Sentenza 12714/2010
Concorso del fatto colposo del creditore – Struttura della norma
In tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (di cui al primo comma dell’art. 1227 cod. civ.) va distinta da quella (disciplinata dal secondo comma della medesima norma) riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, giacché – mentre nel primo caso il giudice deve procedere d’ufficio all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso – la seconda di tali situazioni forma oggetto di un’eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede.
Cause inscindibili o dipendenti – Impugnazione incidentale tardiva
Nelle cause inscindibili o dipendenti, la parte i cui interessi giuridici sono oggetto dell’impugnazione principale è legittimata a proporre impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’art. 334 cod. proc. civ., anche contro una parte diversa da quella che ha introdotto l’impugnazione principale e su un capo di sentenza differente da quello oggetto di quest’ultima impugnazione.
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 25 maggio 2010, n. 12714 (CED Cassazione 2010)
Articolo 1227 c.c. annotato con la giurisprudenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società Po. , conduttrice di un immobile a piano terreno e sotterraneo, adibiti a negozio di riparazione computer e magazzino, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, sia la Fo. Sa. che il Condominio di Via (OMESSO), chiedendone la condanna la risarcimento dei danni derivati dalla rottura della fognatura in diversi episodi, verificatisi tra il (OMESSO) ed il (OMESSO) (quando l’immobile, originariamente dell’unica proprietaria, Fo. Sa. , era stato frazionato con la creazione di un condominio).
La attrice contestava alla proprietaria compagnia di assicurazione e, successivamente, al Condominio per i danni riportati nel (OMESSO), di non aver provveduto tempestivamente alla riparazione della tubazione fognaria, da tempo ammalorata ed in avanzato stato di degrado. In realtà, la locatrice aveva provveduto solo in via provvisoria, con una fasciatura per il tratto della tubazione nel quale si era verificata una crepa, senza dar luogo all’intervento definitivo, nonostante la presenza di numerose lesioni e corrosioni per tutto il tratto di tubazione passante per il sottonegozio della Po. , proprio in questo tratto si erano verificate, in più occasioni, numerose fuoriuscite di liquami, con gravi danni ai computers ed alle altre merci depositate in esso ed alla attività della società che ne era risultata a lungo paralizzata.
Per questo motivo, la Po. , conclusa la fase interinale nella quale il giudice della cautela aveva accolto il ricorso della società, ordinando al Condominio la sostituzione immediata della tubazione per tutto il tratto passante per il sottonegozio della ricorrente, instaurava il giudizio di merito, chiamando in giudizio: sia la Fo. che il Condominio, per sentirli condannare al risarcimento dei danno conseguenti ai due eventi, verificatisi nella fine del (OMESSO) e nel (OMESSO).
Il Tribunale liquidava l’intero danno – per entrambi gli episodi – nella somma complessiva rivalutata di euro 52.941,50, oltre interessi di mora con decorrenza dal fatto, attribuendone tuttavia la responsabilità per un 70% alla Fo. e per il restante 30% al Condominio (La società attrice, al contrario, aveva attribuito al Condominio una maggiore quota di responsabilità dei danni, anche in funzione della maggiore gravità del danno subito nel secondo evento del (OMESSO)).
Con sentenza 22 giugno-1 settembre 2005, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Milano 9 maggio 2002, condannava la Fo. Sa. al pagamento della somma in euro, corrispondente a lire 14.890.000 alla originaria attrice, Em. s.r.l. (già Po. srl) e il Condominio Via (OMESSO), (OMESSO) a pagare alla stessa Em. la somma in euro corrispondente a lire 34.360.000, comprensive di interessi e rivalutazione.
I giudici di appello rilevavano che il riferimento alla diversa misura di giustizia, operato dalla società attrice, non autorizzava affatto una quantificazione quasi doppia ed in proporzioni opposte (tra i condannati) rispetto alla domanda come precisata in sede di conclusioni, per giunta in mancanza di una prova rigorosa del danno stesso.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società Em. srl con tre distinti motivi.
Resiste la Fo. SA. con controricorso.
Il Condominio non ha svolto difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Per evidenti ragioni di ordine logico deve essere esaminato con carattere di priorità il secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia falsa applicazione degli articoli 331 e 102 c.p.c., violazione dell’articolo 332 c.p.c., violazione degli articoli 325, 327 c.p.c., comma 1, articolo 334 c.p.c., violazione degli articoli 113 e 116 c.p.c., contraddittoria ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, prospettato dall’appellata e rilevabile ufficio (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5).
