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Cassazione Civile 12673/2022 – Interferenze tra fallimento ed esecuzione forzata – Dichiarazione di esecutività del progetto di distribuzione da parte del giudice dell’esecuzione edotto del fallimento – Inerzia del curatore

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Ordinanza 12673/2022

 

Interferenze tra fallimento ed esecuzione forzata – Dichiarazione di esecutività del progetto di distribuzione da parte del giudice dell’esecuzione edotto del fallimento – Inerzia del curatore

In tema di interferenze fra procedura concorsuale ed esecuzione forzata, nell’ipotesi patologica in cui il giudice di quest’ultima, ancorché reso edotto del fallimento del debitore, dichiari l’esecutività del progetto di distribuzione, qualora il curatore rimanga inerte e non reagisca tempestivamente con il rimedio oppositivo, subisce l’irretrattabilità della successiva esecuzione del medesimo progetto, cui consegue l’intangibilità delle somme concretamente attribuite e l’impossibilità di chiederne la restituzione mediante l’esercizio dell’azione di ripetizione di indebito.

Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 20-4-2022, n. 12673   (CED Cassazione 2022)

Art. 615 cpc (Opposizione all’esecuzione) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. – Il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. ricorre per tre mezzi, illustrati da memoria, nei confronti di (OMISSIS) S.r.l., (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) S.r.l., contro la sentenza del 31 maggio 2018, con cui la Corte d’appello di Palermo ha respinto l’appello dello stesso Fallimento avverso sentenza del locale Tribunale di rigetto della domanda volta alla ripetizione della somma di Euro 3.257.403,97, con accessori.

2. – La vicenda da cui si origina il ricorso si riassume nei termini seguenti.

2.1. – Questo l’antefatto:

-) l’ (OMISSIS) S.p.A., sezione credito fondiario, agendo in forza di contratto di mutuo fondiario del (OMISSIS), ha intrapreso, con pignoramento notificato il (OMISSIS), un’esecuzione forzata immobiliare nei confronti di (OMISSIS) S.r.l., avente ad oggetto un edificio situato in (OMISSIS);

-) il 1 marzo 2006 il giudice dell’esecuzione ha aggiudicato l’immobile per il prezzo di Euro 3.302.600,00;

-) il (OMISSIS) il Tribunale di Palermo ha dichiarato il fallimento di (OMISSIS) S.r.l.;

-) il 22 marzo 2006 il Fallimento è intervenuto nel procedimento esecutivo assumendo che il credito azionato non avesse o avesse perso la sua natura fondiaria, e chiedendo altresì che al creditore procedente fosse assegnato soltanto il residuo capitale, con gli accessori indicati nell’atto l’intervento;

-) il 5 novembre 2009 è stato depositato il piano di riparto;

-) il giudice dell’esecuzione, replicando ad osservazioni delle parti, con ordinanza del 24 febbraio 2010, ha ritenuto che “secondo la Cassazione, gli istituti di credito fondiario… non sono… tenuti a sottostare all’obbligo di insinuazione al passivo… tale interpretazione appare confermata dalla recente introduzione della L.Fall., art. 52, comma 3 potendosi desumere da tale novella che solo con il citato intervento… il legislatore abbia inteso innovare il sistema introducendo una regola prima inesistente”, disponendo che il piano del riparto venisse conseguentemente rettificato;

-) lo stesso giudice dell’esecuzione, con successiva ordinanza del 30 luglio 2010, rilevato che la precedente ordinanza del 24 febbraio 2010 non era stata impugnata, ha dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione, ordinando il pagamento delle singole quote di liquidazione in favore dei creditori, pagamento che per quanto rileva è stato eseguito in favore di (OMISSIS) S.r.l., e dichiarando esaurita la procedura;

-) neppure tale ordinanza è stata oggetto di impugnazione.

2.2. – Con atto di citazione notificato il 5 novembre 2012 il Fallimento ha citato (OMISSIS) S.r.l. e (OMISSIS) S.r.l., già (OMISSIS) S.p.A., chiedendone condanna alla restituzione dell’intero importo corrisposto, pari a Euro 3.257.403,97, oltre accessori.

