Ordinanza 13879/2023
Opposizione tardiva alla convalida di sfratto – Notificazione inesistente – Termine ex art. 688, comma 2, cpc
L’opposizione tardiva alla convalida di sfratto, dopo la fase rescindente, che deve acclarare il suo presupposto di ammissibilità, ovvero la mancata conoscenza del giudizio da parte dell’intimato, dà luogo allo svolgimento di un ordinario giudizio di cognizione, con la conseguenza che, in presenza di una notificazione inesistente, l’intimato che abbia conoscenza dell’intimazione, se intende sottrarsi all’efficacia del provvedimento di convalida, deve proporre opposizione nel termine di cui al all’art. 668, comma 2, c.p.c., atteso che la previsione della irregolarità della notificazione, come causa della mancata tempestiva conoscenza della stessa, comprende anche le ipotesi di inesistenza.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 19-5-2023, n. 13879 (CED Cassazione 2023)
RILEVATO CHE:
1.In data 18 maggio 2010 il (OMISSIS) s.p.a. (si
seguito la società cantiere), all’epoca in bonis, e (OMISSIS),
amministratore della suddetta società conclusero un contratto di
locazione ad uso abitativo (successivamente registrato), che aveva ad
oggetto una unità immobiliare (sita in Genova e gravata da vincoli a
favore della Soprintendenza): nel contratto, oltre alle condizioni di
durata e di canone, fu previsto che la società locatrice avrebbe potuto
avvalersi della clausola risolutiva espressa, di cui all’art. 8, in caso di
mancato pagamento del canone e degli oneri accessori nei termini
stabiliti.
In data 17 settembre 2015, quando la società cantiere non
versava più in bonis, il relativo fallimento, nel quadro di una più ampia
vertenza, stipulò, tra gli altri anche con il (OMISSIS), una transazione con
la quale tra le varie pattuizioni rinunciava a percepire il canone di
locazione sino al mese di ottobre 2016
Successivamente, il Fallimento: dapprima, con lettera
raccomandata 18 gennaio 2017, si avvalse della clausola risolutiva
espressa sul presupposto che il (OMISSIS), decorso il concordato periodo
di gratuità, non aveva provveduto al pagamento del canone e degli
oneri accessori; e, poi, intimò sfratto per morosità deducendo una
morosità di euro 28 mila, oltre iva, per canoni di locazione da novembre
2016 a giugno 2017, oltre ad euro 3.427,43 a titolo di saldo oneri
condominiali 2014/2015 ed oltre euro 1572 a titolo di prima rata oneri
condominiali 2016/2017.
2. Il Tribunale di Genova, dato atto della mancata comparizione
dell’intimato, in data 25 agosto 2017 convalidava lo sfratto, ordinando
il rilascio dell’immobile, con termine per l’esecuzione il 19 ottobre 2017.
Avverso la convalida Il (OMISSIS) proponeva opposizione tardiva,
con quale in via preliminare eccepiva la irregolarità della notifica
dell’intimazione dello sfratto; e, nel merito, deduceva che la morosità
era stata erroneamente conteggiata e che il godimento dell’immobile
aveva subito significative riduzioni ragion per cui il canone di locazione
andava rideterminato.
Il Fallimento si costituiva contestando l’ammissibilità e la
fondatezza dell’opposizione
Il Tribunale di Genova con sentenza 1592/2018 respingeva
l’opposizione e condannava il (OMISSIS) alla rifusione delle spese
processuali
3.Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva
appello il (OMISSIS), articolando cinque motivi.
Si costituiva il fallimento, opponendosi all’impugnazione
avversaria della quale chiedeva il rigetto
La Corte con sentenza 119/2019 rigettava l’appello e confermava
la sentenza di primo grado.
4.Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso
il (OMISSIS)
Ha resistito con controricorso il fallimento.
Non sono state depositate conclusioni dal Procuratore Generale.
