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Cassazione Civile 13342/2022 – Esecuzione forzata – Liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento entro un termine ragionevolmente – Risarcimento del danno

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Ordinanza 13342/2022

 

Esecuzione forzata – Creditore soddisfatto – Liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento entro un termine ragionevolmente – Risarcimento del danno

In conformità ai principi di buona fede e correttezza, per consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento, il creditore che è stato soddisfatto deve rinunciare agli atti esecutivi senza necessità di alcuna sollecitazione del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto: ne deriva che il ritardo ingiustificato comporta la responsabilità risarcitoria del creditore nei confronti del debitore che sia stato conseguentemente danneggiato. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva disatteso la domanda di risarcimento del danno extracontrattuale avanzata dai promissari acquirenti nei confronti dei creditori procedenti, i quali – ricevuto dagli attori il pagamento del debito dell’esecutato – avevano omesso di adoperarsi per l’estinzione del processo esecutivo attraverso il deposito di regolari atti di rinuncia).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 28-4-2022, n. 13342   (CED Cassazione 2022)

Art. 2043 cc (Risarcimento per fatto illecito) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10/9/2018 la Corte d’Appello di Palermo, in accoglimento dei riuniti gravami interposti dalla società (OMISSIS) s.p.a. (già (OMISSIS) s.p.a.) ed altri e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Agrigento 10/7/2017, ha rigettato la domanda nei confronti della predetta società nonchè della (OMISSIS) s.c.p.a. e della società (OMISSIS) s.p.a. originariamente proposta dai sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) di risarcimento dei danni dai medesimi subiti in conseguenza della vendita forzata di immobile sito in (OMISSIS), oggetto di preliminare di compravendita dai medesimi stipulato con il sig. (OMISSIS), “gravato di alcune ipoteche” iscritte dalla (OMISSIS), dalla (OMISSIS) (oggi incorporata dalla Banca (OMISSIS)), dalla società (OMISSIS) s.p.a. e dalla società (OMISSIS), i cui crediti con atto a rogito notaio (OMISSIS) i promissari acquirenti “avevano convenuto con il venditore… di soddisfare direttamente… a mezzo di assegni circolari non trasferibili intestati alle medesime società, con versamento della residua somma in favore della parte venditrice”, obbligatasi “ad acquisire le dichiarazioni di quietanza e contestuale rinuncia agli atti del procedimento esecutivo da parte dei soggetti creditori”, ma che, avendo le banche creditrici depositato “dichiarazioni di rinuncia agli atti esecutivi… prive dei requisiti di cui all’art. 306 c.p.c.”, è stato posto in vendita forzata e quindi aggiudicato e trasferito a terzi.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il (OMISSIS) e la (OMISSIS) propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi la società (OMISSIS) s.p.a. (già (OMISSIS) s.p.a.), le società (OMISSIS) s.c.p.a. e la società (OMISSIS) s.p.a..

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1° motivo i ricorrenti denunziano “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 2043 c.c., artt. 40 e 41 c.p., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2° motivo denunziano “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 2043, 1200, 1203, 2900 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3° motivo denunziano “omesso esame” di fatto decisivo per la decisione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4° motivo denunziano “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 1269 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 5° motivo denunziano “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 1203, 2900 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 6° motivo denunziano “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 1218 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente escluso la responsabilità (anche) dei creditori, che “erano stati soddisfatti contestualmente al rogito, e consapevoli quindi dell’avvenuto rogito, per essere stati presenti i loro rappresentanti al fine di incassare il loro credito, come della già fissata vendita”, e pertanto “avrebbero dovuto adoperarsi tempestivamente per fare estinguere la procedura, depositando atti di rinuncia regolari”.

Lamentano che se si configura una responsabilità contrattuale del venditore, si configura nei loro confronti anche una responsabilità extracontrattuale dei creditori dopo il ricevuto “pagamento diretto” dei loro crediti.

Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che in base al principio di correttezza e buona fede il creditore è tenuto a rinunciare agli atti esecutivi senza necessità di alcuna sollecitazione da parte del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto, avuto riguardo allo stato della procedura pendente e ad eventuali motivi di urgenza a lui noti, per consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento.

Lamentano che la corte di merito erroneamente ha escluso la sussistenza nella specie di nesso causale tra il danno da essi subiti e la condotta inadempiente dei creditori.

Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato il loro diritto di ottenere il risarcimento del danno (anche) ex art. 2900 c.c..

