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Cassazione Civile 13810/2022 – Opposizione a decreto ingiuntivo – Fallimento del debitore opponente in pendenza del giudizio di opposizione

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Ordinanza 13810/2022

Opposizione a decreto ingiuntivo – Fallimento del debitore opponente in pendenza del giudizio di opposizione – Mancata riassunzione del giudizio 

In caso di fallimento del debitore opponente in pendenza del giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c., il decreto ingiuntivo opposto è relativamente inefficace nei confronti della procedura fallimentare ma, se il giudizio di opposizione (interrotto per il fallimento del debitore) non viene riassunto, lo stesso decreto diviene definitivamente esecutivo e può essere fatto valere nei confronti del debitore ritornato “in bonis”, mentre l’ipoteca iscritta in forza di detto decreto si consolida, con la conseguenza che, ove il bene ipotecato venga acquistato da un terzo dopo l’iscrizione ipotecaria, il creditore garantito può agire nei suoi confronti ex art. 602 c.p.c., poiché l’ipoteca anteriormente iscritta attribuisce al creditore garantito il diritto di espropriare l’immobile ipotecato anche nei confronti del terzo acquirente.

Cassazione Civile, Sezione 1, Ordinanza 2-5-2022, n. 13810   (CED Cassazione 2022)

Art 653 cpc (Efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo opposto) – Giurisprudenza

Art. 647 cpc (Esecutorietà del decreto ingiuntivo) – Giurisprudenza

 

 

RILEVATO CHE:

1. – Dagli atti di causa risulta che: i) in data (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l. vendeva a (OMISSIS) un immobile, al prezzo di Euro 239.200,00 (di cui Euro 180.000,00 a fronte di erogazione di mutuo fondiario); ii) il contratto di compravendita veniva trascritto solo in data (OMISSIS); iii) in data (OMISSIS) sullo stesso immobile (così come su altri immobili della debitrice) era stata già iscritta ipoteca giudiziale (fino a concorrenza di Euro 350.000,00) da parte di (OMISSIS), quale titolare dell’impresa individuale (OMISSIS) in concordato preventivo, in forza di decreto ingiuntivo n. 896/2011 provvisoriamente esecutivo, per un credito di Euro 314.073,06; iv) (OMISSIS) s.r.l. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo; v) l’acquirente (OMISSIS) agiva nel 2012 contro la venditrice (che chiamava in causa il Notaio, e questi la propria compagnia assicuratrice) per ottenere il risarcimento dei danni e la cancellazione dell’ipoteca, iscritta dopo il rogito, ma prima della trascrizione dell’atto di compravendita; vi) (OMISSIS) veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Treviso con sentenza del (OMISSIS) (come si legge a pag. 4 del controricorso) o del (OMISSIS) (come si legge a pag. 3 del ricorso); vii) i due giudizi pendenti in cui era parte la società venivano conseguentemente dichiarati interrotti e quello di opposizione a decreto ingiuntivo si estingueva per mancata riassunzione; viii) la creditrice opposta (OMISSIS) insinuava il credito al passivo del Fallimento della debitrice e, benchè ammessa per il minore importo di Euro 190.000,00 al chirografo, non proponeva opposizione L.Fall., ex art. 98; ix) nel 2014 (OMISSIS) conveniva in giudizio (OMISSIS), con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., per sentir dichiarare illegittimo il suo rifiuto alla cancellazione dell’ipoteca iscritta sull’immobile della fallita in forza di un decreto ingiuntivo che non gli era opponibile; x) dopo l’udienza di discussione del 16.12.2014 veniva dichiarato anche il fallimento della (OMISSIS); xi) con ordinanza del 12.2.2015 il Tribunale di Treviso rigettava la domanda.

1.1. – L’appello proposto da (OMISSIS) contro la decisione, notificato al Fallimento (OMISSIS), è stato respinto dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza del 16.11.2015.