CONSIDERATO CHE:
1.Il ricorso di (OMISSIS) è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o
falsa applicazione di norme di diritto (in relazione all’art. 360 primo
comma n. 3 c.p.c.) nella parte in cui la corte, pur dando atto che la
notifica della convalida di sfratto era avvenuta ad indirizzo del tutto
diverso da quello della sua residenza ed ad esso in nessun modo
riferibile, ha tuttavia affermato che <<il Giudice dell’opposizione ha
comunque consentito all’opponente di svolgere nel merito le stesse
difese che avrebbe potuto svolgere in sede di udienza per la
convalida>>.
Osserva che, anche alla luce di quanto statuito dalle Sezioni Unite
nella sentenza n. 14916 del 2016, la notifica avvenuta ad indirizzo, che
non soltanto è diverso da quello corretto ma è anche privo di
qualsivoglia collegamento con il destinatario dell’atto, è inesistente,
ragion per cui tale circostanza avrebbe dovuto essere eccepita anche
d’ufficio.
1.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione o
falsa applicazione di norme di diritto e mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione (in relazione all’art. 360 primo
comma n. 3 c.p.c.) nella parte in cui la corte territoriale, affermando
che la domanda attorea poteva essere interpretata come <<volta a
chiedere anche la risoluzione del contratto per inadempimento>>, ha
riqualificato e modificato detta domanda.
Osserva che, per giurisprudenza consolidata, che richiama, il
locatore, una volta avviata la causa per sfratto per morosità, non può
più modificare in corso di giudizio detta domanda nella diversa richiesta
di accertamento dell’intervenuta risoluzione del contratto. Nel caso di
specie, ci si troverebbe davanti non ad una modificazione del thema
decidendum, introdotta dalla parte, ma ad una libera interpretazione
da parte della corte d’appello.
1.3. Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente denuncia l’omesso
esame di un fatto decisivo e controverso (in relazione all’art. 360 n. 5),
assunti di diritto inconferenti, erronea e contraddittoria interpretazione
della legge, nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione, nella parte in cui la Corte:
– ha omesso di considerare che: a) lui aveva effettuato due
rilevanti pagamenti anticipati imputati a canoni (precisamente euro
120 mila in occasione della stipula del contratto di locazione ed euro
220 mila in occasione dell’accordo transattivo); b) detti pagamenti
anticipati erano stati produttivi di interessi e di rivalutazioni, cioè di
voci che avrebbero dovuto essere decurtati dall’eventuale credito della
controparte; c) lui aveva chiesto di conteggiare e scomputare il credito
derivante dall’anticipato pagamento, ponendolo in compensazione con
i canoni di locazione via via a scadere;
– ha affermato che la piscina non era ricompresa nel contratto di
locazione, quando essa costituiva una pacifica pertinenza rispetto
all’immobile principale e neppure il Fallimento aveva eccepito tale
esclusione, con la conseguenza che l’impossibilità di utilizzo della
piscina avrebbe ben potuto legittimare una riduzione del canone
locatizio;
-quanto alle infiltrazioni verificatesi nel suo appartamento, ha
richiamato la transazione intercorsa tra lui ed il (OMISSIS), ma ha
omesso di considerare che dette infiltrazioni, che derivavano da parti
comuni (cornicione e copertura) non integravano molestie di fatto ex
art. 1585 secondo comma (come erroneamente affermato dal giudice
di primo grado), ma vizi sopravvenuti della cosa locata (art. 1578-1581
c.c.) o come difetti di manutenzione da parte del locatore (art. 1576
c.c.), rispetto ai quali è configurabile il generale obbligo di vigilanza e
di custodia dalla cosa locata, che grava sul locatore. Quanto precede
con la conseguenza che, come da lui eccepito, anche tali accadimenti
avrebbero giustificato una riduzione compensativa del canone locatizio;
-ha erroneamente qualificato il contratto di locazione, stipulato
da lui e dalla Cantieri Navali, come contratto con sè stesso, mentre
detto contratto era stato stipulato da lui, come soggetto fisico, e dalla
Cantieri navali sulla base degli interessi di quest’ultima.
