Sentenza 12573/2019
Condominio negli edifici – Oneri per spese effettuate per fini individuali – Ripartizione ex art. 1123, comma 2, c.c.
In materia di condominio negli edifici, gli oneri riguardanti le spese effettuate per fini individuali, come quelle postali e i compensi dovuti all’amministratore in dipendenza di comunicazioni e chiarimenti su comunicazioni ordinarie e straordinarie, sono inquadrabili nell’ambito dell’art. 1123, comma 2, c.c., purché sia concretamente valutata la natura dell’attività resa al singolo condomino e la conseguente addebitabilità individuale o meno ad esso dei relativi costi.
Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 10 maggio 2019, n. 12573 (CED Cassazione 2019)
Art. 1123 cc (Ripartizione delle spese) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 14 marzo 2011 il Giudice di Pace di Imola, adito da (OMISSIS) e (OMISSIS), rigettava la domanda di pronuncia di nullità/annullabilità della delibera del 18 giugno 2009 del Condominio di via (OMISSIS) limitatamente all’approvazione del rendiconto dell’esercizio 2008 e del relativo piano di riparto, in base al quale veniva posta a carico dei suddetti (OMISSIS) e (OMISSIS) il pagamento della somma di Euro 302,10, dovuta a titolo di “spese personali” da essi soli condomini.
Quest’ultimi due interponevano appello avverso la decisione del Giudice di prime cure argomentando che non rientrava nelle attribuzioni della assemblea il potere di addebitare unilateralmente a loro carico spese definite personali quali, in concreto, gli oneri (per complessivi Euro 302,10) per spese postali e “compensi amministratore” dovuti in dipendenza di comunicazioni e chiarimenti su comunicazioni ordinarie e su problematiche straordinarie condominiali.
Il tutto giusto il disposto di cui all’articolo 1123 c.c., comma 1.
Il Tribunale di Bologna, in funzione di Giudice di appello, ritenuta l’ammissibilità del proposto gravame, accoglieva l’appello, riformava l’impugnata sentenza del Giudice di Pace, dichiarava la nullità della impugnata delibera nella parte relativa all’approvazione del rendiconto 2008 quanto al riparto delle spese limitatamente all’anzidetto addebito di “spese personali” e compensava integralmente le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Per la cassazione della succitata sentenza ricorrono lo (OMISSIS) e la (OMISSIS) con atto affidato a un motivo, resistito con controricorso dall’intimato condominio, che ha – a sua volta – interposto ricorso incidentale fondato su tre ordini di motivi e resistito con controricorso dai ricorrenti principali. Sia le pa ricorrenti principali, che quella ricorrente incidentale hanno depositato, nell’approssimarsi dell’udienza, memorie ex articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Deve, in ragione della priorità logica e dei suoi dirimenti aspetti, esaminarsi per primo il proposto ricorso incidentale. Esso, come detto, è fondato su tre ordini di motivi:
a.) Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’articolo 339 c.p.c., comma 3 in relazione articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il Giudice di appello avrebbe errato nel ritenere l’ammissibilità dell’appello in quanto la pronuncia del Giudice di prime cure costituiva una decisione per equità essendo il valore della controversia inferiore al limite di Euro millecento.
b.) Con il secondo motivo parte ricorrente incidentale lamenta la violazione dell’articolo 339 c.p.c..
Il motivo, nella sostanza, ripropone la questione dell’ammissibilità dell’appello e dell’erroneità della decisione gravata in punto perchè l’articolo 1123 c.c. – secondo la prospettazione del ricorrente incidentale- non costituirebbe norma rientrante tra quelle “fondamentali del rapporto di condominio”.
Entrambi i suddetti motivi possono essere trattati congiuntamente attesa la loro connessione.
Le ragioni addotte dal Condominio a sostegno della tesi dell’inappellabilità del gravame a suo tempo interposto innanzi al Tribunale di Bologna dalle odierne parti ricorrenti principali non possono essere condivise.
Pur se la controversia rivestiva un valore inferiore a quello (di Euro 1.100,00) per il quale è consentita, in generale, l’appellabilità della relativa decisione, tuttavia la sentenza risulta, in punto, corretta.
Essa, in effetti, ha applicato il principio per cui sono appellabili anche le decisioni di primo grado di valore inferiore a quello anzidetto e pronunciate secondo equità allorchè siano dedotte “violazioni di principi regolatori della materia”.
A questi, in effetti, ha fatto riferimento la gravata sentenza al fine di ritenere l’appellabilità della decisione del Giudice di prime cure, che – va evidenziato- si riferiva alla interpretazione dei limiti di applicabilità dell’articolo 1123 c.c. e, quindi, ineriva proprio una questione riguardante un principio regolatore della materia.
Al riguardo non può che richiamarsi il dictum, già affermato, fin dalla sentenza 13 novembre 1997, n. 11223, da questa Corte e secondo cui anche le sentenze pronunciate secondo equità -in ipotesi come quella in esame in cui si controverta di principi regolatori- possono essere oggetto di ammissibile impugnazione (v., pure: Cass. n. ri 27339/2008 e 6410/13). I due motivi trattati congiuntamente vanno, dunque, respinti in quanto infondati.
c.) Con il terzo motivo del ricorso incidentale si prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione dell’articolo 1123 c.c. e 1135 c.c..