Avverso la decisione del Tribunale, aveva proposto appello principale la Fo. nei confronti di Em. s.r.l. e del Condominio, chiamato in garanzia, il quale – a sua volta- aveva proposto appello incidentale tardivo nei confronti sia della Fo. che di Em. .
Questa ultima aveva eccepito la inammissibilità, nei suoi confronti del detto gravame del Condominio, in quanto proposto oltre il termine di cui all’articolo 327 c.p.c., comma 1.
La Corte territoriale aveva rigettato tale eccezione, sulla base di una asserita “inscindibilità delle cause”, così violando le norme di legge richiamate.
Le cause relative ad obbligazioni solidali sono, infatti, scindibili. La inammissibilità dell’appello incidentale del condominio trovava poi, ulteriore ragione nella domanda di garanzia proposta, reciprocamente tra loro, da entrambe le parti convenute Fo. e Condominio per ottenere manleva, l’una dall’altra, in ordine alla domanda di risarcimento proposta da Po. .
Osserva il Collegio:
la giurisprudenza di questa Corte ha modificato sostanzialmente il proprio orientamento in materia di ammissibilità dell’appello incidentale tardivo.
A lungo, si è sostenuto che l’impugnazione tardiva fosse ammissibile solo se diretta contro il medesimo capo della sentenza oggetto dalla impugnazione principale o su un capo con questa collegato da vincolo di dipendenza o connessione. Successivamente, è stato affermato il principio secondo il quale le parti contro le quali è proposta la impugnazione, o quelle chiamate ad integrare il contraddittorio, possono proporre impugnazione incidentale tardiva nei confronti di qualsiasi capo della sentenza (Cass. S.U. 7 novembre 1989 n. 4640 e 5 marzo 1991 n. 2331).
Per quanto riguarda, poi. la individuazione dei soggetti contro i quali lo stesso può essere proposto, doveva ritenersi consolidato l’indirizzo secondo il quale la impugnazione incidentale tardiva poteva essere rivolta solo contro la parte che abbia proposto la impugnazione principale e non contro una parte diversa.
Tale principio era affermato, tuttavia, solo nell’ambito delle cause scindibili.
Ogni contrasto di giurisprudenza può ritenersi ora risolto, a seguito della recente decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, la quale ha affermato che: “Sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita della impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale” (Cass. S.U. 27 novembre 2007 n. 24627).
Anche prima di questa decisione delle Sezioni Unite di questa Corte, ed a parziale mitigazione dell’orientamento restrittivo segnalato, era emerso un consistente orientamento che ammetteva la impugnazione incidentale tardiva nelle cause inscindibili o tra loro dipendenti, anche contro soggetti diversi dalla parte che aveva proposto la impugnazione principale.
In questo senso, si erano espresse già Cass. 12 luglio 2004 n. 12826 e 16 novembre 2006 n. 24372. Con più diretto riferimento al caso di specie (nel quale si discute delle rispettive responsabilità di Fo. Sa. e del Condominio nella causazione dei danni denunciati dalla conduttrice, in ordine ad entrambi gli episodi di rottura del tratto fognario), si richiamano alcune decisioni di questa Corte che già ammettevano – prima ancora di Cass. S.U. 24627 del 2007 – la impugnazione incidentale tardiva contro qualsiasi parte della sentenza e contro qualsiasi soggetto. In particolare, si era precisato che: “qualora una domanda sia proposta nei confronti di due soggetti, e tra gli stessi insorga contestazione circa la individuazione dell’unico obbligato, i rapporti processuali relativi ai due convenuti sono legati dal nesso di dipendenza reciproca delle due cause – la decisione di ciascuna di esse comportando anche quella dell’altra – che da luogo ad una ipotesi di litisconsorzio necessario, in forza del quale le cause medesime devono rimanere riunite anche in fase di impugnazione, ove sia ancora in discussione la questione della individuazione dell’obbligato.
In tal caso, infatti, trattandosi di cause inscindibili, la parte contro la quale sia stata proposta la impugnazione principale è legittimata, a sua volta, a proporre impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., anche se diretta contro una parte diversa da quella che ha esperito il gravame principale” (Cass. 5 febbraio 2000 n. 1294).