Il Tribunale ha respinto la domanda osservando quanto segue: “Tutte le contestazioni mosse nell’ambito del presente giudizio… sono state oggetto delle… procedure esecutive immobiliari riunite, che hanno visto l’intervento della Curatela… e si sono concluse con il provvedimento depositato il 30 luglio 2010 con cui il giudice delegato… ha dichiarato esecutivo il piano di riparto… il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l’azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente (o intervenuto) per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso”.

2.3. – Il Fallimento ha appellato la sentenza, nei confronti di (OMISSIS) S.r.l., e per essa di (OMISSIS) S.p.A., che ha resistito, nonchè delle contumaci (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) S.r.l., e l’appello è stato definito con la sentenza qui impugnata, la quale ha osservato: “Il progetto di distribuzione è atto conclusivo del processo esecutivo e quindi ad esso deve riconoscersi non solo l’irrevocabilità tipica dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione… ma soprattutto il carattere preclusivo che consegue alla mancata attivazione degli interessati nell’ambito dello stesso processo e con gli strumenti giuridici che questo offre a tutela degli interessi coinvolti… Per quanto sopra esposto, avendo la Curatela fallimentare partecipato al procedimento di espropriazione… e non avendo proposto opposizione nelle forme di rito, deve ritenersi che sia precluso alla stessa di esercitare l’azione di ripetizione di indebito”.

3. – (OMISSIS) S.r.l. resiste con controricorso, illustrato da memoria, mentre (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) S.r.l. non spiegano difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. – Il ricorso contiene tre motivi.

4.1. – Il primo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 512 e 615 c.p.c., anche in relazione alla L.Fall., artt. 51 e 52.

La tesi che vi si sostiene si può sintetizzare in ciò, che il principio applicato dalla Corte d’appello non terrebbe conto delle peculiarità ricorrenti nell’ipotesi di interferenza tra la procedura fallimentare e la procedura esecutiva immobiliare individuale volta alla soddisfazione di un credito fondiario.

4.2. – Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 52, anche in relazione all’art. 41 Testo Unico Bancario, invocando in breve il principio secondo cui la facoltà di prosecuzione dell’esecuzione individuale data in caso di credito fondiario si risolve in un mero privilegio processuale, che non altera le regole del concorso.

4.3. – Il terzo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2855 c.c.

Ma si tratta, in effetti, non già di una censura rivolta avverso la sentenza impugnata, bensì della riproposizione di una domanda subordinata, concernente il calcolo degli interessi sul residuo credito derivante dal mutuo fondiario, non esaminata dal giudice di merito in quanto assorbita.

5. Il ricorso va respinto.

6. – Il primo ed il secondo motivo, che per il loro collegamento possono essere trattati simultaneamente, sono infondati.

Ciò quantunque essi colgano correttamente taluni aspetti dell’interferenza tra l’esecuzione individuale volta alla soddisfazione di un credito fondiario e l’esecuzione concorsuale derivante dal fallimento del debitore.

6.1. – Il coordinamento tra la disciplina dettata dal testo unico bancario, Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, art. 41, e la L.Fall., art. 52, risponde a principi costantemente ribaditi nella giurisprudenza di questa Corte.

In generale, il citato art. 41 attribuisce al titolare del credito fondiario la facoltà di iniziare e proseguire l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia del credito medesimo, nei confronti del debitore, nonostante il fallimento di questi, ma tale facoltà non esclude il potere del giudice del fallimento di disporre la liquidazione degli stessi beni in sede fallimentare: le due procedure non sono cioè incompatibili, ma devono coordinarsi tra loro e, per tale aspetto, concernente l’individuazione del giudice cui spetta di vendere, il coordinamento è operante sulla base del criterio temporale, e dunque in considerazione dall’anteriorità del provvedimento che dispone la vendita (Cass. 8 settembre 2011, n. 18436; Cass. 28 gennaio 1993, n. 1025).

D’altro canto, un certo grado di osmosi tra le procedure è dato dalla previsione dell’intervento del curatore nell’esecuzione, come stabilito dall’art. 41, comma 2, secondo periodo Testo Unico Bancario.

