Ordinanza 12838/2022
Prescrizione del tributo – Mancata riassunzione del giudizio dopo cassazione con rinvio – Prescrizione decennale – Decorrenza della prescrizione
Ai fini della tempestiva notificazione del primo atto di esazione tributaria, l’ordinario termine di prescrizione del tributo inizia a decorrere da quando la pretesa tributaria è divenuta definitiva, e pertanto, ove a seguito di pronuncia di cassazione con rinvio, la definitività dell’accertamento fiscale dipenda dalla mancata riassunzione del giudizio ad opera delle parti, il termine decennale di prescrizione inizierà a decorrere da quando il giudizio si è estinto, essendosi esaurito il tempo utile per provvedere alla sua riassunzione.
Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Ordinanza 22-4-2022, n. 12838 (CED Cassazione 2022)
Art. 2935 cc (Decorrenza della prescrizione) – Giurisprudenza
Art. 2953 cc (Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi) – Giurisprudenza
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate notificava a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), deceduto il (OMISSIS), l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), rettificando il reddito d’impresa dichiarato nell’anno 1992 (Ilor, Irpef ed accessori).
2. Gli eredi contestavano con separate impugnazioni l’avviso di accertamento, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che accoglieva i ricorsi annullando l’atto impositivo.
3. L’Amministrazione finanziaria impugnava la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che confermava la decisione assunta dalla CTP, e pertanto l’annullamento dell’atto impositivo.
4. L’Ente impositore ricorreva per cassazione avverso la decisione adottata dalla CTR, e la Corte di legittimità, con sentenza n. 15717 dep. il 3.7.2009, accoglieva l’impugnazione, annullava la sentenza di secondo grado e rinviava al giudice dell’appello per nuovo esame del merito della controversia.
4.1. Nessuna delle parti riassumeva la causa nel termine di legge. Con sentenza n. 597/01/2011 la CTR del Lazio dichiarava l’estinzione del giudizio.
5. In date 12.8.2011, 16.8.2011 e 5.9.2011, l’Agenzia delle Entrate notificava agli eredi le cartelle di pagamento nn. (OMISSIS) (ric., p. 2), recanti l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle imposte accertate mediante l’avviso di accertamento di cui innanzi, divenuto definitivo in conseguenza della mancata riassunzione del giudizio.
6. Gli eredi proponevano separati ricorsi, uno introdotto da (OMISSIS) e (OMISSIS), un altro promosso da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma. “In data 29.9.2011… (OMISSIS), a scopo meramente prudenziale e senza in alcun modo voler prestare acquiescenza alle contestazioni ed ai rilievi contenuti nelle cartelle di pagamento notificate, provvedeva al pagamento di tutte le somme indicate nella suddetta cartella”, si legge in controricorso, p. V. La CTP accoglieva con sentenze n. 8104/14 e 8101/14 i ricorsi proposti dai contribuenti, ed annullava le cartelle impositive “ritenendo decorso il termine di prescrizione” (sent. CTR, p. 2). Accoglieva anche il ricorso proposto dagli eredi congiuntamente, con sent. n. 8106/14, ritenendo insanabile la nullità della notifica e dell’iscrizione a ruolo (ibidem).
7. Avverso le decisioni sfavorevoli conseguite in primo grado, l’Amministrazione finanziaria proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che riuniva i ricorsi e li rigettava. Riteneva la CTR che “alla data di esecutività del ruolo (16/06/2011) era intervenuta la prescrizione della pretesa tributaria” (sent. CTR, p. 3), conseguendone l’annullamento dell’atto esattivo. Inoltre, la CTR confermava la decisione di annullamento assunta dalla CTP con sentenza n. 8106/14, per ragioni di merito.
8. Ha impugnato per cassazione la decisione adottata dalla CTR l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un motivo di ricorso. Resistono mediante controricorso i contribuenti.
8.1. I ricorrenti hanno quindi depositato istanza, datata 31.5.2019 e completa di allegati, domandando la sospensione del giudizio fino al 10 giugno 2019, ai sensi del Decreto Legge n. 119 del 2018, art. 6, comma 10, intendendo aderire alla definizione agevolata della controversia.
