Sentenza 12981/2022
Assicurazione della responsabilità civile – Clausola on claims made basis – Deroga al modello legale di cui all’art. 1917, comma 1, c.c. – Conseguenze
Il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, quale deroga convenzionale all’art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall’art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle “claims made”) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale “on claims made basis” vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso, considerandola non meritevole di tutela, l’operatività della clausola “claims made”, sul presupposto che essa non solo limitava la garanzia nei limiti della vigenza contrattuale – così escludendo gli esiti delle lungolatenze, tipici dei danni da responsabilità medica – ma affiancava detto limite ad una retroattività solo a “secondo rischio”).
Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 26-4-2022, n. 12981 (CED Cassazione 2022)
Art. 1917 cc (Assicurazione della responsabilità civile) – Giurisprudenza
Rilevato che:
(OMISSIS) e (OMISSIS), anche quali esercenti la potestà sul figlio minore (OMISSIS), e il fratello di quest’ultimo (OMISSIS), convenivano in giudizio l’ASL di (OMISSIS) cui facevano capo gli Ospedali di (OMISSIS), chiedendo il risarcimento dei danni subiti dal suddetto figlio e fratello, in occasione della nascita;
indicavano la responsabilità dei sanitari dei due nosocomi allegando in particolare che: non erano stati informati dell’assenza, a (OMISSIS) dove il piccolo era nato, di una unità di terapia intensiva neonatale (UTIN); nonostante la diagnosi d’ingresso fosse quella di parto pretermine, era stato disposto un trasferimento a (OMISSIS) in struttura anch’essa inidonea, tanto da dover muovere nuovamente il neonato presso l’Azienda Universitaria degli Ospedali Riuniti di (OMISSIS), dotata di UTIN ma dove il piccolo giungeva in condizioni di salute compromesse; non era stato idoneamente considerato il referto ecografico che aveva attestato valori biometrici ai limiti della norma;
l’ASL barese chiamava in causa gli Ospedali Riuniti di (OMISSIS), ritenendoli quindi responsabili in specie dei successivi ritardi, nonchè la Dottoressa (OMISSIS), all’epoca dirigente di primo livello della divisione pediatrica del presidio di (OMISSIS), unitamente ai dottori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), questi ultimi sanitari dell’ospedale di (OMISSIS), indicandone la personale responsabilità a titolo di manleva;
la medesima ASL chiamava altresì in causa, a titolo di garanzia assicurativa, (OMISSIS) s.p.a., già (OMISSIS) s.p.a.;
la dottoressa (OMISSIS) chiamava in garanzia (OMISSIS) s.p.a., già (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.p.a., eccependo, in particolare, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, quanto alla domanda di rivalsa dell’ente ospedaliero quale svolta nei confronti del personale sanitario, per sussistere quella del giudice contabile;
per quanto qui ancora importa, il Tribunale accoglieva la domanda attribuendo il 95% di responsabilità all’ASL barese e il 5% all’Azienda foggiana, al contempo dichiarando il difetto di giurisdizione sull’azione indicata come di rivalsa;
la Corte di appello riformava la decisione, per un verso qualificando l’azione indicata come di rivalsa quale manleva e dichiarando sulla stessa la giurisdizione del giudice ordinario, con rinvio sul punto al primo giudice, per altro verso attribuendo pari responsabilità alle due aziende sanitaria e ospedaliera;
riteneva in specie la Corte territoriale che: era stata omessa la corretta diagnosi di sindrome da distress respiratorio (RDS) ed erano mancati gli accertamenti che avrebbero potuto consentirla tempestivamente; era stato erroneo il trasferimento in struttura inadeguata, a (OMISSIS), senza esami nè idonea cartella clinica; era stato tardivo il trasferimento all’UTIN di (OMISSIS); era stata tardiva la sottoposizione, in quest’ultimo nosocomio, ad accertamenti quali l’ecografia cerebrale, nonostante la presenza di gravi sintomi come le convulsioni, con conseguente tardivo riscontro dell’emorragia cerebrale che aveva causato gravissime lesioni prossime al 100% di invalidità; stante l’impossibilità di distinguere appropriatamente l’efficacia non solo concausale ma pure colposa delle singole condotte, ne derivava l’applicazione della presunzione di pari responsabilità;