1.2. – La Corte del merito ha ritenuto inconferente il disposto della L.Fall., art. 120 invocato dall’appellante; ha affermato che l’interruzione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo a seguito della dichiarazione di fallimento dell’opponente ha reso il decreto ingiuntivo e la relativa ipoteca inopponibili solo alla procedura fallimentare, lasciando per il resto inalterata l’efficacia e la validità del provvedimento giudiziale; ha osservato che al fallito non è inibito riassumere il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, “poichè detto rapporto, benchè di tipo patrimoniale, non è ricompreso nel fallimento, necessitando (…) la relativa pretesa dell’apposito ed autonomo procedimento di ammissione allo stato passivo, senza che alcuna influenza possa esplicare il decreto ingiuntivo opposto e la relativa ipoteca iscritta”; ha aggiunto che, alla luce delle norme sulla trascrizione, non c’era stata violazione dei diritti di rilievo costituzionale di (OMISSIS)..

2. – Avverso detta decisione (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

2.1 – Il Fallimento (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO CHE:

1. – Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione della L.Fall., art. 120, comma 4, e degli artt. 647, 653 e 654 c.p.c. Secondo il ricorrente, la corte d’appello ha erroneamente ritenuto che il decreto ingiuntivo ottenuto da (OMISSIS) contro (OMISSIS) costituisca titolo inopponibile al solo Fallimento della società debitrice. Rileva in proposito che egli, al pari del Fallimento, è terzo estraneo ai rapporti fra le parti del procedimento monitorio e della causa di opposizione, sicchè neppure nei suoi confronti può formarsi un giudicato sul decreto ingiuntivo opposto, nè può operare l’art. 653 c.p.c., comma 1; osserva ancora che, ai sensi della L.Fall., art. 120, comma 4, letto in combinazione con il comma 3, il Fallimento (OMISSIS), o il (OMISSIS) tornato in bonis, una volta chiuso il Fallimento di (OMISSIS) non potrebbero agire in via esecutiva nei confronti della società in forza del decreto ingiuntivo, nè avvalersi dell’ipoteca giudiziale iscritta in base ad esso, ma potrebbero solo ottenere un nuovo decreto ingiuntivo per il pagamento di una somma corrispondente all’eventuale porzione del credito ammesso al passivo non soddisfatta in sede di riparto; aggiunge che, peraltro, in caso di chiusura del Fallimento della debitrice per ripartizione finale dell’attivo, (OMISSIS) verrebbe cancellata dal Registro delle Imprese ai sensi della L.Fall., art. 118, con la conseguenza che, venuta meno la parte obbligata, neppure potrebbe essere mantenuta l’iscrizione ipotecaria a garanzia dell’obbligazione dalla stessa assunta; rileva, infine, che il decreto ingiuntivo allegato agli atti dal Fallimento (OMISSIS) non reca la formula di definitiva esecutività.

2. – Il secondo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione della L.Fall., art. 120, commi 3 e 4. Il ricorrente, premesso che l’iscrizione ipotecaria, eseguita contro (OMISSIS), non gli era nota al momento dell’acquisto e che (OMISSIS) ha prestato acquiescenza all’ammissione allo stato passivo della società di un credito di Euro 190.000, inferiore a quello portato dal decreto ingiuntivo e non assistito dalla garanzia ipotecaria, sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla corte d’appello, il giudicato formatosi in sede concorsuale in ordine all’accertamento negativo dell’esistenza del maggior credito e della garanzia avrebbe efficacia extrafallimentare; i giudici di merito avrebbero inoltre trascurato di considerare che, ai sensi della L.Fall., art. 120, comma 3, dopo la chiusura del fallimento “i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti”, risultando perciò illegittima la condotta di (OMISSIS) che ha inteso conservare la garanzia reale sull’immobile acquistato, iscritta per un credito di Euro 314.073,06, pur avendo riconosciuto per acquiescenza che tale credito corrisponde al minore importo di Euro 190.000,00 ammesso al passivo.

3. – Il terzo motivo lamenta “omissione di pronuncia sul motivo di appello formulato ai sensi della L.Fall., artt. 43, 52, 95, 96 – artt. 647, 653, 654 c.p.c.”, motivo con il quale erano state evidenziate l’inefficacia del decreto ingiuntivo – in quanto non equiparabile a sentenza – e l’inapplicabilità della L.Fall., art. 96.