Lamentano non essersi dalla corte di merito considerato che, essendo i creditori intervenuti al rogito notarile ed avendo ricevuto gli assegni di importo da loro stessi previamente indicati, avevano l’obbligo di “fare estinguere nei confronti degli acquirenti l’esecuzione”, laddove “l’esecuzione è continuata per il ritardo con cui gli ex creditori hanno depositato le rinunce o per le modalità in cui è avvenuta la rinuncia”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.

A parte il rilievo che in caso di inadempimento contrattuale il terzo, il quale abbia colposamente o dolosamente arrecato un contributo causale alla condotta inadempiente di una delle parti, è tenuto al risarcimento del danno a titolo extracontrattuale in solido con il contraente inadempiente (v. Cass., 8/1/1999, n. 108. Cfr. altresì Cass., 20/10/1983, n. 6160; Cass., 23/2/1978, n. 909), come questa Corte ha già avuto modo di affermare, la surrogazione legale ex art. 1203 c.c., comma 1, n. 3, opera di diritto, perfezionandosi con il pagamento fatto al creditore originario ed essendo immediatamente efficace a favore del surrogato (v. Cass., 14/3/2008, n. 6885), avendo come presupposto il pagamento da parte di un terzo non obbligato che subentra al posto dell’originario debitore, l’adempimento dell’obbligazione altrui costituendo l’elemento concettualmente pregiudiziale del subingresso del terzo nella posizione del creditore soddisfatto (v. Cass., 18/3/1970, n. 731), sicchè (a differenza di quella volontaria) non occorre la dichiarazione formale ed espressa del solvens di volersi surrogare nè il consenso alla surroga del creditore soddisfatto (v. Cass., 24/11/1981, n. 6240).

Con particolare riferimento alla surrogazione legale a vantaggio dell’acquirente di un immobile ipotecato, si è a tale stregua precisato che il pagamento da parte dell’acquirente costituisce non già condizione sospensiva di efficacia bensì elemento costitutivo della surrogazione, sicchè prima del pagamento non vi è un diritto dell’acquirente in attesa di divenire operativo in coincidenza con un suo atto potestativo ma un’astratta situazione di legittimazione realizzata in concreto con il compimento di tale atto, e solo con il pagamento il terzo acquista il diritto (v. Cass., 2/12/1987, n. 9051).

L’estinzione dell’obbligazione del debitore nei confronti del creditore peraltro non si ripercuote automaticamente sul pignoramento o sul processo di espropriazione forzata pendente, per la cancellazione della trascrizione del pignoramento essendo necessario il provvedimento di estinzione del giudice, sicchè l’estinzione del processo esecutivo si verifica solo per effetto della rinuncia del creditore, avendo il provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione natura meramente dichiarativa (v. Cass., 21/11/2017, n. 27545).

Si è posto altresì in rilievo che in tale ipotesi (diversamente dalla cancellazione dell’ipoteca) il consenso ex art. 1200 c.c., prende forma di rinunzia agli atti esecutivi, e al fine di consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento il creditore soddisfatto in base al principio di buona fede o correttezza deve, entro un termine ragionevolmente contenuto avuto riguardo allo stato della procedura pendente nonchè ad eventuali motivi di urgenza allo stesso noti, rinunciare agli atti esecutivi senza necessità di alcuna sollecitazione del debitore, sicchè il ritardo ingiustificato comporta la responsabilità risarcitoria del creditore nei confronti del debitore che risulti conseguentemente danneggiato (v. Cass., 21/11/2017, n. 27545).

Orbene, i suindicati principi sono stati dalla corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza.

è rimasto nel giudizio di merito accertato che, in pendenza di procedura esecutiva attivata nei confronti del venditore sig. (OMISSIS) dalla (OMISSIS) (oggi incorporata dalla Banca (OMISSIS)) – che nel 2007 aveva trascritto atto di pignoramento – nella quale sono intervenuti gli ulteriori creditori ipotecari (OMISSIS), società (OMISSIS) s.p.a. e società (OMISSIS) s.r.l., nel 2008 gli odierni ricorrenti hanno stipulato un contratto preliminare di compravendita di immobile sito in (OMISSIS).

