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Cassazione Civile 12885/2021 – Indebito oggettivo – Ripetizione del secondo pagamento fatto per errore da parte del delegato – Ratifica

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Ordinanza 12885/2021

Indebito oggettivo – Ripetizione del secondo pagamento fatto per errore da parte del delegato – Ratifica

In caso di delegazione di pagamento titolata rispetto al rapporto di valuta, il delegato che per errore esegua una seconda volta il pagamento in favore del terzo ha il diritto di ripetere tale ultimo pagamento, costituente un indebito oggettivo, senza che in senso contrario possa rilevare l’accordo intervenuto tra delegante e terzo ai fini dell’imputazione del secondo pagamento a un diverso debito del primo nei confronti del beneficiario, sia perché la ratifica per essere efficace deve avere per oggetto proprio il negozio compiuto dall’agente, individuato dalla sua causa (incorporata nello schema strutturale del negozio o impressa dalla destinazione funzionale data allo stesso negozio dal suo autore), sia perché, a norma dell’art. 1271, comma 3, c.c., dettato per la delegazione di debito ma applicabile anche alla delegazione di pagamento, ove la delegazione sia titolata rispetto al rapporto di valuta, la ripetizione dell’indebito può essere esperita anche dal delegato.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 13-5-2021, n. 12885   (CED Cassazione 2021)

Art. 1399 cc (Ratifica della rappresentanza)

Art. 2033 cc (Indebito oggettivo)

 

 

Rilevato che:

Con atto di citazione notificato il 28 settembre 2010 Cassa di Risparmio di Prato S.p.A. (Cariprato) – nelle more divenuta Banca Popolare di Vicenza S.p.A. – conveniva davanti al Tribunale di Padova L.I. S.r.l. (d’ora in poi, L.I.) per ottenerne la condanna a restituirle, quale indebito oggettivo, la somma di € 71.790,70, che la convenuta, per “disguido tecnico tra Cariprato e Cariparo” (quest’ultima Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo S.p.A.), avrebbe indebitamente trattenuto. Tale somma sarebbe stata corrisposta da M.G., ditta di cui era titolare Ga. In. Pa., sia tramite la messa all’incasso in Cariprato di una ricevuta bancaria di L.I. con data di pagamento al 14 maggio 2006, sia per bonifico disposto in Cariparo – di cui la ditta individuale era correntista – sempre per la medesima fornitura di L.I. a M.G..

La convenuta si costituiva, eccependo difetto di legittimazione dell’attrice, che, in quanto delegata al pagamento da M.G., avrebbe semmai dovuto agire nei confronti di quest’ultima, di cui comunque chiedeva per manleva la chiamata in causa; adduceva pure che la ditta era propria debitrice. Veniva autorizzata la chiamata, ma la titolare della ditta individuale restava contumace.

Il Tribunale accoglieva la domanda attorea con sentenza del 1 febbraio 2016.

L.I. proponeva appello, cui resisteva la Banca Popolare di Vicenza, la titolare della ditta rimanendo contumace.

La Corte d’appello di Venezia rigettava il gravame con sentenza del 16 giugno 2017.

L.I. ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Banca Popolare di Vicenza, in liquidazione coatta amministrativa, si è difesa con controricorso e ha pure depositato memoria.

Con ordinanza interlocutoria del 18 dicembre 2019 questa Suprema Corte ha disposto la rinnovazione della notifica del ricorso a Ga. In. Pa..

Considerato che:

In primis, occorre revocare l’ordinanza interlocutoria, essendo emerso che il ricorso era stato ritualmente notificato anche a Ga. In. Pa., onde non vi è luogo a verificare l’esecuzione o meno dell’ordinanza suddetta.

1.1 II primo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione ed errata applicazione degli articoli 2033 e 1271 c.c.

Sostiene la ricorrente L.I. che la delegazione che le era stata conferita dalla ditta individuale non era titolata, integrando invece una delegazione c.d. pura, per cui non sarebbe applicabile la deroga alla regola generale di cui all’articolo 1271, terzo comma, c.c. Si sarebbe dovuto perciò dichiarare il difetto di legittimazione attiva della delegata Cariprato nei confronti della delegataria, l’attuale ricorrente.