2. Il ricorso è inammissibile
2.1. Inammissibile è il primo motivo.
Nella impugnata sentenza la corte territoriale ha dato atto della
irregolarità della notifica dell’atto di citazione richiedente la convalida
dello sfratto di morosità, relativamente all’immobile per cui è causa,
ma – dopo aver puntualmente richiamato la giurisprudenza di
legittimità (Cass. n. 14910 del 2013 e 8955 del 2006) secondo la quale
la irregolarità della notifica di cui agli artt. 650 e 668 c.p.c. comprende
tutti i vizi che la inficiano – ha rilevato che il (OMISSIS), a seguito
dell’opposizione ha potuto far valere tutte le difese che avrebbe potuto
svolgere in sede di convalida e tutte dette difese erano state in quella
sede valutate (e ritenute infondate). In sintesi, secondo la corte
territoriale, l’opposizione, effettuata dal (OMISSIS), ha avuto efficacia
sanante del vizio attinente la notifica dell’atto di citazione richiedente
la convalida, ragion per cui la corte territoriale, dopo aver rilevato il
vizio, ne ha tuttavia rilevato nella sostanza la non decisività.
Orbene, il motivo in esame non si connota neppure come motivo
di ricorso per cassazione ai sensi del n. 4 dell’art. 366 c.p.c., in quanto
omette di indicare nella intestazione quali norme di diritto sarebbero
state violate o falsamente applicate. E tale omissione sussiste
comunque anche nella illustrazione del motivo, nella quale non si coglie
né direttamente né indirettamente l’indicazione di quali norme
sarebbero state violate dai giudici di merito e segnatamente dal primo
giudice, nel ritenere ammissibile l’opposizione tardiva e procedere ex
novo, come si è proceduto al giudizio di opposizione alla convalida.
Peraltro, degli atti relativi alla notificazione e degli altri cui si fa
riferimento nemmeno viene fornita l’indicazione specifica ai sensi
dell’art. 366 n. 6 c.p.c.
La prospettazione – peraltro solo implicita del ricorrente – è che
una notificazione inesistente della citazione per convalida, una volta
proposta l’opposizione, assegnerebbe a questa solo valore rescindente
e dunque – ma nemmeno è detto, il che, come già rilevato, evidenzia
l’inidoneità in iure del motivo a valere come impugnazione – di veicolo
pe ottenere l’affermazione della inesistenza della domanda.
Il che è al di fuori della logica normativa dell’art. 668 c.p.c., che
prevede una fase rescindente e poi una fase che nemmeno può dirsi
rescissoria, dato che dà luogo all’ordinario giudizio che avrebbe dovuto
avere luogo.
Non occorre qui prendere posizione sul se, nel caso di specie, la
notificazione dell’originaria citazione per convalida sia avvenuta alla
stregua dei principi posti da Cass., Sez. Un., n. 14916 del 2016,
secondo la quale: <<L’inesistenza della notificazione del ricorso per
cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle
forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di
totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga
posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali
idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione,
ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella
categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di
trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla
legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da
poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase
di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi
degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù
dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”,
eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga
restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover
reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in
definitiva, omessa>>.
Ciò in quanto le stesse Sezioni Unite nella menzionata sentenza
hanno affermato che: <<Il luogo in cui la notificazione del ricorso per
cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi
essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche
quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario,
ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile,
con efficacia “ex tunc”, o per raggiungimento dello scopo, a seguito
della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine
di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della
notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su
ordine del giudice ex art. 291 c.p.c.>>.
Piuttosto, conviene qui ribadire il principio di diritto (già
affermato da questa Sezione con sentenza n. 13755 del 20/09/2002,
Rv. 557482 – 01), secondo il quale: <<L’ammissibilità dell’opposizione
tardiva alla convalida di licenza o di sfratto per irregolarità della
notificazione dell’intimazione è subordinata dall’art. 668, primo
comma, cod. proc. civ. alla prova, a carico dell’opponente, del
collegamento causale tra la mancata, tempestiva conoscenza
dell’intimazione ed il vizio della sua notificazione, ma solo quando
quest’ultimo concerna la persona alla quale deve essere consegnata la
copia dell’atto. Nell’ipotesi, invece, di nullità della notificazione per
inosservanza delle disposizioni sui luoghi in cui deve essere eseguita
(come nella specie), il fatto stesso della consegna della copia in luogo
diverso da quello in cui si sa che il destinatario si trova implica, di per
sè solo, la dimostrazione di detto collegamento>>.