Essendo la vendita forzata già fissata, nel 2009 si è fatto luogo alla stipulazione del contratto definitivo, e avanti al notaio sono intervenuti anche i suindicati creditori procedenti, cui in accordo con l’ (OMISSIS) gli odierni ricorrenti hanno versato – mediante assegni circolari ai medesimi intestati giusta le indicazioni da essi stessi fornite – l’ammontare necessario al soddisfacimento dei rispettivi crediti, ai fini dell’estinzione della procedura esecutiva, con versamento diretto del mero saldo del prezzo al venditore, obbligatosi “ad acquisire le dichiarazioni di quietanza e contestuale rinuncia agli atti del procedimento esecutivo da parte dei soggetti creditori”.

Risultando dai medesimi successivamente prodotte dichiarazioni di rinunzia agli atti esecutivi prive dei requisiti ex art. 306 c.p.c., dichiarata dal giudice dell’esecuzione la relativa inefficacia “con provvedimento del 15.08.2009” si è peraltro proceduto alla vendita forzata dell’immobile de quo, con aggiudicazione e trasferimento del medesimo in favore di terzi.

Nel riformare la sentenza del giudice di prime cure, di accoglimento della domanda di risarcimento dei conseguentemente subiti danni dagli odierni ricorrenti formulata nei confronti del promittente venditore e dei creditori procedenti, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha ravvisato “non convincente” la condanna, sulla base dell'”accordo transattivo stipulato con il debitore (OMISSIS)”, dei “creditori procedenti… a rimborsare i danni patiti dall’ (OMISSIS)”, essendo “stato acclarato che nell’accordo intercorso con le Banche… gli acquirenti erano rimasti estranei”.

Sottolineando la necessità di “tenere distinti i rapporti intercorrenti fra le parti con riguardo alla mancata coincidenza fra l’asserito titolare del diritto ( (OMISSIS)) ed i soggetti contro cui la domanda era stata proposta”, nel ritenere – in base al contenuto del “petitum” volto al riconoscimento di un indebito arricchimento – il “convenuto (OMISSIS), venditore del cespite, come unico soggetto tenuto dal lato passivo a rispondere della lesione patrimoniale”, nell’impugnata sentenza la corte di merito è pervenuta ad affermare che “nella fattispecie, piuttosto che un rapporto complesso con più parti, dall’atto di compravendita tra (OMISSIS) ed i coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) puo’ ravvisarsi un accordo negoziale tra il venditore e gli acquirenti, caratterizzato da una “delegatio solvendi” ex art. 1269 c.c., in favore delle Banche mediante gli assegni bancari circolari menzionati in sede di stipula dell’atto pubblico, in cui tuttavia gli “accipientes” non risultano essersi obbligati espressamente nei confronti dei delegati ad operarsi affinchè il pignoramento perdesse efficacia in un termine prestabilito”, sicchè “con i pagamenti eseguiti in via delegata dagli acquirenti in favore dei creditori sono stati… definiti due distinti rapporti obbligatori, ma senza che da cio’ scaturisse alcun vincolo diretto tra i creditori della procedura esecutiva ed i sig.ri (OMISSIS) – (OMISSIS)”.

La corte di merito ha pertanto ritenuto “non corretta” la responsabilità ex art. 2043 c.c., delle banche creditrici affermata dal giudice di prime cure, difettando nella specie “qualsivoglia nesso di causalità fra la condotta contestata ai medesimi -segnatamente l’asserita mancata produzione del (recte, nel) giudizio di esecuzione delle istanze di rinuncia nei modi e termini di legge – e il danno subito dagli attori (OMISSIS) – (OMISSIS), atteso che questo è collegabile, alla luce dei criteri della conditio sine qua non e della causalità adeguata, alla sola condotta del venditore (OMISSIS), che aveva promesso l’estinzione della procedura esecutiva facendosi, per cio’ stesso, carico del rischio della mancanza o del non tempestivo prodursi di un siffatto evento”, con la conseguenza che “sarebbe stato onere dell’ (OMISSIS) verificare con la dovuta tempestività che i creditori erano stati soddisfatti e, quindi, procurarsi da loro le conseguenti dichiarazioni di rinuncia agli atti dell’esecuzione e controllarne la regolarità formale e l’idoneità a produrre gli effetti da lui promessi ai compratori”.