L’Agenzia delle Entrate ha comunicato il diniego della definizione agevolata, perchè richiesta in relazione non ad un atto impositivo bensì ad un atto di esazione, qual è la cartella di pagamento. Entro il termine di legge del 31 dicembre 2020 (Decreto Legge n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, prima parte) l’Amministrazione finanziaria ha pure confermato la propria istanza di trattazione del giudizio.
8.2. I contribuenti hanno depositato ulteriore memoria, datata 11.3.2022, mediante la quale (OMISSIS) ha anche proposto ricorso avverso il diniego di definizione agevolata, avendo provveduto ad onorare il pagamento dovuto, affidandosi ad un motivo di ricorso. L’Agenzia delle Entrate non ha depositato ulteriori scritti difensivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 63, dell’art. 393 c.p.c., e degli artt. 2935 e 2909 c.c., per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che fosse maturata la prescrizione della pretesa impositiva, mentre l’inizio della decorrenza del termine prescrizionale non può che conseguire alla definitività dell’avviso di accertamento, per effetto della mancata riassunzione del giudizio, e pertanto non è maturato.
2. Mediante il suo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (OMISSIS) censura la violazione del Decreto Legge n. 119 del 2018, art. 6 per avere l’Ente impositore opposto un illegittimo diniego alla sua domanda di definizione agevolata della controversia, sebbene avesse adempiuto ai prescritti oneri di legge.
3. (OMISSIS), ricorrente sul punto, con il suo motivo di impugnazione, che appare necessario trattare in via preliminare in quanto potenzialmente idoneo a comportare la conclusione del giudizio, censura il diniego di accesso alla normativa di definizione agevolata delle controversie, di cui al Decreto Legge n. 119 del 2018, art. 6 oppostogli dall’Ente impositore, per essere l’Amministrazione finanziaria incorsa in errore circa i presupposti di accesso della normativa beneficiale, avendo impropriamente affermato che, nel caso di specie, le cartelle esattoriali non avessero natura di atti impositivi, attenendo invece al merito della pretesa tributaria.
3.1. Occorre allora ribadire che i primi atti mediante i quali la pretesa tributaria è stata portata a conoscenza dei contribuenti, tra cui (OMISSIS) in quanto erede di (OMISSIS), sono stati gli avvisi di accertamento di cui in premessa che, pacificamente, sono stati regolarmente notificati. Non appare dubbio che a tali avvisi di accertamento debba riconoscersi la natura di “atti impositivi”.
Ne discende che le (successive e conseguenziali) cartelle di pagamento per cui è causa non hanno natura di atti impositivi, bensì di atti di esazione, come correttamente ritenuto dall’Amministrazione finanziaria. In materia questa Corte di legittimità ha già avuto recentemente occasione di precisare, pronunciando a Sezioni Unite, che la possibilità di avvalersi della definizione agevolata di cui al Decreto Legge n. 119 del 2018, art. 6 come conv., in relazione a delle cartelle esattoriali, è limitata all’ipotesi che esse rappresentino “il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex art. 19 non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva”, Cass. SS.UU., 25.6.2021, n. 18298. Ipotesi che, come evidenziato, non ricorre nel caso di specie.
3.2. Il motivo di ricorso avverso il diniego di definizione agevolata della controversia, proposto da (OMISSIS), risulta pertanto infondato, e deve essere rigettato.
4. Mediante il suo articolato motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la CTR, per aver ritenuto l’Amministrazione finanziaria decaduta dal potere di azionare la pretesa tributaria, in conseguenza dell’estinzione del giudizio avente ad oggetto gli avvisi di accertamento, per effetto della mancata riassunzione del processo innanzi al giudice dell’appello ad opera delle parti nel termine di legge, a seguito dell’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di legittimità con la sentenza Cass. sez. V, 3.7.2009, n. 15717, già innanzi ricordata.