Quest’ultima sin dalla comparsa di risposta in primo grado avrebbe eccepito che Cariprato non aveva “pagato per conto proprio un debito proprio”, bensì aveva pagato un debito della ditta M.G. per conto della ditta stessa, per cui il rapporto debito-credito si sarebbe collocato tra la ditta e L.I.. La banca quindi – sempre nella prospettazione dell’attuale ricorrente – aveva pagato come mandataria della ditta, con cui aveva avuto un “rapporto di delegazione”, trattandosi di delegatio solvendi con funzione solutoria, cioè di una delegazione in cui l’obbligazione del delegato nei confronti del delegatario prescinde totalmente “dai vizi dei rapporti sottostanti di valuta e di provvista”. Impropriamente, pertanto, la corte territoriale avrebbe ritenuto che la delegata potesse opporre alla delegataria le eccezioni riguardanti il rapporto delegante/delegataria — come è proprio della delegazione titolata -, non avendovi le parti “fatto espresso riferimento”.

1.2 Sarebbe stato violato pure l’articolo 2033 c.c.: “alla luce delle istruzioni ricevute, il pagamento del bonifico, come quello della ricevuta bancaria, non possono essere considerati un indebito”.

La stessa corte territoriale avrebbe riconosciuto che si era trattato di pagamenti dovuti: in particolare, nella motivazione della sentenza impugnata, a pagina 6, si rileva che l’attuale ricorrente aveva venduto a M.G. “merce per euro 71.790,74 pagandola a mezzo di ricevuta bancaria avente scadenza 14.5.2006, da incassare presso la banca Cariprato S.p.A.”; ed essendosi poi verificati disguidi tecnici tale banca aveva “avvisato la propria cliente del fatto che non sarebbe stato possibile provvedere al pagamento della ricevuta bancaria, cosicché quest’ultima aveva ordinato un bonifico, in data 16.5.2006, del medesimo importo” a favore di L.I.; però “nel prosieguo” la ricevuta bancaria sarebbe stata “regolarmente pagata”, e Cariprato, vista la duplicazione del pagamento (ricevuta bancaria e bonifico), “ha chiesto istruzioni alla cliente, la quale ha indicato di procedere comunque al pagamento del bonifico, da imputarsi quale acconto su future forniture”.

Il giudice d’appello, dunque, avrebbe in tal modo evidenziato che M.G. non solo “aveva dato istruzioni alla Banca di procedere con il pagamento della ricevuta bancaria, a fronte della fornitura ricevuta, ma aveva altresì dato disposizioni per il pagamento del bonifico che andava imputato ad altre forniture”. Da ciò dovrebbe dedursi l’insussistenza di indebito oggettivo, perché questo necessita l’assenza di causa del pagamento. La ditta avrebbe anche riconosciuto ulteriori debiti nei confronti di L.I. per pregresse forniture, e L.I. avrebbe addotto ciò tempestivamente in primo grado e poi in secondo grado.

  1. Il secondo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132 c.p.c. e dell’articolo 111, sesto comma, Cost.: la motivazione sarebbe omessa, contraddittoria e apparente in ordine all’indebito e alla delegazione di pagamento titolata.

La Corte d’appello non avrebbe spiegato perché la delegazione sarebbe titolata, nonostante che L.I. l’avesse sempre negato: avrebbe pertanto il giudice offerto una motivazione viziata., e sarebbe quindi inapplicabile la deroga ex articolo 1271, terzo comma c.c.

Viene richiamato Cass. 4371/2003, per affermare che principio generale per le delegazioni non titolate è la inopponibilità al delegatario delle eccezioni che il delegato può opporre al delegante. Nel caso in esame, sarebbe apodittica l’affermazione che la delegazione sia titolatae per di più, la corte territoriale si sarebbe contraddetta: dapprima avrebbe motivato con il passo sopra riportato nel primo motivo (quello tratto dalla pagina 6 della sentenza), ma poi avrebbe definito “pacifico” che il pagamento della ricevuta bancaria e quello con bonifico riguardassero “la medesima fornitura” (pagina 7 della sentenza), mentre aveva appunto riconosciuto poco prima che il bonifico doveva essere imputato come acconto per altre forniture.