Sarebbe stato violato, secondo la prospettazione di cui al motivo qui in esame, il principio ermeneutico affermato da questa Corte con la sentenza 17 settembre 1998 n. 9263.
Il principio affermato con tale pronuncia è quello secondo cui: “il contributo alla spesa per un servizio comune destinato ad esser fruito in misura diversa dai singoli condomini deve esser ripartito in proporzione all’utilizzazione di esso e non ai millesimi – come invece avviene per il riscaldamento, per impossibilità di accertarne l’effettiva utilità per ciascun condomino – al fine di evitare un indebito arricchimento rispettivamente a favore e a discapito dei singoli condomini”.
La sentenza gravata ha -viceversa- affermato genericamente che, nell’ipotesi, “il potere ripartitorio dell’assemblea non poteva andare oltre a quanto disposto dalla legge” (con ciò inducendo alla considerazione di aver dato rilievo solo al comma 1 dell’articolo 1123 c.c.).
Senonchè, al fine della corretta sussunzione normativa della concreta ipotesi in giudizio, andava considerata anche l’inquadrabilità della fattispecie nell’ambito dell’articolo 1123 c.c., comma 2 (salva in ogni caso la valutazione, che è apprezzamento di merito, della tipologia delle anzidette spese di cui si controverte).
Il motivo -quindi- è, in parte fondato, nel senso di seguito precisato.
La possibilità di ripartizione delle spese personali di ciascun condomino “in funzione delle utilità che in concreto” lo stesso gode e ricava sostanzia un criterio che – a ben vedere- si riferisce all’uso di cose comuni e non ad altro. Quella possibilità si riferisce, infatti, ad “un servizio comune destinato ad essere fruito in misura diversa” e non già a fattispecie come quella in esame ove, in concreto, ricorre altra situazione non sussumibile nella norma comunque applicata.
La concreta situazione per cui è causa (maggiori spese postali e costo servizio) si riferisce a servizi la cui natura-salva la inapplicabilità del generale criterio di ripartizione ex articolo1123 c.c., comma 1, (cui sembra aver fatto esclusi ovo riferimento la sentenza gravata)- va valutata dal Giudice del fatto.
D’altra parte l’invocata ed automatica applicabilità dell’articolo 1123 c.c., comma 2, nel senso proposto col motivo qui in esame, non può essere appieno condivisa ove si prospetti l’addebito delle spese “in funzione delle utilità che in concreto” vengano ricavate dai singoli condomini senza la concreta valutazione della natura dell’attività resa al singolo condomino.
Al riguardo deve in ogni caso rammentarsi come la stessa giurisprudenza citata col motivo qui in esame fa, testualmente, espresso riferimento alle spese “per i servizi comuni” e non ad altro.
E la ancor più pertinente pronuncia di Cass. n. 4403/1999 àncora l’applicabilità del criterio di liquidazione ex articolo 1123, comma 2 (non in base a millesimi e non a carico di tutti i condomini) solo alla fattispecie inerenti “cose comuni suscettibili di destinazione al servizio dei condomini”. E, fatta sempre salva, altra azione recuperatoria nei confronti del singolo condomino in via sussidiaria rispetto al meccanismo previsto ex articolo 1123 c.c., comma 2 “al fine di evitare un indebito arricchimento rispettivamente a favore e a discapito dei singoli condomini” (Cass. n. 9263/1998).
In conclusione la non addebitabilità di spese al singolo condomino, che usufruisca di servizi, può, quindi, essere affermata, ma non col rinvio al generale principio ex articolo 1123 c.c., comma 1, della ripartizione proporzionale;
l’addebito alla intera comunità condominiale di spese (quali quelle postali e di attività ulteriore svolta nell’interesse di un singolo condomino) sulla base del generico ed errato riferimento al criterio della ripartizione delle spese sulla proporzione di uso è quindi errato;
alla stregua dei principi giurisprudenziali innanzi richiamati e correttamente ribaditi, la giustificazione del permanere a carico del condominio delle spese comunque effettuate a fini individuali risiede sono nella corretta applicabilità o meno del criterio ex articolo 1123 c.c., comma 2, previa valutazione in fatto della natura del servizio e conseguente considerazione della addebitabilità o meno individuale al singolo condomino.
Con riguardo a tali ribaditi ed affermati principi il motivo in esame può essere accolto.
3.- Con il motivo del ricorso principale si censura il vizio di violazione dell’articolo 91 c.p.c..
Parti ricorrenti principali si dolgono del fatto che sarebbe stato disatteso il “divieto del giudice di porre le spese a carico della parte totalmente vincitrice”.
Il motivo è assorbito per effetto del suddetto accoglimento del ricorso incidentale.
4.- In conseguenza dell’accoglimento, pur nei imiti innanzi detti, del terzo motivo del ricorso incidentale, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio ad altro Giudice in dispositivo indicato, che provvederà alla definizione del giudizio uniformandosi ai principi innanzi enunciati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie il terzo motivo del medesimo ricorso, assorbito il ricorso principale, cassa l’impugnata sentenza -in relazione al motivo accolto- e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Bologna in persona di altro Giudice.