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Cassazione Civile 12508/2015 – Associazioni non riconosciute – Responsabilità

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Sentenza 12508/2015

Associazioni non riconosciute – Inquadramento della responsabilità di chi agisce tra le garanzie “ex lege” assimilabili alla fideiussione

In tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità personale e solidale di chi abbia agito in nome e per conto dell’associazione è inquadrabile tra le garanzie “ex lege” assimilabili alla fideiussione, sicché trova applicazione l’art. 1957 cod. civ. e il termine di decadenza ivi stabilito, senza che tale assetto, comportando una sorta di avvalimento di una garanzia personale, menomi alcun diritto, determini un trattamento deteriore per eventuali terzi ovvero – attesa la durata semestrale (e, dunque, non meramente apparente) del termine decadenziale – leda il diritto di azione del creditore.

Cassazione Civile, Sezione 1, Sentenza 17-06-2015, n. 12508   (CED Cassazione 2015)

Art. 1957 cc (Scadenza dell’obbligazione principale) – Giurisprudenza

Art. 38 cc (Associazioni non riconosciute – Obbligazioni) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Messina ha condannato il sig. E.D.M. al pagamento di una somma di denaro, oltre interessi legali dalla data della fattura al soddisfo e alle spese processuali, in favore di (OMISSIS) SpA, per i servizi forniti al (OMISSIS), in relazione ad una manifestazione svoltasi nel mese di marzo 1992 presso l’albergo (OMISSIS).

1.1. Secondo il primo giudice, nonostante il E.D.M. non fosse socio del Club, egli aveva l’obbligo di pagare il corrispettivo delle prestazioni erogate dalla struttura alberghiera in quanto, dalle prove orali raccolte nel corso del processo, era stato accertato che egli aveva personalmente pattuito l’importo della spesa con il direttore dell’albergo.

2. Con il gravame proposto avverso la detta sentenza il debitore ha ribadito la sua estraneità al rapporto negoziale con la struttura residenziale ed ha eccepito la decadenza della società creditrice, per il decorso del termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione, ai sensi dell’articolo 1957 c.c..

3. La Corte d’Appello, respinto il primo motivo di doglianza, ha accolto il secondo affermando l’assimilabilità del rappresentante dell’associazione a quella del fideiussore, ma anche la decadenza dell’avente diritto dal suo credito, per non avere proposto la domanda entro i sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione (nella specie, in cui l’obbligazione era esigibile fin dal 1992, l’azione era stata promossa solo nel 1994).

4. Avverso tale pronuncia (OMISSIS) SpA ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati anche da memoria, avverso i quali ha resistito, con controricorso, il (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo mezzo, il ricorrente, il quale si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 38 c.c., e della sua inapplicabilità in relazione all’articolo 1957 c.c., ha posto il seguente quesito di diritto: se, in un rapporto negoziale nel quale chi agisce dichiara di rappresentare una associazione non riconosciuta, senza fornire alcuna prova, debba farsi applicazione dell’articolo 38 c.c., con la conseguente responsabilità del fideiussore o, piuttosto, della regola posta dall’articolo 1398 c.c., con la conseguente responsabilità personale e diretta dell’agente, quale falsus procurator;

1.1. Secondo la ricorrente, nella specie non sussisterebbe alcun riconoscimento del rapporto negoziale da parte dell’associazione, peraltro assente nel processo, nonchè ogni elemento probatorio capace di ricondurre l’attività prestata dal resistente all’associazione ((OMISSIS)).

1.2. Di conseguenza, quest’ultimo avrebbe agito solo come falsus procurator, con assunzione di responsabilità ai sensi dell’articolo 1398 c.c..

2. Con il secondo mezzo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 81 c.p.c., in relazione all’articolo 38 c.c., per l’omessa dichiarazione del difetto di legittimazione passiva del convenuto, rilevabile d’ufficio.

3. Con il terzo mezzo, il ricorrente, sulla base della mancata dichiarazione d’ufficio del difetto di legittimazione passiva del E.D.M., il quale avrebbe agito come falsus procurator, in riferimento all’articolo 345 c.p.c., nel testo anteriore alla riforma del 1990, pone il seguente quesito di diritto: se sia ammissibile la modifica della domanda di adempimento dell’obbligazione assunta dall’agente quale rappresentante dell’associazione non riconosciuta in domanda di adempimento dell’obbligazione assunta dal falsus procurator ex articolo 398 c.c.;

4. Il primo motivo di appello è, in parte, inammissibile in quanto mira, attraverso un quesito di diritto, ad introdurre surrettiziamente una diversa valutazione dei fatti accertati dal giudice di merito. Infatti, quest’ultimo ha concluso, attraverso una considerazione delle prove in atti (in particolare dei testi escussi e delle fatture emesse dalla società creditrice) che il E.D.M. avesse contratto le obbligazioni per conto dell’associazione sportiva e non personalmente e che, pertanto, la sua era soltanto una responsabilità accessoria (anche se solidale), rispetto a quella dell’associazione, con la conseguente assimilabilità del suo debito all’obbligazione che assume il fideiussore, nella disciplina di cui all’articolo 1957 c.c..