A tale stregua, nel ravvisato “difetto della prova di un siffatto tempestivo attivarsi o della omessa o insufficiente cooperazione dei creditori a fronte di una puntuale richiesta del debitore esecutato”, la corte di merito ha escluso l'”esistenza di una relazione causale giuridicamente rilevante (ossia causalità adeguata) tra le irregolarità formali o sostanziali che il giudice dell’esecuzione ha, in una prima fase, reputato ostative alla declaratoria di estinzione della procedura esecutiva e l’esito definitivamente negativo della procedura conclusasi con la vendita forzata dell’immobile a causa dell’omessa o solo parziale sanatoria di quelle irregolarità”, indicando la “colpevole inerzia del venditore-debitore” quale “fattore causale idoneo di per sè a produrre l’evento lesivo”.

Orbene, le riportate argomentazioni e le suindicate conclusioni dalla corte di merito raggiunte nell’impugnata sentenza risultano invero in contrasto – come detto – con il richiamato principio in base al quale in conformità ai principi di buona fede e correttezza per consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento il creditore soddisfatto deve rinunciare agli atti esecutivi senza necessità di alcuna sollecitazione del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto, avendo riguardo allo stato della procedura pendente nonchè ad eventuali motivi di urgenza allo stesso noti, sicchè il ritardo ingiustificato comporta la responsabilità risarcitoria del creditore nei confronti del debitore che sia stato conseguentemente danneggiato.

Deve porsi ulteriormente in rilievo che alla stregua dell’operata ricostruzione, secondo cui nella specie si è in presenza di “di un accordo negoziale tra il venditore e gli acquirenti, caratterizzato da una “delegatio solvendi” ex art. 1269 c.c., in favore delle Banche” e di “due distinti rapporti obbligatori”, la corte di merito ha invero del tutto omesso di fare applicazione del principio affermato da questa Corte in base al quale in tema di interpretazione (riservata al giudice del merito, e in sede di legittimità censurabile solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione (v. Cass., 10/3/2021, n. 6579; Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 21/4/2005, n. 8296), il sindacato di legittimità potendo avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v. Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 29/7/2004, n. 14495)) del contratto (e giusta il combinato disposto di cui agli artt. 1324, 1362 c.c. e segg. (v., Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 6/5/2015, n. 9006) degli atti unilaterali), ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacchè per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (v. Cass., 28/8/2007, n. 828; Cass., 22/12/2005, n. 28479; 16/6/2003, n. 9626).

Superato il c.d. principio del gradualismo (v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882, sul punto peraltro non massimata, e conformemente, Cass., 30/8/2019, n. 21840; Cass., 10/6/2020, n. 11092; Cass., 10/6/2020, n. 11092; Cass., 19/1/2021, n. 743; Cass., 19/2/2021, n. 4571; Cass., 10/3/2021, n. 6579; Cass., 6/10/2021, n. 27124, nonchè, da ultimo, Cass., 20/10/2021, n. 28996) nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti il criterio letterale va invero necessariamente riguardato alla stregua degli ulteriori criteri legali d’interpretazione, e in particolare dei criteri (quali primari criteri d’interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto: v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882; Cass., 6/12/2018, n. 31574; Cass., 13/11/2018, n. 29016; Cass., 30/10/2018, n. 27444; Cass., 12/6/2018, n. 15186; Cass., 19/3/2018, n. 6675. V. altresì Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 27/6/2011, n. 14079; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 19/5/2011, n. 10998; e, con riferimento agli atti unilaterali, Cass., 6/5/2015, n. 9006) dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta (cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295; e, da ultimo, Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882 e Cass., 20/10/2021, n. 28996).

Il primo di tali criteri (art. 1369 c.c.) consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta.