Si tratta di un peculiare intervento, con finalità anzitutto informativa, ma altresì diretto a far valere in sede esecutiva tutte le ragioni della procedura concorsuale, ivi compresa quella, contemplata dal terzo periodo della citata norma, volta al recupero di quanto residua dopo la soddisfazione provvisoria del creditore fondiario.

Intervento, dunque, ben distinto da quello di cui alla L.Fall., art. 107, comma 6, secondo cui: “Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizioni del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all’art. 51”.

6.2. – Quanto alla interferenza tra l’una e l’altra procedura, e con particolare riguardo alla controversia in esame, va ancora sottolineato che l’art. 41 Testo Unico Bancario assegna al creditore fondiario un privilegio di carattere meramente processuale, essenzialmente consistente, per l’appunto, nella facoltà di avvalersi della esecuzione individuale, privilegio che, però, non incide affatto sulla portata sostanziale del diritto di detto creditore ad essere soddisfatto.

Il che val quanto dire, in altri termini, che il creditore fondiario non può ottenere dalla esecuzione individuale nulla più di quanto otterrebbe attraverso il concorso fallimentare.

6.3. – La norma non comporta dunque alcuna deroga alla disciplina dettata in tema di accertamento del passivo, ed in particolare al principio di esclusività della verifica fallimentare previsto dalla L.Fall., art. 52, neppure potendosi ritenere “che il rispetto di tali regole sia assicurato nell’ambito della procedura individuale dall’intervento del curatore fallimentare” (Cass. 11 ottobre 2012, n. 17368, sulla linea di Cass., Sez. Un., 17 dicembre 2004, n. 23572).

Ne discende che l’assegnazione della somma disposta nell’ambito della procedura individuale, come rammentato dal ricorrente, ha carattere provvisorio, essendo onere del creditore ai insinuarsi comunque al passivo del fallimento, in vista della graduazione dei crediti cui è strumentale la procedura concorsuale (principio, quest’ultimo, occorre precisare, affermato già nella vigenza della legge fallimentare ante-riforma, e con riferimento alla previgente disciplina del credito fondiario, Regio Decreto 16 luglio 1905, n. 646, art. 42: v. p. es. Cass. 15 gennaio 1998, n. 314; Cass. 17 dicembre 2004, n. 23572; Cass. 5 aprile 2007, n. 8609; n. 11014; Cass. 28 maggio 2008, n. 13996; Cass. 4 settembre 2009, n. 19217; Cass. 10 ottobre 2012, n. 17368).

L’esecuzione individuale, perciò, non si sottrae alla disciplina concorsuale in materia di accertamento dei crediti e dei privilegi ed alla ripartizione della somma ricavata (Cass. 21 marzo 2014, n. 6738; Cass. 8 settembre 2011, n. 18436), ed il coordinamento fra esecuzione individuale e concorsuale è, come si diceva, assicurato in ragione dell’attribuzione di provvisorietà all’assegnazione operata in sede di esecuzione forzata individuale, unitamente alla connessa imposizione al creditore dell’onere d’insinuarsi al passivo del fallimento per conseguire il risultato dell’esecuzione.

Di guisa che, in definitiva, il creditore fondiario vedrà integralmente soddisfatto il suo credito ove nei suoi riguardi, in sede fallimentare, risulti esservi capienza, mentre vedrà il proprio credito falcidiato in presenza di crediti prededucibili o muniti di cause di prelazione di grado superiore al suo, dovendo in tal caso restituire alla massa le somme eventualmente percepite in eccesso rispetto a quelle riconosciute nel riparto fallimentare.

6.4. – Tale ricostruzione, formatasi in sede giurisprudenziale, come si diceva, già prima della riforma della legge fallimentare, ha ricevuto poi espressa sanzione normativa nell’art. 52 legge medesima, che, dopo aver stabilito, al comma 2, che ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o prededucibile deve essere accertato in sede di concorso, ha all’esito della novella del 2007 precisato, al comma 3, che: “Le disposizioni del comma 2 si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all’art. 51”, e cioè esentati dal divieto di azioni esecutive e cautelari individuali, come accade appunto per il credito fondiario.