Ed ancora: “Tutte le volte che viene prospettata una responsabilità alternativa e nel caso di obbligazioni solidali interdipendenti, pur se derivanti da titoli diversi, si configurano ipotesi di cause dipendenti onde l’accertamento dell’una posizione è inscindibile dall’accertamento dell’altra e sussiste, tra gli obbligati, litisconsorzio necessario processuale, agli effetti dell’articolo 331 c.p.c.. (Cass. 7 febbraio 2000 n. 1322).
Nella stessa prospettiva, si segnala la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 3074 del 2003, secondo la quale: “Nel giudizio di risarcimento del danno, la controversia insorta tra più convenuti coobbligati in solido circa l’individuazione del soggetto responsabile in via esclusiva o prevalente dell’illecito dal quale l’attore assume di avere risentito ragione di danno, si configura, sul piano processuale, come causa dipendente dalla controversia concernente la definizione dei rapporti che legano detti condebitori solidali al creditore comune, e, come tale, assoggettata al regime della conservazione necessaria del litisconsorzio instaurato nella precedente fase di giudizio, in virtù di quanto stabilito dall’articolo 331 c.p.c., il cui ambito di applicazione non è circoscritto alle cause “inscindibili”, ma si estende anche a quelle “tra loro dipendenti”.
Ove la controversia veda più parti presenti dal lato passivo in posizione reciprocamente autonoma, l’appello, incidentale proposto dagli originari attori a seguito dell’appello principale proposto da una delle controparti non è tardivo, sussistendo una situazione di litisconsorzio processuale in conseguenza dell’appello principale proposto da una parte avente una posizione processuale del tutto distinta rispetto agli altri appellanti incidentali, originari convenuti (Cass. 18 giugno 2008 n. 16507).
Analoghe considerazioni valgono quando, come nel caso di specie, l’appello principale sia stato proposto da uno dei due originari convenuti e l’appello incidentale tardivo provenga dall’altro convenuto, che abbia una sua posizione autonoma.
In linea più generale, può dunque concludersi che anche nelle cause scindibili ma dipendenti, la parte i cui interessi giuridici sono oggetto della impugnazione principale, è comunque legittimata a proporre impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., anche contro una parte diversa da quella che ha introdotto la impugnazione principale e su un capo di sentenza diverso da quello oggetto di questa impugnazione (Cass. 12 luglio 2004 n. 12826, Cass. 15 maggio 2009 n. 11333).
Il primo motivo di ricorso deve pertanto essere rigettato, dovendo concludersi – come ha fatto la Corte territoriale – per la piena ammissibilità dell’appello incidentale de Condominio.
Possono essere ora esaminati congiuntamente il primo ed il terzo motivo di ricorso.
Con il primo motivo la società ricorrente deduce la violazione dell’articolo 1575 c.c., nn. 2 e 3 e articolo 1576 c.c., violazione degli articoli 1577 e 1583 c.c., violazione della Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 23, violazione degli articoli 1223, 2043, 2051, 2055 c.c. e articolo 43 c.p., falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., comma 1, violazione degli articoli 113, 115 e 116 c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5).
Erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto un concorso del fatto colposo della società conduttrice, per non avere la stessa manifestato immediatamente la volontà di utilizzare i locali alternativi offerti dalla locatrice Fo. per tutto il tempo necessario alla sostituzione della tubazione fognaria ammalorata.
Trattandosi di intervento obbligatorio a carico del locatore, nessun rilievo poteva avere l’eventuale ritardo di Po. nel rispondere alla offerta dei locali alternativi da parte della locatrice, la quale – tra l’altro – avrebbe avuto l’obbligo di eseguire detti lavori prima di dare in locazione l’unità immobiliare.
Con il terzo motivo si deduce la violazione degli articoli 1218, 1223 e 1224 c.c., la violazione dell’articolo 342 c.p.c., dell’articolo 189 c.p.c., la violazione degli articoli 112, 113, 115 e 116 c.p.c., insufficiente e inadeguata motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dall’appellata società e rilevabile di ufficio (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5).
Sul punto del danno e della sua quantificazione, la Corte territoriale era incorsa in due violazioni di norme di legge.
Sotto un primo profilo, aveva ridotto la misura del risarcimento operata dal giudice di primo grado, pur in assenza di specifiche censure sul punto. Aveva, inoltre, escluso il maggior danno da svalutazione monetaria ed interessi, richiamando un – del tutto inesistente – concorso di colpa del danneggiato, anche se la pronuncia di primo grado, relativa al riconoscimento di interessi e rivalutazione non era stata sottoposta a censura dinanzi al giudice di appello.
