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Cassazione Civile 12473/2023 – Esecuzione forzata – Inopponibilità all’aggiudicatario della locazione a canone vile 

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Ordinanza 12473/2023

Esecuzione forzata – Inopponibilità all’aggiudicatario della locazione “a canone vile”

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2923, comma 3, c.c. (norma che, rendendo inopponibile all’aggiudicatario, alla procedura e ai creditori la locazione “a canone vile”, consente al giudice dell’esecuzione l’emanazione diretta dell’ordine di liberazione), il quale non impedisce al conduttore l’esercizio del diritto di difesa, né ostacola l’impresa privata, mirando, piuttosto, a salvaguardare il diritto al recupero del credito – che gode di tutela costituzionale e anche sovranazionale – da iniziative economiche fraudolente o, comunque, lesive delle ragioni creditorie.

Potere-dovere del giudice dell’esecuzione di esaminare “ex officio” l’opponibilità di titoli di godimento

In tema di espropriazione immobiliare, il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di esaminare “ex officio” i titoli di godimento eventualmente opponibili alla procedura, sia nel momento in cui provvede a determinare il prezzo-base dell’immobile o a dare, doverosamente, indicazioni ai potenziali acquirenti sul suo stato di occupazione (circostanza che incide sul valore del cespite), sia, soprattutto, quando è chiamato ad emettere l’ordine di liberazione ex art. 560 c.p.c., provvedimento che, ovviamente, non va emanato in caso di ritenuta opponibilità del titolo vantato dal terzo.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 9-5-2023, n. 12473   (CED Cassazione 2023)

 

 

FATTI DI CAUSA

1. Nella procedura espropriativa immobiliare promossa dalla

(OMISSIS) s.c. contro (OMISSIS), (OMISSIS) e
(OMISSIS), la società (OMISSIS) & C. s.a.s. –
unitamente agli esecutati (che, con lo stesso atto, avanzavano distinti
motivi di opposizione) proponeva opposizione ex artt. 615 e 617 cod.
proc. civ.; sosteneva l’opponente di godere dell’immobile pignorato
(in data 2/4/2012) in forza di contratto di locazione anteriore all’inizio
del processo esecutivo (registrato il 13/1/2010), di aver appreso della
pendenza della procedura solo dopo l’aggiudicazione e, in conclusione,
che dall’opponibilità del contratto derivava l’invalidità
dell’aggiudicazione stessa, del decreto di trasferimento e dell’ordine di
liberazione emessi dal giudice dell’esecuzione.

2. Nella fase endoesecutiva il giudice dell’esecuzione rilevava che
il contratto di locazione era stato segnalato dall’esperto stimatore e
che, tuttavia, il negozio era inopponibile perché stipulato “a canone
vile” (ex art. 2923, comma 3, cod. civ.); il collegio di reclamo
confermava tali statuizioni.

3. Nel giudizio di merito, il Tribunale di Trento, con la sentenza n.
912 del 22/11/2019, rigettava le domande dell’opponente.

4. La società (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS)
proponevano appello, che veniva in parte respinto e in parte dichiarato
inammissibile. Per quanto qui ancora rileva, con la sentenza n. 4 del
12/1/2021, la Corte d’appello di Trento statuiva l’inammissibilità
dell’impugnazione della società riguardante i pretesi vizi di
comunicazione/notificazione di atti della procedura, in quanto le
relative statuizioni del giudice di primo grado erano insuscettibili di
appello ex art. 618 cod. proc. civ.; esplicitamente la Corte territoriale
affermava l’ammissibilità del gravame nella parte, asseritamente non
riconducibile all’art. 617 cod. proc. civ., in cui la società (OMISSIS)
contestava la decisione riguardante l’opponibilità del contratto di
locazione; tuttavia, il motivo d’appello era respinto, dovendosi
condividere il giudizio del Tribunale che, anche sulla scorta della
perizia di stima, aveva ritenuto inopponibile ex art. 2923, comma 3,
cod. civ. la locazione ad uso commerciale (ristorazione) di un cespite
di 80 mq., ubicato in una rinomata località turistica (Canazei), ad un
canone di 500 Euro annui; respingeva, poi, le ulteriori doglianze
dell’appellante circa l’oggetto del contratto ed altre pattuizioni, non
risultanti dal testo contrattuale e, comunque, irrilevanti.

5. Avverso tale decisione la società (OMISSIS) proponeva ricorso per
cassazione, basato su due motivi; resisteva con controricorso la
(OMISSIS) s.c., mentre non spiegava difese nel
giudizio di legittimità l’aggiudicatario (OMISSIS), rimasto
intimato. Le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 cod.
proc. civ.

6. All’esito della camera di consiglio del 7 marzo 2023, il Collegio
si riservava il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni, a
norma dell’art. 380-bis.1, comma 2, cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si rileva che, in base ai principî affermati da
Cass., Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010 (e successive
conformi), può prescindersi dalla verifica della corretta instaurazione
del contraddittorio nei confronti degli esecutati, già parti processuali
nei gradi di merito.