la stessa Corte di appello escludeva l’operatività della clausola “claims made” inserita nel contratto con (OMISSIS) s.p.a. che aveva così opposto l’inefficacia dell’assicurazione, poichè non meritevole di tutela, in quanto priva di una concreta e compiuta funzione, atteso che, ponendo la limitazione della richiesta nel periodo di efficacia negoziale decorrente dalla stipula e andando così a escludere la copertura soprattutto per i danni “lungolatenti” come spesso quelli da responsabilità medica, affiancava questo limite a una retroattività però a “secondo rischio”, aprendo la strada a possibili contenziosi in relazione all’inesistenza di polizze di primo rischio, e determinando squilibrati buchi di garanzia in danno dell’assicurato costretto a rinnovare l’assicurazione per dare continuità alla complessiva copertura, mentre nulla era stato dimostrato in ordine all’eventuale convenienza “compensativa” del premio pattuito, laddove, invece, non erano presenti clausole di rinnovo automatico ovvero che attribuissero rilievo, per il termine di denuncia, alla conoscenza del danno ad opera dell’assicurato, con conseguente impossibilità di rimodulare giudizialmente il negozio e nullità della clausola in questione, con sua sostituzione a mezzo dello schema legale non efficacemente derogato, ossia con il meccanismo “loss occurrence” che implicava l’operatività della copertura medesima;
avverso questa decisione ricorre l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di (OMISSIS), sulla base di un motivo, corredato da memoria;
resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale (OMISSIS) s.p.a., sulla base di tre motivi corredati da memoria, e (OMISSIS), articolando quattro motivi illustrati anch’essi da memoria;
resistono altresì al ricorso principale con controricorso, corredato da memoria, l’ASL di (OMISSIS) nonchè (OMISSIS) e (OMISSIS), questi ultimi anche quali esercenti la potestà sul figlio minore (OMISSIS);
(OMISSIS) s.p.a. ha depositato infine controricorso per resistere al ricorso incidentale di (OMISSIS);
il Pubblico Ministero ha formulato conclusioni scritte.
Rilevato che:
con l’unico motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2055, c.c., in uno alla insufficiente e contraddittoria motivazione, poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che:
la responsabilità quasi esclusiva, come accertata dal giudice di primo grado, era imputabile ai sanitari dei nosocomi di (OMISSIS), che avevano tardivamente sia operato che contattato l’ospedale dell’azienda foggiana deducente e dotato, a differenza di quelli, di UTIN, redigendo inoltre una cartella clinica lacunosa;
come accertato dalla consulenza tecnica di ufficio, l’esecuzione, essenziale per la verifica delle condizioni neonatali, dell’esame EAB (equilibrio acido base) era stato effettuato solo a (OMISSIS) e solo dopo 105 minuti dall’ingresso in quell’ospedale, non riportando il risultato ed effettuandolo, in modo meno attendibile, su sangue capillare e non arterioso, con la conseguenza che la prima emogasanalisi arteriosa su sangue della radiale era stata effettuata all’ingresso al reparto di (OMISSIS);
il criterio del “più probabile che non”, formalmente fatto proprio dal giudice di seconde cure, avrebbe dovuto condurre a escludere una pari misura di responsabilità riferita ai nosocomi;
con il primo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 342, c.p.c., in uno all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, poichè la Corte di appello avrebbe apoditticamente ed erroneamente affermato che le censure di appello svolte da (OMISSIS) s.p.a. erano generiche;
con il secondo motivo di tale ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 345, 100 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la domanda, svolta in seconde cure da (OMISSIS) s.p.a., di riforma della decisione di primo grado che aveva statuito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quella del giudice contabile quanto all’azione di rivalsa dell’azienda ospedaliera barese nei confronti dei sanitari, era nuova come desumibile dal raffronto con le posizioni finali espresse in comparsa conclusionale e di replica davanti al Tribunale, avendo quindi legittimazione e interesse solo la soccombente azienda sanitaria suddetta;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 103 Cost., comma 2, Testo Unico n. 3 del 1957, artt. 19, 22, Regio Decreto n. 1214 del 1934, art. 52, poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che sulla rivalsa dell’amministrazione che abbia risarcito un danno, nei confronti dei suoi dipendenti che lo abbiano cagionato con la propria condotta, come nel caso, la giurisdizione era del giudice contabile;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in uno all’erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione, poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che, nel merito della vicenda, come accertato dal medesimo consulente tecnico d’ufficio anche con il supplemento di relazione redatto, la deducente, all’arrivo in carico del neonato, aveva formulato corretta diagnosi, stabilizzato lo stesso, nonostante le carenze strutturali del centro dove operava, ed effettuato in mezz’ora l’emogasanalisi accendendo un apparecchio sito in altra divisione dell’ospedale, risultando perciò immotivate le conclusioni, assunte senza ulteriori accertamenti tecnici pur sollecitati, per cui la predisposizioni ed effettuazione del necessario trasferimento del piccolo paziente in soli 90 minuti, all’ospedale di (OMISSIS), avrebbe concretato un ritardo decisivo e addebitabile alla stessa operatrice;