La clausola generale (nell’applicazione pratica e in dottrina indicata anche come “principio” o come “criterio”) di buona fede oggettiva o correttezza ex artt. 1175 c.c. (cfr. Cass., 20/8/2015, n. 16990; Cass., 2/30/2012, n. 16754; Cass., 11/5/2009, n. 10741), oltre che regola (artt. 1337, 1358, 1375 e 1460 c.c.) di comportamento (quale dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 Cost. (v. Cass., 6/5/2020, n. 8495; Cass., 10/11/2010, n. 22819; Cass., 22/1/2009, n. 1618; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, 28056), che trova applicazione a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonchè volto alla salvaguardia dell’utilità altrui nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità: v. Cass., 2/4/2021, n. 9200; Cass., 29/1/2018, n. 2057; Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 20/2/2006, n. 3651. V. altresì Cass., 24/9/1999, n. 10511; Cass., 20/4/1994, n. 3775), nonchè criterio di determinazione della prestazione contrattuale (costituendo invero fonte – altra e diversa sia da quella eteronoma suppletiva ex art. 1374 c.c. (in ordine alla quale v. la citata Cass., 27/11/2012, n. 20991) che da quella cogente ex art. 1339 c.c. (in relazione alla quale cfr. Cass., 10/7/2008, n. 18868; Cass., 26/1/2006, n. 1689; Cass., 22/5/2001, n. 6956. V. altresì Cass., 9/11/1998, n. 11264)- di integrazione del comportamento dovuto (v. Cass., 29/1/2018, n. 2057; Cass., 30/10/2007, n. 22860), là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (v. Cass., 30/3/2005, n. 6735; Cass., 9/2/2004, n. 2422), come ad esempio in caso di specifica tutela giuridica, contrattuale o extracontrattuale, non potendo considerarsi implicare financo l’intrapresa di un’azione giudiziaria (v. Cass., 21/8/2004, n. 16530), anche a prescindere dal rischio della soccombenza (v. Cass., 15/1/1970, n. 81), quale criterio d’interpretazione del contratto ex art. 1366 c.c. (v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882; Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628) si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628).

A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale.

L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi alla stregua della causa concreta del contratto (con riferimento dell’incarico conferito al professionista, e al notaio in particolare, cfr. Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617. V. anche Cass., 28/1/2003, n. 1228; Cass., 13/6/2002, n. 8470; per il riferimento alla serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi e alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto medesimo cfr. altresì Cass., 28/11/2007, n. 24733, e, conformemente, Cass., 5/12/2011, n. 26020), e cioè con lo scopo pratico dalle parti perseguito mediante la stipulazione, o, in altre parole, con l’interesse che l’operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare (cfr. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., 7/10/2008, n. 24769; Cass., 24/4/2008, n. 10651; Cass., 20/12/2007, n. 26958; Cass., 11/6/2007, n. 13580; Cass., 22/8/2007, n. 17844; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 27/7/2006, n. 17145; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398. V. altresì Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 6/8/1997, n. 7266; Cass., 3/6/1993, n. 3800; e, più recentemente, Cass., 25/2/2009, n. 4501; Cass., 12/11/2009, n. 23941; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 18/3/2010, n. 6538; Cass., 9/3/2011, n. 5583; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 27/11/2012, n. 20991).

L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va dunque correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (v. Cass., 30/10/2007, n. 22860), e il contratto deve essere infatti imprescindibilmente interpretato avuto riguardo alla sua ratio, alla sua ragione pratica o causa concreta, in coerenza cioè con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale (v. Cass., 10/3/2021, n. 6579; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947, con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia; Cass., 6/7/2018, n. 17718; Cass., 19/3/2018, n. 6675; Cass., 22/11/2016, n. 23701), con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale (art. 1372 c.c.) (v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882 e Cass., 20/10/2021, n. 28996).

Le sopra riportate argomentazioni e conclusioni della corte di merito risultano altresì in contrasto con l’ulteriore principio secondo cui in presenza di una pluralità di rapporti fondamentale rilievo ai fini della relativa rispettiva interpretazione assume la considerazione dell’eventuale collegamento causale tra di essi sussistenti (v. Cass., 8/6/2018, n. 14882; Cass., 5/7/2017, n. 16646; Cass., 3/4/2013, n. 8167; Cass., 27/7/2006, n. 17145), al fine di verificare le ripercussioni causali sui patrimoni dei soggetti coinvolti delle condotte colpose dei soggetti.

Collegamento che già in base all’impugnata sentenza emerge invero ictu oculi, e che si caratterizza per l’interesse che la complessiva operazione negoziale è volta a realizzare, la cui causa concreta assume specifica e autonoma rilevanza rispetto a quella – parziale – dei singoli contratti, dei quali connota la reciproca interdipendenza, sicchè le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale, a tale stregua segnandone la distinzione con il negozio complesso e con il negozio misto (v. Cass., 27/7/2006, n. 17145).