2. Sempre in via preliminare si osserva che la sentenza impugnata
contiene un’espressa affermazione circa l’ammissibilità dell’appello
avanzato dall’odierna ricorrente e nessuna censura è stata svolta sul
punto; la formazione del giudicato su detta statuizione preclude,
perciò, a questa Corte ogni rilievo, ancorché sia evidentemente
erronea la qualificazione come opposizione ex art. 615 cod. proc. civ.
del rimedio proposto dall’aggiudicatario avverso l’ordine di liberazione
(in proposito, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9877 del 28/03/2022).

3. Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.
3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione
degli artt. 2923 e 2929 cod. civ., perché la decisione del giudice
dell’esecuzione – confermata anche nell’appello – relativamente
all’inopponibilità della locazione era stata adottata ex officio,
precludendo al locatario il diritto di difesa, peraltro senza un compiuto
accertamento dei presupposti applicativi del terzo comma del citato
art. 2923 o, comunque, con pretermissione di importanti elementi
probatori atti a dimostrare la congruità del canone pattuito; ciò
facendo, secondo il ricorso, la Corte di merito avrebbe attribuito tutela
all’aggiudicatario anche oltre i limiti dell’art. 2929 cod. civ.; infine, la
ricorrente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 2923, comma
3, cod. civ., perché in contrasto con gli artt. 41 e 24 Cost., e dell’art.
2929 cod. civ., per contrasto con l’art. 42 Cost.

4. La censura è infondata.

5. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il giudice
dell’esecuzione ha il potere-dovere di esaminare ex officio i titoli di
godimento eventualmente opponibili alla procedura, sia nel momento
in cui provvede a determinare il prezzo-base dell’immobile o a dare
(doverosamente) indicazioni ai potenziali acquirenti sul suo stato di
occupazione (dato che l’altrui godimento, se opponibile, incide
significativamente sul valore del cespite e, di contro, l’aggiudicatario
confida e ripone un legittimo affidamento nella sua liberazione, la
quale costituisce «regola generale nelle espropriazioni immobiliari»,
come statuito da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9877 del 28/03/2022, Rv.
664400-01), sia, soprattutto, quando è chiamato ad emettere l’ordine
di liberazione ex art. 560 cod. proc. civ., provvedimento che,
ovviamente, non viene emanato in caso di ritenuta opponibilità del
titolo vantato dal terzo.

6. A riguardo si osserva che l’ordine di liberazione, provvedimento
da cui ha tratto origine l’opposizione della società (OMISSIS), è stato
emesso a norma dell’art. 560 cod. proc. civ. nella formulazione
vigente tra il 3 luglio 2016 (art. 4, comma 1, lett. d), D.L. 3/5/2016,
n. 59, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30/6/2016, n. 119) e
il 13 febbraio 2019 (art. 4, comma 2, D.L. 14/12/2018, n. 135,
convertito, con modificazioni, dalla Legge 11/2/2019, n. 12) e che
nella versione della norma applicabile alla fattispecie in esame (ma
anche in quella da ultimo introdotta col d.lgs. 10/10/2022, n. 149)
l’ordine è suscettibile di opposizione agli atti esecutivi del terzo.

7. Proprio il testo della disposizione ratione temporis vigente («Per
il terzo che vanta la titolarità di un diritto di godimento del bene
opponibile alla procedura, il termine per l’opposizione decorre dal
giorno in cui si è perfezionata nei confronti del terzo la notificazione
del provvedimento») dà conferma – ma la conclusione vale anche per
la norma oggi applicabile, come da ultimo novellata dal d.lgs. n. 149
del 2022 – che al terzo è consentito di esplicare compiute difese, sia
contrastando, in fase endoesecutiva e nell’immediatezza, il sommario
accertamento del giudice dell’esecuzione, sia, nel prosieguo, nel
giudizio di merito a cognizione piena.

8. Tra le valutazioni demandate al giudice della procedura
espropriativa rientra anche il sindacato sull’opponibilità della
“locazione a canone vile” (art. 2923, comma 3, cod. civ.).
Come già statuito da questa Corte – Cass., Sez. 3, Sentenza n.
9877 del 28/03/2022, Rv. 664400-02, pronuncia alla quale il Collegio
convintamente intende dare continuità – «La locazione “a canone vile”
stipulata in data anteriore al pignoramento non è opponibile
all’aggiudicatario ai sensi dell’art. 2923, comma 3, c.c. ed è
inopponibile anche alla procedura o ai creditori che ad essa danno
impulso, stante l’interesse pubblicistico al rituale sviluppo del processo
esecutivo e, quindi, per un motivo di ordine pubblico processuale, il
quale impone l’anticipazione degli effetti favorevoli dell’aggiudicazione
e del decreto di trasferimento, col peculiare regime di efficacia “ultra
partes” di quest’ultimo: ne consegue che è pienamente legittima
l’emanazione diretta, da parte del giudice dell’esecuzione, dell’ordine
di liberazione – con la successiva attuazione da parte del custode e
senza che sia necessario munirsi preventivamente di un titolo
giudiziale conseguito in sede cognitiva – avvalendosi delle stesse
inopponibilità previste per l’aggiudicatario, potendo i vari soggetti
coinvolti o pregiudicati da tale provvedimento trovare tutela delle loro
ragioni nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi.».

