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Cassazione Civile 12908/2022 – Assicurazione della responsabilità civile – Clausola claims madè – Decadenza convenzionale

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Sentenza 12908/2022

Assicurazione della responsabilità civile – Clausola claims madè – Decadenza convenzionale

In tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola “claims made” non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 c.c. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile, nel contesto del più ampio “genus” dell’assicurazione contro i danni ex art. 1904 c.c., della cui causa indennitaria la clausola “clams made” è pienamente partecipe.

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 22-4-2022, n. 12908   (CED Cassazione 2022)

Art. 2965 cc (Decadenze stabilite contrattualmente) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza del luglio 2016, il Tribunale di Napoli (per quanto ancora interessa in questa sede) accolse la domanda risarcitoria proposta da (OMISSIS) e condannò, a titolo di responsabilità sanitaria per evento iatrogeno occorsole nel (OMISSIS), i convenuti (OMISSIS) (di seguito anche solo “Provincia Religiosa”), nonchè i sanitari (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 99.146,00, oltre accessori; ritenne, poi, inefficace, ai sensi dell’art. 1341 c.c., la clausola claims made apposta ai contratti di assicurazione stipulati dai convenuti e condannò, quindi, la (OMISSIS) S.p.A., compagnia chiamata in causa dai convenuti (in base a polizza cessata il (OMISSIS), a fronte di denuncia di sinistro pervenuta all’assicuratore il (OMISSIS)), nonchè la (OMISSIS) S.p.A., compagnia chiamata in causa dal solo (OMISSIS) (in base a polizza cessata, per recesso dell’assicuratore, nel (OMISSIS) e denuncia di sinistro pervenuta all’assicuratore medesimo il (OMISSIS)), ciascuna a pagare in favore dei rispettivi assicurati, a titolo di garanzia-rivalsa, le somme che costoro avrebbero corrisposto all’attrice in forza dell’emanata sentenza.

2. – Avverso tale sentenza proposero gravame, in via principale, l’ (OMISSIS) S.p.A. (già (OMISSIS) S.p.A.), nonchè, in via incidentale condizionata, (OMISSIS).

La Corte di appello di Napoli, con sentenza resa pubblica il 27 maggio 2020, accoglieva il gravame principale dell’ (OMISSIS) e revocava la statuizione di condanna dell’appellante al pagamento, a titolo di “manleva e garanzia”, delle somme dovute all’attrice danneggiata dalla Provincia Religiosa, da (OMISSIS), da (OMISSIS), da (OMISSIS), da (OMISSIS) e da (OMISSIS); rigettava il gravame incidentale proposto dal (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) S.p.A.

2.1. – La Corte territoriale, a fondamento della decisione, osservava: a) non poteva ritenersi vessatoria la clausola claims made alla luce degli arresti giurisprudenziali di cui alle sentenze delle Sezioni Unite n. 9140 del 2016 e n. 22437 del 2018; b) in base a quest’ultima decisione, le clausole claims made erano da reputarsi legittime in quanto “non stravolgono il concetto di sinistro di cui all’art. 1882 c.c. ancorchè vadano sottoposte ad uno scrutinio di meritevolezza ex art. 1322 c.c. da svolgersi secondo il principio della causa in concreto”; c) nella specie, le condizioni contrattuali consentivano “di ritenere assicurata la funzione pratica perseguita dalle parti, in quanto il periodo di retroattività è di ben 5 anni rispetto ad una durata del rapporto contrattuale di anni tre prorogati a tre anni e mezzo per effetto del rinnovo e, dunque, complessivamente di anni otto e mezzo”; d) quanto alla posizione del (OMISSIS): d.1) non poteva esaminarsi la preliminare eccezione di inoperatività della polizza, per essere il sanitario assicurato come libero professionista e non come medico dipendente, in quanto sollevata dalla controparte solo in comparsa conclusionale; d.2) la domanda di garanzia andava, comunque, rigettata in quanto, essendo pervenuta all’assicuratore la denuncia del sinistro dopo quattro anni dalla cessazione della polizza, era escluso l’indennizzo in base a contratto di assicurazione con clausola claims made, da reputarsi validamente stipulata poichè prevedeva un periodo di retroattività della polizza di anni quattro, “compatibile con la causa in concreto del contratto”.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la (OMISSIS), affidando la sorte dell’impugnazione a due motivi.

Resistono con distinti controricorsi l’ (OMISSIS) S.p.A., l’ (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS); il (OMISSIS) ha proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi, mentre l’ (OMISSIS) ha proposto ricorso incidentale condizionato sulla base di un solo motivo.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ai sensi degli artt. 23, comma 8-bis, del d.l. n. 137 del 2020 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 176 del 2020) e 16 del d.l. n. 228 del 2021, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale del (OMISSIS).

Hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. sia (OMISSIS) S.p.A. (già (OMISSIS) S.p.A.), che la l’ (OMISSIS) S.p.A.

Silvana hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso principale della Provincia Religiosa.

1. – Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, primo e secondo comma, 2965 e 1341 c.c., per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto legittima e non affetta da nullità la clausola claims made apposta al contratto inter partes, senza considerare, alla luce del precedente giurisprudenziale di cui a Cass. n. 8894/2020, “la obiettiva compressione che la clausola in questione operava sulla concreta possibilità di esercitare il diritto che all’assicurato derivava dalla polizza” assicurativa.

La ricorrente deduce, infatti, che la predetta clausola prevede “una decadenza a carico dell’assicurato… particolarmente onerosa perchè connessa ad un evento terzo sul quale l’assicurato non ha controllo alcuno (la denuncia da parte del danneggiato)”, non potendo, quindi, la natura vessatoria della pattuizione essere resa “meno gravosa da una retroattività o ultrattività particolarmente estesa”.

2. – Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., per aver la Corte territoriale fatto gravare la prova in ordine alla validità della clausola claims made sulla assicurata Provincia Religiosa e non già sulla compagnia assicuratrice, in quanto era quest’ultima a dover dimostrare la “liceità di una clausola che “rende difficile l’esercizio di un diritto”” imponendo una decadenza e che, quindi, era contrastante con norme imperative e di natura vessatoria.

3. – I motivi, che possono essere congiuntamente scrutinati in quanto connessi, sono inammissibili.

Essi si infrangono sul giudicato esterno, in ordine alla validità ed efficacia della clausola claims made di cui alla polizza assicurativa n. (OMISSIS) – stipulata con (OMISSIS) ed azionata nella presente controversia dalla Provincia Religiosa -, formatosi a seguito della sentenza di questa Corte di cassazione n. 8117 del 23 aprile 2020; giudicato esterno eccepito da (OMISSIS) (attualmente (OMISSIS) S.p.A.), ma comunque rilevabile anche d’ufficio (tra le molte, più di recente: Cass., 11 giugno 2021, n. 16589).

E ciò in via dirimente anche rispetto alla (pur sussistente) inammissibilità della censura proposta con il secondo motivo, che non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, nella quale non vi è una delibazione fondata sul riparto dell’onere probatorio, ma un giudizio direttamente espresso dalla Corte territoriale sulla validità ed operativa della clausola claims made di cui alla anzidetta polizza, in forza dei poteri dei interpretazione negoziale spettanti al giudice di merito e in base alla valutazione delle complessive emergenze processuali, alla luce del principio di acquisizione probatoria, che comporta l’impossibilità per le parti di disporre degli effetti delle prove ritualmente assunte, le quali possono giovare o nuocere all’una o all’altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte (tra le altre, Cass., 25 settembre 2013, n. 21909).

Con la sentenza n. 8117/2020, questa Corte ha, infatti, rigettato il ricorso proposto dalla Provincia Religiosa contro la sentenza della Corte di appello di Roma n. 3234/2018, emessa nel giudizio di cui era parte (tra gli altri) (OMISSIS) S.p.A., con il quale – in ragione del rigetto della domanda di manleva avanzata dalla stessa Provincia Religiosa in forza della polizza assicurativa n. (OMISSIS) – si denunciava: 1) la violazione degli articoli 1341, 1362, 1882 e 1917 c.c. e, quindi, la nullità della clausola claims made (in forza della quale era stata ritenuta non operativa l’anzidetta copertura assicurativa) – da reputarsi vessatoria perchè recante uno “squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” – in assenza di apposita sottoscrizione; 2) la violazione degli articoli 1322 e 1932 c.c. per essere la medesima clausola priva di “meritevolezza”.

Sicchè (come peraltro questa Corte ha già ritenuto in riferimento proprio alla polizza n. (OMISSIS) e alla sentenza n. 8117/2020: cfr. Cass., 19 novembre 2021, n. 35541), la citata sentenza n. 8117/2020 ha avuto ad oggetto una controversia che presenta in comune con la presente sia le parti, sia l’oggetto (lo stesso contratto di assicurazione), sia il petitum (la dichiarazione di inefficacia e di nullità delle clausola claims made in detto contratto apposta), sia la causa petendi (la violazione degli articoli 1322, 1341, 1882, 1917, 1932 c.c.).