4. – Con il quarto mezzo si denuncia violazione o falsa applicazione della L.Fall., art. 43, per avere la corte d’appello erroneamente affermato che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo interrotto avrebbe potuto essere riassunto da (OMISSIS), posto che per legittimare una simile iniziativa personale del fallito occorre “che gli organi della procedura abbiano esplicitamente pronunciato una valutazione negativa dell’atto di riassunzione del giudizio interrotto ed abbiano perciò espressamente riconosciuto al fallito la facoltà di provvedere alla riassunzione della causa”, mentre, nel caso di specie, non risultava che (OMISSIS) avesse manifestato interesse alla riassunzione, nè che il curatore del Fallimento della società l’avesse autorizzata a riassumere il giudizio di opposizione.

5. – Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte del merito omesso di pronunciare sul motivo d’appello con il quale era stata lamentata la violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà contemplati dagli artt. 2 e 3 Cost.

6.- Il primo, il secondo e il quarto motivo, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

6.1 – In primo luogo risultano irrilevanti tutte le deduzioni del ricorrente basate sul disposto della L.Fall., art. 120, commi 3 e 4, le quali risultano eccentriche rispetto al thema decidendum, limitandosi quei commi a prescrivere, rispettivamente, che in caso di chiusura della procedura fallimentare “i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti” (salvi gli effetti dell’eventuale esdebitazione L.Fall., ex art. 142), venendo meno il divieto di azioni esecutive e cautelari L.Fall., ex art. 51, e che “il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all’art. 634 c.p.c.”, a meno che, ovviamente, il creditore non sia già provvisto di un titolo esecutivo extra-concorsuale azionabile contro il debitore tornato in bonis.

6.2. – Nè l’una nè l’altra delle disposizioni invocate può assumere incidenza sulla soluzione della questione in disamina (la sorte dell’ipoteca giudiziale iscritta da (OMISSIS) sull’immobile che l’odierno ricorrente (OMISSIS) ha acquistato dalla (OMISSIS) s.r.l., in forza del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ottenuto dalla ditta individuale nei confronti della società, non opponibile al suo Fallimento): esse, infatti, consentirebbero sostanzialmente al (OMISSIS), una volta chiuso il Fallimento della debitrice, di agire nei confronti di quest’ultima per la parte del credito non soddisfatta in sede fallimentare, o avvalendosi dell’eventuale titolo esecutivo già in suo possesso ovvero chiedendo l’emissione di un nuovo decreto ingiuntivo sulla base del decreto di ammissione al passivo.

6.3. – Dette disposizioni testimoniano, anzi, la natura meramente endoconcorsuale dell’accertamento sulla natura e sull’entità del credito di (OMISSIS) ammesso allo stato passivo del Fallimento di (OMISSIS).

6.4. – Si tratta di principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, ferma nel ritenere che “l’accertamento posto in essere in sede fallimentare non spiega effetto sul giudizio ordinario coltivato dal creditore e dal debitore con riguardo al singolo rapporto di obbligazione tra loro intercorso, onde non esiste la possibilità che quest’ultimo sia vanificato dagli esiti della verifica dello stato passivo o dei giudizi di impugnazione o di opposizione che si svolgono avanti al tribunale fallimentare”, come del resto espressamente chiarito dalla L.Fall., art. 96, u.c., nel testo modificato dal Decreto Legislativo n. 5 del 2006 (secondo il quale “il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi all’art. 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso”), trattandosi di disposizione non già innovativa bensì esplicativa di un principio preesistente alla riforma del 2006 (Cass. 22047/2020, 23175/2020).