I due motivi di ricorso sono privi di fondamento.
Con accertamento di merito, non sindacabile in questa sede di legittimità, la Corte territoriale ha ritenuto che la condotta della società conduttrice avesse contribuito, sotto il profilo dell’articolo 1227 c.c., comma 1, ad aumentare l’entità del danno.
Hanno osservato i giudici di appello che la società Po. , a fronte della documentata messa a disposizione della Fo. dei locali alternativi, dove svolgere la propria attività per tutto il tempo necessario ad effettuare i lavori di sostituzione del tratto di tubazione fognaria, aveva atteso dieci mesi prima di dare una risposta “ed in tal modo ha contribuito al protrarsi della fonte di danno anche nel periodo di proprietà del Condominio. Tenuto conto di tutto ciò, la Corte ritiene che i danni debbano essere ridotti a causa del concorso del danneggiato”.
Per questa ragione i giudici di appello hanno ritenuto assorbiti gli interessi e la rivalutazione nelle somme riconosciute a titolo di sorte capitale, liquidate in favore della conduttrice.
I giudici di appello non hanno accolto – come sembra ritenere la parte ricorrente – una richiesta di riduzione del danno, proveniente da Fo. SA. (la quale aveva dedotto con l’atto di appello che “il Tribunale ha quantificato il danno in misura superiore al richiesto ed ha diviso gli oneri in modo infondato, senza dare motivazione”). Essi si sono limitati a ricondurre la condanna dei due convenuti alle richieste formulate dalla originaria attrice in sede di precisazione delle conclusioni, dinanzi al giudice di primo grado, dopo aver ricordato che sia l’appellante principale che quello incidentale avevano sottolineato che la società attrice aveva richiesto, in sede di precisazione di conclusioni, una somma inferiore a quella riconosciuta dal primo giudice e la Fo. aveva precisato che il Tribunale aveva diviso gli oneri in modo infondato, senza dare alcuna motivazione.
La decisione della Corte territoriale si è pertanto attenuta alle censure formulate con l’atto di impugnazione, senza incorrere in alcun vizio di extrapetizione.
I giudici di appello hanno riconosciuto, attraverso una interpretazione delle domande e delle eccezioni sollevate dalle parti, insindacabile in questa sede, che il riferimento ad una “diversa misura di giustizia” invocata dalla conduttrice non poteva giustificare in alcun modo una liquidazione doppia – ed inoltre in proporzione opposta tra i due condannati – rispetto a quello invocata dalla Po. .
Con accertamento parimenti insindacabile in questa sede, la Corte territoriale ha ritenuto che il concorso di colpa della danneggiata, responsabile per avere atteso oltre dieci mesi prima di dare il proprio assenso allo scambio di locali (in modo da consentire la sostituzione della tubazione fognaria ammalorata) giustificasse in pieno – anche sotto un profilo di liquidazione equitativa – una decisione di assorbimento delle voci autonome di rivalutazione monetaria ed interessi nella sorte capitale liquidata, considerato che il comportamento della attrice aveva pesantemente contribuito ad aumentare i danni dalla stessa subiti, in conseguenza delle rotture della tubatura, e della circostanza che mancava “una rigorosa prova del danno stesso”.
Si richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale:
“In tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (articolo 1227 cod. civ., comma 1) va distinta da quella (disciplinata dal comma 2 della medesima norma) riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, giacchè – mentre nel primo caso il giudice deve proporsi d’ufficio l’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso – la seconda di tali situazioni costituisce oggetto di una eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede (Cass. 2 aprile 2001 n. 4799, 6 luglio 2006 n. 15382, 27 giugno 2007 n. 14583).
Nel caso di specie, vertendosi nell’ipotesi di cui all’articolo 1227 c.c., comma 1, bene poteva dunque il giudice di appello – in presenza degli elementi di fatto dai quali desumere una colpa concorrente del danneggiato (elementi richiamati anche in sede di appello da Fo. provvedere alla riduzione del risarcimento tenendo conto anche dell’apporto causale del comportamento del danneggiato, ai fini della liquidazione del danno.
Anche sotto questo ultimo profilo, pertanto, nessuna violazione di norma di legge è ravvisabile nella decisione della Corte milanese.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese nei confronti dell’unica parte costituita, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, in favore della Fo. SA. , che liquida in euro 3.600,00 (tremilaseicento/OO), di cui euro 200,00 (duecento/00) per spese, e euro 3.400,00 (tremilaquattrocento/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.