di
fatto sulla natura delle opere qui non sindacabile, non colgono la
“ratio decidendi” della sentenza impugnata, quanto alla
limitazione del risarcimento del danno;
– che essa è costituita dalla valorizzazione di una clausola
contrattuale in ordine alle migliorie apportate dal conduttore, che
risulta interpretata come comportante un obbligo di accettazione
delle stesse, o meglio un divieto di loro asportazione, in deroga
pattizia, dunque, all’art. 1592 cod. civ.;
– che il presente motivo non si confronta, dunque, con
l’effettivo “decisum” della sentenza impugnata, donde la sua
inammissibilità (Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910,
Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio
2020, n. 13735, Rv. 658411-01).
– che, in conclusione, la sentenza va cassata solo in relazione
ai motivi secondo e terzo, sussistendo le condizioni perché questa
Corte possa decidere nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2,
seconda parte, cod. proc. civ., non occorrendo accertamenti di
fatto, ma dovendosi solo correggere la pronuncia della Corte
capitolina in punto spese;
– che debbono, in primo luogo, riconoscersi ad Antonella
(OMISSIS), per il ricorso monitorio, € 730,00 per compensi, €
111,00 per spese, oltre IVA e CPA;
– che, in secondo luogo, deve condannarsi la società (OMISSIS)
Gaetano & Co S.r.l. a rifondere ad (OMISSIS) le spese di
ambo i gradi dei giudizi di merito, liquidate, per compensi, in €
8.000,00, oltre IVA e CPA come per legge, per il primo grado di
giudizio, nonché in 9.000,00, oltre IVA e CPA come per legge, per
il giudizio di appello;
– che, in ragione del solo parziale accoglimento del presente
ricorso, sussistono giusti motivi per compensare integralmente
tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo
e il terzo e dichiara inammissibile il quarto, e, per l’effetto, cassa
in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
liquida in favore di (OMISSIS), per il ricorso monitorio, €
730,00 per compensi, € 111,00 per spese, oltre IVA e CPA,
condannando, altresì, la società (OMISSIS) & Co S.r.l. a
rifondere ad (OMISSIS) le spese di ambo i gradi dei
giudizi di merito, liquidate, per compensi, in € 8.000,00, oltre IVA
e CPA come per legge, per il primo grado di giudizio, nonché in
9.000,00, oltre IVA e CPA come per legge, per il giudizio di
appello.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, all’esito di adunanza camerale della
Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 gennaio 2023.