6.5. – Anche le Sezioni Unite hanno ribadito che oggetto dell’accertamento del passivo è il diritto al concorso, e che “il soddisfacimento propiziato dalla domanda d’insinuazione concerne la porzione concorsuale dei crediti vantati” (Cass. Sez. U, 33408/2021). Di conseguenza, anche gli accertamenti compiuti in sede fallimentare in punto di inefficacia nei confronti della curatela (o inopponibilità) delle condanne monitorie e delle ipoteche hanno effetto ai soli fini del concorso e non si estendono oltre il perimetro della procedura fallimentare.

7. – In secondo luogo, non ricorre violazione della L.Fall., art. 43.

7.1. – Sul punto, la sentenza impugnata richiama il precedente di Cass. 5727/2004, che esprime principi ampiamente consolidati nella giurisprudenza di questa Corte nell’ipotesi di interruzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per intervenuto fallimento del debitore ingiunto opponente.

7.2. – In tal caso, il curatore non è tenuto a riassumere il giudizio di opposizione, poichè il provvedimento monitorio, quand’anche provvisoriamente esecutivo, non è equiparabile ad un sentenza non ancora passata in giudicato, emessa nel contraddittorio delle parti, sicchè non trova applicazione l’eccezione al principio dell’esclusività dell’accertamento concorsuale di cui alla L.Fall., art. 95; inoltre, il decreto ingiuntivo è totalmente privo di efficacia nei confronti del fallimento, così come l’ipoteca iscritta in forza della sua provvisoria esecutività, per cui il creditore può far valere il proprio credito in sede fallimentare solo proponendo ricorso L.Fall., ex art. 93, in forza del principio di esclusività del concorso formale dei creditori, sancito dalla L.Fall., art. 52, per cui ogni pretesa deve essere fatta valere nelle forme previste per l’accertamento dello stato passivo (conf. ex multis Cass. 11811/2014, 23679/2017, 23474/2020, 10111/2021, 8110/2022).

7.3. – Per altro verso, non può escludersi l’interesse (e l’onere) del debitore fallito di riassumere il processo, al fine di evitare che il provvedimento monitorio consegua la definitiva esecutorietà per mancata o intempestiva riassunzione, ex art. 653 c.p.c. e diventi così opponibile nei suoi confronti, una volta tornato in bonis (Cass. 5727/2004, 22047/2020, 8110/2022).

7.4. – Infatti, il decreto ingiuntivo non resta ex sè caducato dal sopravvenuto fallimento dell’opponente e dalla conseguente interruzione del relativo giudizio di opposizione; l’inefficacia del decreto ingiuntivo, quand’anche provvisoriamente esecutivo, non è assoluta ma relativa, in quanto vale solo nei confronti del fallimento e della massa dei creditori, stante il divieto di avviare o proseguire azioni esecutive individuali, e di procedere all’accertamento dei loro crediti al di fuori delle forme e modalità prescritte dalla legge fallimentare (Cass. 22047/2020, 8110/2022).

7.5. – Anche il creditore opposto ha facoltà di riassumere il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, per conseguire una esplicita pronuncia sul merito o una dichiarazione di estinzione, che gli consentano di munire il decreto di efficacia esecutiva e di renderlo così opponibile al debitore, una volta tornato in bonis (Cass. 8110/2022, 23394/2015, 14981/2006), conformemente al più generale e consolidato orientamento per cui il creditore può proseguire il giudizio in sede ordinaria per ottenere una sentenza destinata ad avere efficacia se, e quando, il fallito tornerà in bonis (tra le più risalenti, Cass. 3475/1955, 754/1960, 221/1963; più di recente, Cass. 28481/2005, 2608/2014, 31843/2019, 8110/2022).

8. – Il corretto rilievo della corte d’appello circa l’inopponibilità al fallimento del decreto ingiuntivo – e della relativa ipoteca giudiziale non può dunque essere esteso de plano, come vorrebbe il ricorrente, alla posizione di qualsivoglia terzo estraneo al giudizio di opposizione.