Comunque non si comprenderebbe sulla base di che il giudice d’appello deduce che si trattò di delegazione titolata: la motivazione sarebbe “del tutto assente”. L’arresto di legittimità invocato dal giudice d’appello – Cass. 2943/1997 – riguarderebbe comunque un caso diverso, di delegazione titolata.

Il motivo si diffonde poi in alcuni rilievi di diritto sull’istituto della delegazione, per ritornare in seguito ad addurre che dalle testimonianze e dalla documentazione in atti emergerebbe che la ditta individuale aveva ancora debiti nei confronti dell’attuale ricorrente per altra merce. Si ribadisce pure che l’indebito oggettivo è pagamento senza causa, per richiamare poi dati fattuali relativi ancora ad ulteriori crediti di L.I..

  1. Il terzo motivo denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione degli articoli 132 c.p.c. e 111, sesto comma, Cost. per motivazione omessa, apparente e contraddittoria sulla domanda riconvenzionale proposta da L.I. nei confronti di “M.G. e In. Pa. Ga.”.

In ordine al relativo motivo secondo d’appello, la corte territoriale avrebbe affermato che la domanda di garanzia nei confronti della parte chiamata non sarebbe accoglibile “perché il doppio pagamento, pur ordinato della (sic) debitrice per errore della banca, non era comunque dovuto e non è pertanto ravvisabile quale pregiudizio, subito dall’appellante, la terza chiamata debba essere tenuta a ristorare”.

In tale affermazione non si rinverrebbe una effettiva motivazione; peraltro l’attuale ricorrente, sin dal primo grado, avrebbe prodotto “documentazione relativa ai rapporti di credito-debito” con M.G., dimostrando che, quando furono pagati la ricevuta bancaria e il bonifico, essa aveva sufficienti crediti per giustificarlo. Seguono riferimenti a documenti prodotti nel primo grado di giudizio e alla mancata comparizione della In. in riferimento all’articolo 232 c.p.c. a rispondere all’interrogatorio formale, adducendo che la corte territoriale su ciò avrebbe dovuto fornire motivazione.

  1. L’effettivo contenuto del primo e del secondo motivo induce sia a vagliarli congiuntamente, sia a riassumere, anzitutto, la parte della sentenza ad essi relativa.

La corte territoriale espone che l’azione della banca fu promossa per la restituzione d’indebito oggettivo e che il primo giudice l’accolse appunto come ripetizione di indebito. Dei due motivi d’appello, il primo sosteneva il difetto di legittimazione passiva dell’appellante – avendo la banca pagato non per un debito proprio ma per delegazione della correntista M.G., per cui sarebbe stata priva di titolo di restituzione nei confronti dell’appellante per “quanto pagato per ordine della delegante” – e il secondo lamentava omessa pronuncia sulla domanda di manleva verso Ga. In. Pa..

Il giudice d’appello motiva a pagina 6 della sentenza proprio con le modalità evidenziate dall’attuale ricorrente:

” il fatto che ha dato origine al presente giudizio è stato ricostruito alla stregua delle testimonianze assunte e della documentazione versata in atti dalle parti … la società L.I. s.r.l. aveva venduto dalla (sic) ditta individuale “Manifattura I Gabbiani” merce per euro 71.790,74, pagandola a mezzo di ricevuta bancaria avente scadenza 14.5.2006, da incassare presso la banca Cariprato s.p.a.; avendo avuto notizia di alcuni disguidi tecnici, la banca aveva avvisato, in un primo momento, la propria cliente del fatto che non sarebbe stato possibile provvedere al pagamento della ricevuta bancaria, cosicché quest’ultima aveva ordinato un bonifico, in data 16.5.2006, del medesimo importo, in favore della società L.I.; nel prosieguo, tuttavia, la ricevuta bancaria è stata regolarmente pagata e la banca, avvedutasi della duplicazione del pagamento (ricevuta bancaria e bonifico), ha chiesto istruzioni alla cliente, la quale ha indicato di procedere comunque al pagamento del bonifico, da imputarsi quale acconto su future forniture”.