con il primo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS), s.p.a., si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322 e 1418 c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la giurisprudenza nomofilattica aveva infine escluso che lo schema generale “claims made” fosse suscettibile della verifica di meritevolezza astratta, posta la sopravvenuta tipicità legale di cui alla L. n. 24 del 2017, art. 11, potendo porsi solo un tema di concreta funzione causale dell’accordo, mentre il giudice del merito aveva sostanzialmente operato, affermando la nullità della clausola stessa, nel primo e superato senso, senza apprezzare l’utilità della retroattività ultradecennale pattuita, a fronte della constatata mancanza di prova di coperture assicurative utili per il passato, e senza verificare quale utilità avrebbe potuto avere la copertura postuma, tenuta in conto, per il futuro, la necessità legalmente vincolata di continuativa assicurazione da parte dell’azienda ospedaliera;
con il secondo motivo di tale ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la giurisprudenza nomofilattica aveva negato che il contratto con clausola “claims made” fosse soggetto alla verifica di meritevole atipicità, stante il menzionato recepimento sopravvenuto da parte dell’ordinamento;
con il terzo motivo di tale ricorso si prospetta la violazione dell’art. 1419 c.c., comma 2, poichè la Corte di appello avrebbe errato riscrivendo il contratto assicurativo secondo il modello “loss occurrence” invece che prendere a riferimento il modello legale di “claims made” poggiato sull’utilità della retroattività decennale, con necessità di copertura postuma solo per l’ipotesi di cessazione dell’attività sanitaria, nel caso non venuta in rilievo;
Rilevato che:
il ricorso principale è inammissibile;
la censura pone l’accento sulle negligenze dei sanitari dei primi due nosocomi, chiedendo che siano nel merito valutate ripartendo diversamente le quote di responsabilità, e in minor grado quella dell’ospedale foggiano, come inizialmente ritenuto dal Tribunale;
così facendo, per un verso si richiede un apprezzamento fattuale riservato conclusivamente alla Corte di appello, per altro verso il motivo non si misura specificatamente con la complessiva ragione decisoria articolata dal Collegio di seconde cure;
infatti, come riassunto in parte narrativa, la Corte territoriale ha accertato in fatto che:
era stata tardiva la sottoposizione, nell’ultimo nosocomio, ad accertamenti necessari quali l’ecografia cerebrale, nonostante la presenza di gravi sintomi come le convulsioni, con conseguente tardivo riscontro dell’emorragia cerebrale;
stante la catena delle azioni ritenute causalmente rilevanti, e la natura multifattoriale dell’origine emorragica neonatale nelle condizioni date, era impossibile distinguere appropriatamente l’efficacia non solo eziologica ma anche colposa delle singole condotte, dal che il ricorso presuntivo al criterio di pari responsabilità;
il concreto apprezzamento dell’apporto, non solo causale bensì anche colposo, delle singole condotte, a fronte dell’unicità del fatto dannoso, è riservato al sindacato del giudice di merito, trattandosi all’evidenza di “quaestio facti”;
restano logicamente salvi gli eventuali vizi motivazionali qui, però, insussistenti come appena visto;
e se, da una parte, la motivazione è pienamente decifrabile senza alcuna contraddittorietà e anzi neppure compiutamente aggredita dalla censura, dall’altra va rammentato, in aggiunta, che, in ogni caso, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione (cfr., ad esempio, Cass., 25/09/2018, n. 22598);
il primo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) è manifestamente inammissibile;
la parte non riporta in alcun modo i motivi di appello di cui invoca apoditticamente la genericità, invece esclusa ragionatamente dalla Corte di appello;
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
ed è stato reiteratamente chiarito che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, per cui il ricorrente non è dispensato dall’onere di dettagliare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale precisazione dev’essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sicchè, ove il ricorrente censuri la statuizione di ammissibilità o meno, per difetto o meno di specificità, di un motivo di appello, non può limitarsi a rinviare all’atto di appello medesimo, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria (cfr. Cass., 13/11/2020, n. 25837, Cass., 25/09/2019, n. 23834, Cass., 29/09/2017, n. 22880);
