Sentenza 12872/2015
Copertura assicurativa del curatore fallimentare nell’espletamento della sua attività di ausiliare di giustizia
Qualora il commercialista, nell’espletamento della attività di ausiliare di giustizia come curatore fallimentare, sia responsabile di danno ingiusto ai sensi degli artt. 2043 cod. civ. e 38, primo comma, legge fall., l’assicuratore della responsabilità civile per la sua attività professionale deve tenerlo indenne (salva espressa esclusione contrattuale), atteso che le funzioni di curatore fallimentare rientrano tra quelle previste dalla legge per il commercialista, che quale professionista intellettuale non esaurisce la sua attività nell’ambito del contratto di prestazione d’opera intellettuale, ma resta professionista privato anche quando espleta un incarico giudiziario (curatore fallimentare, consulente tecnico d’ufficio), in relazione al quale svolge pubblici poteri.
Cassazione Civile, Sezione 3 civile, Sentenza 22 giugno 2015, n. 12872 (CED Cassazione 2015)
Articolo 2043 c.c. annotato con la giurisprudenza
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Dott. (OMISSIS) convenne in giudizio la (OMISSIS) chiedendone la condanna a corrispondergli quanto da lui versato (65 mila euro) al Fallimento (OMISSIS), nel luglio 2004, a titolo di risarcimento dei danni per responsabilità professionale, nonchè le spese legali sostenute nell’azione giudiziaria subita (euro 15.000,00).
Espose che, quale dottore commercialista aveva svolto l’attività di curatore fallimentare sino all’anno 2000 e che, dopo essersi dimesso (nel dicembre 2000) dalla carica di curatore fallimentare, il curatore del Fallimento suddetto aveva promosso azione cautelare e, poi, la causa di merito, per il risarcimento del danno da responsabilità professionale; lite che aveva transatto con il fallimento (la assicurazione non aveva aderito) per l’importo ora richiesto all’assicurazione (giudizio dichiarato estinto per rinuncia agli atti del giudizio). Aggiunse di essere assicurato per la responsabilità professionale sin dal 1987, che la polizza era stata sostituita nel 1994 e prorogata sino alla sostituzione prima della scadenza con la polizza del 2002, che prevedeva espressamente l’attività di curatore fallimentare.
L’Assicurazione eccepì la non operatività della polizza di assicurazione per la responsabilità civile.
Il Tribunale di Milano rigettò la domanda e la decisione venne confermata dalla Corte di appello di Milano, che rigettò l’impugnazione (sentenza del 26 luglio 2011).
2. Avverso la suddetta sentenza, (OMISSIS) propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, esplicati da memoria.
L’Assicurazione resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. In primo luogo, la Corte di merito ha condiviso la conclusione cui era pervenuto il Tribunale, nell’interpretare la polizza del 1994, nel senso di ritenere escluse dalla garanzia assicurativa, riferita in generale alla attività libero professionale di commercialista, le funzioni di curatore fallimentare, aventi carattere pubblico e natura giudiziale.
Quindi, ha ritenuto di aggiungere delle precisazioni, al fine di rafforzare la tesi, traendo dalla polizza del 2002 argomenti di conferma e sostenendo, nel contempo, come il Tribunale, l’esistenza della soluzione di continuità tra le prime due e la terza polizza del 2002; così escludendo la prosecuzione della garanzia e l’operatività della terza polizza, che espressamente prevedeva la copertura per l’attività di curatore e la validità della garanzia per richieste relative a periodi di validità della polizza sostituita (Condizioni aggiuntive, clausola C).
Tanto perchè:
– la polizza del 2002 aveva ampliato la garanzia, sia per il massimale che per le fattispecie di rischio e, quindi, non poteva essere considerata una prosecuzione;
– le differenze tra le polizze conferma l’interpretazione che esclude dalla garanzia delle prime l’attività di curatore, perchè altrimenti non si spiegherebbe per quale motivo con la terza sarebbe stata prevista la stessa attività con un massimale raddoppiato e una previsione specifica;
– la terza polizza è stata stipulata il giorno dopo il deposito in cancelleria dell’istanza di sequestro conservativo e dopo l’attribuzione delle inadempienze al professionista da parte del fallimento; quando già il commercialista aveva ricevuto lettere contenenti doglianze sullo svolgimento della procedura; dopo aver rinunciato all’attività di curatore in alcune procedure;
– la stipulazione della terza polizza è stata strumentale a procurarsi la copertura per la pregressa attività di curatore come si evince dalla clausola C) delle condizioni aggiuntive, che estende la garanzia per le richieste di risarcimento fatte nel nuovo periodo, ma relative a comportamenti pregressi se il contratto “costituisca sostituzione di un precedente contratto senza soluzione di continuità”.
Prima, la Corte di merito aveva aggiunto (peraltro riferendo la notazione al Tribunale) che, comunque, anche a voler ipotizzare la continuità tra le polizze, la terza non avrebbe potuto trovare applicazione risultando la garanzia esclusa (ai sensi dell’articolo 18 lettera p delle condizioni generali) per danni derivanti da “violazione volontaria da parte dell’assicurato di leggi, regolamenti e altri atti della pubblica autorità”, visto che il commercialista aveva commesso gravi violazioni di norme imperative di legge, quali il mancato deposito della relazione L.F., ex articolo 33, e del rendiconto di gestione.