Così delineato quello che definisce “il fatto”, il giudice d’appello deduce poi l’infondatezza della eccezione in realtà di difetto di legittimazione attiva della banca e di difetto di legittimazione passiva dell’appellante, per essere la banca “un mero delegato al pagamento”, in quanto l’articolo 1271, terzo comma, c.c. legittima il delegato a opporre le eccezioni riguardanti il rapporto di valuta se le parti vi hanno fatto espresso riferimento, cioè se si tratta di delegazione titolata e non di delegazione non titolata (pura); e /se la delegazione è titolata, non rileva per la ripetizione del secondo pagamento quale indebito oggettivo il fatto che sia poi intervenuto un accordo fra delegante e delegatario “ai fini dell’imputazione del secondo pagamento a un diverso debito”, ciò desumendosi dall’insegnamento di Cass. sez. 1, 4 aprile 1997 n. 2943. Nel caso in esame, allora, “è pacifico, perché dedotto da entrambe le parti, che, tanto il pagamento a mezzo ricevuta bancaria, quanto quello ordinato a mezzo bonifico si riferissero alla medesima fornitura, cosicché, vertendosi nell’ipotesi di delegazione titolata, deve reputarsi … che anche la banca … fosse pienamente legittimata a far valere la natura indebita del duplice pagamento” (motivazione, pagina 7).

5.1 In riferimento allora alla questione – specificamente veicolata nel primo motivo – dell’asserita natura non titolata della delegazione, deve rilevarsi che fondamento della legittimazione ad eccepire quel che riguarda il rapporto di valuta è proprio la natura titolata della delegazione, ciò emergendo inequivocamente dall’articolo 1271, terzo comma c.c.: “Il delegato non può … opporre le eccezioni relative al rapporto tra il delegante e il delegatario, se ad esso le parti non hanno fatto espresso riferimento”.

Le eccezioni discendenti dal rapporto di valuta sussistente tra delegante e delegatario, logicamente prima ancora che giuridicamente, possono venire opposte dal delegato solo se il rapporto che ne è fondamento e dal quale pertanto si attingono è identificato/conosciuto dal soggetto che se ne avvale, conoscenza che è propria della delegazione titolata; e l’acquisita conoscenza, direttamente conseguente alla conformazione, per così dire, “aperta” e completa della delegazione, si traduce, sempre per logica evidente, nella legittimazione ad opporle.

5.2 Per questa ragione non si può non condividere e deve pertanto darsi continuità all’arresto – ormai risalente e peraltro finora non ribadito nella giurisprudenza massimata – invocato nel motivo, cioè Cass. sez. 1, 4 aprile 1997 n. 2943, per cui “in caso di delegazione di pagamento titolata rispetto al rapporto di valuta, il delegato che per errore esegua una seconda volta il pagamento in favore del terzo ha il diritto di ripetere tale ultimo pagamento, costituente un indebito oggettivo, senza che in senso contrario possa rilevare l’accordo intervenuto tra delegante e terzo ai fini dell’imputazione del secondoe pagamento a un diverso debito del primo nei confronti del beneficiario, sia perché la ratifica per essere efficace deve avere per oggetto proprio il negozio compiuto dall’agente, individuato dalla sua causa (incorporata nello schema strutturale del negozio o impressa dalla destinazione funzionale data allo stesso negozio dal suo autore), sia perché, a norma dell’art. 1271, terzo comma, cod. civ., dettato per la delegazione di debito ma applicabile anche alla delegazione di pagamento, ove la delegazione sia titolata rispetto al rapporto di valuta, la ripetizione dell’indebito può essere esperita anche dal delegato.”

  1. Dunque, qualora sia titolata la delegazione, la delegata può far valere alla delegataria che la somma le sarebbe corrisposta senza causa: a pagamento già corrisposto viene integrata pertanto una fattispecie di indebito oggettivo, nella cui domanda di ripetizione si converte ex post l’eccezione dell’insussistenza oggettiva del debito. E tale fattispecie non può essere stornata costituendo come causa – retroattiva – del versamento un accordo successivo fra delegante e delegatario.