il secondo e terso motivo di tale ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili anche ex art. 360-bis c.p.c., n. 1;
in primo luogo, si richiamano atti, quali la comparsa conclusionale o le memorie di replica, in prime cure, prive di valenza assertiva avendo solo funzione illustrativa, con conseguente inidoneità a chiarire quale fosse la posizione processuale in rilievo di (OMISSIS) s.p.a. davanti al Tribunale;
in secondo luogo, l’assicuratore aveva evidentemente interesse a sostenere l’azione ricostruita e qualificata come manleva, dell’azienda ospedaliera nei confronti dei sanitari, per l’evidente ricaduta che la stessa aveva sulla sua finale necessità di copertura assicurativa, come infatti osservato (a pag. 35) dalla Corte di appello senza nemmeno che le censure apportate si misurino specificatamente con questa statuizione;
in terzo luogo, l’azione di responsabilità contabile nei confronti dei sanitari dipendenti di un’azienda sanitaria non è sostitutiva delle ordinarie azioni civilistiche di responsabilità nei rapporti tra amministrazione e soggetti danneggiati, sicchè, quando sia proposta da un’azienda sanitaria domanda di manleva nei confronti dei propri medici, non sorge una questione di riparto tra giudice ordinario e contabile, attesa l’autonomia e non coincidenza delle due giurisdizioni (Cass., Sez. U., 18/12/2014, n. 26659, ma pure succ. conf. come Cass., 23/08/2018, n. 21021);
in coerenza, è stato ad esempio precisato, in fattispecie diversa ma contigua, che l’azione di responsabilità per danno erariale e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario restano reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali, essendo la prima volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della p.a. e al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria, e la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria e integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della amministrazione attrice; ne deriva che le eventuali interferenze tra i due giudizi integrano una questione non di giurisdizione ma di proponibilità dell’azione di responsabilità innanzi al giudice contabile, sempre che non sia contestata dinanzi a quest’ultimo la configurabilità stessa, in astratto, di un danno erariale, in relazione ai presupposti normativamente previsti per il sorgere della responsabilità amministrativa contestata dal P.G. contabile, nel qual caso si configura una questione di giurisdizione, essendo posta in discussione la “potestas iudicandi” del giudice contabile, la cui definizione è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario, non essendo la Corte dei conti il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela da danni pubblici (Cass., Sez. U., 19/02/2019, n. 4883);
il quarto motivo è inammissibile;
la censura richiede senz’altro una rilettura istruttoria estranea alla presente sede di legittimità;
la Corte di appello ha motivatamente accertato, nell’ambito del suo proprio sindacato fattuale, che:
– il ritardo nell’effettuazione dell’emogasanalisi, a mezz’ora dall’accettazione in reparto presso l’ospedale di (OMISSIS), dopo, quindi, un primo trasferimento dovuto all’emergere delle condizioni del neonato;
– il ritardo nell’organizzare, dopo un’ora e mezzo, il trasferimento presso il centro ospedaliero foggiano, dotato di UTIN, disposto dal medico, Dottor (OMISSIS), che aveva sostituito la (OMISSIS) smontante dal turno, senza che in quel lasso di tempo fosse intervenuta alcuna variazione rispetto a quanto già avrebbe potuto e dovuto constatare la dottoressa;
a fronte di ciò, la sollecitazione è, univocamente, volta a ottenere un diverso apprezzamento dei fatti, mirando a escludere la possibilità per la ricorrente di agire, in quella occasione, nel complesso più reattivamente e rapidamente, come fatto dal Dottor (OMISSIS);
come più sopra rammentato, questi rilievi della Corte territoriale si saldano con l’affermazione dell’impossibilità di distinguere appropriatamente l’efficacia non solo eziologica ma pure colposa delle singole condotte, al fine di attribuire con congruità differenti misure di responsabilità in ordine all’esito finale;
tutto quanto sopra posto, residua lo scrutinio dei motivi di ricorso incidentale di (OMISSIS) s.p.a., da esaminare congiuntamente per connessione: essi sono fondati;