E, nel solco delle linee ermeneutiche tracciate dal suddetto
orientamento, va qui precisato che:
<<L’opposizione tardiva, dopo la fase rescindete, che deve
acclarare il suo presupposto, cioè la mancata conoscenza, dà
comunque luogo allo svolgimento del giudizio. Ne consegue che, in
presenza di una notificazione inesistente, l’intimato che abbia
conoscenza dell’intimazione, se intende sottrarsi all’efficacia del
provvedimento di convalida, deve proporre opposizione nel termine di
cui al secondo comma della norma dell’art. 668 c.p.c., atteso che la
previsione della “irregolarità” della notificazione, come causa della
mancata tempestiva conoscenza della stessa, comprende certamente
e comunque anche le ipotesi di inesistenza (o mancanza assoluta di
notificazione)>>.
2.2. Inammissibile è il secondo motivo.
Nella impugnata sentenza, la corte territoriale – nel rilevare (p.
10 ultimo periodo) che il Fallimento aveva preso posizione sulle
doglianze del conduttore, dimostrando la sussistenza della morosità
dedotta e chiedendo nella sostanza la risoluzione del contratto per
inadempimento – ha sostanzialmente osservato che la morosità, in
quanto mancato pagamento dei canoni a fronte del godimento di un
bene, costituisce per l’appunto inadempimento contrattuale.
Anche questo motivo in via preliminare va dichiarato
inammissibile per carenza di indicazione delle norme violate, il che non
gi attribuisce dignità di motivo di ricorso per cassazione. D’altronde, in
sede di conclusioni nel giudizio di appello, la società cantiere aveva
chiesto la conferma della sentenza di primo grado (che aveva
pronunciato lo sfratto per morosità) e il dictum contenuto nella
sentenza della corte territoriale, qui in esame, è del tutto conforme alla
richiesta formulata dalla parte appellante.
In ogni caso, il motivo è privo di fondatezza perché specula su
un’affermazione della sentenza impugnata del tutto ultronea: come
sopra rilevato, la proposizione dell’opposizione tardiva alla convalida,
una volta ritenuta ammissibile la stessa, determinava
automaticamente che dovesse avere luogo il giudizio sulla domanda
proposta con l’originaria citazione per convalida e le conclusioni della
parte opposta (già intimante già nel senso della richiesta di convalida)
non abbisognavano nemmeno di essere interpretate per giustificare la
domanda di risoluzione per inadempimento, atteso che l’intimazione di
sfratto per morosità nient’altro costituisce che un modo di esercizio
dell’azione di risoluzione per inadempimento nella forma speciale del
procedimento sommario per convalida, destinato poi ad evolversi nel
caso di opposizione nel relativo ordinario giudizio a cognizione piena.
2.3. Inammissibile è infine il terzo motivo.
Detto motivo, invero: non indica (nuovamente) quale legge
sarebbe stata male interpretata; viola l’art. 366 n. 6 c.p.c.; deduce il
paradigma del n. 5 senza indicare i fatti omessi; sollecita – come
d’altronde rivela il riferimento alla <<mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione>> – una rivalutazione della
quaestio facti in punto di: pagamenti effettuati, fruibilità della piscina,
coinvolgimento della proprietà nelle infiltrazioni, circostanza che il
(OMISSIS), nella stipulazione del contratto, rivestiva il ruolo di locatore
(quale amministratore) e di locatario. Tutte questioni che, come è noto,
sfuggono dai limiti del sindacato riservato a questa Corte.
3. Per tutte le ragioni che precedono il ricorso è inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte
ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente,
nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per
il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo,
se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, spese che liquida in euro 4.000 per compensi, oltre,
alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati
in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se
dovuto.
Così deciso in Roma, il 30 marzo 2023, nella camera di consiglio
della Terza Sezione Civile.