Deve dunque rilevarsi l’avvenuta formazione del giudicato sulla questione della nullità ed inefficacia della clausola di cui oggi si discute.

Del resto, va altresì osservato che il giudicato, formatosi con la sentenza intervenuta tra le parti, copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e cioè non soltanto le ragioni giuridiche

e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili sia in via di azione, sia in via di eccezione, le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (tra le molte, Cass., 28 ottobre 2011, n. 22520; Cass., 16 agosto 2012, n. 14535; Cass., 30 ottobre 2017, n. 25745).

E, avuto specifico riguardo alla nullità contrattuale, è principio consolidato (tra le altre, più di recente, Cass., 4 novembre 2021, n. 31636 e Cass., 14 febbraio 2022, n. 4717) quello per cui il giudizio sulla insussistenza di una causa di nullità del contratto preclude la possibilità di invocare, in un diverso giudizio, la nullità del medesimo contratto sotto altro profilo, atteso che la domanda di nullità contrattuale è pertinente ad un diritto autodeterminato, individuato indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio, e il giudicato, coprendo il dedotto e il deducibile, si estende anche all’insussistenza di cause di invalidità diverse da quelle fatte valere nel processo definito con sentenza irrevocabile (c.d. giudicato per implicazione discendente).

Nella specie, la Provincia Religiosa ha invocato la nullità sia per asserito difetto di meritevolezza, anche in ragione della dedotta violazione dell’art. 2965 c.c., sia per la mancata sottoscrizione di clausola (asseritamente) vessatoria; cause di nullità, dunque, come tali già dedotte nel precedente giudizio e, in ogni caso (se da intendersi quali ulteriori profili di nullità delle clausole claims made), precluse dal giudicato esterno ivi formatosi.

Ricorso incidentale di (OMISSIS).

4. – Con il primo motivo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1822 c.c., art. 1322 c.c., commi 1 e 2, articoli 2965 e 1341 c.c., sulla scorta di argomentazioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle del primo motivo di ricorso principale, deducendo, quindi, la nullità della clausola claims made ai sensi dell’art. 2965 c.c.

4.1. – Il motivo è infondato.

Con esso si invoca a sostegno delle proposte doglianze la decisione di questa Corte – Cass. n. 8894/2020 – che ha ritenuto affetta da nullità la clausola claims made che consentiva all’assicurato di fare denuncia dell’evento nei dodici mesi dalla cessazione del contratto di assicurazione, purchè avesse ricevuto la richiesta di risarcimento del danno entro la scadenza del contratto stesso, enunciando il principio di diritto così massimato: “in tema di assicurazione della responsabilità civile, è nulla la clausola che pone a carico dell’assicurato un termine di decadenza per denunciare l’evento la decorrenza del quale non dipende dalla sua volontà, atteso che una siffatta clausola contrasta non solo con l’art. 1341 c.c., che vieta, se non sottoscritte, le clausole che impongono decadenze, ma, altresì, con l’art. 2965 c.c., che commina la nullità delle clausole con cui si stabiliscono decadenze che rendono eccessivamente difficile, ad una delle parti, l’esercizio del diritto, tra le quali rientrano anche quelle che fanno dipendere tale esercizio da una condotta del terzo, autonoma e non calcolabile”.

Si tratta, però, di precedente isolato (in senso contrario, espressamente, anche Cass. n. 30309/2019), che collide con i pronunciamenti in materia delle Sezioni Unite, che, pertanto, vanno qui ribaditi.

Trova, anzitutto, rilievo, di per sè dirimente, quanto espressamente statuito in medias res da Cass., S.U., n. 9140/2016, al § 6.2. della motivazione, che giova riportare integralmente: “Deve in ogni caso escludersi che la limitazione della copertura assicurativa alle “richieste di risarcimento presentate all’Assicurato, per la prima volta, durante il periodo di efficacia dell’assicurazione”, in relazione a fatti commessi nel medesimo lasso temporale o anche in epoca antecedente, ma comunque non prima di tre anni dalla data del suo perfezionamento, integri una decadenza convenzionale, soggetta ai limiti inderogabilmente fissati nella norma codicistica di cui si assume la violazione. E invero l’istituto richiamato, implicando la perdita di un diritto per mancato esercizio dello stesso entro il periodo di tempo stabilito, va inequivocabilmente riferito a già esistenti situazioni soggettive attive nonchè a condotte imposte, in vista del conseguimento di determinati risultati, a uno dei soggetti del rapporto nell’ambito del quale la decadenza è stata prevista. Invece la condizione racchiusa nella clausola in contestazione consente o preclude l’operatività della garanzia in dipendenza dell’iniziativa di un terzo estraneo al contratto, iniziativa che peraltro incide non sulla sorte di un già insorto diritto all’indennizzo, quanto piuttosto sulla nascita del diritto stesso. Ne deriva che non v’è spazio per una verifica di compatibilità della clausola con il disposto dell’art. 2965 c.c.”.