questa Corte ha da ultimo chiarito (Cass., Sez. U., 24/09/2018, n. 22437) che il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, quale deroga convenzionale all’art. 1917 c.c., comma 1, consentita dall’art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322 c.c., comma 2, ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 1, della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale: tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti – ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi d’informazione sul contenuto delle “claims made”) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale “on claims made basis” vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati;
l’arresto ha richiamato dunque esperienze comparate ed Eurounitarie (direttiva n. 93/13), e valorizzato le prese di posizione del legislatore nazionale (in specie la L. n. 24 del 2017, art. 11; Decreto Legge n. 138 del 2011, art. 3, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148 del 2011, e novellato dalla L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 26), concludendo per la generale tipicità legale del modello, ed escludendo che la valutazione giudiziale possa pertanto effettuarsi sul piano dell’astratta (in)utilizzabilità del modello (v. successivamente, tra le altre, Cass., 31/05/2021, n. 15096, p. 1.8.);
ci è dunque spostati verso l’apprezzamento della causa in concreto, con idonea considerazione, alla luce del generale modello legale, della negoziazione informata, della convenienza del premio e della copertura di fatti pregressi, ovvero accaduti prima del periodo di validità della copertura decorrente dalla stipula, potendo proprio in ciò – ossia nella prospettiva di evitare “buchi di copertura” – consistere l’utilità dell’accordo per l’assicurato, nella medesima ottica dei danni lungolatenti evocati dalla Corte di appello;
ora, la Corte territoriale, nella fattispecie in esame:
ha operato in primo luogo valutazioni sul piano astratto e riferito al modello generale, sia pure per come nella prassi implementato, ritenendo che lo schema contrattuale, seppure fuori della verifica di vessatorietà trattandosi di delimitazione dell’oggetto contrattuale, si risolve “tout court” in un’imposizione unilaterale della compagnia assicurativa (pag. 15 della sentenza gravata);
in secondo luogo, non ha compiutamente apprezzato l’utilità della copertura cosiddetta retroattiva, pacificamente ultradecennale, rispetto al tempo, triennale, di efficacia decorrente dalla stipula negoziale (e assunto a riferimento, pertanto, per la “richiesta fatta”), affermando che non era stata provata la sussistenza di altre coperture assicurative per quel periodo passato nonostante risultasse allegata dall’ASL (pag. 16 della sentenza stessa);
ha concluso, viceversa, che l’utilità della copertura retroattiva era comunque elemento cedevole poichè a “secondo rischio”, intesa come oltre il massimale di polizza a “primo rischio” e invece a “primo rischio” solo nell’ipotesi d’inefficacia delle altre polizze “primarie”, con l’eventualità di contenziosi in caso di totale assenza di altre coperture in quel tempo, nonostante queste fossero pur sempre ammesse, come appena visto, dalla stessa parte interessata (vicinanza della prova);
ha dunque valorizzato in senso contrario solo la mancata prova di una convenienza del premio pattuito rispetto all’assicurazione “loss occurrence” (pagg. 16-17 della decisione), pur sempre stipulabile in aggiunta, senza però coordinare tale affermazione con l’altra inerente all’insussistenza “sul mercato (di) apprezzabili offerte alternative”, in chiave analogamente assicurativa e dirette, dunque, con la retroattività in parola, a coprire fatti pregressi per oltre dieci anni;
ha infine riscritto direttamente il contratto in termini di “loss occurrence”, opzione esclusa dalle Sezioni Unite (pag. 31), trattandosi altrimenti di sostituzione di un modello contrattuale a un altro e non del ripristino dell’equilibrio all’interno di ciascuno (cfr., sul punto, Cass., 25/02/2021, n. 5250, pag. 19);
la statuizione della Corte di appello va perciò cassata, e alla stessa va disposto rinvio per un nuovo esame che si attenga ai criteri di scrutinio sopra ricostruiti;
spese al giudice del rinvio quanto a quest’ultimo ricorso, unica domanda ancora “sub iudice”, e secondo soccombenza quanto al resto, tenuto conto delle relazioni di ciascun controricorso ai ricorsi cui resiste.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso principale e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di ciascuna parte controricorrente liquidate in Euro 7.200,00 oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale di (OMISSIS) e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di (OMISSIS) s.p.a. liquidate in Euro 7.200,00 oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso;
accoglie il ricorso incidentale di (OMISSIS) s.p.a., cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bari perchè, in diversa composizione, pronunci anche sulle residue spese del giudizio di legittimità.