9. L’esame dei presupposti fattuali ex art. 2923, comma 3, cod.
civ. spetta, dunque, al giudice dell’esecuzione (ed eventualmente al
giudice dell’opposizione) e una loro rivalutazione (che il ricorso
sostanzialmente domanda) è seccamente esclusa nel giudizio di
legittimità, nel quale possono, al più, essere vagliate – nei limiti
dell’art. 360 cod. proc. civ. – la logicità e legittimità della decisione
assunta dai giudici di merito; nella specie, anche a voler prescindere
dai profili di inammissibilità del ricorso (laddove si sottopongono a
questa Corte circostanze di fatto asseritamente non considerate), si
rileva che la decisione della Corte d’appello di Trento richiama ed
espone, diffusamente e adeguatamente, gli elementi che hanno
giustificato il giudizio di “viltà” del canone pattuito, con argomenti non
solo scevri da vizi logici o giuridici, ma anche ben più che plausibili.

10. Del tutto incomprensibile è il richiamo dell’art. 2929 cod.
civ., disposizione volta a preservare l’aggiudicatario da vizi della
procedura e che non ha alcuna attinenza con la decisione impugnata;
del resto, l’inopponibilità alla procedura esecutiva della locazione a
canone vile è funzionale all’efficiente sviluppo di quella, di cui la tutela
dell’aggiudicatario è solo un effetto e, al contempo, uno strumento.

11. In base a quanto esposto, è evidente, infine, la manifesta
infondatezza dell’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata
dalla società ricorrente: l’art. 2929 cod. civ. è norma irrilevante in
questo giudizio; quanto all’art. 2923, comma 3, cod. civ., la
disposizione né impedisce al conduttore di esercitare il diritto di difesa
(per le ragioni sopra illustrate), né ostacola l’impresa privata,
trattandosi di norma che, al contrario, mira a salvaguardare il diritto
al recupero del credito (che gode di tutela costituzionale e anche
sovranazionale; sul punto, diffusamente, Cass., Sez. U, Sentenza n.
28387 del 14/12/2020, in motivazione) da iniziative economiche
caratterizzate da intenti frodatori o, comunque, lesive delle ragioni
creditorie.

12. Col secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli
artt. 91 e 97 cod. proc. civ., per essere stata confermata la solidarietà
di tutti gli opponenti e appellanti nell’obbligazione di rifusione delle
spese avversarie.

13. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la condanna di
più parti soccombenti al pagamento in solido può essere pronunciata
anche nel caso in cui sussista una «mera comunanza di interessi», la
quale può essere desunta dalla «convergenza di atteggiamenti
difensivi» (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 1650 del 19/01/2022, Rv.
663943-02; Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 9063 del 02/04/2019, Rv.
653446-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 27476 del 30/10/2018, Rv.
651335-01).

Nella sentenza impugnata manca una espressa motivazione sulle
ragioni a sostegno della condanna solidale alla rifusione delle spese.
Tuttavia, si ricava agevolmente che la Corte d’appello ha ritenuto,
quantomeno implicitamente, che le difese degli opponenti (oltre a La
Stalla, gli esecutati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) fossero
caratterizzate da un comune interesse: nella pronuncia si legge,
infatti, che gli «appellanti hanno unitariamente a suo tempo proposto
“ricorso ex artt. 615 e/o 617 c.p.c.”, prospettando peraltro “ragioni di
connessione” ed “un’ipotesi di litisconsorzio per cumulo di domande e
comunque facoltativo” … e pure unitariamente hanno poi promosso
con il rito ordinario il giudizio di merito: ed unitariamente la causa è
stata trattata … benché la posizione de (OMISSIS) s.a.s. fosse almeno
parzialmente distinta da quella degli altri tre opponenti».

La mancanza di un’esplicita motivazione sulla predetta questione è
irrilevante ai fini della cassazione della sentenza, perché il giudice del
merito è comunque pervenuto ad un’esatta conclusione; questa Corte
ha, infatti, il potere di correggere e integrare la motivazione (Cass.,
Sez. U, Sentenza n. 2731 del 02/02/2017, Rv. 642269-01) e, in base
agli elementi di fatto riportati nella pronuncia impugnata e sopra
richiamati, si deve ravvisare la comunanza di interessi idonea a
giustificare la condanna alla rifusione delle spese in via solidale.

Anche la seconda censura va dunque respinta.

14. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente
alla rifusione delle spese, liquidate secondo i parametri normativi e
nella misura indicata nel dispositivo, in favore della controricorrente.
15. Infine, si deve dichiarare la sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater,
D.P.R. 30/5/2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17,
Legge 24/12/2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

p. q. m.

la Corte

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di
questo giudizio, liquidate in Euro 7.700,00 per compensi ed Euro
200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge;

ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis dello
stesso articolo 13, qualora dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile, in data 7 marzo 2023.