4.1. Invero, consolidata giurisprudenza di legittimità afferma che la pronuncia di estinzione del giudizio comporta, ex art. 393 c.p.c., la definitività dell’avviso di accertamento tributario, ed il termine utile per evitare la prescrizione, richiedendo il pagamento delle somme dovute dal contribuente, non può che decorrere dal momento in cui l’atto impositivo diviene definitivo, il che si è verificato, nel caso di specie, trascorso un anno e due sospensioni feriali (4.10.2010) a far data dal deposito della decisione della Cassazione (3.7.2009) che ha annullato la pronuncia della CTR, disponendo il rinvio per nuovo esame del merito del giudizio, non essendo stato riassunto il processo dalle parti. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, avendo notificato le cartelle esattoriali per cui è causa il 12.8.2011, 16.8.2011 ed il 5.9.2011, sostiene di aver ampiamente rispettato i termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, lettera e), e di non essere incorsa in alcuna decadenza o prescrizione.
La CTR, nella motivazione della sentenza impugnata, afferma che “dalla data di esecutività del ruolo (16.6.2011), era intervenuta la prescrizione della pretesa tributaria relativa all’avviso di accertamento notificato il 9.11.1998, per la mancata riassunzione del processo… nonchè la omessa notifica da parte dell’Ufficio di atti interruttivi della prescrizione”. In conseguenza, quando erano state effettuate le notifiche degli atti esattivi, ” (OMISSIS) era decaduta dal diritto di notifica della cartella” (sent. CTR, p. 3).
4.2. La decisione del giudice dell’appello sul punto non appare condivisibile. Appare, in proposito, opportuno ricordare come questa Corte di legittimità abbia affermato, con pluralità di pronunce anche recenti, che “il diritto alla riscossione di un’imposta, azionato mediante emissione di cartella di pagamento e fondato su un accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, non è assoggettato ai termini di decadenza di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, art. 25 (nel testo vigente ratione temporis), bensì al termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2953 c.c. per l’actio iudicati”, Cass. sez. V, 7.4.2017, n. 9076.
4.2.1. La Corte di legittimità non ha neppure mancato di chiarire, in ipotesi di tributo attinente l’imposta di registro, che “questa Corte ha infatti affermato, sia pur con riferimento ad ipotesi di accertamento definitivo del tributo per effetto di sentenza della CTR – al quale è comunque assimilabile il caso di definitività dell’atto impositivo determinata dalla estinzione del giudizio relativo al medesimo atto che qualora la pretesa erariale si fondi su una sentenza passata in giudicato, la relativa cartella esattoriale, avendo ad oggetto un credito definitivamente accertato a seguito di contenzioso e come tale avente titolo nella sentenza, va emessa entro il termine decennale di prescrizione previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, art. 78, non trovando applicazione, nell’ipotesi, il termine triennale di decadenza di cui all’art. 76 del medesimo D.P.R., che concerne, invece, l’esercizio del potere di imposizione”, Cass. sez. VI-V, 17.7.2014, n. 16354 (evidenza aggiunta).
4.3. Può quindi dettarsi il principio di diritto secondo cui: “ai fini della tempestiva notificazione del primo atto di esazione tributaria, l’ordinario termine di prescrizione del tributo inizia a decorrere da quando la pretesa tributaria è divenuta definitiva, e pertanto, ove a seguito di pronuncia di cassazione con rinvio, la definitività dell’accertamento fiscale dipenda dalla mancata riassunzione del giudizio ad opera delle parti, il termine decennale di prescrizione inizierà a decorrere da quando il giudizio si è estinto, essendosi esaurito il tempo utile per provvedere alla sua riassunzione”.
4.4. Il motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate appare quindi fondato e deve essere accolto, cassandosi la decisione impugnata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Roma perchè, in diversa composizione, proceda a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi esposti, non mancando di verificare la tempestività e congruità delle questioni proposte dalle parti la loro diligente coltivazione, e non trascurando di esaminare gli effetti della mancata impugnazione della decisione assunta in relazione alla sentenza della CTR di Roma n. 8106/14, nonchè provvedendo a liquidare le spese di lite del giudizio di legittimità.
La Corte:
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, rigetta il ricorso proposto da (OMISSIS), cassa la decisione impugnata e rinvia innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, in diversa composizione, procederà a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi esposti, e provvederà anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23.3.2022.