2. La decisione che, per comodità espositiva si è sintetizzata, è censurata con tre motivi. Logicamente preliminare è il terzo motivo di ricorso, nel quale si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto non compresa nella assicurazione per responsabilità professionale del commercialista l’attività dallo stesso svolta quale curatore fallimentare, costituendo questa ultima una funzione di carattere pubblico e di natura giudiziale. Invece, il primo e secondo motivo censurano quella parte della motivazione che è meramente ipotetica per l’ipotesi, non concretamente ritenuta esistente dalla sentenza impugnata, della mancanza della interruzione della continuità rispetto al contratto del 2002.
3. Con il terzo motivo, si deduce la violazione degli articoli 1362, 1363, 1374, 2236 e 2043 c.c., del D.l.c.p.s n. 153 del 1946, articolo 1, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1067 del 1953, articolo 1, oltre che omessa e contraddittoria motivazione, in riferimento alla interpretazione delle assicurazioni del 1994, nel senso di escludere dalla copertura assicurativa i danni cagionati dal commercialista nello svolgimento dell’attività di curatore fallimentare.
Il terzo motivo va accolto.
3.1. La Corte ha già avuto modo di pronunciarsi sulla questione posta all’attenzione della Corte.
È stato affermato il seguente principio di diritto: “Qualora il curatore fallimentare, commercialista, sia responsabile, ai sensi del combinato disposto della L.F., articolo 38, comma 1, ed articolo 2043 c.c., del risarcimento di un danno ingiusto cagionato nell’espletamento della sua attività di ausiliare di giustizia, l’assicuratore della responsabilità civile per la sua attività professionale deve tenerlo indenne (salvo che il rischio sia espressamente escluso dal contratto), atteso che l’attività di curatore fallimentare rientra tra le possibili attività professionali specificamente previste per i commercialisti dalla legge, in quanto il professionista intellettuale non esaurisce la sua attività professionale nell’ambito tratteggiato dalle disposizioni codicistiche (articoli 2227 e 2230 c.c.) relative al contratto di prestazione d’opera intellettuale, ma continua a restare un professionista privato anche quando nell’ambito di tale attività espleta un incarico giudiziario (curatore fallimentare, notaio delegato allo scioglimento delle divisioni, consulente tecnico d’ufficio), in relazione al quale svolge pubblici poteri. (Cass. n. 15030 del 2005, successivamente confermata da n. 2460 del 2009).
Il principio di diritto, ha trovato conferma anche in riferimento alla copertura assicurativa dell’attività professionale di avvocato che svolga le funzioni di curatore fallimentare (Cass. n. 3468 del 2007).
La Corte condivide il principio suddetto, oltre che le argomentazioni che lo sorreggono espresse nella decisione richiamata del 2005, cui intende dare continuità.
3.2. La sentenza impugnata, invece, viola il principio in argomento. Infatti, erra in diritto – rispetto alle disposizioni del codice civile e di quelle che regolamentano le professioni con leggi speciali – quando ritiene che il carattere pubblicistico della funzione e quella di ausiliare del giudice di curatore impedisca la qualificazione della attività dello stesso come attività professionale coperta da copertura assicurativa. Invece, proprio per via della disciplina legislativa, l’attività di curatore rientra a pieno titolo tra quelle che la legge riserva alla professione di commercialista iscritto all’albo. Naturalmente, il contratto di assicurazione può espressamente escluderla, ma non è questo il caso rilevante per la specie perchè i primi contratti non la escludono espressamente, e può esplicitarla, come è accaduto nel contratto del 2002.
3.3. I profili diversi enunciati nel terzo motivo, che censurano la decisione per difetti motivazionali in riferimento a quelle argomentazioni della sentenza della Corte di merito che vorrebbero rafforzare la tesi della non inclusione nell’attività professionale del commercialista di quella del curatore sulla base di argomenti tratti dalla assicurazione del 2002, che la prevedeva espressamente, restano assorbiti.
4. Con il primo motivo, si deduce la violazione dell’articolo 345 c.p.c., e articolo 183 c.p.c., in riferimento alla introduzione da parte dell’Assicurazione, tardivamente e solo nella comparsa di risposta in appello, di una “nuova eccezione”, costituita dalla non operatività della polizza del 2002, per via dell’articolo 18, lettera p).
Con il secondo motivo si deduce omessa e contraddittoria motivazione, violazione degli articoli 1362, 1363, 1364, 1366, 1367 e 1370, nonchè degli articoli 1917 e 1341 c.c., sempre con riferimento alla clausola contenuta nell’articolo 18, lettera p) della polizza del 2002.
Dall’accoglimento del terzo motivo discende l’assorbimento dei primi due che concernono il contratto assicurativo del 2002.
5. In conclusione, in accoglimento del terzo motivo di ricorso la sentenza è cassata con rinvio alla Corte di merito che deciderà la controversia applicando il principio di diritto enunciato e liquiderà anche le spese processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il primo e secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 23 aprile 2015.