A tale stregua, al di là della sussistenza di un “vincolo diretto tra i creditori della procedura esecutiva ed i sig.ri (OMISSIS) – (OMISSIS)”, va verificata la effettiva sussistenza nella specie di un nesso di causalità (anche) tra le condotte poste in essere da tutti i soggetti de quibus – ivi ricompresi pertanto i creditori procedenti- in adempimento delle obbligazioni rispettivamente assunte, in coerenza con gli interessi che mediante la realizzazione della complessiva operazione negoziale essi hanno rispettivamente inteso funzionalmente tutelare, e il danno subito dagli odierni ricorrenti. Con valutazione pertanto di tutte le conseguenze dannose, legate all’evento dannoso non solo da un rapporto di regolarità giuridica (v. già Cass., 11/1/1989, n. 65) ma anche da un rapporto di causalità specifica (v. Cass., 2/12/2021, n. 38076; Cass., 29/9/2015, n. 19213; Cass., 29/8/2011, n. 17685; Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 582), cui in particolare gli odierni ricorrenti sono rimasti esposti a fronte (anche) dello specifico antecedente causale costituito del deposito da parte dei creditori procedenti di “dichiarazioni di rinuncia agli atti esecutivi… prive dei requisiti di cui all’art. 306 c.p.c.”.

Ivi ricomprese, pertanto, quelle derivanti dalla conseguente mancata declaratoria di estinzione del processo esecutivo, con successiva vendita forzata dell’immobile, aggiudicazione e relativo trasferimento in favore di terzi (cfr. Cass., 2/12/2021, n. 38076; Cass., 18/4/2019, n. 10812; Cass., 21/8/2018, n. 20829; Cass., 20/11/2017, n. 27254; Cass., 29/2/2016, n. 3893; Cass., 3/2/2012, n. 1620; Cass., 21/7/2011, n. 15991), come dagli odierni ricorrenti invero puntualmente ed analiticamente dedotto ed argomentato nei propri atti difensivi (“I creditori avevano preso parte al rogito, tramite i loro rappresentanti legali, per esigere le somme atte a tacitare il loro credito… Pertanto tutti i creditori erano a conoscenza dell’urgenza di depositare le relative rinunce nella procedura esecutiva, ritenuto peraltro che non potevano non sapere dell’approssimarsi della data della vendita… In realtà nella fattispecie de qua non si è in presenza di delegazione di pagamento perchè al contrario i creditori chiedono di essere pagati dall’acquirente e se non si ricorre alla responsabilità individuata dal primo giudice, cioè extracontrattuale per fatto illecito, per essersi configurato un rapporto più complesso, e trilatero, in cui a fronte dell’onere degli acquirenti di versare direttamente il prezzo ai creditori, sorgeva l’onere di questi ultimi, contestualmente alla ricezione degli assegni, e quindi al soddisfacimento del loro credito, di depositare atti di rinuncia validi e tempestivi al fine di consentire l’estinzione della procedura e la liberazione del vincolo sull’immobile compravenduto, si è nella più garantita ipotesi di responsabilità contrattuale, stante che l’accordo è tra il creditore e l’acquirente e non necessitava per tale accordo una forma ad substantiam… Si censura la sentenza per non avere valutato che la figura della surrogazione di legge si ha a vantaggio dell’acquirente di un immobile e i ricorrenti hanno acquistato l’immobile ed hanno pagato il credito portato da tutti i creditori. Conseguentemente questi ultimi avevano l’obbligo di legge di fare estinguere l’esecuzione… Nel caso di specie la presenza degli ex creditori al rogito notarile e l’accettazione degli assegni determina un contratto tra questi e gli acquirenti che impone l’obbligo, accettandosi le somme, di fare estinguere nei confronti degli acquirenti l’esecuzione. Che l’esecuzione è continuata per il ritardo con cui gli ex creditori hanno depositato le rinunce o per le modalità in cui è avvenuta la rinuncia, non danneggia il venditore esecutato, ma l’unico vero inciso è la parte acquirente. La parte acquirente ha infatti consegnato gli assegni ai creditori e quindi bisogna individuare la causa di questo negozio giuridico. La causa del negozio giuridico è liberare l’immobile, che acquistava dinanzi ai creditori procedenti o intervenuti, dal pignoramento immobiliare. Non è un motivo del pagamento ma è la stessa causa per cui pagano e questo denaro non va quindi dall’acquirente all’esecutato e dall’esecutato al creditore, ma è un pagamento che va – direttamente dall’acquirente ai creditori dell’esecutato. Conseguentemente la causa è la liberazione dello immobile cui si sono resi inadempienti gli ex creditori. Dalchè questi devono risarcire il danno nella somma pari all’esborso effettuato dall’acquirente, essendovi una responsabilità di tipo contrattuale, nascente dall’accordo trilatero intercorso”).

Dell’impugnata sentenza s’impone dunque la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione.

Roma, 10/1/2022