8.1. – Al di fuori del fallimento, nei rapporti fra debitore opposto e creditore opponente continuano infatti a operare le ordinarie regole processuali: il decreto ingiuntivo acquisterà dunque definitiva efficacia esecutiva, ai sensi dell’art. 653 c.p.c., comma 1, se viene dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo di opposizione; inoltre, in base al combinato disposto della norma citata e dell’art. 308 c.p.c., una volta decorso il termine di dieci giorni per proporre reclamo avverso detta ordinanza, il decreto acquisterà anche l’efficacia di giudicato sostanziale, che, come di norma, “copre il dedotto e il deducibile” (cfr. Cass. 3987/2016), con conseguente consolidamento dell’ipoteca giudiziale eventualmente già iscritta dal creditore in forza del provvedimento di concessione della provvisoria esecutività.

8.2. – Nella specie è indubbio che (OMISSIS) sia un terzo estraneo al giudizio di opposizione promosso da (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo notificatole da (OMISSIS): è dunque evidente che il Fallimento della creditrice, o (OMISSIS) tornato in bonis, non potranno mai promuovere una procedura esecutiva nei suoi diretti confronti in forza del provvedimento monitorio divenuto definitivo per la mancata riassunzione del giudizio da parte della debitrice (in tali termini deve anzi convenirsi col ricorrente circa il fatto che il decreto ingiuntivo non gli è opponibile).

8.3. – Alla stessa conclusione non può però giungersi con riguardo alla sorte dell’iscrizione ipotecaria, pacificamente eseguita da (OMISSIS) sull’immobile che (OMISSIS) ha acquistato da (OMISSIS) in data anteriore alla trascrizione dell’atto di vendita: l’ipoteca anteriormente iscritta attribuisce infatti al creditore il diritto di espropriare l’immobile ipotecato anche in confronto del terzo acquirente (artt. 2808, 2644 c.c.).

8.4. – Alla definitiva esecutività del decreto ingiuntivo ottenuto contro (OMISSIS) consegue, dunque, il diritto di (OMISSIS) a procedere in via esecutiva sull’immobile ipotecato acquistato da (OMISSIS), nelle forme previste dall’art. 602 c.p.c. Va solo aggiunto che nella presente sede non rileva se il decreto sia, allo stato, munito o meno della formula di definitiva esecutività, atteso che la relativa questione attiene alla corretta instaurazione della procedura esecutiva.

9.- Anche il terzo e il quinto motivo sono infondati.

9.1.- Invero, per integrare il vizio di omessa pronuncia, che consiste nel difetto del momento decisorio, occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto – come nel caso in cui il giudice non decida su alcuni capi della domanda che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte (cfr. Cass. 459/2021), ovvero quando pronunci solo nei confronti di alcune parti – mentre il mancato o insufficiente esame delle argomentazioni svolte dalla parte non fa venir meno il momento decisorio, integrando, semmai, un vizio di natura diversa, relativo all’attività svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento (Cass. 5730/2020, 3388/2005) e può quindi tradursi, ricorrendone i presupposti, in violazione di legge o difetto di motivazione, sottoponibile al controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita, e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. 24953/2020).

9.2. – Nella specie, la corte d’appello ha indubbiamente respinto tutte le censure del ricorrente: da un lato, infatti, ha espressamente rilevato che la declaratoria di fallimento del debitore non produce alcun effetto sul decreto ingiuntivo, ex se inopponibile al fallimento, ma determina solo l’interruzione del processo di opposizione, lasciando inalterata l’efficacia e la validità del procedimento giudiziale; dall’altro ha escluso che l’insussistenza di un diritto di (OMISSIS) ad ottenere la cancellazione (o la dichiarazione di inefficacia) dell’ipoteca iscritta da (OMISSIS) sull’immobile dia luogo alla violazione di principi costituzionali, atteso che la questione dedotta in giudizio è regolata dalle norme in materia di iscrizioni e trascrizioni, e che anche (OMISSIS) gode di diritti di rilievo costituzionale (ad essere soddisfatto del suo credito e di potersi garantire sui beni del debitore) sicchè, quale terzo estraneo, non possono essergli imputate le conseguenze della tardiva trascrizione dell’atto d’acquisto dell’odierno ricorrente.

10. – Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto (Cass. Sez. U, 20867/2020 e 4315/2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16/03/2022