Tale rilevata diversità di piani, non comunicanti tra loro, in cui si collocano, rispettivamente, la clausola claims made e la disciplina recata dalla norma dell’art. 2965 c.c. è riaffermata, sebbene in modo implicito, ma senza equivoci, dalla successiva sentenza n. 22437/2018, sempre delle Sezioni Unite, la quale ha evidenziato, in armonia con il precedente approdo nomofilattico, che l’anzidetta clausola si configura come delimitativa dell’oggetto del contratto, “correlandosi l’insorgenza dell’indennizzo, e specularmente dell’obbligo di manleva, alla combinata ricorrenza della condotta del danneggiante (la vicenda storica determinativa delle “conseguenze patrimoniali” di cui “l’assicurato intende traslare il rischio”: cioè, del “danno”) e della richiesta del danneggiato”.

La richiesta del danneggiato è, pertanto, fattore concorrente nella identificazione del rischio assicurato e in tal senso si viene a delineare l’appartenenza strutturale del “fenomeno claims” al modello di assicurazione della responsabilità civile (o sotto-tipo) di cui all’art. 1917 c.c., comma 1 “nel contesto del più ampio genus dell’assicurazione contro i danni (art. 1904 c.c.), della cui causa indennitaria la clausola claims made è pienamente partecipe”.

Ne consegue che non può essere affetta da nullità, ex art. 2965 c.c., la clausola claims made “perchè fa dipendere la decadenza dalla scelta di un terzo”, giacchè l’atteggiarsi della richiesta del terzo, quale evento futuro, imprevisto ed imprevedibile, è del tutto coerente con la struttura propria del contratto di assicurazione contro i danni (nel cui ambito, come detto, è da ricondursi la polizza con clausola claims made), in cui l’operatività della copertura deve dipendere da fatto non dell’assicurato.

5. – Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., sulla scorta di argomentazioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle del secondo motivo di ricorso principale.

5.1. – Il motivo è inammissibile.

Con esso non è colta la ratio decidendi della sentenza impugnata, nella quale non vi è una delibazione fondata sul riparto dell’onere probatorio, ma un giudizio direttamente espresso dalla Corte territoriale sulla validità ed operativa della clausola claims made di cui alla polizza stipulata dal (OMISSIS) con la (OMISSIS).

Ciò in forza dei poteri di interpretazione negoziale spetta al giudice di merito e in base alla valutazione che il medesimo giudice ha operato delle complessive emergenze processuali alla luce del principio di acquisizione probatoria, che comporta l’impossibilità per le parti di disporre degli effetti delle prove ritualmente assunte, le quali possono giovare o nuocere all’una o all’altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte (tra le altre, Cass., 25 settembre 2013, n. 21909).

Ricorso incidentale condizionato di (OMISSIS) S.p.A.

6. – Con un unico motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 1371 c.c. e art. 16 della condizioni generali del contratto d’assicurazione, per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto che i limiti di operatività del contratto assicurativo – eccepiti solo in comparsa conclusionale da essa compagnia di assicurazione in ragione del fatto che la polizza riguardava solo il rischio per attività professionale e non già quella svolta come “medico dipendente pubblico”- rappresentino “una eccezione in senso stretto proponibile dalla sola parte nei termini decadenziali previsti”, trattandosi, invece, di “eccezione in senso lato, una mera difesa tecnica, con correlato doveroso accertamento anche ufficioso sull’estensione dell’oggetto del contratto” anche in sede di appello.

6.1. – Il motivo è assorbito dal rigetto del ricorso incidentale del (OMISSIS).

Conclusioni.

7. – Va, dunque, dichiarato inammissibile il ricorso principale della Provincia Religiosa, mentre va rigettato il ricorso incidentale del (OMISSIS) e dichiarato assorbito quello incidentale condizionato della (OMISSIS).

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza della Provincia Religiosa nei confronti di (OMISSIS) S.p.A. e del (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) S.p.A.

Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti delle parti rimaste soltanto intimate.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso principale della (OMISSIS), rigetta il ricorso incidentale di (OMISSIS) e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato della (OMISSIS);

condanna la Provincia Religiosa al pagamento, in favore di (OMISSIS) S.p.A., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

condanna la (OMISSIS) al pagamento, in favore della (OMISSIS) S.p.A., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in data 24 marzo 2022.