Norma, quella dell’art. 52, comma 3 inserita nella L.Fall., dal “correttivo” ed applicabile, in forza del Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, art. 22, comma 2, “ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonchè alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte successivamente alla sua entrata in vigore”. Dunque non applicabile al caso in esame, che rimane però soggetto ai principi di cui si è detto, già in precedenza formatisi.

6.5. – In tale ottica si è detto, in tempi abbastanza recenti, che “per ottenere l’attribuzione (in via provvisoria, salvi i definitivi accertamenti operati nel prosieguo della procedura fallimentare) delle somme ricavate dalla vendita, il creditore fondiario dovrà documentare al giudice dell’esecuzione di avere sottoposto positivamente il proprio credito alla verifica del passivo in sede fallimentare, cioè di aver proposto l’istanza di ammissione al passivo del fallimento e di avere ottenuto un provvedimento favorevole dagli organi della procedura (anche se non ancora divenuto definitivo). Solo in tal caso il giudice dell’esecuzione potrà attribuire al suddetto creditore il ricavato della vendita e dovrà farlo nei limiti del provvedimento di ammissione, disponendo la restituzione del residuo al fallito (e per esso al curatore del suo fallimento, ma senza alcuna ulteriore decurtazione). In caso contrario (cioè laddove l’istituto non abbia affatto presentato l’istanza di ammissione al passivo, in violazione della L.Fall., art. 52, ovvero il suo credito sia stato escluso dal passivo), l’intero ricavato della vendita non potrà che essere rimesso agli organi della procedura fallimentare, per essere distribuito in tale sede” (Cass. 28 settembre 2018, n. 23482, che è stata pronunciata, è importante dire, in un caso in cui, dichiarato esecutivo il piano di riparto dal giudice dell’esecuzione, il curatore fallimentare aveva spiegato opposizione agli atti, respinta con decisione poi cassata con la richiamata pronuncia).

6.6. – Questo essendo il sintetico quadro delle interferenze tra le procedure, occorre chiedersi se e come influisca su di esse l’eventualità, evidentemente patologica, che il giudice dell’esecuzione – come nel caso in esame – conduca la procedura esecutiva al suo esito, con l’approvazione del progetto di distribuzione, e la sua successiva esecuzione, pur reso edotto dalla dichiarazione di fallimento, senza che una insinuazione al passivo del creditore fondiario vi sia stata e senza che, per conseguenza, il giudice del fallimento abbia potuto verificare il credito.

6.7. – Secondo l’orientamento di questa Corte, l’approvazione del progetto di distribuzione comporta l’intangibilità della concreta ed effettiva attribuzione delle somme ricavate (da ult. Cass. 8 giugno 2021, n. 15963; in precedenza tra le moltissime Cass. 24 ottobre 2018, n. 26927; Cass. 14 giugno 2016, n. 12242; Cass. 31 ottobre 2014, n. 23182; Cass. 18 agosto 2011, n. 17371; Cass. 30 novembre 2005, n. 26078; Cass. 8 maggio 2003, n. 7036 Cass. 8 maggio 2003, n. 7036).

Si tratta di una soluzione ampiamente avversata dalla dottrina, sulla considerazione, in breve, che essa finisce per attribuire all’approvazione del progetto di distribuzione un’autorità sostanziale che si proietta al di fuori del processo esecutivo, autorità che è invece propria solo del giudicato conseguito all’esito del processo dichiarativo e che è incompatibile con i limiti cognitivi del processo esecutivo, strutturalmente inidoneo a condurre ad un accertamento definitivo dei crediti azionati.

Nella giurisprudenza di legittimità, la quale deve farsi carico delle ricadute applicative delle soluzioni adottate, il riconoscimento della stabilità dei risultati del processo esecutivo ha invece trovato un inquadramento complessivo in una decisione ormai remota nella quale è stato affermato, sulla scia della giurisprudenza precedente, che il processo esecutivo per espropriazione forzata è costruito come successione di subprocedimenti, culminanti nell’adozione di successivi provvedimenti, ai quali è tendenzialmente estranea la regola della propagazione delle nullità processuali dettata dall’art. 159 c.p.c., con la conseguenza che la definitività del provvedimento che conclude ciascun subprocedimento, una volta che abbia avuto esecuzione, diviene irretrattabile (Cass., Sez. Un., 27 maggio 1995, n. 11178).