4.1. Diversamente, la società creditrice intende, in parte qua, censurare la decisione – in questa sede impugnata – negando i presupposti fattuali sui quali il giudice di merito ha tratto le sue conclusioni (ossia che il E.D.M. avrebbe agito come falsus procurator difettando ogni prova anche circa l’esistenza in mundo del (OMISSIS)), ciò che non è consentito in questa sede, specialmente laddove si pone, come si fa nella specie, una questione di diritto che non può attaccare – se non surrettiziamente, come nella specie – la base fattuale della ratio decidendi contenuta nella sentenza censurata.

4.2. Peraltro, tale censura in fatto avrebbe dovuto essere agitata nel giudizio di merito e, in questa sede, richiamata attraverso gli atti processuali che l’hanno veicolata, ciò che non è neppure detto nelle argomentazioni svolte con la prima doglianza.

5. In altra parte, la prima doglianza lamenta, anzitutto, il richiamo alla previsione di cui all’articolo 1957 c.c., operato dal giudice sulla base della qualificazione del fatto esaminato, considerato rientrante nella fattispecie di cui all’articolo 38 c.c. (“Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, ecc.”), ma poi prospetta la sua illegittimità costituzionale per lesione degli articoli 3 e 24 Cost..

5.1. Ma anche tali ulteriori due profili del primo motivo non hanno pregio e ne impongono la complessiva reiezione della residua parte del motivo.

5.2. Infatti, a confutazione della prima lamentela, deve richiamarsi il diritto vivente da ultimo espresso dalle decisioni di questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 29733 del 2011; Sez. 3, Sentenza n. 25748 del 2008) che hanno enunciato il principio di diritto secondo cui “nell’associazione non riconosciuta la responsabilità personale grava esclusivamente sui soggetti, che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, attesa l’esigenza di tutela dei terzi che, nell’instaurazione del rapporto negoziale, abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio dei detti soggetti (..). Ne consegue che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile tra le garanzie ex lege assimilabile alla fideiussione, con conseguente applicazione dei principi contenuti negli articoli1944 e 1951 c.c.”;

5.3. Tale principio, inoltre, non viola nè l’articolo 3 Cost., in quanto nel disciplinare il fenomeno della rappresentanza degli enti senza personalità richiama uno schema che ordina più compiutamente un altro fenomeno giuridico, con una sorta di avvalimento di una garanzia personale che non menoma alcun diritto (e non peggiora il trattamento rispetto a, neppure ipotizzati o individuati, tertia comparationis), nè l’articolo 24 Cost., in quanto la previsione di un termine che non sia del tutto apparente (e certo tale non è il termine decadenziale di sei mesi, considerati anche quelli pari o addirittura più brevi stabiliti con la disciplina c.d. prescrizioni presuntive) non può dirsi che ne misconosce la tutela ed in particolare il diritto di azione (che può essere anche dilazionato solo che si interrompa, diligentemente, il decorso di esso).

6. Il secondo mezzo, pur denunciando un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, non enuncia il corrispondente quesito di diritto di cui all’articolo 366 bis (vigente ratione temporis): perciò esso è inammissibile.

7. Il terzo motivo, posto in riferimento all’ipotizzato giudizio di rinvio, va dichiarato inammissibile in quanto pone una questione solo ipotetica e non avente alcun rilievo concreto ed attuale ove, come nella specie, non sia stato accolto alcun altro profilo di doglianza che comporti la necessità presupposta da questo motivo della cassazione della decisione impugnata in questa sede, rendendo così irrilevante il quesito sottoposto con detto mezzo.

8. Considerata la natura dei rapporti sostanziali sottostanti, il Collegio ravvisa serie ragioni per compensare le spese giudiziali fra le parti.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e compensa fra le parti le spese di questa fase del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 1ª sezione civile della Corte di Cassazione, il 20 maggio 2015, dai magistrati sopra indicati.