Tutto allora viene a fondarsi, nel concreto, sull’accertamento fattuale, che il giudice d’appello effettivamente compie, della natura della delegazione de qua come delegazione titolata: e la motivazione della sentenza al riguardo è individuabile proprio nell’ultimo passo sopra riportato, a pagina 7, per cui, pur concisa, non può certo definirsi inferiore al minimum costituzionale, essendo al contrario sufficiente e comprensibile.

  1. Tuttavia, la doglianza evincibile dal primo e dal secondo motivo del ricorso non si ferma qui.

Una volta riconosciute la natura di delegazione titolata dell’accordo e la conseguente legittimazione della banca delegata – il che conduce al rigetto la prima parte della doglianza stessa -, si pone la questione della fondatezza o meno di quanto la banca è stata legittimata ad opporre a L.I., e 2quindi, ciò traducendosi nella concreta vicenda, la questione della fondatezza o men ‘ della domanda di ripetizione di indebito oggettivo rivolta dalla banca a L.I.. ‘

Al riguardo, la sentenza in esame adotta una modalità di esternazione fragile e incompleta.

Invero, dapprima viene ricostruita, assai sinteticamente, la vicenda dei due pagamenti, ma subito dopo si mette implicitamente in dubbio, se non in aperta contraddizione, quanto ricostruito. Dapprima, infatti, si lascia intendere che il primo pagamento – quello mediante ricevuta bancaria scaduta il 14 maggio 2006 – non era avvenuto e perciò ne era stato compiuto un secondo con un bonifico “ordinato” il 16 maggio 2006. Successivamente, sembra che la corte territoriale corregga la sua ricostruzione, perché lascia intendere che il pagamento con bonifico non era ancora avvenutor e anzi non vi si era ancora proceduto, prima di quel pagamento a mezzo di ricevuta bancaria ,che però era stato oggetto di “alcuni disguidi tecnici” (motivazione, pagina 6).

In tal modo, la corte territoriale non chiarisce in modo inequivoco se, quando avvenne il pagamento mediante la ricevuta bancaria, il bonifico aveva già estinto il debito della delegante creando quindi l’indebito oggettivo rappresentato dal secondo pagamento: lo stesso riferimento ad una “duplicazione del pagamento” di cui la banca era “avvedutasi” può ben essere inteso nel senso che la successiva indicazione “di procedere comunque al pagamento del bonifico” impartitale dalla cliente non sia stata una vera e propria indicazione di pagamento, bensì una indicazione di imputazione del bonifico (“da imputarsi quale acconto su future forniture”: si veda ancora a pagina 6).

La motivazione sulla sussistenza dell’indebito oggettivo, quindi, non può dirsi che abbia raggiunto raggiunto la chiarezza e la sostanza che esige il minimum costituzionale, non consentendo di comprendere quel che realmente avvenne in ordine ai due pagamenti, con particolare riguardo all’epoca della loro rispettiva effettuazione completa; e pertanto neppure consentendo di esternare in modo adeguato la ricostruzione sulla base della quale la Corte d’appello è pervenuta a riconoscere, nella concreta vicenda fattuale, la sussistenza dell’indebito oggettivo, così da accogliere la domanda della banca delegata.

Sotto questo profilo, dunque, la censura della ricorrente L.I. risulta fondata, il che assorbe pure il successivo terzo motivo, che – come sopra si è visto – non riguarda la posizione della banca, bensì, in termini motivazionali, quella della titolare della ditta individuale in relazione alla domanda di manleva che nei suoi confronti L.I. ha proposto.

  1. In conclusione, del ricorso devono essere accolti il primo motivo e il secondo motivo, assorbito il terzo (testo non comprensibile) , conseguentemente cassando in relazione la sentenza impugnata e rinviando, anche per le spese processuali, alla stessa corte territoriale, in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso per quanto di ragione, assorbito il terzo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Venezia.

Così deciso in Roma il 26 gennaio 2021