In altri termini, la definitività del risultati dell’esecuzione trova fondamento, oltrechè sull’irrevocabilità dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione, una volta attuati, secondo l’art. 487 c.p.c., comma 1, sull’intrinseca caratteristica del procedimento esecutivo, improntato al rispetto di apposite forme, istituite allo scopo di salvaguardare i contrapposti interessi delle parti, procedimento entro il quale sono apprestati rimedi processuali, le opposizioni di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c., utili ad assicurare la legittimità della procedura, sia sotto il profilo formale, sia sotto quello sostanziale.

Dopo di che, l’orientamento, risalente ad un ancor più remota decisione, secondo la quale l’ordinanza distributiva costituisce “il culmine di un’attività giurisdizionale a contraddittorio eventuale, basata su un concetto di preclusione più ampio rispetto a quello del giudicato” (Cass. 3 luglio 1969, n. 2434), si è definitivamente stabilizzato.

6.8. – Le ragioni della soluzione adottata sono ben comprensibili: una volta stabilito che l’esecuzione forzata è retta da un impianto che, attraverso le opposizioni esecutive, è idoneo a garantire la conformità a diritto del procedimento esecutivo e del risultato da esso attinto, deve di necessità osservarsi che, ove si ammettesse che tale risultato possa essere travolto ad esecuzione conclusa, ad esempio a mezzo di azioni recuperatorie o risarcitorie, si creerebbe un cortocircuito nello stesso funzionamento del sistema.

Di qui l’irretrattabilità dell’ordinanza di distribuzione che non sia stata oggetto di contestazione – sempre, beninteso, che la contestazione potesse essere effettivamente fatta valere: v. per un caso Cass. 8 giugno 2021, n. 15963 – ai sensi dell’art. 512 c.p.c. o, comunque, di opposizione esecutiva.

6.9. – Nel caso di specie, deve allora osservarsi che il Fallimento è intervenuto nella procedura esecutiva, spiegando intervento riconducibile non certo alla L.Fall., art. 107, come invece affermato a pagina 3 del ricorso, bensì all’art. 41, comma 2, secondo periodo Testo Unico Bancario, tant’è che la tesi spiegata in quella sede, in assenza di qualunque manifestazione di volontà di subentrare al creditore procedente, si è incentrata sull’insussistenza della natura fondiaria del credito, perchè oggetto di cessione, e sulla quantificazione dell’importo spettante al creditore procedente (è quanto riferisce lo stesso ricorrente, sempre a pagina 3 del ricorso).

Effettuato l’intervento, il Fallimento non ha reagito nè all’ordinanza del 24 febbraio 2010, con la quale si negava che il creditore fondiario dovesse effettuare l’insinuazione al passivo, e, dopo che il giudice dell’esecuzione ha dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione, assegnando al creditore procedente poco meno che l’intera somma ricavata dalla vendita forzata del compendio immobiliare, e riconoscendo ulteriori interessi, è rimasto inerte: ed anzi, viene riferito a pagina 5 del ricorso che, a seguito di detti provvedimenti del giudice dell’esecuzione, il Curatore ha chiesto ed ottenuto al giudice delegato di “non proporre impugnazione avverso i provvedimenti presi dal giudice dell’esecuzione ed a proporre azione di restituzione delle somme che risultavano incassate dal creditore”. Insomma, il Fallimento, dopo essere intervenuto nel processo esecutivo, sostanzialmente opponendosi a che l’esecuzione intrapresa potesse concludersi in quella sede, ha poi ritenuto, a seguito della dichiarazione di esecutività del progetto di distribuzione, di non avvalersi dei rimedi che pure gli spettavano ed ha consentito che il processo esecutivo al quale aveva partecipato si chiudesse nel senso indicato: sicchè esso subisce l’effetto di irretrattabilità di cui si è detto.

7. – Il terzo mezzo è assorbito.

8. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il Fallimento al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2022.